Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniRaffaele da Verona, Aquilon de Bavière. Roman franco-italien en prose (1379-1407). Introduction, édition et commentaire par P.Wunderli, vol. 3, Tübingen (Niemeyer) 2007, xi + 414 p. (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie 337)
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Lidia Bartolucci
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dans la mesure où il renferme de nombreux exemples en français, en italien et en espagnol, mais aussi en catalan, en allemand et en anglais. Il demeure de ce fait un travail de référence sur un sujet encore largement méconnu. Mathieu Avanzi Italoromania Raffaele da Verona, Aquilon de Bavière. Roman franco-italien en prose (1379-1407). Introduction, édition et commentaire par P. Wunderli, vol. 3, Tübingen (Niemeyer) 2007, xi + 414 p. (Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie 337) Nell’«Introduction» all’edizione, ancor oggi basilare, del capolavoro della letteratura franco-italiana, Thomas scriveva: «L’Entrée d’Espagne est une véritable apologie du christianisme, et son principal héros, Roland, en est à la fois le porte-parole et le champion» 1 . Tale carattere, come osservavano Krauss 2 e Wunderli 3 , diviene più marcato in un altro testo epico, che si ascrive agli anni compresi fra il 1379 e il 1407 e che pure si lega alla regione «c’Adige e Po riga»: si tratta dell’Aquilon de Bavière, redatto, secondo quanto dice l’autore, «pour voloire demostrer comment la foi cristiane est sancte et veragie et celle de Macomet est fause, buxarde et adanie» 4 . In quest’opera tra i vari personaggi si stagliano Annibale/ Aquilon e Orlando, «la flor de tot les homes che portent armes» 5 , la cui figura non solo viene ad accostarsi a quella del monaco (Krauss 1982-83: 436), ma anche assume il ruolo di «idéologue et de théologien» (Wunderli 1984: 761) nella lotta fra Cristianità e «Paganie». Ad Aquilon de Bavière è dedicato il poderoso studio, pubblicato recentemente nella collana «Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philogogie» diretta da Holtus: è il terzo volume che ne completa, a notevole distanza di tempo, l’edizione, basata sull’unico testimone completo pervenutoci, il ms. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urbinate latino 381. A questo terzo libro su Aquilon, «conçu comme volume de commentaires» (5), avrebbe dovuto dare la sua collaborazione, secondo l’intento originario, un altro grande studioso di letteratura franco-italiana, Krauss, cui si deve fra l’altro l’importante analisi dal titolo Epica feudale e pubblico borghese 6 . Così non è stato. Rimasto «en chantier» a lungo, il terzo libro dedicato a questo «roman-fleuve» vede finalmente la luce: ad esso hanno collaborato Ulrich Klotz, «qui a entré le texte dans l’ordinateur et a préparé son alphabétisation» (xi), Annegret Litzenberger, che si è occupata dell’indice dei nomi, e Anna Lucia Buse, che ha preparato il materiale per il lessico. Il volume è articolato in cinque parti: la prima esamina il romanzo rapportandolo alla tradizione letteraria medioevale e si ripartisce in varie sezioni: «la modification de la matière traditionnelle», «l’intégration des genres et des matières», «le phénomène de l’inter- 272 Besprechungen - Comptes rendus 1 L’«Entrée d’Espagne». Chanson de geste franco-italienne publiée d’après le manuscrit unique de Venise, ed. par A. Thomas, Paris 1913: 61. 2 H. Krauss, «Metamorfosi di Orlando nell’Aquilon de Bavière», Atti e Memorie dell’Accademia patavina di Scienze, Lettere ed Arti 95 (1982-83): 425-40. 3 P. Wunderli, «Roland théologien dans l’Aquilon de Bavière», in: Essor et fortune de la Chanson de geste dans l’Europe et l’Orient latin. Actes du IX e Congrès International de la Société Rencesvals pour l’étude des épopées romanes, Venise 29 août-4 septembre 1982, Modena 1984: 759-81. 4 Cf. R. da Verona. Aquilon de Bavière. Introduction, édition et commentaire par P. Wunderli, Tübingen 1982, vol. I: 6 (d’ora in poi indicato con la sigla W). 5 Ivi: 171. 6 H. Krauss, Epica feudale e pubblico borghese. Per la storia poetica di Carlomagno in Italia, Padova 1980. textualité», «la parodie», «la structure narrative» e «les sources de l’Aquilon». Attribuendo il nome di Raffaele da Verona all’autore 7 , Wunderli, nella prima parte del volume, rifacendosi a suoi precedenti studi, analizza in particolare le trasformazioni dei personaggi, da Orlando a Carlo Magno, e sottolinea la «couleur locale» che talora contraddistingue le vicende narrate: essa è espressa, ad esempio, dall’introduzione e dalla valorizzazione di personaggi come Bernardo e Antonio da Marmora (probabilmente identificabili con gli ultimi Scaligeri, i fratelli Bartolomeo e Antonio), o dalla menzione della traslazione da Cartagine a Verona, ove furono oggetto di particolare devozione, delle relique dei santi Fermo e Rustico, secondo la versione riportata da un altro scrittore veronese del xiv secolo, Giovanni de Matociis, più noto come Giovanni Mansionario 8 . Ricordando poi che una delle caratteristiche della letteratura franco-italiana è costituita dal fatto che «les frontières entre les genres (surtout non-lyriques) deviennent de plus en plus floues et s’effacent presque complètement au 14 e siècle» (36), Wunderli osserva che Aquilon ne costituisce un «témoin extraordinaire»: nel testo epico l’autore con notevole maestria non solo introduce elementi della «matière ancienne», ma anche tinge di «colori graaliani» 9 le imprese epiche di Orlando e dei cavalieri cristiani, soprattutto nella terribile battaglia sull’Appennino, ove a aiutare il nipote di Carlo Magno e i suoi interviene Galaad, «li sant chevaler» 10 . Nella sezione del volume dedicata alle fonti Wunderli rivolge l’attenzione alla «blasonnerie» che investe i personaggi del romanzo: analogamente ad altri testi franco-italiani, come l’Entrée d’Espagne e la sua Complie, Aquilon «fourmille d’indications héraldiques» (114), mostrando la notevole conoscenza da parte dell’autore della materia araldica. «Il est fort probable [egli scrive] que Raffaele ait inventé ses blasons lui-même, en jouant sur les règles générales d’héraldique» (116). Riteniamo che ciò sia assai probabile. Sappiamo che nell’Entrée d’Espagne legami fra insegne araldiche dei personaggi e armi storiche di importanti famiglie di Padova sono stati posti in luce da de Mandach 11 . In Aquilon è utilizzata anche una «blasonnerie» storica: «la cros d’or in le camp azur» (W 85). l’arma di Bernardo da Marmora, uno dei più valorosi guerrieri di «Lombardie», si identifica con lo 273 Besprechungen - Comptes rendus 7 Sulla problematica riguardante il nome dell’autore cf. L. Bartolucci, «Un nuovo nome per l’autore dell’Aquilon de Bavière», Medioevo Romanzo 8 (1981): 217-23; P. Wunderli, «Un nuovo autore del Aquilon de Bavière? », VRom. 42 (1983): 81-84. 8 Proprio nella Historia Imperialis (o Ystorie Imperiales) Giovanni Mansionario, circa il trasferimento delle reliquie dei ss. Fermo e Rustico, attribuisce un ruolo anche alla sorella del vescovo Annone, Maria detta Consolatrice, diversamente da quanto riferiscono la Passio e la Translatio. Cf. V. Bertolini, «Appunti sulle fonti del Aquilon de Bavière: II) la tradizione dei ss. Fermo e Rustico», Quaderni di Lingue e Letterature 3-4 (1978-79): 397-406; P. Golinelli, «Il Cristianesimo nella ‹Venetia› altomedioevale. Diffusione, istitualizzazione e forme di religiosità dalle origini al secolo X», in: Il Veneto nel Medioevo. Dalla «Venetia» alla Marca Veronese. A cura di A. Castagnetti e G. M. Varanini, Verona 1989, vol. 1: 237-316, in particolare 279-83. Nella Biblioteca Capitolare di Verona si conserva uno dei codici della Historia Imperialis, che egli scrisse fra il 1306 e il 1320: è il ms. CCIV. Su Giovanni Mansionario, che «non soltanto aveva dato prova di dottrina e di erudizione mirabili, ma - come sottolinea Bottari - aveva altresì avviato un vero e proprio processo di rinnovamento culturale» cf. fra gli altri G. Bottari, Giovanni Mansionario e la cultura veronese del Trecento, in: Petrarca, Verona e l’Europa. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Verona 19-23 settembre 1991) a cura di G. Billanovich e G. Frasso, Padova 1997: 33-68. 9 A. Limentani, L’epica in «lengue de France»: l’Entrée d’Espagne e Niccolò da Verona, in: Storia della cultura veneta. Il Trecento, Vicenza 1976: 338-68, in particolare 358. 10 Sulla figura di Galaad, figlio di Lancillotto ed eroe del ciclo bretone cf. in particolare P. Wunderli, «Galaad nell’Aquilon de Bavière. Un ‹Deus ex machina› e la memoria», VRom. 65 (2006): 50-65. 11 A. de Mandach, «Chanson de geste et héraldique. Les blasons des grandes familles padouanes dans l’Entrée d’Espagne», CN 49 (1990): 179-202. stemma di cui il Comune di Verona si fregia dalle sue origini (fino ai giorni nostri); l’arma di Carlo Magno, «d’azzurro, seminato di gigli d’oro» è quella storica dei sovrani di Francia. Ci chiediamo allora dove nel romanzo finisca l’araldica storica e inizi l’araldica immaginaria; ci chiediamo altresì se il suo autore non abbia utilizzato anche la «blasonnerie» per scopi politici, attribuendo agli avversari di Gian Galeazzo Visconti le insegne dei cavalieri di «Paganie». Fra queste c’è la «jornie verde cun un spin tot floris» (W 679), appartenente al re Sorians: non potrebbe riferirsi a quell’importante famiglia italiana, celebrata anche da Dante, ovvero ai Malaspina, che si divisero in due rami: dello spino secco e dello spino fiorito 12 ? Quanto alle numerose fonti del nostro testo, Wunderli sottolinea che «les connaissances de Raffaele sont . . . très étendues, variées et ont - pour son temps - un caractère presque encyclopédique» (120). Uno dei testi cui lo scrittore attinge, a nostro avviso, è la Lettera del Prete Gianni 13 . Ne sono attestazione alcune spie testuali, come I) la menzione della visita al S. Sepolcro di Gerusalemme. Ne tratta l’Amirant di Cartagine in un dialogo con uno dei suoi alleati, Galgatas, re d’India: - Sire Galgatasse, coment l’avés feit cum li prete Zan. Avés feit acord cum luy. - Oil, dist li roi, nos somes molt amis, si sui venus de compagnie bien .x. jornee cum son niés, li prince Tadé, che veit in Jerusalem e vixiter li sepolcre de son Deu. (W 600, 39-40; 601, 1-3) Di tale visita si trova notizia soltanto nel testo latino della celebre Lettera del Prete Gianni, l’Epistola Presbiteri Johannis, redatta presumibilmente fra il 1150 e il 1165 e conservataci da innumerevoli manoscritti. Ivi il misterioso «rex et sacerdos» cristiano, che regge un regno dislocato in un Oriente lontano e colmo di «mirabilia», infatti dice: «In voto habemus visitare sepulchrum domini cum maximo exercitu» (Zarncke 1879: 910) 14 . E, nell’ambito della tradizione testuale in antico francese, che si rifà all’originale latino, ampliandone il meraviglioso e che pure conosce grande diffusione in occidente, ne tratta soltanto la traduzione - adattamento in prosa, siglata P-1 da Gosman, tradita da numerosi testimoni, i più remoti dei quali risalgono al secolo XIII: Et saciés vrayement que nous avons voué a visiter le sepulcre Nostre Seigneur qui est en Jherusalem au plus tot que nous porrons, et toute la Terre de Promision, se Dieu plest, ou Dieu rechut mort. (ms. I)/ Et saciés que nos avos voé et proposons a visiter le sepucre Nostre Segnor qui est in Jherusalem al plus tost que nos porons et tote la Terre de Promission, se Deu plaist. (ms. L) 15 274 Besprechungen - Comptes rendus 12 Tra i Malaspina, che costituivano un ramo degli Obertenghi, un ruolo di rilievo fu assunto nelle vicende storiche del XIV secolo da Spinetta Malaspina, detto il grande († 1352). A lui e alla sua famiglia Alberto e Mastino della Scala concessero nel 1334 la cittadinanza veronese. Da tale data inizia il casato Malaspina di Verona dello spino fiorito. Cf. U. Dorini, Un grande feudatario del Trecento: Spinetta Malaspina, Firenze 1940. Sull’insegna araldica della famiglia cf. E. Morando di Custoza, Armoriale veronese, Verona 1976, tav. 1510. 13 Possiamo ricordare che relativamente alla leggenda del Prete Gianni l’autore dell’Aquilon attinge anche a uno scrittore veronese del Trecento: Jacopo da Verona, autore del Liber peregrinationis, ascrivibile al 1335. Cf. V. Bertolini «Appunti sulle fonti del Aquilon de Bavière: IV) il Prete Gianni», Quaderni di Lingue e Letterature 6 (1981): 213-22. Bertolini sembra minimizzare l’influenza dell’Epistola Presbiteri Johannis su Aquilon. Per l’edizione del testo latino della lettera cf. F. Zarncke, «Der Priester Johannes», Abhandlungen der Philologisch-Historischen Klasse der Königlich Sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften 7 (1879): 809-34. Per le versioni oitaniche e occitaniche cf. La Lettre du Prêtre Jean. Les versions en ancien français et en ancien occitan. Textes et commentaire. Édition d’après les manuscrits connus par M. Gosman, Groningen 1982. 14 Gosman 1982: 150, 32-34; 296, 32-34. I e L sono i due ms. guida di P-1. 15 Ci ripromettiamo di approfondire in altra sede i rapporti fra Aquilon e la Lettera del Prete Gianni. II) gli accenni sia ai «mirabilia» del territorio del Prete Gianni sia alla sua grande potenza. In Aquilon si legge che allorché il nipote del Prete Gianni, Taddeo, giunge al padiglione del Califfo di Bandard, i comandanti saraceni «asés parlerent de / / le grant mervoiles che sont in le pais del Prete Gian e de sa grand possanze» (W 668, 19-20). Successivamente Salamon di Bretagne, uno dei guerrieri cristiani chiede al giovane: - Tadé, bel dolz amis, poit esre voire che la possanze de vetre oncle soit tele cum vint contés? - Coment? dit li prince. - Amis, dist li roy, il nos vint contés ch’il meteroit a canp plus de quatre cent millie omes (W 671, 25-29). Dei grandi potere, autorità e ricchezza del Prete Gianni riferisce a più riprese l’Epistola Presbiteri Johannis; il mittente fra l’altro afferma: Si vero vis cognoscere magnitudinem et excellentiam nostrae celsitudinis et in quibus terris dominetur potentia nostra, intellige et sine dubitatione crede, quia ego, presbiter Johannes, dominus sum dominantium et praecello in omnibus divitiis, quae sub caelo sunt, virtute et potentia omnes reges universae terrae. Septuaginta duo reges nobis tributarii sunt (Zarncke 1879: 910). E la prosa oitanica ribadisce: Et sachiés que nous avons la plus haulte coronne et la plus riche terre qui soit ent tout le monde si comme d’or et d’argent et de bonnes precieuses pierres et de forz fermetez et de forz citez et de forz chasteaux. Et sachiés vrayement que .lxxij. roys sont bons Crestiens en la loy que Jhesu- Crist/ / establi. (ms. I)/ Et, por voir, [saciés] que nos avons la plus haute corone et la plus riche qui soit en tot le mont aussi comme d’or et de pierres precieuse des mellors del monde et s’avons bones fermetés si comme de cités et de chastiaus. Et saciés de voir que .lxxij. roi sont desos nostre poësté et de nostre corone qui sont tot bon Crestien et si sont bien en nostre commandement. (ms. L) (Gosman 1982: 146, 19-20; 148, 1-26; 292, 19-20; 294, 1-28). L’intera Lettera del Prete Gianni inoltre, sia nel testo latino che nella versione oitanica, contiene una serie di «mirabilia», come difformità degli elementi (ad es. il Mare di sabbia), alienità antropologiche (come i giganti e i cannibali) e stranezze animali (ad es. l’unicorno). Tornando al problema delle fonti, che concerne le opere letterarie medioevali, Infurna osserva: «Il riconoscimento di specifici rapporti fra testi non è sempre immediato; e talvolta tali rapporti risultano confusi o irrimediabilmente cancellati dalla erronea trasmissione o dalla perdita di un referente» 16 . Più specificatamente circa Aquilon Wunderli annota: «Dans la plupart des cas il ne peut être question d’une source exacte et identifiable de façon bi-univoque 17 . Il faut presque toujours compter avec les écarts du modèle, avec des modifications de la part de Raffaele, et maintes fois on est confronté avec une vraie fusion de plusieurs sources» (79). Un’altra fonte del nostro romanzo, oltre alla Lettera del Prete Gianni, si delinea, a nostro avviso, nel passo in cui l’autore descrive l’«adornament» di African, il cavallo di Joxafat, figlio dell’Amirant di Cartagine: la sua coperta è «d’un paille sorians o estoit lavorés da li sinistre part coment Hector alcist Hercules» (W 153, 4-5). Nel poderoso studio a cura di Holtus e di Wunderli, Franco-italien et épopée franco-italienne 18 , circa il poema franco-ita- 275 Besprechungen - Comptes rendus 16 M. Infurna, «Intertestualità e mise en abyme», in: Lo spazio letterario del Medioevo. Il Medioevo volgare. Vol. 1, La produzione del testo, t. 1, Roma 2000: 423-57, in particolare 425. 17 Ad es. nella pericope «Allor li torne la giogie in dollor» (W 743, 36-37) non è immediato il riconoscimento del verso dantesco «Noi ci allegrammo e tosto tornò in pianto» (Inferno, XXVI, 136). 18 G. Holtus/ P. Wunderli, «Franco-italien et épopée franco-italienne», in: Grundriss der Romanischen Literaturen des Mittelalters, vol. 3, 1/ 2.10, Les épopées romanes, Heidelberg 2005. liano delle «Enfances Hector», più conosciuto come Roman d’Hector et d’Hercule 19 , Bianco afferma che esso costituisce «la seule oeuvre traitant la légende troyenne qui comprenne la mort d’Hercule par la main d’Hector - ce qui représente une innovation originale» 20 . Dunque l’autore dell’Aquilon conosceva sicuramente questo testo epico concernente la «matière ancienne». Ricordiamo in proposito che fra i codici pervenutici di tale poemetto il ms. Oxford, Bodleian Library, Canonici 450, viene esemplato nel 1384 da tale «Magistrum Benedictum scriptorem de Verona», che Marchi ritiene possa identificarsi con il medico Benedetto da Verona, uno dei personaggi di rilievo dell’ambiente culturale padovano della seconda metà del Trecento 21 . Nel Roman d’Hector et d’Hercule, osserviamo, l’arma attribuita all’eroe troiano è «un leoncel tot d’or massis,/ qi tenoit en la destre brance/ un petit brant, qi mout bien tranche (. . .)/ un lion d’or; / le chans, d’azur fu le color./ Ce est l’enseigne de sa maison,/ qe porta Ylus et Laumedon» (Palermo 1962: v. 218-20, 251-54) 22 . La stessa insegna araldica compare nell’Entrée d’Espagne («a un lion baree en le bixe campagne; / une spee sanglant en la brance grifagne», Thomas 1913: v. 4897-98) ove è attribuita a Girart de Rosilion e viene identificata da de Mandach 1990: 181 con l’arma di cui si fregia un’importante famiglia padovana, quella dei Papafava, legata ai Carraresi. Essa figura, con un cambiamento di colore, anche in Aquilon ed appartiene sempre a Girart de Rosilion: «un lion roge che tenoit un brand in la grafe destre tot sanglant» (W 676, 30-31) 23 . Il problema delle fonti in Aquilon si lega al complesso fenomeno dell’intertestualità che viene attentamente analizzato da Wunderli: se essa è marcata si manifesta attraverso la citazione (spesso in latino), la menzione, l’allusione, l’«évocation pluridimensionnelle» e il riassunto inglobato nella narrazione; nel romanzo compare anche, come osserva lo studioso, un’intertestualità non marcata in cui «les éléments provenant d’un autre texte (contenu) sont completement intégrés dans le texte contenant, où il n’y a donc plus de distance temporelle entre les deux niveaux, où nous n’avons plus affaire à des actions allocentriques et où les protagonistes étrangers à l’inventaire du texte principal manquent» (53). La seconda parte del volume su Aquilon concerne un’ampia ed accurata analisi della lingua: lo studioso esamina l’ambito grafo-fonologico, gli aspetti di morfosintassi e il «domaine lexicologique» di questo testo redatto in una lingua che viene utilizzata in un limitato spazio di luogo e di tempo, una «langue mixte» in cui si esprime, nell’Italia settentrionale, dal XIII secolo fino a metà del XV, una letteratura che assurge a fenomeno unico e specifico, il cui nucleo è costituito dai testi epici. Tale lingua, oggetto di numerosi studi di Holtus e di Wunderli, non è che «le produit littéraire artificiel existant sous forme écrite d’un pro- 276 Besprechungen - Comptes rendus 19 Cf. Le Roman d’Hector et Hercule. Chant épique en octosyllabes. Édité d’après le manuscrit français 821 de la Bibliothèque Nationale de Paris avec les variantes des autres manuscrits connus par J. Palermo, Genève 1962. 20 A. Bianco, Le Roman d’Hector et d’Hercule, in Holtus/ Wunderli 2005: 329-40, in particolare 331. 21 G. P. Marchi, «Giacomino Robazzi e Antonio da Legnago», Italia medievale e umanistica 17 (1974): 499-513, in particolare 503. A lui è dedicato un sonetto acrostico, tradito dal ms. Venezia, Biblioteca Marciana, Lat. XIV 223, da Giovanni Dondi dell’Orologio, professore di medicina, antiquario e scrittore, amico del Petrarca e medico prima del Carraresi e poi di Giangaleazzo Visconti. 22 Cf. pure J. Palermo, «Les armoiries d’Hector dans la tradition médiévale», in: Jean Misrahi Memorial Volume. Studies in Medieval Literature. Edited by H. R. Runte, H. Niedzielscki, W. L. Hendrickson, Columbia 1977: 89-99. 23 Nell’Attila di Niccolò da Casola simile è l’arma attribuita a Gilius re di Padova: «un lion arpant d’or fu in color sanguin,/ que tenoit une spee sanglant in suen sosin». Cf. Niccolò da Casola, La guerra d’Attila. Introduzione, testo, note e glossario di G. Stendardo, Modena 1941, vol. 1: v.1344- 45. cessus de mélange linguistique associant d’une manière non-systématique et donc à definir cas par cas des composantes de la langue française et de la langue italienne ainsi que de leurs sous-systèmes» 24 . Per quanto concerne l’ambito grafo-fonetico Wunderli sottolinea nella lingua del romanzo la sovrapposizione di varie tradizioni fonetiche e grafiche: antico francese, medio francese, toscano, lombardo, veneziano . . . Per la morfosintassi analizza il «fonctionnement des phénomènes d’interférence, de créativité familiarisante et de spéculation linguistique»; per il lessico evidenzia gruppi o famiglie di parole che nel glossario sono «dispersés par l’ordre alphabétique» (185). La terza parte del libro, assai ampia, è dedicata al lessico, che non si riduce a semplice glossario ma fornisce anche un breve commento lessicologico. Detto lessico, preceduto da una bibliografia specifica, concerne i termini considerati franco-italiani sia per la forma grafo-fonetica sia per il «point de vue lexicologique», e ivi si tengono presenti le lezioni francesi raramente attestate o non documentate nei principali testi di riferimento, come il FEW o il LEI. Circa una delle voci, strepon, che nella narrazione compare in due occasioni (W 184, 38- 40; 304, 40-42; 305, 1-6), ci chiediamo se non si rapporti alla parola italiana sterpone/ stirpone (da sterpo, derivato dal latino stirps), che ha il significato di ‘bastardo, figlio illegittimo’ e che è attestata dal XIV secolo in testi quali la Cronica di Matteo Villani o la Spagna 25 . Conchiudono il volume dedicato all’Aquilon un accurato «Index des noms», e un’ampia bibliografia, nella quale dominano i numerosi studi di Holtus e dello stesso Wunderli, dedicati alla lingua e alla letteratura franco-italiane. Lidia Bartolucci ★ Ghino Ghinassi, Dal Belcalzer al Castiglione. Studi sull’antico volgare di Mantova e sul «Cortegiano», a cura e con una premessa di Paolo Bongrani, Firenze (Olschki) 2006, 316 p. (Biblioteca Mantovana 5) Questo libro rende omaggio allo storico della lingua italiana Ghino Ghinassi (1931-2004), recentemente scomparso, raccogliendone alcuni importanti saggi apparsi lungo un quarantennio in atti di convegni e riviste. Il filo comune agli studi qui riproposti è rappresentato dalla cultura mantovana dal tardo Medioevo al Rinascimento, ripercorsa attraverso l’opera di due figure di diverso rilievo come quelle del notaio Vivaldo Belcalzer (fine sec. XII) e di Baldassar Castiglione. Al primo è dedicato l’ampio contributo sul volgarizzamento del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, conservato nell’esemplare di dedica al signore di Mantova Guido Bonacolsi nel ms. Additional 8785 della British Library (Nuovi studi sul volgare di Vivaldo Belcazer, 3-128). Scoperto da Vittorio Cian nel 1902 e parzialmente esaminato da Carlo Salvioni, il ms. londinese veniva per la prima volta analizzato integralmente nella sua veste linguistica dal Ghinassi che ne ribadiva il carattere di testimonianza eccezionale, anche se purtroppo isolata, dell’uso del volgare a Mantova tra Duee Trecento. Una profonda conoscenza dei dialetti emiliani e lombardi permetteva all’autore di superare in parte le pessimistiche conclusioni del Salvioni sulla possibilità di definire la «mantovanità» del volgare di Belcalzer, orientato secondo il G. «verso quella scripta vol- 277 Besprechungen - Comptes rendus 24 Holtus/ Wunderli, 2005: 91. 25 Cf. ad es. S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol. 20 Squi-tag; C. Battisti/ G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, vol. 5, e http: / / gattoweb.ovi.cnr.it per il Corpus OVI dell’italiano antico.