Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniEugenio Coseriu,, Sprachkompetenz. Grundzüge der Theorie des Sprechens, Tübingen (Gunter Narr) 2007, 300 p. (Tübinger Beiträge zur Linguistik 508)
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Gaetano Berruto
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E UGENIO C OSERIU , Sprachkompetenz. Grundzüge der Theorie des Sprechens, Tübingen (Gunter Narr) 2007, 300 p. (Tübinger Beiträge zur Linguistik 508) Appare in seconda edizione, rivista e aggiornata nei rimandi bibliografici dal curatore H. W EBER , un volume tratto dalle lezioni tenute da Eugenio Coseriu a metà anni Ottanta all’Università di Tübingen. Uscita in prima edizione nel 1988, l’opera rappresenta di fatto una summa del pensiero teorico del compianto linguista, il cui contributo sostanziale si riverbera con forte impatto in molti rami della linguistica di fine Novecento e inizio Terzo Millennio, dalla romanistica alla linguistica delle varietà alla semantica alla linguistica testuale e più ampiamente alle stesse basi della teorizzazione sul linguaggio in una prospettiva culturale europea. Sviluppare una teoria della competenza linguistica, cioè del «Wissen, das die Sprecher beim Sprechen und bei der Gestaltung des Sprechens anwenden» (1), è in effetti una sfida che chiama in gioco tutti gli aspetti e gli snodi centrali della linguistica, obbligando ad interrogarsi sui fondamenti intimi della natura del linguaggio verbale umano e preliminarmente sulla stessa definizione di che cosa sia una lingua. Equivale infatti a chiedersi «che cosa vuol dire sapere una lingua»? Domanda di non poco pondo, a cui non possiamo rispondere se non definendo prima l’oggetto stesso di tale sapere. Non per nulla per le influenti teorie linguistiche che fanno capo al paradigma generativista la competenza linguistica è diventata l’oggetto scientifico medesimo della disciplina, ciò che il linguista deve descrivere e spiegare. In questa prospettiva, un primo ordine di problemi è sostanziale, ed è rappresentato dal contenuto e dall’estensione, dall’Umfang, del concetto stesso: che cosa contiene la competenza linguistica, e qual è la natura di questo contenuto? Un secondo ordine di problemi è formale, in senso hjelmsleviano, e verte attorno all’organizzazione che questo contenuto assume. Di qui, le quattro domande principali che C OSERIU schematizza nella Fragestellung iniziale (1): «Was umfaßt die Kompetenz? . . . Welcher Natur ist dieses Wissen? . . . Was ist der Gehalt dieses Wissens? . . . Wie ist dieses Wissen gestaltet? ». (Si noti che la nuova edizione non è uniformata alle nuove norme grafiche del tedesco, per le convincenti ragioni «economiche» esplicitate dal curatore nel Vorwort: «Die 1988 gültige Rechtschreibung wird beibehalten, da die Vorteile einer Anpassung in keinem Verhältnis zum Aufwand stünden», XI ). La trattazione si sviluppa conseguentemente in cinque capitoli che, dopo una panoramica iniziale su «Geschichte und Kritik des Begriffes ‘Sprachkompetenz’» (3-55), riproducono la quadripartizione in premessa: abbiamo infatti «2. Der Umfang der sprachlichen Kompetenz» (57-185), «3. Die Natur der sprachlichen Kompetenz» (187-231), «4. Der Gehalt der sprachlichen Kompetenz» (233-58), «5. Die Gestaltung der sprachlichen Kompetenz» (259- 78). Nel primo capitolo vengono discusse le concezioni sviluppate, a proposito della differenza (intuitiva) fra lingua (sistema) e discorso (attuazione del sistema), dalla grammatica e retorica antica fino a Chomsky, attraverso Hegel, Humboldt, Madvig, von der Gabelentz, Skali č ka, Pagliaro, e naturalmente Saussure e i suoi allievi; e introducendo la distinzione tipicamente coseriana fra historische Sprache e funktionelle Sprache. Questo primo capitolo è di carattere fondamentalmente istituzionale, e percorso da finalità che paiono soprattutto didattiche; ed è in un certo senso quello più «datato», ivi compresa la discussione delle posizioni chomskiane - dove tuttavia Coseriu giunge a deduzioni particolarmente originali quando per esempio argomenta che «Die Annehmbarkeit ist nicht anderes als eine Ebene oder Stufe der Korrektheit» (52), dato che l’accettabilità (che è la categoria che deve valutare i fatti di Performanz) nella linguistica generativa viene trattata secondo criteri, «die eigentlich immer noch Kriterien der Kompetenz sind» (54), e di fatto «Die Performanz wird nicht als solche betrachtet, sondern nur als Abweichung oder Einschränkung der Kompetenz» (53). 220 Besprechungen - Comptes rendus È nel secondo ampio e cruciale capitolo che il pensiero di Coseriu si dispiega in tutto il suo vigore, grazie alla «radikale Änderung des Gesichtspunkts» (57) che consiste nel porsi dal punto di vista dell’attività del parlare (o scrivere) e capire, dello Sprechen, invece che dal punto di vista consuetudinariamente assunto della Einzelsprache, la langue; e nel proporre quindi una «allgemeine Theorie des Sprechens». Il sapere linguistico complessivo viene così scomposto in una competenza linguistica generale (elokutionelles Wissen, a livello universale), una competenza di una singola lingua (idiomatisches Wissen, a livello storico) e una competenza che l’autore chiama «testuale» (expressives Wissen, a livello individuale). La prima comprende, in tanto in quanto la formulazione di ogni produzione linguistica li presuppone, la conoscenza generale e particolare del mondo, e i principi del pensiero e della logica. Nella seconda stanno la capacità di controllo delle unità e delle regole di una determinata lingua e delle operazioni da questa ammesse; vi si situano pertanto anche le note concettualizzazioni e classificazioni coseriane dell’architettura di una lingua e delle varietà di lingua secondo le dimensioni diatopica, diastratica e diafasica, che qui l’autore riprende distesamente. Nella terza, la competenza testuale, sta la capacità di adattare le unità e le operazioni della lingua al contesto linguistico ed extralinguistico. Il problema della natura della competenza linguistica viene affrontato, nel terzo capitolo, in termini di un «saper fare» costituito da sapere intuitivo e sapere tecnico, e rifacendosi ampiamente alla concezione leibniziana di cognitio clara distincta adaequata e inadaequata. Coseriu controbatte anzitutto decisamente l’assunzione che la competenza si situi al di sotto del livello della consapevolezza, sostenendo che «es falsch und unannehmbar ist, die Sprachkompetenz als unbewußte Fähigkeit aufzufassen» (189): essa è un sapere intuitivo, ma questo è ben altra cosa che un sapere inconscio. È poi anche un sapere tecnico, che si manifesta come tale nel «fare». Compito del linguista è secondo l’autore, in ultima analisi, trasformare il sapere tecnico che ogni parlante ha, e che è una cognitio clara distincta inadaequata, in una cognitio clara distincta adaequata, cioè motivata, ben fondata, begründet, a un livello superiore dello stesso itinerario di conoscenza (Erkenntnis in senso hegeliano): la linguistica rappresenta quindi un «reflexives Wissen», «ein Wissen über ein Wissen» (227). Nel quarto capitolo viene trattato il problema del contenuto della competenza. In una visuale odierna, questa parte potrebbe facilmente essere la più ampia di un discorso globale sulla competenza: qui l’autore tratta invece il tema a linee più generali che non nei precedenti capitoli, e anche la discussione condotta (che muove dalle visioni classiche di analogisti e anomalisti per venire a Saussure e Chomsky via Humboldt) risulta forse meno incisiva. È perfettamente sottoscrivibile la conclusione che «der Gehalt der sprachlichen Kompetenz weder auf bloße Zeichen noch auf bloße Operationen reduziert werden kann, sondern daß es beides gibt, Zeichen und Operationen» (245); ma appare anche piuttosto scontata. E d’altra parte sembra riduttivo affermare, come fa Coseriu, che per Saussure la langue sia «ein Gefüge von Formen und Inhalten» (244), cioè un insieme di segni, Zeichen, mentre per Chomsky la lingua sia Operation(en). Oggetto dell’ultimo capitolo è l’organizzazione, la configurazione (Gestaltung), della competenza linguistica, che viene vista essenzialmente in termini dei tre livelli gerarchici di norma, sistema e tipo linguistico. Non abbiamo purtroppo qui lo spazio per seguire da vicino le serrate argomentazioni di Coseriu su questo o quel problema, che risultano spesso avvincenti, non da ultimo grazie alla vasta cultura classica e filosofica del Maestro, cosa non facile a trovarsi presso il linguista medio di inizio Terzo Millennio. Rimangono sullo sfondo, nella trattazione, questioni che sono venute in primo piano nel ventennio successivo alla pubblicazione del volume: quali in primo luogo la rilevanza e il contenuto empirico della competenza linguistica, e poi il fatto che la competenza linguistica sia anche una questione di grado (non solo non tutti i parlanti di una lingua hanno la stessa competenza in termini di identità delle cono- 221 Besprechungen - Comptes rendus scenze, ma anche c’è chi ha competenza maggiore e chi ha competenza minore) e il fatto che la competenza sia qualcosa di modulare e di stratificato, che può variare da settore o livello d’analisi della lingua a settore e livello d’analisi (spesso si hanno competenze maggiori in certi settori o livelli di analisi rispetto ad altri); e infine, strettamente connessa con le precedenti, la questione degli indicatori di competenza linguistica, di che cosa voglia dire essere un parlante competente e di come la competenza si possa testare ed eventualmente misurare, tenendo conto che non è empiricamente attingibile la competenza stessa, ma solo il suo prodotto (cf. ora su tutti questi temi L EHMANN , «Linguistic competence: Theory and empiry», Folia linguistica 41(2007): 223-78; ma si veda già il pionieristico saggio di F ILL - MORE , «On fluency», in C. J. F ILLMORE / D. K EMPLER / W. Y.-S. W ANG (ed.), Individual differences in language ability and language behavior, New York 1979: 85-101). Ma nel complesso il volume dà eccellente conto dell’importanza della figura di Coseriu nella linguistica della seconda metà del Novecento, e ne mette bene il rilievo il profilo di studioso di vaste competenze linguistiche e di non comune profondità culturale, capace di unire in una rara sintesi l’eredità dell’idealismo con prospettive razionaliste e la padronanza empatica di diverse prospettive teoriche, e di approdare a quadri di sintesi e a sistemazioni concettuali contrassegnate da rigore e chiarezza di analisi e articolatezza dell’argomentazione, con risultati ben vivi nei gangli della linguistica europea contemporanea. Cimentarsi con il pensiero di Coseriu, anche quando ci si possa trovare non del tutto d’accordo su singoli punti, è sempre un gran guadagno, e una bella impresa intellettuale. Gaetano Berruto ★ Jean Widmer/ Renata Coray/ Dunya Acklin Muji/ Eric Godel (ed.), Die Schweizer Sprachenvielfalt im öffentlichen Diskurs - La diversité des langues en Suisse dans le débat public, Bern et al. (Peter Lang) 2004, 517 p. Zweifellos ist die sprachliche Vielfalt eine der im In- und Ausland am stärksten wahrgenommenen Eigenschaften der Schweiz. Die Besonderheit ist dabei nicht die Existenz mehrerer Sprachen auf einem nationalen Territorium an sich - dies ist für die meisten europäischen Staaten der Fall -, sondern die Tatsache, dass sich die Schweiz als mehrsprachiger Staat konstituiert hat (1). Diese Mehrsprachigkeitsidee ist weder besonders alt - sie tritt 1848 zum ersten Mal in der Verfassung auf - noch scheint sie im öffentlichen Diskurs eine herausragende Rolle zu spielen. Man könnte sich angesichts der Analysen von Jean Widmer und seines Teams geradezu fragen, ob die Schweiz nicht gleichsam «per Zufall» ein mehrsprachiger Staat geworden ist. Wie wird die sprachliche Vielfalt anlässlich der Schaffung des Bundesstaates und der späteren Transformationen der Sprachenordnung in den öffentlichen Diskursen thematisiert? Welche Rolle spielt sie im «nationalen Imaginären» und als Identifikationskriterium in diesen Auseinandersetzungen? Dies sind die Leitfragen dieser auf einem Nationalfondsprojekt beruhenden sozio-historischen Studie, welche den Zeitraum von 1848 bis 2000 umfasst, beginnend mit der ersten Verfassung, obwohl die Gleichberechtigung der Sprachen schon 1798 formuliert worden war (3). Dabei liegt der Fokus auf drei als relevant angesehen Etappen in dieser Entwicklung, welchen je ein Kapitel gewidmet ist: I. Nationales Selbstverständnis und Sprache in der Bundesverfassung von 1848 (31-126) aus der Feder von E. Godel und D. Acklin Muji; II. La première révision de l’article des langues. Vers la reconnaissance du romanche comme langue nationale (1935-1938) (127-245), verantwortet von D. Acklin Muji; III. Minderheitenschutz und Beziehungspflege: die zweite Revision des 222 Besprechungen - Comptes rendus
