eJournals Vox Romanica 66/1

Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2007
661 Kristol De Stefani

Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio: ancora sull’enigma della figlia di Antioco

121
2007
Giovanni  Bruno
vox6610174
Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio: ancora sull’enigma della figlia di Antioco A Gerold Hilty Nelle strofe iniziali del Libro de Apolonio si narra che re Antioco, vedovo, costringe la bellissima figlia a subire una relazione incestuosa. Per evitare che la principessa, che tace su consiglio della nutrice, vada in sposa a uno dei numerosi pretendenti, Antioco sottopone loro un indovinello la cui soluzione consiste proprio nell’incesto. Chi trova la soluzione sposerà la principessa, chi sbaglia sarà decapitato e la testa sarà appesa ai merli come deterrente. Dopo molte esecuzioni capitali, alla corte di Antiochia giunge re Apollonio di Tiro, giovane intellettuale, che risolve l’enigma. Il malvagio Antioco nega però l’esattezza della risposta e minaccia di farlo decapitare, ma gli concede comunque trenta giorni per trovare la soluzione.Apollonio ritorna a Tiro, cerca assiduamente nei suoi libri un’altra risposta da dare ad Antioco e, non trovandola, decide, sconsolato e ferito nell’onore, di lasciare la propria terra e darsi all’avventura. Ecco i versi che racchiudono l’indovinello: La verdura del ramo escome la raéz, de carne de mi madre engruesso mi serviz. (17ab) 1 Il distico è stato oggetto di due articoli 2 in cui si è tentato non già di risolvere l’enigma, operazione superflua in quanto la soluzione è nota a tutti, ma di spiegarne gli elementi costitutivi. Il silenzio dei commentatori del Libro de Apolonio a questo proposito rendeva di fatto necessario fornire una spiegazione: dicono sì, magari implicitamente, quale sia la soluzione dell’enigma, ma non ne spiegano le componenti. Le interpretazioni proposte nei due articoli divergono in modo essenziale, come vedremo, e quindi risulta opportuno tornare sulla questione. Con il presente articolo intendo proporre al vaglio degli studiosi un nuovo elemento, attinto dalla mitologia classica, che iscrive l’enigma in una prospettiva intertestuale e colloca l’autore in un contesto culturale e letterario ben preciso, e che si pone a discrimine tra le due interpretazioni. Qui di seguito sono messi a confronto i due punti di vista contrastanti di Bruno 1995 e Uría 2001. L’impossibilità di avvalersi della collazione per tentare di restituire il testo originale del Libro de Apolonio, giunto a noi in un solo codice - che si fa, per forza 1 Cito da Monedero 1987. 2 Bruno 1995 e Uría 2001. Vox Romanica 66 (2007): 174-181 Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio di cose, codex optimus -, ci obbliga a sottostare alle precarie regole dell’ecdotica dei testi a tradizione unitestimoniale e quindi ad affidarci in larga misura alla congettura 3 . E solo congetture potevano essere, infatti, le mie riflessioni a proposito dell’interpretazione dell’enigma, sorrette da riferimenti intertestuali stabiliti con opere coeve (Siete Partidas, Historia de la donzella Teodor, Bruno 1995: 158) e da agganci all’ambito della medicina (nomenclatura anatomica, terminologia medica in Spagna, p. 158s.), intesi a proporre una lettura allusiva, a più livelli, ambigua: suggerivo di intendere «serviz» come «cervice uterina» e «madre» come «matrice» o «utero» (p. 158), ma nel contempo ipotizzavo un errore di copia o la presenza di un calembour («mi serviz» - «míser viz», p. 159). Secondo Isabel Uría (Uría 2001: 630), il soggetto del primo verso dell’indovinello è «la raéz».Tuttavia, se la radice (Antioco) mangiasse la chioma (la figlia), allora sarebbe quest’ultima a morire. A 25b, spiegando la soluzione dell’indovinello, Apollonio dice ad Antioco: «tú pereces por ella» e quindi è la radice a morire, non la chioma. È la chioma/ figlia che divora/ fa morire (di peccato mortale) la radice/ Antioco. Continuo a credere che il soggetto sia «la verdura del ramo». A proposito del secondo verso, Uría (p. 630) ritiene che l’affermazione sia fatta da Antioco, mentre secondo me è pronunciata dalla figlia. La studiosa spagnola interpreta l’enunciato come espressione di linearità generazionale: io, Antioco, mi rinforzo («engruesso mi serviz») nutrendomi della carne (mia figlia) di mia madre; mia figlia è carne mia e quindi, essendo io a mia volta carne di mia madre, essa è anche carne sua (cioè di sua nonna). Per me è invece la principessa che dichiara che con la carne della sua matrice ingrossa la sua cervice (uterina), oppure che con la carne della sua matrice (o il debito carnale che era di sua madre) alimenta un vizio miserabile, ossia l’incesto: il tutto in un enunciato intriso di ambiguità. Isabel Uría mi attribuisce invece una lettura chiara e univoca, senza ambiguità, introducendo un’espressione esclamativa e conferendo al verso un assetto metrico-sintattico e interpuntivo al quale non avevo mai pensato: de carne de mi madre engruesso, ¡miser viz! 4 La necessità della cesura tra gli emistichi degli alessandrini del mester de clerecía è indiscussa e quindi una simile lettura sarebbe inaccettabile. La mia proposta d’interpretazione era: «della/ con la carne di mia madre/ della mia matrice alimento un vizio miserabile» 5 . Trattandosi di un calembour (come dice la stessa Uría a p. 629), 175 3 È la premessa soggiacente ai tre emendamenti proposti in Bruno 1993. 4 Uría 2001: 629. 5 L’assenza dell’articolo indeterminativo prima di «míser» troverebbe analogia in altre costruzioni presenti nel Libro de Apolonio, p. es. 46a «púsol’ achaque mala», 50a «Puso . . . ley mala e complida», 76a «diol’ fermosa respuesta», 82d «qüedo . . . grant gualardón dar», 90c «mandó pregón poner». Giovanni Bruno 176 non lo si può leggere come frase esclamativa. Il calembour implica, per definizione, un’ambiguità: «mi serviz» - «míser viz». Inoltre, la professoressa Uría afferma che con la mia interpretazione «el protagonismo del incesto recae sobre la princesa, y no sobre Antíoco, que es el mayor culpable» (p. 629). Credo che, nell’ottica dell’autore, la figlia sia responsabile dell’incesto almeno quanto il padre. Infatti è punita esattamente come lui ed è considerata istigatrice del peccato: Con él murió la fija quel’ dio el pecado, destruyólos ha amos hun rayo del diablo. (248bc) 6 A maggior ragione ritengo che il verso b dell’enigma sia posto in bocca alla principessa 7 . Vediamo ora la nuova proposta di approccio al nostro testo, che è complementare a quella del 1995. Come ben sappiamo, l’indovinello ha per soluzione l’incesto. L’immagine della pianta, evocata nel primo verso, è assente nella fonte del Libro de Apolonio, la Historia Apollonii Regis Tyri, ed è quindi da ritenersi elemento originale rispetto alla stessa. L’aver accostato l’incesto a una pianta rappresenta un’operazione che appare piuttosto ardita, e che merita la nostra attenzione. Come si spiega l’immagine della pianta in questo contesto? È vero che possiamo attribuire un significato alle diverse componenti dell’enigma 8 , ma il nesso incestopianta non ne scaturisce come risultato immediato o comunque obbligato 9 .Tale accostamento diventa tuttavia plausibile se consideriamo un caso specifico di incesto legato a una pianta: il mito di Mirra, narrato nei versi 298-518 del libro X delle Metamorfosi di Ovidio, che qui riassumo 10 : Mirra, invaghitasi del padre Cìnira, respinge tutti i suoi pretendenti.Aiutata dall’anziana nutrice, si congiunge con lui per diverse notti, rimanendo ignota grazie all’oscurità. Una notte Cìnira scopre l’identità dell’amante e tenta di ucciderla, ma la figlia riesce a fuggire. Dopo aver vagato per molto tempo, Mirra, ingravidata dal padre, si pente e chiede agli dèi di essere metamorfosata. Presa la forma di una pianta, la mirra, partorisce Adone. 6 Si veda il commento di Corbella 1992 N248c, in cui si citano Benaim 1985 e Artiles 1976, che condividono questo punto di vista. 7 Nella nota 6 del suo articolo Isabel Uría imputa a Gárfer/ Fernández 1990: I/ 59 una trascrizione errata del primo verso dell’enigma: «es como» anziché «escome». In realtà i due autori citano espressamente una «estrofa modernizada», tratta cioè dall’edizione in spagnolo moderno di Cabañas 1969 (che manca però nella loro bibliografia). La lettura «es como» è poi stata adottata, a titolo di intervento emendativo, da De Cesare 1974. 8 Cf. Bruno 1995 e Uría 2001. 9 Nell’articolo precedente avevo chiamato in causa il cosiddetto «arbor consanguinitatis» (Bruno 1995: 159). Tuttavia, alla luce del presente articolo, tale collegamento assume ora un’importanza secondaria. 10 Mi riferisco a Bernardini 1994. Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio I punti comuni tra il Libro de Apolonio e il mito di Mirra nel libro X delle Metamorfosi sono il tema dell’incesto, la pianta, la nutrice complice 11 e i pretendenti scartati. Mentre gli altri tre erano già presenti nella Historia latina, l’elemento della pianta potrebbe procedere dalle Metamorfosi. Ma l’autore del Libro de Apolonio conosceva le Metamorfosi di Ovidio? Se si accetta l’ipotesi secondo cui i poeti della scuola del mester de clerecía operavano nel centro universitario di Palencia - e gli argomenti a suo sostegno sono forti e convincenti 12 -, allora la risposta non può che essere affermativa. Francisco Rico dimostra infatti che gli studenti dell’Università palentina - e quindi anche quelli che componevano versi - erano fruitori delle Metamorfosi di Ovidio 13 . Inoltre, nel Verbiginale, un trattato di morfologia verbale latina versificato e commentato, usato nell’ateneo palentino, le opere più citate sono la Alexandreis di Gautier de Châtillon, fonte primaria del Libro de Alexandre, e le Metamorfosi di Ovidio 14 . Nella più estesa e più elaborata delle opere del mester de clerecía, il Libro de Alexandre, Ovidio è citato esplicitamente (368c: «esto yaz’ en el livro que escrivió Nasón»; 1874d: «de la que diz’ Ovidio una grant cantilena» 15 ), e anche i riferimenti ai miti delle Metamorfosi non mancano (ad esempio Filomela: Libro de Alexandre 1874cd, Metamorfosi VI 412-674). È senz’altro ipotizzabile che il nostro autore, di fronte alla situazione di incesto della Historia latina, attingesse al mito di Mirra mutuandone in particolare l’accostamento incesto-pianta 16 . Come abbiamo visto, un’altra corrispondenza tra l’epi- 177 11 È interessante quanto si legge di questa figura nella General Estoria di Alfonso X: «Las amas e mayor mientre las uieias, assi como dize Ouidio en el libro del Arte de amar, sienpre sopieron mucho e assacaron mucho pora encobrir a sus criadas en fecho de amor.» (Díez De Revenga 1985: 164, nel capitolo cccxxxi della Seconda Parte della General Estoria, intitolato «de como dio el ama consseio a lo que la reyna pasife querie»). Il riferimento ovidiano contenuto nel brano alfonsino riguarda i versi 351-98 del libro I dell’Arte amatoria, di cui cito i primi due: «Sed prius ancillam captandae nosse puellae/ cura sit: accessus molliet illa tuos.» («Ma cerca di conoscere anzitutto della donna che brami/ l’ancella: aiuterà le tue mosse costei.», Fedeli 2007). Si noti che nei versi 281-342 dello stesso libro si passano in rassegna, partendo proprio dal caso di Pasifae, esempi di passione femminile, ritenuta «più acuta e furente di quella dell’uomo» (Fedeli 2007: II/ 1108). 12 L’ipotesi di una «scuola palentina» è propugnata da anni, con altri, da Isabel Uría. Cf., a titolo riassuntivo, Uría 2000, in particolare p. 57-69 (a p. 67 sono elencati i fautori della tesi palentina). 13 Rico 1985: 10 e N28, dove è riportato un estratto di un documento stilato da uno studente palentino che vi cita, oltre a due versi delle Eroidi ovidiane, alcuni versi del primo libro delle Metamorfosi. 14 Uría 2000: 61. 15 Cito da Cañas 1988. 16 Gli altri miti legati all’incesto nelle Metamorfosi non sono rilevanti per la nostra indagine: i casi di Nictìmene nel libro II e di Menèfrone nel libro VII sono appena accennati, mentre quello di Bìblide, nel libro IX, riguarda la relazione sorella-fratello. Il mito di Mirra è menzionato, ma solo di sfuggita, anche in altre due opere ovidiane: l’Arte amatoria (I 285-88, cf. N11) e i Rimedi d’Amore (99-100). Giovanni Bruno 178 sodio della figlia di Antioco e la vicenda di Mirra consiste nel fatto che in entrambi i casi la giovane è contesa da pretendenti sistematicamente respinti: per volontà della figlia nel caso di Mirra, per volontà del padre nel caso di Antioco. Nei versi 560-704 dello stesso libro X si narra la vicenda di Atalanta, che sfida i suoi pretendenti a batterla nella corsa. Chi vince l’avrà in sposa, chi perde pagherà con la vita (v. 566-72). La situazione è analoga a quella del Libro de Apolonio, in cui i pretendenti alla mano della principessa sono decapitati se non trovano la soluzione dell’enigma. E un’altra analogia situazionale-lessicale, in cui l’incesto si esprime anche nei nomi dei protagonisti, la si trova tra la strofa 11 del Libro de Apolonio: - Ama, dixo la duenya, jamás, por mal pecado, non dev[e], de mí, padre seyer clamado. Por llamarme él fija téngolo por pesado; es el nombre derechero en amos enfogado. 17 e i versi 467-68 del libro X delle Metamorfosi: Forsitan aetatis quoque nomine «filia» dixit: Dixit et illa «pater», sceleri ne nomina desint. 18 Come ben dice Isabel Uría, . . . todo lo que el anónimo poeta añade por su cuenta es, lógicamente, intencional y, por tanto, significativo. Mediante estos y otros versos y estrofas originales, el poema adquirirá un significado nuevo, un sentido distinto del que tiene el relato latino de su fuente. (Uría 1997: 197) L’aggiunta dell’immagine della pianta inserisce nel racconto un ricordo mitologico, assunto dal libro X delle Metamorfosi, arricchendolo - a mo’ di amplificatio - di una componente erudita, in perfetta sintonia con i principi della nuova scuola poetica. Ma il libro X delle Metamorfosi presenta anche un altro aspetto d’interesse con riguardo alla nostra tesi. La prima parte del libro è dedicata alla vicenda di Orfeo negli inferi (v. 1-85), mentre nella seconda lo stesso Orfeo canta la storia di Mirra (v. 298-518), inserita in una sequenza più ampia (v. 143-739). Orfeo è menzionato nel Libro de Apolonio in quanto, pari ad Apollo, supremo esecutore musicale (190ab). Il riferimento ad Orfeo manca però del tutto nella Historia Apollonii Regis Tyri, e quindi la sua integrazione nel Libro de Apolonio rappresenta, accanto all’accostamento incesto-pianta, un altro elemento di innovazione rispetto al modello diretto 19 e di aderenza a un modello indiretto, il libro X delle Metamor- 17 I corsivi sono miei. 18 Cito da Bernardini 1994, che traduce: «E forse anche, data l’età, la chiamò ‹figlia›, e lei lo chiamò ‹padre›, tanto perché all’incesto non mancasse nulla, nemmeno i nomi.» 19 Alvar 1989: 169: «Hay que aceptar, en definitiva, que Orfeo es aportación personal del poeta castellano . . . ». Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio fosi 20 . Carlos Alvar, riflettendo sul perché le altre versioni, latine e romanze, della storia di Apollonio non menzionino Orfeo, afferma: La actuación de Apolonio ha sido musical [e non anche istrionica, come nella Historia latina]. Así, el recuerdo de Orfeo es exacto y adecuado, y sin embargo, no aparece en las demás versiones: el anónimo versificador de la cuaderna vía puede sentirse orgulloso de la precisión con que ha utilizado el recuerdo mitológico. (Alvar 1989: 167) Se per l’esecuzione strumentale ha citato Orfeo, reminiscenza obbligata accanto a quella di Apollo - peraltro padre di Orfeo -, a proposito dell’incesto il nostro autore si è ricordato di Mirra, la cui vicenda ha letto nel medesimo libro delle Metamorfosi 21 , integrando l’indovinello della fonte diretta con il riferimento alla pianta, che è, per così dire, il segno distintivo di quella particolare vicenda mitologica. E vi è un altro elemento ancora che potrebbe corroborare l’ipotesi di un legame tra il Libro de Apolonio e le Metamorfosi di Ovidio. Nella fonte latina del nostro Libro la moglie di Apollonius non è mai indicata con il proprio nome, che ignoriamo, ma è sempre detta «puella» o «filia» (del re di Pentapoli). Nel Libro de Apolonio prende il nome di Luciana. Si tratta quindi di un’altra innovazione rispetto alla Historia latina. Ebbene, nella scena della nascita di Adone da Mirra, cantata da Orfeo nei versi 506-11 del libro X delle Metamorfosi, si cita due volte la dea del parto, Lucina. Lucina è citata anche nella Historia latina, proprio nel momento della nascita di Tharsia dalla madre anonima. Per dare nome alla moglie di Apollonio, il nostro autore potrebbe essersi ispirato al nome della divinità romana delle partorienti. Secondo Isabel Uría, la scena in cui Apollonio, rinchiuso nella sua biblioteca, cerca conferma alla propria soluzione dell’enigma nei suoi libri annotati revela que el anónimo poeta era también un estudioso, un intelectual que, como Apolonio, leía y amaba los libros. Traslada, así, al protagonista de su poema la actitud que él mismo habría adoptado muchas veces. (Uría 2000: 86) Menzionando libri di imprese scritti in latino (31d), l’autore potrebbe aver alluso proprio alle Metamorfosi. Inoltre, sempre secondo Uría, il Libro de Apolonio e il Libro de Alexandre irían destinados a las personas cultas o semicultas, como textos que completaban su educación intelectual y moral; serían leídos en voz alta, y la lectura se acompañaría de glosas y comentarios de los pasajes más difíciles, pues así era como se realizaba la lectio en las escuelas y universidades medievales. (Uría 2000: 152) 179 20 Orfeo è peraltro menzionato anche nel Libro de Alexandre: 1879d e 2138d, dove l’autore dà inoltre prova, come il nostro, di vera padronanza della terminologia musicale. 21 Nel quale interviene anche Apollo (amando Ciparisso e Giacinto); nel libro XI, inoltre, Apollo pietrifica il serpente di Lesbo che tenta di divorare la testa mozza di Orfeo. Giovanni Bruno 180 Giunta la lettura all’enigma della figlia di Antioco, il commento dell’autore-recitatore potrebbe aver menzionato Mirra e le Metamorfosi di Ovidio. Possiamo affermare che la presenza esplicita di Orfeo e quella implicita di Mirra, i cui destini sono narrati contiguamente nello stesso libro, il decimo, delle Metamorfosi - dove il mito di Mirra è addirittura cantato dallo stesso Orfeo -, nonché l’implicazione onomastica Lucina-Luciana, sembrano proprio indicare che l’autore del Libro de Apolonio, come l’autore del Libro de Alexandre 22 , conoscesse le Metamorfosi di Ovidio 23 . Resta infine da valutare se il riferimento alle Metamorfosi venga a sostenere la mia interpretazione del 1995 e quali siano le implicazioni rispetto all’interpretazione divergente di Isabel Uría. Credo che la questione della colpevolezza, quale si configura agli occhi del nostro autore, sostenga il mio modo di intendere i termini dell’enigma. Infatti, come abbiamo visto, la figlia è considerata (cor)responsabile dell’incesto nel Libro de Apolonio e ne è di fatto la responsabile nelle Metamorfosi. La responsabilità di Mirra è proiettata alla figlia di re Antioco. E così il soggetto del primo verso dell’indovinello non può che essere «la verdura del ramo» (la principessa), mentre il secondo verso deve essere attribuito alla figlia e non al padre, come sostiene Uría. La sua lettura secondo cui la figlia di Antioco sarebbe carne della di lui madre, e quindi il primo verso sancirebbe la maggiore colpa del padre rispetto alla figlia, è senz’altro originale e seducente, ma si rivela problematica in quanto contraddice, come si è detto in precedenza, la dichiarazione cristallina del verso 248b: Con él murió la fija quel’ dio el pecado. Gerra Piano (Locarno) Giovanni Bruno 22 O come i suoi autori, cf. Uría 1997: « . . . es indudable que nuestro poeta [l’autore del Libro de Apolonio] conocía muy bien el Alexandre; incluso es posible que haya sido alguno de los que colaboraron en la versificación de este extenso poema» (209). 23 Nel suo studio fondamentale sul mester de clerecía, Isabel Uría si esprime in questi termini a proposito della fonte del Libro de Apolonio: «En suma, parece indudable que la fuente del poema castellano fue una versión de la hart [la Historia Apollonii Regis Tyri], hoy perdida, en la que se mezclaban motivos de las familias RA y RB [i due rami della tradizione manoscritta]» (Uría 2000: 226). E cf., sempre in Uría 2000: 64, N24: «El modelo ‹directo› del Apolonio no se ha encontrado. Tal vez, en Palencia había una copia de la hart, posteriormente perdida, con los rasgos que separan a nuestro poema de los textos latinos conservados». Ovviamente non possiamo escludere che la presunta versione perduta contenesse la menzione di Orfeo e l’accostamento incesto-pianta (nonché, eventualmente, il nome di Luciana). In tal caso i due (o tre) elementi proverrebbero direttamente dalla Historia latina, a sua volta eventualmente debitrice delle Metamorfosi. Tracce ovidiane nel Libro de Apolonio 181 Bibliografia Alvar, C. 1989: «De Apolonio a Orfeo. A propósito del Libro de Apolonio», VRom. 48: 165-72 Artiles, J. 1976: El «Libro de Apolonio», poema español del siglo XIII, Madrid Benaim Lasry, A. 1985: «The Ideal Heroine in Medieval Romances: A Quest for a Paradigm», Kentucky Romance Quarterly 32: 227-43 (cit. in Corbella 1992 N248c) Bernardini Marzolla, P. (ed.) 1994: Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi (testo a fronte), Torino Bruno, G. 1993: «Tres nuevas enmiendas al Libro de Apolonio», VRom. 52: 230-36 Bruno, G. 1995: «L’enigma della figlia di Antioco nel Libro de Apolonio», VRom. 54: 156-60 Cabañas, P. 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Homenaje al profesor Jesús Montoya Martínez. Estudios sobre hagiografía, mariología, épica y retórica, Granada, 627-33