eJournals Vox Romanica 67/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2008
671 Kristol De Stefani

Rika van Deyck/Rosanna Sornicola/Johannes Kabatek (ed.), La variabilité en langue. I. Langue parlée et langue écrite dans le présent et le passé, Gand (Communication & Cognition) 2004, 284 p.; La variabilité en langue. II. Les quatre variations, Gand (Communication & Cognition) 2005, 410 p.

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2008
Gaetano  Berruto
vox6710232
Le traitement semi-automatique des collocations lexicales constitue l’objet de l’étude d’Agnès Tutin: «Collocations du lexique transdisciplinaire des écrits scientifiques: annotation et extraction des propriétés linguistiques dans la perspective d’une application didactique» (247-62). Pour analyser les collocations, l’auteure choisit les techniques simples TAL qui présentent l’avantage d’être facilement utilisables et qui semblent offrir de bons résultats. Ces applications «supposent néanmoins l’annotation de très grosses bases textuelles et une annotation lexicale fine de tous les types de collocations» (260). La dernière étude du volume est celle d’Henri Zinglé: «Extraction et formalisation d’unités phraséologiques» (263-72). L’auteur dévoile quelques-uns des principes nécessaires à la rédaction d’un Dictionnaire combinatoire du français (DCF). Dans les pages de son article, il présente les avantages mais aussi les difficultés rencontrées lors de l’élaboration d’une base de données avec l’objectif de mieux interpréter les faits de langue, non seulement d’un point de vue structural mais aussi sémantique: «Dans la même veine, nous avons relevé, dans un roman traduit la rue était peuplée de restaurants; cette erreur peut-être détectée et signalée au rédacteur, dans la mesure où le verbe peupler ou l’adjectif peuplé impliquent la présence d’êtres vivants. Peuplé suggérant ici que les restaurants sont en grand nombre, on peut orienter la recherche de solutions autour de nombre de/ nombreux/ en grand nombre etc» (271). Les Posters (271-321), au nombre de cinq (Maria Celeste Augusto, «Sourd comme une porte ou sourd comme une caille? - Une approche contrastive des expressions phraséologiques de type comparatif en portugais et néerlandais»; Grazia Biorci/ Monica Cini, «Tirare sù un bambino: l’élever ou le soulever? Aspects phraséologiques dans les verbes syntagmatiques»; Thierry Pagnier/ Sandrine Reboul-Touré, «L’enseignement des unités phraséologiques: un parcours entre langue, discours et culture»; Sophie Piérard/ Yves Bestgen, «Identification automatique des marqueurs globaux du discours par l’analyse des expressions récurrentes»; Freiderikos Valentopoulos, «Pour exprimer son état émotionnel en grec: le cas des locutions verbales»), illustrent la constitution des unités phraséologiques dans différentes langues européennes ou offrent des solutions pour une meilleure acquisition des unités phraséologiques. Toutes les communications que nous avons présentées ci-dessus témoignent des similitudes qui existent dans les langues au niveau structural. Les ressemblances enregistrées représentent en fait des structures rencontrées dans chaque langue. Tout au long de ce recueil, les auteurs nous ont fait découvrir des voies d’accès pour une meilleure compréhension des unités phraséologiques qui continuent à intéresser les linguistes mais aussi les informaticiens. Bref, nous avons sous les yeux un véritable guide à l’usage de ceux qui désirent comprendre le fonctionnement et l’utilisation des phrasèmes. Adrian Chircu ★ Rika van Deyck/ Rosanna Sornicola/ Johannes Kabatek (ed.), La variabilité en langue. I. Langue parlée et langue écrite dans le présent et le passé, Gand (Communication & Cognition) 2004, 284 p.; La variabilité en langue. II. Les quatre variations, Gand (Communication & Cognition) 2005, 410 p. I due tomi raccolgono il frutto di programmi Erasmus/ Socrates tenutisi alle Università di Napoli Federico II (1997) e di Gand (2001), con la partecipazione di studiosi di diverse università di più paesi europei occidentali riuniti come «gruppo dia» al fine di studiare diversi aspetti della variazione nella lingua. I volumi sono caratterizzati da una spiccata attenzione alle questioni diacroniche (talché una parte dei lavori si configura come vera e propria fon- 232 Besprechungen - Comptes rendus dazione di una sociolinguistica romanza storica, o meglio ancora di una linguistica varietistica della lunga diacronia), e sono entrambi aperti da un contributo postumo di Eugenio Coseriu, al cui insegnamento sono specialmente debitori gli approcci proposti nei volumi: «Mon Saussure», redatto da J.-P. Durafour a partire dalle versioni inglese e spagnola di un articolo dello stesso titolo e da note manoscritte del compianto maestro, e «Le latin vulgaire des romanistes», redatto da B. García-Hernández a partire dalla registrazione di un intervento a Gand nel quadro del programma suddetto, e che costituisce una specie di testamento scientifico coseriano sulla dibattuta questione del latino volgare. Nel primo volume troviamo, dopo il saggio su Saussure anzidetto, otto contributi incentrati da varie angolature sulle questioni del rapporto fra parlato e scritto e sui caratteri dell’uno e dell’altro nella sincronia o, prevalentemente, nella diacronia: N. De Blasi sulla visione dell’italiano parlato nella scuola fra Ottocento e Novecento, R. Librandi su testi di scrittura semicolta e privata nell’Italia preunitaria, L. Minervini sulla prospettiva del parlato nello studio della lingua franca mediterranea, E. Radtke sulla pragmalinguistica storica del francese, B. Schlieben-Lange su «les hypercorrectismes de la scripturalité», R. Sornicola sugli schemi di ordine VS nelle frasi principali in latino e nelle lingue romanze, A. Varvaro su dialettologia medievale e testi scritti, M. Voghera sulla distribuzione statistica delle parti del discorso nel parlato e nello scritto. Vi sono poi due contributi su questioni di sintassi diacronica del francese (U. Jokinen sulla variazione del sintagma nominale in francese medio e R. van Deyck sulla sintassi pronominale a partire da esempi di F. Villon), e uno di dialettologia sulla variazione diatopica nel catalano di Andorra (L. Rabassa). Il secondo volume, aperto come abbiamo detto dall’altro saggio postumo di E. Coseriu, è ricco di ben ventitré contributi, alcuni brevi e su temi molto specifici e puntuali, altri più estesi e impegnativi. Delle «quattro variazioni» del titolo (i. e. diacronia, diatopia, diastratia, diafasia), fa la parte del leone la variazione diacronica: su problemi di variabilità nella diacronia si soffermano infatti M. Banniard, con un contributo propositivo di carattere metodologico sull’approccio alla lunga diacronia del passaggio fra latino e lingue romanze; P. Ingelbrecht, con un esercizio di analisi di esclusivo interesse filologico (su cuer in Berte aus grans pies di Adenet le Roi); J. Kabatek, con un notevole saggio (versione francese di un articolo già pubblicato in Romanistisches Jahrbuch) sul ciclo dell’articolo in un gruppo di varietà romanze; H. Petersmann, con un lavoro postumo sulla diacronia della standardizzazione e destandardizzazione del latino; A. Roose, con note sulla lingua di Montaigne; ancora R. Sornicola, con un’ampia e impegnativa panoramica sulla sintassi e semantica dei pronomi soggetto in prospettiva diacronica; M. van Acker, con osservazioni sulla «communication verticale» all’epoca merovingica; Ph. Verelst, con puntualizzazioni su una chanson de geste poco studiata, Maugis d’Aigremont; nonché un nuovo intervento di U. Jokinen (cf. volume precedente) sul sintagma nominale (non determinato) in francese medio.A questa serie di lavori con focus diacronico si aggiunge un mazzo di contributi dialettologici in sincronia: M. Contini, J.-P. Lai e A. Romano su curve intonative in dialetti romanzi; Ch. De Wulf e S. Impens, con un breve intervento su dialect mapping e dialettometria; L. Molinu sulla struttura sillabica in sardo; G. Pianese sulla variabile -llnell’isola d’Ischia; T. Zuttermann su vocali toniche e nasalizzazione nel patois di Guascogna. Molto ben rappresentate sono tuttavia anche la speculazione e l’analisi variazionista in sincronia, con interventi di: C. Blanche-Benveniste sulla specificità dell’oralità; B. Cabezudo Raimundo sulla giustapposizione nel parlato e nello scritto; C. Denux sui regionalismi lessicali nel francese parlato del Carcassonese; G. Hellemans su lingua parlata e lingua scritta nelle elaborazioni teoriche di Coseriu; M. Maorad Montañés sulla variazione nel comportamento dei complementi satelliti del sintagma nominale in spagnolo contemporaneo; M. Roché sulla variazione in morfologia derivazionale; e infine P. Wunderli sulla col- 233 Besprechungen - Comptes rendus locazione dello stile e della stilistica nei modelli variazionisti. Non mancano infine un paio di interventi di altra natura: O. Du Pont con una decina di pagine sulla traduzione come banco di prova per la teoria linguistica, e M. A. Martin Zorraquino con un vivace bilancio dell’insegnamento della variabilità e della sociolinguistica dello spagnolo all’Università di Saragozza. L’insieme dei lavori, pur nella sua innegabile eterogeneità (evidente soprattutto nel secondo dei volumi), reca un apporto senza dubbio significativo al progresso degli studi in linguistica romanza, sia in prospettiva più spiccatamente sociolinguistica che in prospettiva di teoria, descrizione e linguistica storica. In particolare, fra gli altri, Radtke fonda sulla base di un esame delle manifestazioni della politeness e delle realizzazioni dell’atto linguistico del salutare in francese la necessità di una pragmalinguistica storica; mentre Sornicola mostra con puntigliosità e ferrata analisi dei dati nel suo primo contributo il carattere pancronico della «proprietà strutturale di lunga durata» alla radice, in latino così come nelle lingue romanze moderne, dell’ordine apparentemente marcato VS; invece nel secondo arriva a negare tale natura di pancronicità a un altro fatto che pur manifesta una notevole costanza fra il latino e le lingue romanze, vale a dire l’insieme dei fattori che paiono governare l’emergenza strutturale e discorsiva dei pronomi personali soggetto: si tratterebbe infatti di strutture che, pur presenti lungo tutto l’arco temporale considerato, «con una loro conformazione peculiare . . . sono di alcuni tempi e di alcuni luoghi, sottostanno cioè ancora al vincolo della storicità» (vol. II, 333; corsivo nell’originale; in questo contributo parrebbero forse meglio adeguati i termini di pleonasmicità e di Complementatore rispetto a quelli di «pleonasmaticità» e «Complementizzatore» che troviamo a p. 330 e rispettivamente 332). Il contributo di Kabatek, nel suo disegnare un percorso di progressiva grammaticalizzazione dell’articolo (a p. 157 viene anche proposta una scala di implicazione fra la realizzazione zero estesa a tutti i contesti o presente solo in contesti molto specifici che vede il francese occupare la posizione più avanzata e il portoghese brasiliano quella più arretrata, con lo spagnolo e il portoghese europeo in posizione intermedia), fornisce anche utili puntualizzazioni circa il rapporto fra «évolution linéaire normale» e presunta perturbazione dovuta al contatto linguistico nei processi di grammaticalizzazione (sarebbe stata da evitare, in questo contributo, qualche inaccuratezza tipografica: a p. 143 il salto di quasi un’intera pagina bianca prima di una tabella, e a p. 141 una cattiva disposizione del testo nella seconda riga della tabella). Roché delinea con dovizia di esempi una dettagliata classificazione dei tipi e delle forme di variazione che si rintracciano nella morfologia derivazionale, dove è facile ricadere presto nella problematica della stessa definizione di che cosa sia un’unità lessicale, concettualmente necessaria come invariante in base a cui stabilire i caratteri delle variazioni (anche in questo contributo disturba un po’ la trascuratezza tipografica che fa sì che a p. 261 le trascrizioni fonetiche in IPA, altrove correttamente riportate, siano rese con caratteri dell’alfabeto greco o con altri simboli). Concludiamo questa degustazione molto parziale, che fa necessariamente torto a parecchi contributi meritevoli di segnalazione, con la menzione di un saggio assai rilevante per la stessa teoria generale della variazione, quello di Wunderli, che discute con maestria la collocazione dello «stile» nei modelli di variazione o varietà della lingua: prendendo le mosse dalla considerazione ballyiana della stilistica, che sembra già prefigurare l’enucleazione della quarta dimensione di variazione, quella diafasica, l’autore ne esamina la posizione nella concezione di Coseriu e in alcuni modelli delle dimensioni di variazione linguistica, argomentando adeguatamente per arrivare a concludere (391) che «une conception prototypique de la variation et du style satisfait mieux qu’une conception taxonomique». Gaetano Berruto ★ 234 Besprechungen - Comptes rendus