eJournals Vox Romanica 66/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2007
661 Kristol De Stefani

Giampaolo Salvi, La formazione della struttura di frase romanza. Ordine delle parole e clitici dal latino alle lingue romanze antiche,Tübingen (Niemeyer) 2004, viii + 228 p. (Beihefte zur Zeitschrift für Romanische Philologie 323)

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2007
Paola  Allegretti
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ser un calco, pero de ningún modo un préstamo semántico (error ya en la versión alemana), lo que significa Lehnbedeutung y que forma parte de los calcos. En consecuencia, si se acepta calco como concepto más amplio, Lehnbildung tiene que ser calco estructural (en oposición a calco semántico/ préstamo semántico). En la versión alemana Wolkenkratzer ( skyscraper) es el ejemplo de la Lehnübertragung, la transmisión libre (mejor: traducción cuasi literal, porque si la forma estuviera «libre», se trataría de la creación [Lehnschöpfung]), de la Lehnübersetzung, la traducción (mejor: traducción literal), Mitlaut ( Konsonant). Sánchez Miret no aprovecha la ocasión de tomar el mismo ejemplo: la forma española de sky-scraper es rascacielos, lo que figura en la categoría de las traducciones literales (Lehnübersetzung). Lo mismo vale para el ejemplo del préstamo semántico: el sentido prestado en realisieren (ejemplo en la versión alemana) existe también en realizar (y por lo demás en réaliser en francés). El traductor da aquí ejemplos no muy convincentes: manifestación y jugar un papel. En manifestación no se nota ningún sentido prestado y jugar un papel es a lo sumo un calco sintáctico del francés jouer un rôle o sea del inglés to play a role. Para concluir, a pesar de algunas consideraciones críticas, este manual es un compendio muy avanzado tanto en alemán como en español. Da una primera orientación de lo que se hace en la lingüística románica en distintos aspectos: histórico-sincrónico, teórico-práctico y empírico. Se puede recomendar su lectura sin restricciones. Petra Braselmann ★ Giampaolo Salvi, La formazione della struttura di frase romanza. Ordine delle parole e clitici dal latino alle lingue romanze antiche,Tübingen (Niemeyer) 2004, viii + 228 p. (Beihefte zur Zeitschrift für Romanische Philologie 323) Giampaolo Salvi, ticinese, docente nell’Università Eötvös Loránd di Budapest, allievo a Padova di Lorenzo Renzi, si raccomandava anche ad un pubblico di non specialisti per la condirezione della Grammatica essenziale di riferimento della lingua italiana, G. Salvi/ L. Vanelli (ed.), Firenze 1992, e per la limpida parte nella Grande Grammatica Italiana di consultazione, L. Renzi (ed.), Bologna 1988. La Premessa dichiara subito l’obbiettivo del lavoro che è «studiare i meccanismi del cambiamento diacronico della struttura di frase fra latino classico e lingue romanze antiche e . . . individuare le cause di questo cambiamento» (1), e la consapevolezza che «gli argomenti qui affrontati possono avere una certa rilevanza per la teoria della linguistica, sia diacronica che sincronica» (1). La grande formalizzazione del discorso, che potrebbe sembrare ostica ad un primo approccio, propone in realtà un percorso estremamente chiaro: ogni passaggio è spiegato accuratamente, ci sono dei paragrafi riassuntivi e si realizza insomma il raro connubio di una matrice di tipo logico-formalizzato con la sensibilità per un tipo particolare di dati storici, quali sono quelli sui quali lavora la linguistica quando affronta le cosiddette Origini romanze. Il libro è strutturato in sei capitoli. Dopo una Premessa e Apparato teorico formale (1-10), il primo capitolo (I. Introduzione: 11-40) esamina l’ordine delle parole, la posizione dei clitici e l’espressione del soggetto nelle frasi delle lingue romanze antiche. I tre elementi sono trattati in paragrafi distinti: dal punto di vista delle I.2 Ipotesi esplicative (17-29), della I.3 Formulazione dei problemi (29-32) e dei I.4 Problemi di teoria e di metodo (32-38). Già questa struttura merita di essere sottolineata perché si articola secondo una scaletta che va dalla storia delle ipotesi esplicative, ai problemi, per arrivare infine al metodo. È il percorso, onesto, consapevole ed esigente, della relazione scientifica che intercorre tra la descrizione e la spiegazione di un fenomeno linguistico. Il passaggio dall’analisi dei dati al problema 222 Besprechungen - Comptes rendus teorico della diacronia si carica nelle lingue romanze di una fattispecie storica e filologica (le Origini) che aggrava il ben noto divario tra lingua parlata e lingua scritta, e impone il proprio metodo. Così scrive Salvi: «Da questo punto di vista i secoli che precedettero l’apparizione dei primi testi volgari, presentano il massimo divario tra codice parlato e codice scritto e l’inizio delle scriptae romanze rappresenta una chiara rottura di tradizione quale non si ritroverà più nei secoli successivi. Così le origini romanze rappresentano un discrimine anche dal punto di vista dei metodi che si possono utilizzare nello studio di questa evoluzione: se infatti l’evoluzione ulteriore può essere seguita in base ad alcune testimonianze, per alcune varietà, quasi ininterrotta e, bene o male, relativamente omogenea, l’evoluzione anteriore, che costituisce l’oggetto principale di questo studio, può essere solo ricostruita per via di ipotesi basate sul punto di partenza (il latino classico), su quello di arrivo (le lingue romanze antiche, appunto) e sugli indizi molto indiretti che ci forniscono dei testi che sono stati scritti con l’intenzione di perpetuare il modello classico, ma che per nostra fortuna, in alcuni casi, lo fanno solo molto imperfettamente» (11). Il secondo capitolo, II. L’ordine delle parole in latino (41-64), descrive dettagliatamente i fenomeni dell’ordine delle parole in latino e ipotizza una struttura di frase in termini generativi, che possa spiegare i fatti osservati e possa servire per l’evoluzione successiva. Si distingue prima di tutto tra un II.1.1 Ordine non marcato (43s.) e una serie di II.1.2 Ordini marcati (45-55), nel dettaglio: II.1.2.1 Ordine . . .VX (45-49), II.1.2.2 Periferia sinistra (49), II.1.2.3 Focalizzazione (50), II.1.2.4 Frasi a verbo iniziale (50s.), II.1.2.5 Verbo in posizione Wackernagel (52), II.1.2.6 L’inizio delle subordinate (53). Tanto questa trattazione che quella in cui si presenta II.2 Un’ipotesi sulla struttura di frase del latino (55-62) sono chiuse da due utilissime ricapitolazioni, Riassunto (52 e 62). Il terzo capitolo, III. La formazione dell’ordine delle parole nelle lingue romanze antiche (65-122), descrive i principali fenomeni dell’ordine delle parole e si divide nelle seguenti parti: III.1 La struttura di frase delle lingue romanze antiche (65-90) in cui l’autore individua due grammatiche in concorrenza, una innovativa a Verbo Secondo e un’altra con caratteristiche più simili a quelle del latino; III.2 Il cambiamento della struttura di frase fra latino classico e lingue romanze antiche (91-97) che ipotizza nelle strutture latine a verbo iniziale il punto di partenza dell’evoluzione diacronica; III.3 La testimonianza del latino tardo e volgare (98-116) che raccoglie per una verifica i dati da testi latini tardi e volgari. Chiude il paragrafo intitolato III.4 L’ipotesi comparativo-ricostruttiva di Dardel (117-22) che propone un confronto con l’ipotesi ricostruttiva presentata da questo studioso in vari lavori. Con il quarto capitolo, IV. Dai pronomi deboli del latino ai pronomi clitici delle lingue romanze antiche (123-76), si affronta il secondo argomento del titolo generale del libro. I paragrafi descrivono ordinatamente una sintassi delle parole deboli in latino (IV.1 La posizione dei pronomi in latino: 123-51), una sintassi dei clitici nelle lingue romanze antiche (IV.2 La posizione dei clitici nelle lingue romanze antiche: 152-62), una proposta di fasi nel passaggio dal latino al sistema romanzo arcaico (IV.3 Dal latino alle lingue romanze antiche: 163-71), e il confronto con le posizioni di Robert de Dardel (IV.4 L’ipotesi ricostruttiva di Dardel e de Kok: 172-76). Il quinto capitolo,V. Pronomi deboli, clitici, affissi (177-200), tratta il problema della differenza categoriale tra le forme pronominali deboli del latino e quelle clitiche delle lingue romanze (V.1 Pronomi deboli, clitici, affissi: 177-81). L’ipotesi sulle cause del cambiamento sono legate alla progressiva perdita del sistema morfologico dei casi e alla contiguità fra posizione delle forme deboli e posizione del verbo nel latino tardo (V.2 Il cambiamento di categoria dei pronomi da deboli a clitici: 182-89). L’evoluzione dei clitici romanzi impone distinzioni più specifiche in questa categoria morfosintattica, di cui si fornisce una tipologia (V.3 Tipologia dei clitici obliqui romanzi: 190-99). L’ultimo capitolo riassume i contenuti del libro (VI. Conclusione: 201-14), ed è seguito dalla Bibliografia (215-28). Come si vede l’impianto del libro è estremamente coeso e consequenziale. Risulterà quindi più agevole riferire di un argomento, in modo particolare il capitolo III. La forma- 223 Besprechungen - Comptes rendus zione dell’ordine delle parole nelle lingue romanze antiche (65-122). Qui è evidente il lavoro sottile di interpretazione dei dati: da una parte testi della latinità tarda e volgare (misurati sulla norma classica) e dall’altra le testimonianze romanze (tra gli altri: francese della Chanson de Roland, di Aucassin et Nicolette, galego-portoghese antico del Cancioneiro da Ajuda, del Cancionero de Joan Airas de Santiago e di altri documenti, provenzale di Boecis e delle razos, lo spagnolo della Primera Crónica General de España, della Crónica Geral de Espanha de 1344, toscano del Libro di novelle e di bel parlare gientile e del Tesoretto di Brunetto Latini) convergono nel delineare una grammatica plausibile del cambiamento sintattico, in modo particolare dell’ordine V2, ma i singoli dati vengono discussi anche a partire da ipotesi esplicative alternative. I fenomeni, quantificati, di permanenza della struttura di frase latina vengono spiegati grazie alla possibilità di scindere la struttura grammaticale tra una base e una struttura superficiale di frase (6). Si avrà così che gli arcaismi sintattici giochino un ruolo decisivo, tanto nell’ottica dell’interprete che in quella della diacronia, poiché «Il fatto che lo spostamento di costituenti in posizione preverbale all’interno di I’’ continui tuttavia a esistere in maniera facoltativa nonostante la causa prima di questo spostamento (la necessità del caso morfologico) non esista più, può essere interpretato come la maniera con cui la facoltà linguistica cerca di appianare un cambiamento troppo brusco nel risultato di una rianalisi strutturale e di mantenere così la continuità fra la lingua di generazioni diverse: tra la grammatica con casi e con anteposizione obbligatoria dei costituenti al verbo e la grammatica senza casi e senza anteposizione dei costituenti diversi dal soggetto fa da ponte una grammatica senza casi e con anteposizione facoltativa. Se così dal punto di vista della struttura grammaticale abbiamo una rottura, dal punto di vista delle frasi prodotte abbiamo un continuo (che tra l’altro assicura la coesione delle generazioni nella comunità linguistica)» (86). Sono i dati, esaminati anche in sincronia e con la consapevolezza che il ricercatore vuole delle informazioni che i testi non sono disposti a fornire troppo facilmente («è evidente che gli autori di testi della latinità tarda e volgare avevano intenzione di scrivere in latino: avevano una certa idea delle caratteristiche di un testo scritto in lingua letteraria e si sforzavano di realizzare questo ideale; non possiamo quindi aspettarci di trovare in questi testi un riflesso coerente dell’evoluzione della lingua parlata . . . Quello che dobbiamo cercare nei testi sono dunque, in primo luogo, innovazioni qualitative e solo in secondo luogo evoluzioni quantitative (la valutazione quantitativa essendo possibile solo in casi fortunati di testi con lo stesso tipo di contenuto e di estrazione culturale)», 99), e la formalizzazione della grammatica generativa che consentono insieme di scegliere tra ipotesi che meglio si giustifichino reciprocamente. Il gioco è sottile e istruttivo, e l’argomentazione spiega le differenze tra una grammatica elaborata dal latino parlato almeno dall’inizio del ii sec. d. C. (con una variante non marcata e una con focalizzazione), e il sistema V2 delle lingue romanza, che è attestato solo a partire dalla cronaca teodoriciana del vi sec. d. C. (Theodericiana primum ab Henrico Valesio edita/ Aus der Zeit theoderichs des Grossen, I. König (ed.), Darmstadt 1997), (115-17). Paola Allegretti ★ Christiane Maass/ Annett Volmer (ed.), Mehrsprachigkeit in der Renaissance, Heidelberg (Winter) 2005, 283 p. Der Sammelband enthält 15 Beiträge aus unterschiedlichen Fachdisziplinen, die aus einem Symposium zum Thema der Mehrsprachigkeit in der Renaissance erwachsen sind. Der methodische Ausgangspunkt der Organisatorinnen war ein genuin transdisziplinärer, in dem die Renaissance in ihrem Wesen als mehrsprachige Epoche verstanden wird. Schwerpunkt 224 Besprechungen - Comptes rendus