Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2009
681
Kristol De StefaniLe origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro: osservazioni in margine alle carte medievali pugliesi
121
2009
Michela Russo
vox6810023
Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro: osservazioni in margine alle carte medievali pugliesi 0. Premessa Le carte mediolatine qui sottoposte ad analisi e spoglio linguistico rappresentano le testimonianze scritte originali più antiche del Medio Evo pugliese. Si tratta del ventesimo volume del Codice Diplomatico pubblicato dalla Società di Storia Patria per la Puglia (Coniglio 1975) che contiene la prima parte dell’edizione delle pergamene del monastero di San Benedetto di Conversano, fondato probabilmente nel 957. Il volume ripubblica, migliorandola notevolmente, la trascrizione già offerta da Morea 1892. A oltre trent’anni, la seconda parte del volume su Conversano, a cui era stata rinviata l’edizione delle carte restanti nonché il glossario, non è mai uscita; dobbiamo quindi considerare ancora, per le carte residue, la vecchia edizione del Morea. La prima pergamena del Monastero benedettino di Conversano risale al 901, prima ancora della fondazione del Monastero. L’ultima è del 1265. Si tratta quindi di documenti che coprono un arco temporale ampio, di oltre tre secoli e mezzo, in cui si succedono tre dominazioni diverse, bizantina, normanna e sveva. Il territorio interessato è relativamente ampio. «Conversano era un centro strategico importante, perché permetteva di controllare la via interna che metteva in comunicazione l’Adriatico col Tirreno. Comprendeva un’ampia striscia, alle spalle di Polignano e Monopoli ed era costituita approssimativamente dai territori degli attuali comuni di Conversano e Castellana, che dovevano includere ampi possessi demaniali, molto spesso spopolati ed incolti» (Coniglio 1975: vi). Due passi delle carte di Conversano rientrano - a ulteriore conferma della straordinaria importanza del materiale linguistico - tra quelli utilizzati in un memorabile studio di Sabatini 1965/ 1996. Si tratta di un documento proveniente da Monopoli (1054, poi §40 dell’edizione Coniglio) e di uno proveniente da Conversano (1110, poi §64) che presentano due inventari. Uno spoglio sistematico del volume offre risultati assai importanti; intendiamo fornire qui un saggio degli obiettivi da raggiungere. Questo contributo mira alla costituzione di un lessico storico a base mediolatina dell’Italia meridionale (§1) e a descrivere il tipo linguistico pugliese antico (§2 e 3), caratterizzato in fasce diatopiche e diacroniche differenziate 1 . Si tratta, in pri- 1 Al di fuori dello spazio linguistico pugliese, cf. oggi Pfister 2002, Aprile 2001 (il Cartulario di Santa Maria delle Tremiti) e 2002 (il Codice di San Modesto in Benevento), Russo 2007b (il Codice di San Modesto in Benevento, il Codex Cavensis e le Pergamene di San Gregorio Armeno, Il Codice Diplomatico barese e pugliese), Giuliani 2004 (le Pergamene di San Gregorio Vox Romanica 68 (2009): 23-44 Michela Russo mo luogo al §1, di analizzare il lessico relativo alla cultura materiale, ma anche quello relativo alla conformazione geografica del territorio, al diritto e alle istituzioni. Ci si propone in particolare (§3) di analizzare per quest’area le differenti strategie di rifunzionalizzazione e conversione del neutro nella classe del femminile plurale, passando a vaglio nelle fonti diplomatiche meridionali le scelte grafiche desinenziali relative a tale ambito morfosintattico, in fase quindi pre-volgare (§3.1 e 3.2). Tali carte offrono anche una chiara testimonianza del femminile plurale italoromanzo (§3.3) e permettono di ripercorrere le tappe e gli orientamenti della nuova morfosintassi del neutro nel Meridione d’Italia. 1. Elementi lessicali, polimorfia e stratigrafia locale Per quanto riguarda il territorio, lo spazio agricolo e la vegetazione, abbiamo preziose testimonianze di parole; in particolare, quanto alla conformazione del terreno citiamo con allotropia del genere (cf. §3) la coppia mediolatina clausuria/ clausoria (e la forma dissimilata clisuria, cf. Salvioni 1909) ‘recinzione di un appezzamento coltivato (di solito albereto di ulivi o mandorli)’, oppure per metonimia ‘appezzamento recintato e coltivato’/ clausorium, i cui allotropi rimandano al tipo latino medievale clausura (clausura vinearum, clausura olivarum). Per un’ampia discussione e documentazione su questo tipo lessicale, cf. Russo/ Aprile i. c. di s. Il tipo mediolatino femminile clausoria è innovante, in quanto presenta una particolare evoluzione del vocalismo tonico con abbassamento della vocale etimologica: «clausoriam unam olivarum parietibus cintam» (Monopoli 1265, CDPugl XX, §220). Accanto ad esso riscontriamo il maschile altrettanto innovante clausorium: «intus in clausorio vin(ee)» (Altamura 1298, CDPugl XXIV, §8). La coppia allotropica clausoria/ clausorium è diffusa nella scripta mediolatina della Puglia settentrionale accanto a clausuria, ma essa è attestata anche nella scripta salentina, come si evince dalla documentazione proposta da Giuliani (2007: 170-75), la quale ipotizza l’influenza del greco κλεισοῦρα sul tipo clausoria. Il lessema clausuria entra nella Puglia settentrionale in concorrenza con clausoria, tipo lessicale mediolatino salentino, frutto di un’interferenza greco-romanza che ne determina la particolarità nel vocalismo tonico, dovuta alla competenza bilingue. Nel contesto diglottico (con diasistema / u / biz. -/ ou / rom.) va presupposta un’integrazione delle vocali chiuse del greco con la chiusura delle vocali medie del romanzo. Se partiamo da un tramite greco κλεισοῦρα tra clausoria e clausuria, le forme con -osono il frutto di un’ipercorrezione. Veniamo al tipo latino medievale clausorium con particolare evoluzione del vocalismo tonico. Giuliani 2007: 173 lo mette in relazione col derivato κλεισοῦριον e ci fornisce una documentazione salentina dalla quale si ricava che l’allotropo 24 Armeno) e 2007 (il Codice Diplomatico barese e pugliese) che si aggiungono agli ormai lontani lavori di De Bartholomaeis 1901 e 1902-05 e Sepulcri 1907. Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro neutro è più antico di quello femminile clausoria. Stando così le cose, una retroformazione direttamente dal femminile clausoria, consolidato nella Puglia settentrionale, alla base della diffusione lessicale del tipo neutro clausorium è cronologicamente improponibile. La forma clausorium è probabilmente un’ipercorrezione mirata a raggiungere un travestimento latino, a partire da una forma greca (Giuliani 2007: 174), oppure potrebbe essere un’ipercorrezione rispetto a un *clausurium giudicato metafonetico. Esempi di questo tipo non mancano nella scripta meridionale: si veda l’apertura del femminile Inclosa, ipercorrezione innescata da un clu¯ sus inteso come metafonetico: «in ecclesia Sancte Marie q(ue) nominatur ad illa Inclosa dentur exinde pro anima mea tari sex de auru» (Napoli 1230; Russo 2007a: 249, Carvalho/ Russo 2006: 13). La derivazione lessicale è cronologicamente evidente tra i femminili clausuria e clausoria; quest’ultimo secondario e peculiare alla scripta notarile della Puglia centro-settentrionale. Il lessema clausoria rappresenta in quest’ottica una neoformazione rispetto al latino medievale pugliese clausuria (cf. Russo/ Aprile i. c. di s.). Restando ancora nell’ambito delle formazioni lessicali relative alla conformazione del terreno, citiamo il tipo lessicale speccla (specula) 2 ‘cumulo di massi di pietra radunati insieme’ che è, assieme ai tipi poco comuni plescum e murex, tra i segni di confine meno diffusi (come risulta dall’indagine stratigrafica compiuta da Giuliani 2007: 101): et ipsa clausuria de Speccla (Conversano 915, CDPugl XX, §3); da ipsa specla que efi [sic] fine inter ipse ambo monaste[rie et quommodo] salet in pars montis per ipso pariete antiko . . .; et ponit caput in ipsa alia specla que est anti[ka fine . . . ]; [et ponis caput in ipsa] specla qui primis nominabi . . .; et sunt per coffines da ipsa specla antika (Monopoli 1099, CDPugl XX, §60); abeo duas vineas in loco Specla Terranea (Conversano 1117, CDPugl XX, §73) [ecc.]; specula et descendit recte usque ad corticellas per specula ubi est fica (Conversano 1263, CDPugl XX, §218). Con pretonica sempre trascritta con -iè il tipo lessicale della Puglia settentrionale e centrale pizzulo eo˘ lu ‘parte quasi sporgente della casa a terreno, che serviva di confine tra un edificio e l’altro e su cui si aveva anche il diritto di fabbricare’, mentre la tonica presenta qualche variante allografica con -oin luogo di -utonico 3 : ad faciendum pizulo in eadem casa que ad lavorandum incipi solummodo ipso pariete de ipso pizulo de ipso casile que fuit casa iamdicto Potelchisio (Conversano 1086, CDPugl XX, §47). Nello stesso documento pizulo, -um è usato altre 10 volte; a latere vero [partes sep] tentrionis [in medio] pizzulo casa filiis Andronico (Conversano 1095, CDPugl XX, §56); orientis nam- 25 2 Anche con il suffisso collettivo speccletis: «et finit in via de Cupersano ubi sunt ipse prenominate speccletis» (Conversano 1087, CDPugl XX, §48). 3 Cf. anche pizzulo (Bari 1005, CDBar IV §9; Bari 1048, CDBar IV, §34); pizulo (Bari 1034, CDBar IV, §23); pizzuli (Bari 1047, CDBar IV, §33); pizulum (Bari 1238, CDBar VI, §69), ma pizziolo (Terlizzi 1135, CDBar III, §57). Michela Russo que est pizzulo de casa Dunnando filio (Conversano 1100, CDPugl XX, §61); a septentrione a medio pizzulo est domus [predicti Achilli] (Conversano 1159, CDPugl XX, §106) ma que domus est de trabi]bus quinque et media cum sex scolis et piczzeol(o) uno (Monopoli 1208, CDPugl XX, §158), unum orticellum in [capite piczzeoli ipsius do]mus partis meridiei (ib.), nam a septentrione est pizzeol(am) predic(te) [domus] (ib.). Veniamo ora alla discussione selettiva di qualche tipo lessicale relativo ad altre aree semantiche, prima di passare alla morfosintassi del neutro. Per barba e barbanus ‘zio paterno’ valgono le conclusioni di LEI 4,1241-46 che modificano in parte l’ipotesi di Aebischer 1936, vale a dire barba ‘zio’ (cf. ad es. Barba Sabinus fil(ius) Raonis s.l. 1237, CDPugl XX, §187) è forma latina e non ha un’origine longobarda, anche se l’ipotesi germanica sarebbe geolinguisticamente accettabile (si vedano i dati documentari proposti dal LEI anche precedenti all’Edictum Rothari nel quale si trovano attestazioni di barba ‘zio’). Non è plausibile invece l’ipotesi morfologica a sostegno di una derivazione germanica per barbanus. Il LEI sostiene, infatti, che le forme barbanus nominativo e accusativo barbanem e barbanum riscontrate sempre nell’Edictum Rothari (accanto a barba e barbas nominativo) mostrano ampliamento della radice con -anforse analogico sui maschili in -o¯ ne e non sono il frutto di una declinazione germanica -o/ -an. In altri termini si tratterebbe di un relitto della generalizzazione dell’obliquo riscontrata già nel latino medievale dell’Italia meridionale : cepe[r]unt eum calumniare ipse barbanus eius et ipsi consobrini eius (s.l. 938, CDPugl XX, §7); et abbas qui fuit barbanus meus (Castellana 941, CDPugl XX, §8); habuimus in commune cum Manno filio Stasii barbano nostro duos vinales (Conversano 1122, CDPugl XX, §75); barbaneus Id[eoque . . .] sumus Leo filio Petro [. . . filii Castel]manni qui sumus barbaneo et nepote ex civit(ate) Cupersano” (Conversano 999, CDPugl XX, §28); sic est veritas ut iste barbaneus meus iuravit (Monopoli 1074, CDPugl XX, §42); Iohannem barbaneum meum (Ruvo 1171, CDPugl XX, §125) 4 . L’ipotesi germanica è stata invece sostituita dall’ipotesi greca (per il parallelismo thianus/ thiane, LEI 3,2044-2046), alla cui credibilità il LEI 4,1244 aggiunge gli esempi di altri due nomi parentali tatani e mamani tratti rispettivamente da iscrizioni campane del terzo/ quarto secolo (la prima a Miseno CIL 10,3646 e la seconda a Pozzuoli CIL 10,2965), nonché di altri nomi propri in -ane (è probabile che la trafila sia dall’antroponimo al nome parentale, in ogni caso con una marcatura 26 4 Cf. barbanus (Bari 1005, CDBar IV, §9); barbano (Bari 981, CDBar I, §6; Bari 1012, CDBar IV, §12); barvaneo (Bari 1001, CDBar I, §8; Bari 1009, CDBar IV, §10); barbaneo (Terlizzi 1033, CDBar III, §2; Bari 1086, CDBar V, §7; Molfetta 1095, CDBar VII, §3; Bari 1098, CDBar V, §26; Bitetto 1099, CDBar VIII, §22); barbanum (Bari 1136, CDBar V, §87); barbani (Barletta 1217, CDBar VIII, §215). Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro morfologica dell’animato) 5 . In questo modo «l’origine morfologica di barba/ barbane ‘zio’ non è longobarda ma greca» (LEI 4,1245). Non viene però esclusa un’influenza semantica longobarda sulla voce. Termine di origine greca (cf. il gr. πικτάκιον ‘tavoletta’) è pittagio/ pictagio/ pictacio ‘circoscrizione territoriale cittadina originariamente caratterizzata da una tavola incerata o impeciata per scrivere’ (nel senso specifico di ‘documento scritto’), opposto a pettacia 6 : intus huius civit(atis) [Monopolis in] pittag(io) Clodarum (Monopoli 1223, CDPugl XX, §171); scil(icet) totam domum meam planam que fuit Ladonne Claude et est intus huius civit(atis) in pictacio Portenove (Monopoli 1212, CDPugl XX, §162); predicta vero domus est intus huius civitatis Monopolis in pictagio Clodarum (Monopoli 1236, CDPugl XX, §184). Formula duecentesca, ma si riferisce a un’antica tradizione di suddivisione del territorio. Cf. Morea 1892: 296 (con un’ulteriore attestazione del 1283, anch’essa accompagnata da un toponimo). Il termine neutro pictacium è in relazione con un allotropo femminile pettacia nella documentazione pugliese (sull’allotropia del genere, cf. infra): in pectacia sancte Eugenie. (Salpi 1209, CDBar VIII, §254); in pectacia sancti Martini (Salpi 1226, CDBar VIII, §291); in pettacia sancte Eugenie (Salpi 1238, CDBar VIII, §316). È da osservare che le forme femminili presentano la pretonica armonizzata. Ciò risponde a criteri morfofonologici autoctoni: il femminile plurale non metafonetico induce all’abbassamento della pretonica (in base alla cosiddetta «metafonia delle atone», v. §2). Potrebbe trattarsi, tuttavia, anche della reinterpretazione romanza dei prestiti greci aventi genere neutro che trascina con sé l’abbassamento delle vocali chiuse all’interno di parola πιττάκιον → pettacia (cf. Giuliani 2007: 180-83). Si assiste peraltro all’integrazione di un termine neutro di orgine greca con cambio di genere e conversione nel femminile, fenomeno di cui si discute al §3.2. 2. Dittongazione, morfometafonia e armonizzazioni vocaliche Le informazioni fono-morfologiche che offrono questi testi sono piuttosto interessanti. In particolare, per il vocalismo essi ci forniscono per es. una precoce attestazione del dittongamento discendente tipico della fascia adriatica teila ‘tela’ ē : 27 5 Il LEI 4,1242 riporta anche da un’iscrizione giudea di Taranto dell’VIII secolo: barbane suum (CIL 9,6402). 6 Cf. anche «ante hos annos iunxi me in convenientia cum Theodorus fratre meo et divisi ego inter me et illum case et curte quas commune abuimus in hac civitate et feci ego ex ipsa divisione tandem duo pictacii de unaquaque sortione ut consuetudo est» (Bari 1048, CDBar IV, §34). Michela Russo «teila de lino gubitis sexaginta» (Monopoli 1054, CDPugl XX.40) (Sabatini 1965/ 1996: 127, Russo 2002a: 198, con bibliografia) e seida 7 : seda, seida ‘albero della melagrana’ *SIDA; sede (Bari 1015, CDBar IV, §13); seida acia ‘mela selvatica’, seide gen., seida dulce (Bari 1031, CDBar IV, §20; ad esso aggiungiamo bessayda ‘pisside, calice’ ī de ea bessayda secretarii eiusdem ecclesie (Molfetta 1256, CDBar VII, §103) 8 . Numerose sono le attestazioni della metafonia nei documenti da noi analizzati. Esse mostrano non soltanto l’antichità del processo metafonetico in Italia meridionale, ma anche il suo funzionamento squisitamente morfologico. Rileviamo brunzu ō (Russo 2007a: 79): «una cantara de brunzu» (Conversano 1110, CDPugl XX, §64); l’alternanza morfo-metafonetica con armonizzazione delle atone nella coppia antroponimica Sillictus/ Sellecta dal personale romano Selectus con opposizione di genere, femminile opposto a maschile (la documentazione è tratta da Russo 2007a: 137, da cui si ricavano inoltre dati analoghi anche per il latino medievale campano in cui l’alternanza morfo-metafonetica per questo tipo lessicale appare maggiormente diffusa): mulier nomine Selletta filia Deidati (Conversano 938, CDPugl XX, §6), q(ui) s(upra) mulieri Sellette (ib.), q(ui) s(upra) muliere Sellet[ta (ib.), ecc.; contro a medio pariete hortale de filii Sillicti (Conversano 1009, CDPugl XX, §31). È evidente che l’alternanza tra i grafotipi della coppia lessicale antroponimica è modellata sullo schema metafonetico; essa risulta inoltre rafforzata dall’armonia vocalica della vocale pretonica sulla tonica seguente (cf. Russo 2007a: 136s.). Constatiamo infatti chiusura di / e/ pretonica in -iper l’insieme delle occorrenze metafonetiche. In quest’ottica di armonizzazione morfo-fonologica, trattamento analogo richiedono le alternanze rintracciabili nelle carte mediolatine campane con opposizioni di genere (cf. Russo 2007a: 40). Tali alternanze sono rappresentate dai grafotipi con armonia delle atone pretoniche sulla vocale tonica seguente quali Duminico , Disigi ecc., in alcune coppie lessicali contrassegnate anche da allotropia del genere, quali palmentateca ‘diritto al palmento’ (Salerno 1065, 1068, ecc.) opposto a palmentaticum (Salerno 1067), nelle quali si evidenzia ugualmente una contrapposizione delle vocali atone i/ e, connessa al cambio di genere e in cui è assente la vocale tonica assoggettata a metafonia. Tale trattamento non a caso sarà poi tipico del napoletano medievale; si rinvia qui all’opposizione ad es. riscontrata nel Ferraiolo (1498ca.) tra vistite (ma vestero), inimice, ma innemica con i e in presenza di i tonica seguente, ecc. (per un quadro più ampio relativo alla scripta campana e al napoletano medievale, cf. Russo 2007a). L’armonia delle vo- 28 7 Cf. anche Sabatini 1965: 986 N37; Russo 2002a: 198. 8 Si tratta peraltro di una traccia molto importante di quello che sembra l’unico derivato italoromanzo di acidus con trafila popolare, non incluso nel LEI perché solo di documentazione mediolatina. Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro cali atone sembra aver assunto dunque già nel latino medievale campano e pugliese una chiara funzione di marca morfologica, e sembra essersi estesa, anche in assenza di un contesto vocalico metafonizzante, quale contrassegno morfologico dell’opposizione di genere e numero. Il funzionamento del meccanismo metafonetico si evince ampiamente dalla documentazione della Puglia settentrionale: a parte i già citati brunzu e Sillictus, ecc., segnaliamo un’altra alternanza modellata secondo lo schema metafonetico e rintracciabile ancora una volta in una coppia lessicale antroponimica, Carapresa opposto a Caroprisio (documentazione tratta da Russo 2007a: 66): et traderet m(ich)i uxorem Citacarapresam sororem suam (s.l. 1209, CDPugl XX, §160); declaro quod mortua Carapresa uxore mea matre (Monopoli 1257, CDPugl XX, §212); pro Carapresa su[a] uxore premortua (Giovinazzo 1303, CDPugl XXIV, §5); Ego Carapresa filia quondam Sthephani (Bitonto 1291, CDPugl XXII, §29); contro: iuxta domum Nicolai de Caropriso (ib.); et iuxta clusum Nicolai de Caroprisio (Terlizzi 1268, CDPugl XXII, §5). Se allarghiamo lo sguardo agli altri volumi del codice, metafonetico è anche il neutro prisum ‘appezzamento di terreno’ che presenta qualche sporadico allotropo femminile con opposizione di genere nella stessa documentazione (l’allotropo femminile è invece molto attestato nella documentazione mediolatina campana, cf. discussione infra): ad es. presa una de terra (Terlizzi 1318, CDPugl XXII 124) o prisa de terra (Barletta 1175, CDBar VIII 125): priso (Corato 1125, CDBar IX, §23; Terlizzi 1167, CDBar III §100); prisum (de terra) (Barletta 1169, CDBar VIII §110; de terra, Barletta 1191, CDBar VIII §165; Molfetta 1252, CDBar VII 101; prisi gen. (Barletta 1198, CDBar VIII §180). In particolare, le serie suffissali paradigmaticamente compatte facilitano l’applicazione del processo metafonetico (Fanciullo 1994; Russo 2007a). Tracce evidenti del rimodellamento attuato secondo lo schema metafonetico emergono già dalle carte mediolatine dell’Italia meridionale e anche della Puglia settentrionale: dal suffisso *-o¯ni ¯ lessicalizzato abbiamo plaiuni ‘lenzuola’ (longobardismo, cf. Sabatini 1965/ 1996: 111-12, Russo 2007a: 64-65): pario plaiuni de lino, pario plaiuni capituo polemito (Monopoli 1054, CDPugl XX, §40); plagiuni [duo paria plagiuni] de lino novi (Conversano 1110, CDPugl XX, §64); contro plaioni paria plaionum duo, unum ad decem et octo et aliud ad sedecim bona n[ova] (Monopoli 1226, CDPugl XX, §174); par unum de plaionibus ad quatuordecim novum bonum (Conversano 1246, CDPugl XX, §197); duo paria plaionum alium ex eis ad [sextum] et alterum ad duodecim, imbastituras duas similiter plaionum (Conversano 1260, CDPugl XX, §217) 9 . 29 9 Cf. plaioni (Bari 1028, CDBar IV, §18; Canne 1035, CDBar VIII, §12; Bari 1088, CDBar V, §9); plaionum (de lino), plaionem (Terlizzi 1138, CDBar III, §51); plaionis (Terlizzi 1180, CDBar III, §129; Terlizzi 1191, CDBar III, §156; Barletta 1257, CDBar X, §96; Terlizzi 1267, CDBar III, §285); plaionem (de lana) (Monopoli 1181, CDBar I, §57); plaionorum (Molfetta 1184, CDBar VII, §68); plaiones (Bari 1190, CDBar V, §155). Michela Russo In alcuni documenti appare chiaro che tali lenzuola sono valutate secondo l’altezza (ad decem et octo, ad sedecim, ad quatuordecim). Ancora da *-o¯ni ¯ lessicalizzato, ma collegato «intra-sistemicamente» alla serie suffissale abbiamo scattuni ‘vasi’: scattuni octo (Monopoli 1054, CDPugl XX, §40); et quattuor scattuni (Conversano 1110, CDPugl XX, §64). Per -to¯ riu abbiamo cardaturo ‘strumento con denti uncinati per cardare la lana o altri elementi filabili’ (su cui già Russo 2007a: 87): cardaturo pettinanda stuppa (Monopoli 1054, CDPugl XX, §40); et uno cardaturo (Conversano 1110, CDPugl XX, §64; cf. Bari 1021, CDBar I §10.9 e §29). Per il suffisso - O ¯ SU / - O ¯ SA troviamo l’opposizione metafonetica regolare precocemente attestata nel latino medievale dell’epoca nel maschile lapelluso opposto al femminile la pellosa (cf. Russo 2007a: 81): foras hac civitate in loco qui dicitur lapelluso (Bari 1086, CDBar V, §7), Hec est enim predictam clisurallam cum olive et ipsa corigia de terra in ipso lapelluso sub murice (ib.); Unum scriptum venditionis unius lame que vocatur de lap[ell]uso cum omnibus arboribus olivarum (Bari 1108, CDBar V, §53); in opposizione a unam peciam de terram meam quam habeo ubi la pellosa dicitur subtus ipsa murice (Bari 1049, CDBar I, §23), que venit a Fraxenito extra quam viam est terra lapillosa (Bari 1155, CDBar V, §112), predicte pezie de terra Iapillose (ib.). L’allargamento metafonetico è legato all’estensione analogica della funzione metafonetica in alternanze regolari: Petra Pertossa (Dragonara 1213, CDPugl XXX §218); in pe˘ tra + agg. pertu¯ sa ‘forata’, il toponimo appare adeguato alla metafonia veicolata dal suffisso - O ¯ su e rappresenta un riscontro analogico abnorme, in quanto la pressione analogica veicolata dai riflessi metafonetici regolari ha catturato un lemma nel quale ci aspetteremmo u¯ etimologicamente invariante anche al femminile (Russo 2007a: 256-66). Dal quadro appena tracciato emerge che la predicibilità paradigmatica dei tipi suffissali a serialità compatta favorisce già nel latino medievale dell’area i processi metafonetici, in quanto pressioni analogiche guidate dai suffissi favoriscono un adeguamento precoce al processo metafonetico e innescano il processo di rimorfologizzazione volto a ottimizzare la funzionaltà morfologica e a risolvere l’opacità morfologica (Fanciullo 1994). 30 Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro 3. Processi di rianalisi del neutro latino: neoneutro e femminile, sistemi eteroclici e genere differenziale Forniamo in questa sezione un quadro succinto dei processi di rianalisi classificatoria, collocati all’interno dei mutamenti strutturali e tipologici dal latino al romanzo, e delle allotropie riscontrate nelle carte mediolatine analizzate tutte in riferimento a un genere neutro progressivamente opacizzato nella fase di transizione. L’ambivalenza del morfema -a, neutro plurale esposto a coalescenza lessicale nella classe omonima di femminile singolare e/ o a sincretismo grammaticale nella classe di femminile plurale con mantenimento del tratto di numero, produce nuovi contrasti di genere fondati sulla rianalisi dei sostantivi neutri e sull’inclusione del tratto semantico di collettivo in coppie lessicali bipolari, semiomofone o allotropiche (cf. Russo 2002b: 119, 2007: 277s., Giuliani 2004, 2007). I processi di traduzione morfologica tra le classi di genere (neutro plurale e femminile) innescano nuove codifiche grammaticali e nuove lessicalizzazioni. La reinterpretazione del morfema -a, avente duplice valore di collettivo e di femminile singolare, con conseguenti nuove implicazioni grammaticali, semantiche e lessicali, è determinata dalla sua duplicità desinenziale. Il femminile singolare collettivo o «aumentativo» in -a con orientamento alla lessicalizzazione è documentato nelle carte pugliesi e riflette il sincretismo tra neutro plurale, con sfumatura semantica collettiva, e femminile singolare. Il risultato di questa traduzione morfologica è la perdita del tratto morfologico di plurale e il mantenimento del tratto semantico di collettivo. Rimarchiamo che l’assegnazione del genere femminile in luogo del neutro latino si esplica in relazione al valore collettivo, alla categoria del non individuato, dell’inanimato e dell’indefinito. I meccanismi di conversione morfologica nella classe di femminile singolare innescano il modello lessicale del genere differenziale. Con l’integrazione del neutro plurale nella classe «omonima» di femminile non viene ad instaurarsi una relazione di tipo grammaticale tra il femminile e il corrispettivo singolativo, bensì una relazione di lessicalizzazione all’interno di una coppia allotropica (come nelle coppie clausuria/ clausorium, pettacia/ pittacium, presa/ prisum, cf. §1). Il sincretismo di -a nella classe di femminile plurale genera invece paradigmi eterocliti che oppongono sul piano della variazione di genere un maschile singolativo a un femminile plurale avente connotazione collettiva (brachia, capore, lacora, capita). Le coppie lessicalizzate -u/ -a si riferiscono, dunque, al modello del genere differenziale se il neutro plurale è integrato nella classe di femminile singolare; il maschile è la categoria lessicale non marcata, mentre il femminile rappresenta la categoria lessicale marcata non di rado con connotazione aumentativa del referente. Il genere differenziale può manifestare una contrapposizione semantica o diatopica (areale) nella variazione degli allotropi (cf. §3.2). Il modello grammaticalizzato -u/ -a si riferisce, viceversa, all’eteroclisia dei paradigmi se è il prodotto della conversione del neutro plurale nella classe del femminile plurale con con- 31 Michela Russo servazione del sistema degli accordi grammaticali connessi al numero. I paradigmi eterogeni e il genere differenziale evidenziano l’esistenza di sistemi morfologici e lessicali discontinui, prodotti in seguito a conversioni morfologiche e a diversi fenomeni di integrazione lessicale. Si analizzano qui di seguito nella documentazione mediolatina pugliese alcuni fenomeni di allotropia nella selezione differenziata del genere e le nuove opposizioni grammaticali, semantiche e lessicali prodotte all’interno di un paradigma del genere bibartito e legate alla ristrutturazione della flessione nominale. In alcuni casi le possibilità di assegnazione del genere per un unico tipo lessicale sono duplici: uno stesso tipo lessicale può essere reinterpretato e integrato sia eterogeneticamente nella classe di femminile plurale (grammaticalizzazione) sia in quella di femminile singolare su basi semantiche (lessicalizzazione), cf. infra il tipo lessicale pastino/ pastina/ pastine nella scripta mediolatina campana e pugliese. L’integrazione morfologica dei tipi lessicali a seconda di una tipologia desinenziale e la dicotomia nell’attribuzione del genere femminile è riconducibile non di rado nella documentazione mediolatina a fasce diacroniche e diatopiche differenziate. Tali strategie di ristrutturazione del genere vanno inquadrate nell’evoluzione diacronica della flessione nominale dal latino al romanzo e sono collegate alla perdita di autonomia del neutro latino. Esse riflettono una fase bicasuale o tricasuale nella quale esisteva una marcatura diversa per Soggetti e Oggetti a seconda della gerarchia di animatezza o definitezza, e all’interno della quale l’Oggetto inanimato e indefinito riceveva una marcatura distinta, fase precedente alla tematizzazione dell’accusativo quale caso unico e generalizzato. In altre parole, il sistema degli eterocliti nasce diacronicamente dalla strutturazione morfosintattica protoromanza tra Soggetti attivi (animati) e Oggetti inattivi (inanimati); in quest’ottica la marcatura dell’Oggetto è destinata esclusivamente agli inattivi, marcatura normalmente riprodotta in seguito dall’accusativo generalizzato quale caso non marcato (Zamboni 2000, Russo 2000, 2007). Le desinenze plurali dei neutri in -a e -ora attestati nella documentazione mediolatina sono relitti flessivi di quest’orientamento, e ad essi vanno collegati gli allotropi femminili in -e della documentazione mediolatina pugliese e salernitana (cf. §3.1), ma anche le scelte grafiche in -e e in -as della documentazione mediolatina napoletana (§3.2). Per quanto riguarda la documentazione notarile pugliese osserviamo la prevalenza del genere differenziale, con ristrutturazione del genere su basi semantiche o geolinguistiche piuttosto che morfosintattiche e formali. Le scelte grafiche desinenziali per la rappresentazione del genere differenziale, ma anche del genere eterogeno (cf. §3.1) nella documentazione pugliese (e salernitana) prediligono le desinenze -a ed -e. È emersa, invece, nella scripta mediolatina napoletana, sul versante morfosintattico e desinenziale, la desinenza -as attestata oltre la morfosintassi dell’accusativo, all’interno del paradigma eteroclito che sarà tipico del dialetto napoletano moderno (cf. nap. medullo m.sing./ le medolla f.pl., Russo 2007a, 2002b, Giuliani 2004, 2007). 32 Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro La desinenza -as della scripta mediolatina napoletana, non relegata alla morfosintassi dell’accusativo, mostra la conversione tra neutrali e femminili; e attraverso di essa vengono segnalati i paradigmi eterogeni con opposizione grammaticale del genere che anticipano quindi il napoletano di epoca successiva (nelle coppie allotropiche del tipo palmentum/ palmentas); tale desinenza è, tuttavia, soltanto un espediente grafico ipercorrettivo, un travestimento latinizzante dei neutrali (cf. §3.2). Si evidenziano in tali scelte grafiche le affinità tra neutrali e femminili nell’espressione quantificata del plurale e l’unidirezionalità dell’origine desinenziale del femminile plurale romanzo che dalla documentazione pugliese, salernitana e napoletana appare uniformemente come -e (absque ipse sepulchre, ad ipse Caselle, cf. §3.3). 3.1 Tracce dell’eteroclisia del genere nella documentazione mediolatina pugliese: incroci e coalescenze tra le desinenze -a, -ora e il femminile plurale -e Analizziamo il tipo flessivo plurale neutro con desinenza in -a e significato collettivo in relazione alla variazione del genere grammaticale nella documentazione pugliese. È noto che questo plurale collettivo ricopre in parte il lessico duale, per esempio brachia ‘braccia’: et viginti octo brachia de panno (Monopoli 1181, CDBar I 57). Lo si trova impiegato già nella documentazione mediolatina meridionale, come si evince dagli esempi che seguono, soprattutto con nomi di frutti (ad es. poma), oltre che con nomi indicanti parti del corpo (brachia): cum puteo da aquas cum olibe et [rel]iqua poma [. . .]; cum casilis qui palearee fuerunt et cum [f]icus et poma simulque et inclito Ipso ortale maiore ibi coniunctum cum poma sua et ficus (Conversano 1014, CDPugl XX, §33). Di questa classe morfologica fanno parte i sostantivi neutri di II a declinazione che conservano il plurale in -a come brachia, poma o castella: materna successione in vico Kastellano betere quam et in Kastella (Conversano 901, CDPugl XX, §1) ma anche di terza declinazione come capita ‘capi di bestiame’: et hocto capita de bobi masculi et femine et asini quadtuor et hoctaginta capita de pecura et una asina (Polignano 1024, CDPugl XX, §36). Emerge quindi col tipo morfologico brachia una vera e propria desinenza di plurale collettivo; questo tipo morfologico è costituito da una forma di plurale neu- 33 Michela Russo tro, ma ad esso si aggregano anche nomi in origine maschili aventi significato collettivo, a seguito di metaplasmi analogici e neoformazioni. Rimarchiamone qualcuno nella documentazione pugliese come octo scannella (Bari 1205, CDBar I, §73) 10 . Varie poi sono le attestazioni dei morfemi plurali collettivi in -a e in -ora riscontrate, all’interno di paradigmi eterocliti, opposti a una quantificazione singolativa. Per -o˘ ra, che rappresenta come -a il tipo paradigmatico eteroclito, ricaviamo: per suorum morgincapora (Monopoli 963, CDPugl XX, §16). Si tratta di una neoformazione di matrice analogica da collegare a: morgincap ‘donazione della quarta parte di tutti i beni presenti e futuri che il marito faceva alla moglie dopo la prima notte di matrimonio’, termine del diritto germanico di origine longobarda: morgincaph (Bari 981, CDBar I, §6; Bari 1005, CDBar IV, §9; Casamassima 1022, CDBar I, §11; Bari 1028, CDBar I, §14; Bari 1028, CDBar I, §15; Bari 1030, CDBar I, §16; Bari 1036, CDBar I, §19; Bari 1044, CDBar IV, §30); morgincap (Bari 1001, CDBar I, §8; Castello Acena 1017, CDBar I, §9; Terlizzi 1119, CDBar III, §40; Molfetta 1160 (1159), CDBar VII, §33); morginkap (Bari 1036, CDBar I, §19); altrove morgincaput: morgincaput (Bari 952, CDBar I, §1; Casamassima 962, CDBar I, §4); gen. morgincapitis (Bari 1028, CDBar I, §14.19); morgincapite ([Siponto 1203], CDBPugl XXXII, §62) e infine morgincapora con risegmentazione del neutro plurale capita in -o˘ ra. Ancora per -o˘ ra, ricaviamo le opposizioni paradigmatiche lacora/ lacus (con differenza anche su basi semantiche tra collettivo e singolativo), lectora/ lectus, applictora/ applictum: ab oriente sunt terre filiorum Melis [de] Lachura de Poliniano (Conversano 1263, CDPugl XX, §218); cf. lacora ‘vasche d’acqua a giorno, senza volta (per tenervi a macerare canapa o lino, o come abbeveratoio)’ o ‘pozzi’ (Bari 952, CDBar I §1; Bari 1060, CDBar IV §40; Molfetta 1076, CDBar VII §1); lacoris (Bari 1028, CDBar I §14); lagura (Monteverde 1059, CDBar VIII §17); opposto a un maschile singolativo lacus ‘sistema formato da una serie di pozzi scavati l’uno vicino all’altro che con la pioggia possono essere facilmente sommersi, fino a formare una sorta di bacino’ prima fine a pars orientis in ipso alto ab ipso cilio de ipso laco est ipso pastino vestro (Conversano 915, CDPugl XX, §4); et de quante putee abeo in ipso laco Flaburra (Conversano 957, CDPugl XX, §12) 11 ; foras civitate Cupersano in loco qui bocatur laco Bescaro ubi Orticello vocatur (Conversano 962, CDPugl XX, §15) [ecc.]; Lacofetido topon. uno gurgo qui ab antiquis bocabatur Lacofetido (Conversano 915, CDPugl XX, §4). 34 10 Cf. dare scannella (Bari 1221, CDBar I, §88). 11 Coniglio 1975: 27N sostiene che si tratta di errore per loco, ma l’interpretazione non è necessaria. Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro Altrove nel corpus esprimono quantificazione collettiva, come detto, lectora (caput lectora equivale a ‘capezzale’) e applictora, in opposizione ai singolativi lectus ‘baldacchino’ o a applictum ‘annesso di un edificio’ 12 , il contrasto espresso è quindi singolativo vs. collettivo: caput lectora ‘capezzale’ (Bari 1067, CDBar I, §26), ma maschile lectus claveatus ‘baldacchino’: lecto clabeatum (Monopoli 1054, CDPugl XX, §40); lecto kabeato (Bari 1065, CDBar IV, §42); lecto claveato (Bari 1088, CDBar V, §9); lectum claveatum (Molfetta 1232, CDBar VIII, §243) 13 ; applictora (Canne 1001, CDBar VIII, §2), applectore (Bari 1091, CDBar V, §16) opposto a un singolare applictum: applectum (scoopertum, parvulum terraneum); applicto (terraneo cooperto ad planke) (Bari 1011, CDBar IV, §11); applictum (Barletta 1274, CDBar VIII, §304) 14 . Le coppie allotropiche appena menzionate, che oppongono in modo paradigmatico a un plurale collettivo in -a o in -ora, ma anche in -e, un maschile/ neutro in -us/ -um, mostrano come, a seguito di processi analogici, i paradigmi eterocliti (ma anche il genere differenziale, cf. 3.3) si estendano a classi lessicali affini a livello formale e semantico. Accanto a queste, appaiono molto produttive nel lessico le formazioni del suffisso -men esprimenti quantificazione collettiva come tectumen (cf. Russo 2007a: 293 e N58, con ampia documentazione pugliese e campana): domus ipsa cum omnibus pertinentiis et utilitatibus [cum tectumine] et guttis suis (Conversano 1140, CDPugl XX, §89); ad eandem domum ibi[dem perti]nente cum tectu tectumine guttis hostiis parietibus et lignaminibus suis (1190, CDPugl XX, §141); tectummine cum tectu tectummine et ductis suis ostiis et balconibus et lignaminibus suis (Monopoli 1189, CDPugl XX, §140); casella ipsa conciata cum pari . . . et tectumen suum (Conversano 999, CDPugl XX, §28) 15 . Il contrasto tra funzione morfologica e contenuto semantico induce non di rado l’antico accordo neutro plurale in -a e in -ora a instabilità e il collettivo appare già nella scripta pugliese (ma anche salernitana) rifunzionalizzato con inclusione del plurale -a negli accordi sintattici del femminile (cf. Russo 2002a: 117-18, 2007: 277- 307, Giuliani 2007), da cui -e. Vediamo, infatti, come dalla nostra documentazione pugliese, si evidenziano fenomeni superficiali di incrocio tra le classi flessive con sostituzioni di -e plurale femminile romanzo ad -a e -ora (capore, coppore, applectore): 35 12 Cf. LEI 3,276. 13 Maschili anche i diminutivi singolare lecticello ‘lettino’ (Bari 1021, CDBar I §10) e plurale lectuli ‘lettini’ (Bari 1065, CDBar IV §42). 14 Cf. «tribus applictora de terra» (anno 986, in salernitano agro), opposto a singolativo: «unum aplictum» ‘annesso di un edificio’ (Salerno 993), «cum ipso applictum» (ib), «et havitent in uno applicto de terra» (Atrani 1061), la documentazione è tratta da Russo 2007a: 289. 15 Incerta la differenza tra tectum e tectumen, che in vari documenti ricorrono insieme (non convince l’ipotesi, peraltro avanzata cautamente da Morea 1892: 260N, per cui «pel primo debba intendersi il Solajo, e pel secondo la Soffitta». Michela Russo capore ‘estremità (di un lenzuolo)’ alio sabanello villato cum capore ad sericum (Bari 1067, CDBar I, §26); capure duo ma[suli curama] ‘estremità (di un fazzoletto)’ (Polignano 1145, CDPugl XX, §97) 16 ; coppore ‘coppe, conche, recipienti’; positam gabata et interones et ad coppore qualiter voluebamus (Conversano 1052, CDPugl XX, §38). I processi innovanti di rianalisi del morfema -a nella documentazione pugliese appaiono così legati alla desinenza -e di femminile plurale; riscontri diretti del nominativo plurale femminile a partire dalla stessa documentazione sono forniti al §3.3 (per attestazioni parallele nella documentazione mediolatina campana, cf. Russo 2007a). La desinenza -e è estratta dall’inventario morfologico del femminile per caratterizzare il neutrale e designa insieme ad -a e -ora la classe degli eterocliti. La strategia grafica e il contrasto di genere mirano a preservare la categoria del neutro opacizzato e servono alla riorganizzazione paradigmatica del lessico su basi semantiche. Questa classe utilizza quindi nel sistema di accordi eterocliti un maschile singolare e un femminile plurale. La rappresentazione grafica e morfosintattica di questi paradigmi ambigenere nella scripta presa in esame per il plurale è -a, -ora o -e (a cui aggiungiamo la scelta grafica -as nella scripta napoletana, §cf. 3.2; cf. Russo 2007, Giuliani 2004, 2007), con -a e -ora traccia di una flessione nominale bicausale, costruita in base a una gerarchia di animatezza, dato che tale classe designa per lo più gli inanimati. Nella scripta mediolatina napoletana, invece, prevale per la rappresentazione grafica dei plurali neutrali e femminili, l’espediente grafico -s che ridetermina con la giustapposizione di -s ad -a e ad -ora la classe dei neutrali nella classe dei femminile plurale, mostrando la coalescenza dei sostantivi femminili e neutrali nell’espressione di un plurale quantificato e l’inserzione dei sostantivi neutrali nella struttura eteroclita dei paradigmi a genere grammaticale bipartito (Giuliani 2004, 2007, Russo 2002b, 2007) 17 : palmentas, egripas, fructoras, frugias, mobilias. Il paradigma eteroclito è particolarmente evidente nelle coppie omoradicali con opposizione di genere del latino medievale napoletano come palmentum/ palmentas, subscettorium/ subscetorias, egripus/ egripas, nelle quali a un maschile/ neutro in -us/ -um è contrapposto un plurale femminile paradigmatico in -as esteso ai neutrali (documentazione tratta da Russo 2007: 296-97): cu(m) dua palmentas et subscetorias (Napoli 1193) / cum suprascripta integra pischina et pal[men]tum et subscettorium suum (Napoli 1178); in qua est constituta pischina et palmentu(m) (Napoli 1178); 36 16 Infatti masulu vale ‘fiocco o nappa da applicare a fazzoletti’. 17 L’allomorfo capore è anche nella scripta napoletana, cf. Russo 2007a: 290: «et abere debeamus capore de trabi» (Napoli 1246), accanto all’allomorfo capora: «ponere capora de trabi» (Napoli 1226). Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro sicuti inter se pariete et egripus exfinat altum (Napoli 1207); contro cum arboribus et fructoras suas et cum scapulis et egripas seu rioras suas et cum casa frabita et cum dua palmentas et subretorias suas (Napoli 1201). Questo plurale -s, che rappresenta una strategia di espansione del neoneutro, associa neutrali e femminili; analogamente nella scripta salernitana e pugliese la desinenza femminile -e esprime una nuova codifica grammaticale, legando femminili e sostantivi neutri, etimologici e analogici, nell’espressione del tratto di plurale. Le desinenza -as della scripta napoletana e quella vocalica -e della scripta pugliese non divergono: la desinenza -as è un’ipercorrezione grafica che indica, proprio come la scelta grafica -e, la coalescenza tra neutrali e femminili nella rappresentazione di un plurale quantificato. Si tratta di una rideterminazione grafica necessaria dovuta all’opacizzazione del neutro. Il plurale vocalico in -e delle carte salernitane e pugliesi e il plurale in -s della scripta mediolatina napoletana convergono, dato che entrambe le soluzioni grafiche rifunzionalizzano la classe dei neutrali mediante l’eteroclisia del genere. 3.2 Coppie allotropiche e variazione del genere: il genere differenziale e la lessicalizzazione -u/ -a Esaminiamo ora alcuni processi di rianalisi del morfema -a legati all’utilizzo lessicale del cambio di genere nella nostra documentazione e il genere lessicalizzato nell’opposizione -u/ -a. Il fenomeno della lessicalizzazione degli allotropi omoradicali riguarda, come per la coppia degli inanimati eterogeni, la designazione degli inanimati. Tali allotropi differiscono soltanto in rapporto alla marcatura del genere (maschile/ neutro opposto a femminile singolare) e introducono nuove opposizioni semantiche e lessicali. Nel caso di lessicalizzazioni al femminile singolare, lo ripetiamo, non vi è una nuova opposizione grammaticale, come nei paradigmi eterocliti, giacché il piano degli accordi resta intatto (per un quadro dettagliato di questa allotropia in termini di differenziazione geolinguistica nella scripta notarile mediolatina meridionale, si rinvia a Giuliani 2007). In alcuni casi, nelle coppie con allotropia del genere, non vi è differenziazione diatopica nell’uso delle varianti, ma semantica. Tali varianti possono esprimere una relazione di grandezza con -a aumentativo e appartenente al piano della morfologia derivativa. Ad esempio, il tipo femminile carbonaria riscontrato opposto a un singolare carbonarium occorre come toponimo nella documentazione pugliese (e non solo) e fa riferimento a un tipo di fossato: Robbertus de Benetto. Iohannes de Casamaxima. Gualterius de Carbonara. (Bari 1181, CDBar V, §145); inter cetera sue iudicationis iudicavit clericis ipsius ecclesie sancti Nicolai olivas suas que sunt in loco qui dicitur Carbonara (Bari 1214, CDBar VI, §30); olivas meas, quas habeo in pertinentiis sancti Precopii iuxta olivas sire Mathei de Carbonara (Bari 1249, CDBar 37 Michela Russo VI, §88); in dotem a domino Matheo de Carbonara qd. Gualterii de Carbonara (Bari 1266, CDBar 2, §1), Matheus de Carbonaria (Trani 1264, CDBar I, §107), sire ursone de Carbonaria (ib.), ecc. Un toponimo Carbonara è segnalato anche dalla documentazione campana. Da Russo 2007: 135 estraiamo «in locis . . . Carbonara» ‘fossato’ (Salerno 1067, CDCavensis IX, 23.83), Ad Carbonara (Montoro 1080, CDCavensis X, 141.339). In base a queste due occorrenze è possibile supporre che il lessema sia inserito in un sistema di accordi eterogeni, come neutro plurale, e non nell’alternanza lessicalizzata del genere. Si osservi che lo stesso toponimo è però rappresentato anche al maschile nella stessa area pugliese: Gualterius de Carvonario (Bari 1160, CDBar V, §118), in loco Carbonaro et terras vacuas (Bari 1245, CDBar VI, §84), in pertinentiis Bari prope Carbonarium (Bari 1208, CDBar VI, §22). Il toponimo femminile si oppone comunque a un maschile carbonario ‘fossato’ il cui significato è apparentemente lo stesso, ma probabilmente il riferimento è a un referente più piccolo, per cui il genere differenziale lessicalizzato esprime in questo caso una relazione di grandezza messa in atto nella scelta desinenziale del morfema -a più grande vs. -u più piccolo: carvonario (Bari 1075, CDBar V, §1); carbonarios (Bari 1098, CDBar V, §26); carbonarium (Noia 1129, CDBar V, §76; Bari 1142, CDBar V, §95; Barletta 1168, CDBar X §25); -aru: carbonarum (Bitonto 1098, CDBar V, §27). Queste due varianti allotropiche esprimono un contrasto semantico: l’opposizione tra gli allotropi in rapporto al cambio di genere deriva dal tratto semantico che ogni singola variante assume paradigmaticamente in relazione all’altra variante lessicale all’interno della coppia omoradicale e bipolare. In altri casi, queste varianti semiomonime esprimono una differenziazione non di carattere semantico, ma diatopica, in quanto ciascuna variante appartiene ad aree diverse. È il caso, tra le coppie allotropiche già menzionate (§2), di presa/ prisum con alternanza metafonetica (Russo 2007: 66). Gli allotropi fanno riferimento non a una relazione di grandezza, ma ad una distribuzione areale (Giuliani 2007): il tipo femminile è molto documentato in Campania (cf. Vàrvaro 1997: 156 con le attestazioni relative ad Aversa: «una peciam de terra et presa», anno 1101, ecc.), mentre il tipo lessicale metafonetico innovante prisum sembra circoscritto soltanto alla Puglia settentrionale, cf. le occorrenze metafonetiche al §2. Geolinguistica, come si è visto al §1 è anche la distribuzione dei membri della coppia allotropica clausura/ clausorium, laddove il femminile clausura identifica la Puglia settentrionale e il neutro clausorium la Puglia meridionale (Giuliani 2007). 38 Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro Le due varianti corradicali esprimono come per presa/ prisum un’opposizione diatopica: il tipo lessicale selezionato in diatopia corrisponde a una categoria grammaticale differenziata. È probabile inoltre che anche la coppia con variazione di genere pettacia/ pittacium citata al §1, i cui allotropi sono compresenti nella stessa documentazione, alluda con la variazione del genere e a due tipi diversi di partizione del territorio. Quanto alla coppia allotropica plaiu/ plaia (cf. almeno REW 6564, Aebischer 1936, Vàrvaro 1991, 1993), abbiamo invece solo poche attestazioni dell’allotropo maschile nella Puglia settentrionale nel significato di ‘luogo aperto situato lungo il bordo di un avvallamento’: Secunda fine est ipsum plaium istius corigie (Bari 1093, CDBar V, §17); una pecia de terra que est . . . lama in ipso plaio (Bari 1021, CDBar IV, §15); (lama in ipso) plaio (Bari 1021, IV 15); iamdicta pecia de terra que est supra ipsa lama in ipso plaio (ib.); de ipso plaio de ipsa lama ubi vocatur Sinápi (Bari 1031, CDBar IV, §20); in ipso plaio de loco Celie (Bari 1039, CDBar IV, §26). Sui tipi plagiu e plagia nella documentazione notarile campana, pugliese e lucana, si rinvia all’ampia disussione di Giuliani 2007: 187-96. La variazione di genere è lessicalizzata su basi semantiche anche nella coppia allotropica aquarium/ -a ‘serbatoio d’acqua’ e ‘canale di scolo’, con il singolativo assegnato al maschile nella documentazione (cf. anche LEI 3,610s.): aquaria: et de tote ipse aquarie (s.l. 966, CDPugl XX, §19). Cf. aquaria forse ‘serbatoio d’acqua’ anche (Bari 1045, CDBar IV §31; Bari 1048, CDBar IV §34; Bari 1151, CDBar I §48); opposto a un singolare assegnato al maschile: aquarius: videlicet domus, casalinos, puteos, aquarios, olivas [vineas] terras cultas et incultas pertinentes m(ich)i (Conversano 1203, CDPugl XX, §153). Si osservi a conferma di quanto esposto che questo stesso tipo lessicale nella documentazione mediolatina napoletana è inserito invece nella variazione grammaticale del genere attraverso l’espediente grafico ipercorretto -as, scelta grafica utilizzata per la rappresentazione del femminile nel sistema eteroclito, con conversione di -a nella classe di femminile plurale (cf. Russo 2007: 296): cum monimen et aquarias suas (Napoli 1201), analogamente a cum fructoras (Napoli 1180), cum fundoras (Napoli 1153), ecc. Tra i termini del diritto germanico di origine longobarda (cf. Sabatini 1963-64: 230-31) abbiamo allotropia del genere nella coppia femminile con sfumatura collettiva (ma femminile singolare) guadia in opposizione al neutro guadium: guadia ‘garanzia (nel diritto germanico)’, anche nella loc. g. dare; wadia (Bari 952, CDBar I §1); wadiam (Bari 959, CDBar I §3; Casamassima 962, CDBar I §4); vadiam (Bitonto 1141, CDBar I, §46; Bari 1199, CDBar I, §68; Bari 1210, CDBar I, §77); guadiam (Bari 957, CDBar I §2; Bari 977, CDBar I §5; Bari 1001, CDBar I §8; Castello Acena 1017, CDBar I §9; Bari 1021, CDBar I §10; Casamassima 1022, CDBar I §11; Bari 1028, CDBar I §15; Bari 1030, CDBar I 39 Michela Russo §16; Bari 1031, CDBar I §17; Bari 1036, CDBar I §19; Bari 1046, CDBar I §21); opposto a guadium . . . dederunt (Bari 962, CDBar IV, §2); guadium . . . dedit (Bari 988, CDBar IV, §3); Et datam abuit michi guadium . . . Et proinde guadia ipsa nobis dedit (Bari 988, CDBar IV, §3); guadium dedi (Bari 1077, CDBar V, §2); guadium . . . dedi (Bari 1087, CDBar V, §8; (Bari 1101, CDBar V, §33; Bari 1105, CDBar V, §41); vadium . . . dedi (Bari 1155, CDBar V, §113; Bari 1169, CDBar V, §128; Bari 1174, CDBar V, §130; vadium . . . dare (Bari 1148, CDBar I, §47); vadium . . . dedi (Bari 1148, CDBar I, §47; Bari 1188, CDBar I, §61); vadium dedi (Bari 1182, CDBar I, §58). In rapporto al lemma pastino ‘terra coltivata a vigna’ opposto a un plurale neutrale pastina e a un f.pl. pastine: ut ipse pastine quod nos pastenate abemus in ipsa ereditate ipsius Castelmanni . . . (Monopoli 905, CDPugl XX, §2); et duo pastine in ipse Scraie, et uno pastino ad casa Andree . . .; et in Vari tria pastina (Conversano 915, CDPugl XX, §3); est ipso pastino vestro et cum alio pastino vestro mediano (Conversano 915, CDPugl XX, §4) [ecc.]; cf. anche pastene pl. (Bari 1003, CDBar IV, 8); pastine (Bari 1039, CDBar IV, §26; Terlizzi 1076, CDBar III, §17); opposto a un singolativo pastino (Bari 1001, CDBar I §8; Monopoli 1009, CDBar IV §10; Bari 1032, CDBar IV framm. 8); pastinu (Bari 1300, CDBar XIII, §86) si osserva ancora una volta come nella scripta pugliese la desinenza di neutro plurale in -a (n.pl. pastina) sia sostituita dalla desinenza di femminile plurale in -e (f.pl. pastine: duo pastine vs. tria pastina), incanalando l’opposizione grammaticale nel sistema eteroclito e manifestando ancora una volta la coalescenza di neutrali e femminili. In questo caso la scripta salernitana mostra invece un’allotropia nella variazione del genere che si esprime attraverso un genere differenziale lessicalizzato (la documentazione campana che segue è tratta da Russo 2007: 305): in loco Felecta ubi a la Pastena dicitur (Salerno 1067); ubi a la Pastina dicitur (Salerno 1069), in opposizione lessicale a de ipso loco Locubia que dicitur Pastino (Salerno 1072). La variazione di genere nella scripta mediolatina campana per la coppia allotropica pastinu/ pastina rimanda a una differenza su basi semantiche, in quanto il femminile singolare ha come referente la ‘vigna giovane’, mentre il maschile singolare si riferisce a una ‘porzione di terreno messo a cultura per impiantare una vigna’. Diverso è il caso di fica/ fico f. ‘fico, albero del fico’. Non si tratta di soluzione ambigenere, ma è femminile anche l’allotropo terminante in -o. Particolarmente evidente il genere femminile in (ipsa) ficus (Bari 1091, CDBar V 16) e fica nigram (Minerba 1095, CDBar V 21): ficus f. ‘albero di fichi’ in ipsa clausurea agmidolas et ficus succi[dere] (Rutigliano 1141, CDPugl XX, §91); cum casilis qui palearee fuerunt et cum [f]icus et poma simulque et inclito ipso ortale maiore ibi coniunctum cum poma sua et ficus (Conversano 1014, CDPugl XX, §33); fico (Casamassima 962, I, 4); 40 Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro fica f. et descendit recte usque ad corticellas per specula ubi est fica (Conversano 1263, CDPugl XX, §218); ficarum (Bari 1191, CDBar V 157); ficuum (Bari 1301, CDBar XIII 115) 18 ; fica columbara ‘albero del fico fiorone’; -am -am (Bari 1226, CDBar I 93). La desinenza in -a mostra in questo caso un metaplasmo di declinazione IV a → I a . Non mancano sopravvivenza del tipo flessivo di IV a declinazione femminile in -o negli esiti dialettali alto-meridionali: in nap.a. e moderno sussiste una classe di indeclinabili in -o femminile (come il femminile le mano): fico f.sing. nel Vegezio di Brancati e fico f.pl. nel Regimen Sanitatis (cf. Russo 2007: 328-30 con relativa documentazione). 3.3 Origini del femminile plurale romanzo Tornando alla rappresentazione del plurale neutro e del plurale femminile nella scripta pugliese, non mancano nella stessa documentazione attestazioni dirette di -e femminile plurale romanzo, a cominciare dalla toponomastica: ad ipse Caselle (Conversano 901, CDPugl XX, §1) ma anche nel restante lessico: cum . . . et duo homilie seu et uno collectario, duo iosstarie cum duo intofanarie unum de dia et . . . uno ammicto cum tres horarie et patene due (Polignano 1024, CDPugl XX, §36) 19 . Si osservi, per inciso, che intofonarie ‘antifonarie’ è opposto a un maschile intefonarius: (cf. §3.1) Intefonarios duos, unum videlicet de nocturnis et alium de diurnis (Conversano 1169, CDPugl XX, §123) cum curtis et ortalibus, vineis, vinialis, territorie, pomis, arvoribus (Conversano 901, CDPugl XX, §1); absque ipse sepulchre (Conversano 1014, CDPugl XX, §33). Anche altrove nel Codice diplomatico barese attestiamo: «extra ipse scale» (Bari 981, CDBar I, §6); «una pecia de triginta modie» (Bari 977, CDBar I, §5); «alia pecia de quattuor versurie» (ib.), ecc. Per concludere, ciò che si evince dalla documentazione notarile pugliese è che sia i femminili, sia i neutrali prediligono quale scelta grafica una desinenza -e nella strategia di rappresentazione del plurale. Tale strategia desinenziale lega i femminili plurali quali sepulchre, iosstarie, intofanarie e i neutrali quali capore, coppo- 41 18 Cf. fice pl. (Bari 1015, CDBar IV §13); fike (Bari 1036, CDBar I §19). 19 Cf. iosstarie ‘? ’ deformazione irricostruibile di historie o di «Iussoria, oggi Constitutiones» (Morea 1892: 82N); horarie ‘stole’. Michela Russo re, applectore ecc. L’utilizzo di questa desinenza, nella rappresentazione del femminile plurale, è stata messa in evidenza anche per le carte mediolatine salernitane da Russo 2007: 287s., da cui si trae la seguente documentazione (cf. p. 297-98): qui dicitur da le Cerze (Salerno 1068), qui ut dic(tum) est da le Cerze (ib.), qui dicitur ad Cerze (ib. 184); ad ipse turricelle (Salerno? 1046); ubi dicitur Troccle (Salerno 1068), ecc. e napoletane (Russo 2007: 297): Arcora et dicitur ad ille Funtanelle (Napoli 1173) La coalescenza tra la classe dei neutrali e i dei femminili nell’espressione di un plurale quantificato è una rianalisi che si collega a -e (e ad -as, femminile plurale ipercorretto), origine del femminile plurale romanzo meridionale e italoromanzo in generale. Parigi Michela Russo Elenco delle fonti mediolatine citate CDBar I = G. B. Nitto De Rossi/ F. Nitti De Vito (ed.), Le pergamene del duomo di Bari (952- 1264) (= Codice diplomatico barese 1), Società di Storia Patria per la Puglia. Trani, 1964 (= 1897, Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria) CDBar II = G. B. Nitto De Rossi/ F. Nitti De Vito (ed.), Le pergamene del Duomo di Bari (Continuazione) (1266-1309). Appendice. Le pergamene di Giovinazzo, Canosa e Putignano sino al 1266 (= Codice diplomatico barese 2), Società di Storia Patria per la Puglia, 1964 (= Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria. Trani, 1899) CDBar III = F. Carabellese (ed.), Le pergamene della Cattedrale di Terlizzi (971-1300) (= Codice diplomatico barese 3), Società di Storia Patria per la Puglia, 1960 (= Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria, 1899) CDBar IV = F. Nitti Di Vito (ed.), Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo greco (939-1071) (= Codice diplomatico barese 4), Società di Storia Patria per la Puglia, 1964 (= Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria. Trani, 1900) CDBar V = F. Nitti Di Vito (ed.), Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo normanno (1075- 1194) (= Codice diplomatico barese 5), Società di Storia Patria per la Puglia, 1968 (= Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria. Trani, 1902) CDBar VI = F. Nitti Di Vito (ed.), Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo svevo (1195-1266). (= Codice diplomatico barese 6), Società di Storia Patria per la Puglia, 1976 (= Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria. Trani, 1906) CDBar VII = F. Carabellese (ed.), Le carte di Molfetta (1076-1309) (= Codice diplomatico barese 7), Società di Storia Patria per la Puglia, 1979 (= Bari, Commissione provinciale di Archeologia e Storia Patria, Trani, 1899) CDBar VIII = F. Nitti Di Vito (ed.), Le pergamene di Barletta. Archivio Capitolare (897-1285) (= Codice diplomatico barese 8), Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria, 1914 CDBar IX = G. Beltrani (ed.), I documenti storici di Corato (1046-1327). Parte 1 (= Codice diplomatico barese 9), Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria, 1923 CDBar X = R. Filangieri Di Candida (ed.), Le pergamene di Barletta del Reale Archivio di Napoli, (= Codice diplomatico barese 10), Bari, Commissione Provinciale di Archeologia e Storia Patria, Trani, 1927 42 Le origini del femminile plurale italoromanzo e la rideterminazione del neutro CDBar XIII = F. Nitti Di Vito (ed.), Le pergamene di S. Nicola di Bari. Periodo angioino (1266- 1309). (= Codice diplomatico barese 13). Bari, R. Deputazione di Storia Patria per le Puglie, Trani, 1936 CDPugl XX = G. Coniglio (ed.) Le pergamene di Conversano. I (901-1265), Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, 1975 CDPugl XXII = F. Magistrale (ed.) Le pergamene della Cattedrale di Terlizzi (1266-1381), Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, 1976 CDPugl XXIV = P. Cordasco/ M. Cordasco Cannataro/ A. D’Itollo (eds.) Pergamene angioine di Terra di Bari, Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, 1981 CDPugl XXVII = P. Cordasco (ed.) Le pergamene del Duomo di Bari (1294-1343), Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, 1984 CDP XXX, 1-2 = J.-M. Martin (ed.), Le cartulaire de S. Matteo di Sculgola en Capitanate (Registro d’Istrumenti di S. Maria del Gualdo (1177-1239)), vol. I-II (= Codice diplomatico pugliese 30/ 1-2), Bari, Società di Storia Patria per la Puglia, 1987 Bibliografia Aebischer, P. 1936: «Précisions sur les origines lontaines du fr. plage», VRom. 1: 225-34 Aprile, M. 2001: «Fonti per la conoscenza del lessico medievale in Italia meridionale. 1. Il Cartulario del monastero di Santa Maria delle Tremiti», Contributi di Filologia dell’Italia mediana 15: 5-87 Carvalho, J. Brand-o de/ Russo, M. 2006: «Analogie et allomorphie: Pourquoi la régularité n’est pas toujours régulière? », in: Kelling, C./ Meinschafer, J./ Mutz, K. (ed.), Morphologie und romanistische Sprachwissenschaft. Akten der gleichnamigen Sektion beim XXIX. Deutschen Romanistentag, Saarbrücken 2005. Arbeitspapier 120 des Fachbereichs Sprachwissenschaft, Universität Konstanz: 1-21 Fanciullo, F. 1994: «Morfo-metafonia», in Cipriano, P./ Di Giovine, P.,/ Mancini, M. (ed.), Miscellanea di studi linguistici in onore di Walter Belardi, vol. 2, Roma: 571-92 Giuliani, M. 2004: «Incapsulare. L’innovazione nel modello: il caso della scripta notarile mediolatina napoletana», in: d’Achille, P. (ed.), Atti del VII Congresso della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (Roma, 1-5 ottobre 2002), Firenze: 463-74 LEI = Pfister, M., Lessico Etimologico Italiano, Wiesbaden, 1979- (dal fascicolo 72, 2002 codiretto da W. Schweickard) Morea, D. 1892: Il Chartularium del Monastero di S. Benedetto di Conversano. Vol. 1, Byzantina, Normanna, Sueva, Montecassino Pfister, M. 2002: «Glossario latino medievale del Regno di Napoli. Parte prima: Napoli, Terra di Lavoro, Principato», Bollettino Linguistico Campano 2: 1-14 REW = Meyer-Lübke, W. 1935 3 [1911-1920 1 ]: Romanisches Etymologisches Wörterbuch. Heidelberg Russo, M. 2000: «Origine protoromanza dell’intransitivizzazione e dell’inversione soggetto-verbo», ZrPh. 116: 369-417 Russo, M. 2002a: «Metafonia opaca e differenziazione vocalica nei dialetti della Campania», ZrPh. 118: 195-223 Russo, M. 2002b: «La categoria neutrale nella diacronia del napoletano: implicazioni morfologiche, lessicali, semantiche», VRom. 61: 117-50 Russo, M. 2007a: La metafonia napoletana. Evoluzione e funzionamento sincronico, Bern Russo, M. 2007b: «Origini dell’apofonia napoletana», in: Dahmen, W./ Schlosser, R. (ed.), Sexaginta, Festschrift für Johannes Kramer, Hamburg: 353-69 Russo, M./ Aprile, M. i. c. di s.: «Il Cartulario del Monastero di Conversano. Lessico e stratigrafia linguistica», in: Atti del XXV Congresso Internazionale di linguistica e filologia romanza, Innsbruck, 3-8 settembre 2007 Sabatini, F. 1963-64: «Riflessi linguistici della dominazione Longobarda nell’Italia mediana e meridionale», Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria 28: 123-249 43 Michela Russo Sabatini, F. 1965: «Esigenze di realismo e dislocazione morfologica in testi preromanzi», Rivista di Cultura Classica e Medioevale 7 (1965): 972-98 (ristampato, con qualche integrazione, in: Sabatini, F. 1996: Italia linguistica delle origini. Saggi editi dal 1956 al 1996, Lecce: 99-131) Salvioni, C. 1909: «Appunti diversi sui dialetti meridionali», Studj romanzi 6: 5-67 Sepulcri, A. 1907: «Nuovi rilievi sul Codex Diplomaticus Cavensis», Studi Medievali 2, 417-45 Vàrvaro,A. 1991: «Appunti sulla situazione linguistica dell’Italia meridionale nel sec. IX (in margine ai vol. IX e X del Codice cavense)», in: Vitolo, G./ Mottola, F. (ed.), Scrittura e produzione documentaria nel mezzogiorno longobardo, Atti del Convegno internazionale di studio (Badia di Cava, 3-5 ottobre 1990), Badia di Cava: 41-54 Vàrvaro, A. 1993: «Edizioni di testi meridionali e grammatica storica», in: Trovato, P., Lingue e culture dell’Italia meridionale (1200-1600), Roma: 365-74 Vàrvaro, A. 1997: «Per la storia del lessico dell’Italia meridionale: Aversa normanna, in: Holtus, G./ Kramer, J./ Schweickard, W. (ed.), Italica et romanica. Festschrift für Max Pfister, vol. 1: 151-63 Vitolo, G./ Mottola, F. 1991: (ed.) Scrittura e produzione documentaria nel mezzogiorno longobardo, Atti del Convegno internazionale di studio (Badia di Cava, 3-5 ottobre 1990), Badia di Cava Zamboni, A. 2000: Alle origini dell’italiano. Dinamiche e tipologie della transizione dal latino, Roma 44