Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2010
691
Kristol De StefaniDalla certezza epistemica all’indeterminatezza: il percorso di certus dal latino all’italiano antico
121
2010
Davide Garassino
vox6910047
Dalla certezza epistemica all’indeterminatezza: il percorso di certus dal latino all’italiano antico 1. Introduzione L’obiettivo di questo contributo è illuminare il percorso diacronico dell’aggettivo certus (‘sicuro, prestabilito’, etc.) dal latino all’italiano antico 1 . In particolare cercheremo di rispondere a due domande: se sia possibile giustificare da un punto di vista storico il legame fra i diversi valori di certus/ certo (evidenti ancora nell’italiano di oggi nel contrasto fra le coppie una certa notizia e una notizia certa) e se sia possibile ricostruire il mutamento semantico dalla certezza epistemica alla «vaghezza» e all’«indeterminatezza» (il significato preciso con cui sono utilizzati questi termini sarà più chiaro nelle prossime pagine). Sebbene il nostro studio riguardi prevalentemente le occorrenze del lessema al singolare, cercheremo di fornire anche una breve descrizione delle caratteristiche semantiche del plurale certi (nel par. 4.3). Nella sezione 2 presenteremo una descrizione esaustiva della distribuzione del lessema e dei suoi valori semantici (e pragmatici) in italiano antico. La sezione 3 sarà interamente dedicata all’esame dei dati latini e servirà da introduzione all’ analisi diacronica in 4, nella quale saranno esaminate, in particolare, la cooccorrenza di certus con aliquis e quidam e l’asimmetria informativa fra parlanti e ascoltatori che sembra caratterizzare l’uso del lessema. L’ultima parte della sezione ospiterà una discussione su alcuni esempi latini di età tarda e altomedievale; in 5, infine, riassumeremo i principali risultati ottenuti dall’indagine. Il corpus testuale sul quale è condotto lo studio è composto di tre parti 2 : la prima contiene testi in prosa di età classica e postclassica, la seconda testi latini tardi e altomedievali e l’ultima, infine, documenti italiani dalle Origini all’inizio del XV secolo ca. L’arco di tempo coperto è notevolmente esteso, come lo spettro di opere e generi considerati, al fine di rendere l’analisi il più possibile rappresentativa e affidabile. 1 Per italiano antico intendiamo l’antico toscano-fiorentino. Nell’articolo non saranno esaminati testi successivi al 1400. 2 Per una presentazione completa e per tutte le informazioni di carattere filologico, cf. Appendice. Vox Romanica 69 (2010): 47-74 Davide Garassino 2. Distribuzione e valori in italiano antico 2.1 Singolare Nelle attestazioni al singolare, certo può occorrere con un nome, in posizione preo postnominale, o selezionare come complemento, in posizione predicativa, una proposizione subordinata (generalmente una dichiarativa, nella frase (9), talvolta, ma più raramente, un’interrogativa indiretta, in (10)). Una posizione prenominale all’interno del sintagma nominale (d’ora in poi NP), con o senza l’articolo indefinito un, si ha in: (1) Uno certo philosopho volendo dileggiare la arrogantia d’uno certo Re, avendolo veduto nella sedia regale, alto, prostrato in terra, umilmente lo adorò e subitamente, non sendo invitato, andò là e posesi a sedere allato al Re (Anonimo, Contemptu Mundi (volg.), 36: 74). (2) Poscia che seppe che Teodosio era morto, ovvero come certi dicono per una certa invidia mosso, Africa nella parte dello imperio d’oriente si sforzò di coniungere (Bono Giamboni, Delle storie contra i pagani di Paolo Orosio, VII, 40: 509). (3) Et dice che sapienzia è amodenatrice di tutte cose però che ella sae antivedere e porre a tutte cose certo modo e certo fine (Brunetto Latini, Rettorica, 1: 37). In questa posizione nel sintagma nominale, (un) certo può anche introdurre un nome proprio di persona: (4) I Battriani domò, che si levarono a fare nuovi movimenti; e poscia passò nell’India, la quale dipo’ la morte d’Alessandro avia morti i suoi vicari, siccome scosso il giogo della servitudine loro un certo Androcotto, doge fatto a ricoverare libertate (Bono Giamboni, Delle storie contra i pagani di Paolo Orosio, p. 187). Posizione postnominale all’interno del NP: (5) I nimici loro confortavano il Cardinale si pigliasse la battaglia, mostrando avere gran vantaggio e la vittoria certa (Dino Compagni, Cronica, III, 17: 198). (6) Questo piacque al pellegrino, e senza volergli dire altro sommamente il pregò che di buon cuore stesse, ché per certo che avanti che il seguente giorno finisse egli udirebbe novella certissima della sua salute (Boccaccio, Decameron, III, 7: 229). Posizione predicativa: (7) Questo Campidoglio fu ov’è oggi la piazza di Mercato Vecchio, di sopra a la chiesa di Santa Maria in Campidoglio: e questo pare più certo (Giovanni Villani, Cronica (ed. Porta), II, 1, p. 61). (8) Questa amistà è certa (Brunetto Latini, Favolello: 279). 48 Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Con una proposizione subordinata: (9) Ciascuno è certo che la natura umana è perfettissima di tutte l’altre nature di qua giù (Dante, Convivio, II, 8: 104). (10) E quindi al tempio di Giove Ammone andò, acciò che una bugia, che a certo tempo si disse, togliesse via, dell’avolterio che si dicea che avea la madre commesso, e non iera certo chi fosse suo padre (Bono Giamboni, Delle storie contra i pagani di Paolo Orosio, III, 16: 166). 2.2 Plurale Al plurale, come al singolare, certo occorre in posizione prenominale e postnominale all’interno del NP, in posizione predicativa e con una proposizione subordinata come complemento. A differenza del singolare, però, certi può avere funzione di pronome. La posizione prenominale all’interno del NP (in genere con un valore assimilabile ad un quantificatore indefinito come «alcuni, parecchi», cf. par. 4.3) si ha in: (11) Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi; e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima . . . (Dante, Vita Nova, 5: 20). (12) Quella nostra Beatrice udio da certe persone di te ragionando, che la donna la quale io ti nominai nel cammino de li sospiri, ricevea da te alcuna noia (Ibid.: 44). Posizione postnominale all’interno del NP: (13) Quando io incominciai, propuosi di scrivere il vero delle cose certe che io vidi e udì (Dino Compagni, Cronica, I.1: 131). (14) Adunque, se natura non mi vuole stabilire termini propi, né mi vuole serrare le porti delli ordini di sopra, onde avete voi ardimento d’assegnarmi termini certi, e sotto giogo d’ordine mi volete costrignere? (Anonimo, Andrea Cappellano volgarizzato, I: 69). Posizione predicativa: (15) Si vuole prima vedere se gli argomenti son certi (Pistole di Seneca, 13: 25). (16) Perché non andiamo noi a loro, e di loro condizione ci facciamo certi (Boccaccio, Filocolo, V, 39: 597) 3 . 49 3 Si osservi che questa costruzione è con ogni probabilità un calco latineggiante (da certiorem facere, ‘informare’). Davide Garassino In funzione pronominale: (17) Certi, che di cavalleria non sentono, credono che sia più piena vittoria se i nemici o per istrettezza di luogo, o vero per moltitudine d’armati hanno circondato (Bono Giamboni, Vegezio, III, 21: 131). (18) Erano appo gli antichi tra’ pedoni certi che si chiamavano Ferentarj (Ibid., I, 20: 28). 2.3 Semantica e Pragmatica In italiano antico il valore semantico assunto da certo varia a seconda della sua posizione rispetto al nome; questa correlazione non è però priva di eccezioni 4 , dal momento che certo con il significato di ‘sicuro, indubbio’ (in termini tradizionali un aggettivo qualificativo), normalmente postnominale, può occorrere talvolta prima del nome (cf. anche es. (3)): (19) Neuno uomo avea veduto legittimo managio, nessuno avea conosciuti certi (‘sicuri’, ossia i propri figli legittimi) figliuoli . . . (Brunetto Latini, Rettorica, 13, 17). (20) E no·volendo, se prima non sapesse il come e perché, con più certo e diliberato consiglio fare la ‘mpresa (Matteo Villani, Cronica, IX, 90). Dal punto di vista semantico, certo aggettivo qualificativo (soltanto postnominale in italiano moderno) può essere definito più precisamente un aggettivo epistemico: come ‘possibile’ e ‘sicuro’ (cf. Demonte 2008: 13), infatti, certo può essere sostituito da una frase relativa restrittiva, secondo la formula «X che Y considera come NP» (cf. Larson 2000: 3). Nel caso del sintagma [una notizia certa], avremo dunque la seguente interpretazione: «una notizia che il parlante considera come notizia certa» 5 . L’aggettivo prenominale in un sintagma come [una certa notizia], invece, indica l’esistenza di un valore per la variabile introdotta dal NP indefinito, 50 4 A differenza della lingua moderna dove invece appare molto più rigida. 5 «If we assume that the meaning of certain can be paraphrased as something like ‘considered assured by some person X’ this applies to the whole network of the N in (47) [un fait certain, une victoire certaine, D. G.]; the fact or victory are assured by the speaker to hold at some time interval i, past, present or future, for some value assignment g in a possible world w» (Bouchard 2002: 85). Nel quadro teorico di Bouchard, dunque, certo postnominale esprime la certezza epistemica del parlante sull’intero network di proprietà di N. Questo tipo di analisi presuppone che ogni nome sia caratterizzato da diverse parti o funzioni: una funzione caratteristica f, che fornisce la proprietà che interpreta N (indica cioè, informalmente, il grado di appartenenza di un oggetto all’estensione di N, cf. Bouchard 2002: 7), una funzione di assegnazione della variabile g, che associa ogni variabile ad un individuo particolare nel modello, i, che specifica per quale intervallo di tempo f è valida ed infine w, un’indicazione del mondo possibile nel quale si applica f (cf. ibid: 7s.). Il percorso di certus dal latino all’italiano antico anche se questo valore non è ulteriormente precisato. Nella frase (1), p.es., il parlante/ scrittore presuppone l’esistenza di un filosofo e di un re, nonostante non sia fornita alcuna indicazione esplicita in merito al referente dei due nomi. Questo tipo di interpretazione 6 (modificazione diretta, secondo la terminologia di Larson 2000, poiché in questo caso l’aggettivo si applica al nome «direttamente» e non «indirettamente» per mezzo di una frase relativa implicita) correla sistematicamente, già in italiano antico, con la posizione prenominale e non può mai occorrere in nessun’altra posizione della frase (si noti anche che la posizione predicativa è sempre incompatibile con quest’ultima lettura). L’asimmetria semantica fra le due interpretazioni di certo determina una serie di fenomeni di distribuzione complementare, come mostrano i test della modificazione avverbiale, della coordinazione e della gradabilità (possibilità di occorrere al grado comparativo e superlativo). Certo aggettivo epistemico tollera il grado superlativo, la coordinazione, nella frase (21), e la modificazione avverbiale con molto, in (22), al contrario del secondo valore, in (23) e (24): (21) . . . Ànno li amici certissimo e sicurissimo aiutorio (Latini, Rettorica, I: 36). (22) . . . Mettere a non calere le cose molto certe (Pistole di Seneca, 99: 321). (23) *Un certo e grande re 7 . (24) *Un molto certo re. Certo con modificazione diretta (che possiamo anche definire «aggettivo dell’area della determinazione», cf. Giusti in pubblicazione) può introdurre un nome in posizione argomentale senza essere necessariamente preceduto dall’articolo indefinito un (opzione rara in italiano moderno, ma cf. l’esempio (26) con un nome proprio): (25) Ma per altre virtù fu di poco valore, e magagnato in sua vecchiezza disordinatamente in vizio carnale, e d’usare pulcelle, iscusandosi per certa malattia ch’avea di venire misello (Giovanni Villani (ed. Porta), Cronica, IX, 108). 51 6 Per Bouchard 2002: 84 e s., in questo caso l’aggettivo modifica l’intensione del nome, in particolare la funzione di assegnazione della variabile g, la funzione che permette l’assegnazione di un valore alla variabile nel modello e che rende possibile, quindi, la denotazione di un’espressione linguistica. In caso di interpretazione intensionale, l’aggettivo non si applica dunque al nome nella sua interezza (cioè all’intero network di proprietà), ma soltanto ad una sua parte (cf. nota 5). 7 È sempre problematico assegnare lo statuto di agrammaticalità ad esempi di lingue (o di fasi di lingua) non più parlate. In questo caso però l’assenza di esempi nel corpus è confortata dalla situazione dell’italiano moderno, nel quale il comportamento e i valori di certo sono sostanzialmente simili a quelli della lingua antica. Davide Garassino (26) - Sai che noi ce l’abbiamo amara con voi badogliani? - Milton lo fissò con malinconico interesse. - E perché? -. - Avete accolto un uomo che aveva disertato da noi. Certo Walter - (Fenoglio, Una questione privata: 67) 8 . Date le peculiarità dell’aggettivo dell’area della determinazione è utile esaminarne attentamente le proprietà semantiche (e pragmatiche). Come si è visto, [un certo N], indicando l’esistenza di un valore per la variabile, presuppone l’esistenza del referente del nome. Potrebbe forse bastare questa proprietà per includere il lessema nella classe degli indicatori di specificità, ma la sua semantica presenta alcuni aspetti interessanti, dal momento che: a) un certo «expresses possible valueloading, not actual value-loading» (Bouchard 2002: 86, corsivo nostro) e b) l’identificazione del referente di N sembra dipendere dal parlante (o da un altro elemento della frase). Detto in altri termini, l’assegnazione di un valore alla variabile è stabilita da un elemento precedentemente introdotto nel discorso (cf. von Heusinger 2002 e 2007) 9 . Questa definizione di specificità (più propriamente specificità relativa) 10 , proposta recentemente da von Heusinger e ispirata a Enç 1991, sembra cogliere in modo convincente l’interazione fra il NP indefinito e il contesto di frase tramite la nozione di anchoring 11 . Si considerino le frasi seguenti: 52 8 Solo qualche breve osservazione su certo e un nome proprio (non ritorneremo più sull’argomento): per prima cosa, un nome proprio non denota una classe di oggetti sulla base di una proprietà comune, ma designa un individuo particolare nel dominio del discorso (cf. l’ormai classica analisi di Kripke dei nomi propri nei temini di rigid designator e Lyons 1977: 88: «[a proper noun] it does not denote, but it refers»). Secondo Bouchard: «when certain is applied to the value assignment function g of a proper name . . . this indicates that the speaker is sure that a value can be assigned for that name, that the name applies to some individual» (Bouchard 2002: 88). 9 «Specificity, on the other hand, is sentence bound and links a new discourse item to an already introduced discourse item (in that sentence) or to the speaker (or context index) of that sentence. I argued that the reference of a specific expression depends on the ‘anchor’ expression. Once the reference for the anchor is determined, the reference for the specific term is also determined, giving a ‘relative’ specific reading of the indefinite» (von Heusinger 2002: 272). 10 Il termine ‘relativo’ è dovuto al comportamente variabile di un certo/ a certain per quanto riguarda la portata (scope) rispetto ad altri operatori logici nella frase: a seconda dell’elemento linguistico al quale l’indefinito è ancorato, quest’ultimo può avere portata ampia, stretta o intermedia. Non è il caso di approfondire oltre la questione, per la quale si rimanda a von Heusinger 2007. 11 La specificità nel modello proposto da von Heusinger è concepita come una relazione di anchoring fra un NP indefinito e un altro argomento: in altre parole, il referente del NP indefinito (appena introdotto nel discorso) è funzionalmente dipendente dal referente di un’altra espressione linguistica o dal parlante. Questa nozione è formalizzata all’interno di un modello di semantica dinamica, la File Semantics di I. Heim: «An NP i in a sentence ψ with respect to a file F and the Domain of filenames . . . Dom ( ψ ) is [+ specific] if there is a contextual salient function f such that i = f(j) and j Dom( ψ )» (von Heusinger 2007: 288). Il percorso di certus dal latino all’italiano antico (27) Il medico, avvisando che l’infermo senza essere adoppiato non sosterrebbe la pena né si lascerebbe medicare, dovendo attendere in sul vespro a questo servigio, fé la mattina d’una sua certa composizione stillare una acqua . . . (Boccaccio, Decameron, IV, 10: 319) (28) Ogni uomo ama una certa donna. L’interpretazione semantica del NP [una certa composizione] nella frase (27) è fissata dal parlante/ scrittore, l’unico agente in grado di assegnare, in questo caso, un valore alla variabile, mentre in (28), l’interpretazione di [una certa donna], nella lettura a portata ristretta del NP indefinito, è ancorata a tutti gli individui appartenenti all’estensione del NP [ogni uomo]: a ciascun individuo corrisponde una (ed una soltanto) donna differente 12 .Tramite il ricorso ad un indefinito specifico, il parlante seleziona un unico elemento all’interno dell’insieme denotato da N; di conseguenza un certo occorre preferibilmente con nomi numerabili al singolare, la cui estensione è composta da singoli atomi (cf. Chierchia 1998: 58s.) 13 . La specificità relativa di von Heusinger non è incompatibile con le osservazioni proposte da Bouchard (specificità potenziale: un certo «expresses possible valueloading», cf. sopra): aggiungendo alcune condizioni alla definizione di von Heusinger, possiamo ricavarne una versione debole (per quanto riguarda le modalità di assegnazione di un valore al referente), cioè più generica. Possiamo quindi formulare, in modo del tutto informale, la nozione di specificità che utilizzeremo in questo lavoro: il referente di un NP indefinito è ancorato al referente di un’altra espressione linguistica precedentemente introdotta nel discorso (all’interno dei limiti della frase), in grado di assegnare, almeno potenzialmente, un valore alla variabile rappresentata dal NP indefinito. 53 12 Il NP [una certa donna] può avere due letture differenti nell’esempio (28), a seconda della relazione con il quantificatore universale: quando l’indefinito è al di fuori della portata del quantificatore (lettura a portata ampia o wide-scope), l’indefinito denota un valore unico per tutti gli individui nell’estensione di [ogni uomo]. Quindi: Ogni uomo ama una certa donna . . . Anna. Altrimenti, un’interpretazione a portata ristretta (narrow scope) implica una covariazione fra gli individui dei due insiemi (cioè una corrispondenza uno-a-uno): ad ogni uomo corrisponde una donna differente. Ogni uomo vuole sposare una certa donna . . . la propria vicina. La forma logica assegnata a quest’ultima interpretazione potrà quindi presentare una funzione Skolem: ∀x[man(x) Λ wants(x, marry(x, f(x))] oppure, nel quadro teorico di von Heusinger, la seguente formalizzazione: [Ogni uomo] 1 ama [un certa donna] 2 , 2 = f(1) e 1 Dom(ψ). Nella lettura a «portata ampia» del NP, quest’ultimo è invece referenzialmente ancorato al parlante, esibendo portata ampia sul quantificatore universale: (Parlante) 3 [Ogni uomo] 1 ama [una certa donna] 2 , 2 = f(3) e 3 Dom(ψ). 13 La presenza di un certo a fianco di un nome di massa non è tuttavia esclusa. Questo può verificarsi in modo indiretto attraverso una perifrasi con un nome di misura/ quantità, p.es. una certa quantità d’acqua/ oro/ riso e, in alcuni casi, direttamente: una certa acqua. Quando questo avviene, però, l’articolo indefinito un/ uno impone l’interpretazione numerabile del nome di massa: una certa acqua è allora un tipo particolare di acqua, una certa sensazione è un tipo particolare di sensazione e così via (cf. al riguardo Jayez/ Tovena 2002). Davide Garassino La specificità relativa potenziale così definita è particolarmente utile per giustificare l’occorrenza di un certo in contesti considerati incompatibili con un’ espressione specifica dalle analisi più tradizionali (cf. Haspelmath 1997: 43s., Lyons 1999) come, per esempio, la protasi di un periodo ipotetico, nell’esempio (29), o l’NP oggetto di un verbo o di una costruzione al futuro, in (30), i cd. contesti irreali: (29) Se io dimandassi d’una certa cosa, e tu mi rispondessi d’una generale . . . (Anonimo, Tesoro Volg., L. 8, 16: 61). (30) Non aver pensiero. Io ti farò fare una certa bevanda stillata molto buona e molto piacevole a bere, che in tre mattine risolverà ogni cosa, e rimarrai più sano che pesce (Boccaccio, Decameron, IX, 3: 600). Un certo può occorrere in questi contesti proprio in virtù della sua specificità potenziale: il lessema si limita infatti ad indicare che l’assegnazione del valore alla variabile è possibile per il parlante o per un altro agente (e che dunque esiste un valore), ma l’identificazione del referente non è necessaria: «the actual value is not filled» (Bouchard 2002: 86). Si badi però che il ricorso alla nozione di specificità soltanto non permette di cogliere pienamente tutti i valori dell’espressione. Ad esempio, ci si può legittimamente chiedere se e come sia possibile conciliare la specificità di un certo con il senso di «vaghezza» che abbiamo citato, in modo intuitivo, all’inizio del capitolo. Ad un primo sguardo può sembrare una contraddizione, data la nostra analisi: un’espressione specifica seleziona un solo elemento in particolare all’interno dell’insieme. L’assegnazione del valore è però possibile e non effettiva e nonostante il parlante selezioni un solo individuo a livello semantico, al contempo rende il referente pragmaticamente inaccessibile all’interlocutore. Questo può avvenire per i più svariati motivi: l’interlocutore non vuole essere più preciso oppure non può esserlo (affronteremo meglio la questione nel par. 4.3): (31) Altri dicono che ella fu dal detto Parìs rapita d’una isola chiamata Citerea, dove ella ad un certo sacrificio che si faceva, secondo il costume antico, vegliava la notte nel tempio del dio . . . (Boccaccio, Esposizioni, V, 110: 306). (32) Per la qual confessione costoro meritamente della morte temendo, con grande ingegno coloro che gli guardavano corruppero, dando loro una certa quantità di denari li quali nella lor casa nascosti per li casi oportuni guardavano (Boccaccio, Decameron, IV, 3: 289). In entrambi i casi l’autore evita di fornire una descrizione più esaustiva (p.es. nella frase (32) la quantità esatta di denaro), probabilmente per non rivelare informazioni ininfluenti ai fini della comprensione della frase e del discorso da parte dei lettori. 54 Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Un’ultima caratteristica da ricordare è la sfumatura qualitativa, spesso dispregiativa (cf. Longobardi 2001) 14 , che accompagna alcuni usi di certo sia in italiano antico sia in italiano moderno: (33) E ‘n certo loco remoto ed oscuro, come imposto gli fu, la donna attese . . . (Boccaccio, Filostrato, 3, 25: 89). (34) Certa gente farebbe meglio a tenere la bocca chiusa! Fatta questa lunga, ma necessaria premessa, tenteremo di mostrare come si sia giunti all’espressione dell’indefinitezza specifica a partire dalla certezza e dalla sicurezza, quale sia il legame diacronico fra l’aggettivo epistemico e quello dell’area della determinazione e da dove derivino la sfumatura qualitativa e la vaghezza referenziale che ancora oggi accompagnano l’uso di un certo N. 3. Latino classico e postclassico Certus è in latino, classico e postclassico, un modificatore del nome, un aggettivo qualificativo che esprime certezza e sicurezza (con il valore di ‘sicuro, indubbio, etc.’, cf. Ernout/ Meillet 1985: 116 e ThLL) 15 . Certus può avere come complemento una frase subordinata infinitiva (se accompagnato da una copula come nell’esempio (35)) o comparire con un nome, come in (36)-(38). In quanto aggettivo qualificativo può trovarsi in coordinazione con un altro aggettivo, nella frase (37), o apparire al grado comparativo/ superlativo, in (38): (35) Quod eo libentius Rufinus perfecit, quod erat certus ad uxorem suam, cuius stupra sciens dissimulat, non minimam partem praemii eius Crassum relaturum (Apuleius, Apologia, 60: 68). (36) Ob haec mors indicta, multum adversante Narcisso, qui Agrippinam magis magisque suspectans prompsisse inter proximos ferebatur certam sibi perniciem, seu Britannicus rerum seu Nero poteretur (Tacitus, Annales, 12, 65, 1: 269). (37) Quod in imperita multitudine est vitiosissimum, varietas et inconstantia et crebra tamquam tempestatum sic sententiarum commutatio, hoc tu ad hos transferas, quos ab inconstantia gravitas, a libidinosa sententia certum et definitum ius religionum, vetustas ex- 55 14 «Il parlante sembra esprimere non, o non soltanto, la sua capacità di enumerare estensionalmente i membri dell’insieme visto o di indicarne approssimativamente la cardinalità . . ., ma piuttosto di definire intenzionalmente tale insieme in base a qualche proprietà saliente tendenzialmente comune a tutti i membri» (Longobardi 2001: 705). 15 Certus è un antico participio in -todel verbo cernere (‘separare, distinguere’); il valore originario è quasi del tutto scomparso nel latino classico, salvo qualche sporadica traccia (al riguardo cf. Forcellini 1828: 591). Davide Garassino emplorum, auctoritas litterarum monumentorumque deterret? (Cicero, De domo sua oratio, 4, p. 36) (Cicero, De domo sua oratio, 4: 36). (38) Atrocius in urbe saevitum: nobilitas, opes, omissi gestique honoris pro crimine, et ob virtutes certissimum exitium (Tacitus, Historiae, I, 2: 2). Osservando gli esempi latini, certus sembra avere soltanto il valore di ‘sicuro, indubbio’: si tratta di una lettura orientata alla denotazione del nome modificato, al quale si applicano le aspettative di certezza epistemica e di sicurezza espresse dal parlante. Così, nella frase (38), certissimum exitium è per il parlante/ scrittore una rovina sicura ed inevitabile. La possibilità della coordinazione con un aggettivo come definitum, nella frase (37), conferma questa interpretazione: certus è in latino classico e postclassico un aggettivo epistemico (cf. par. 2.3). Ovviamente la certezza applicata al «referente» dà luogo ad accezioni semantiche leggermente differenti a seconda del tipo di nome di cui si predica l’aggettivo. Se si tratta di un sostantivo di tempo/ spazio come locus, dies, tempus, spatium temporis, intervallum, etc., il valore assunto da certus corrisponderà in italiano a ‘predefinito, sicuro, stabilito’: (39) Pabulum frui occipito ex Kal. Septembribus: prato sicco decedat, ubi pirus florere coeperit; prato inriguo, ubi super infer que vicinus promittet, tum decedito, vel diem certam utrique facito; cetero pabulo Kal. Martiis cedito (Cato, De agri cultura, 149, 1). (40) Ceteri cederent Italia, nisi certam ante diem profanos ritos exuissent (Tacitus, Annales, IV, 91, 16). (41) Eo cum venisset, civitatibus milites imperat certumque in locum convenire iubet (Caesar, Commentarii Belli Gallici, V, 1, 6). Un’intepretazione simile può essere estesa anche a nomi di quantità come numerus, pondus, etc. «Un numero certo» è perciò «un numero prefissato, stabilito»: (42) Qua oblata potestate omnibus his civitatibus obsides imperat, certum numerum militum ad se celeriter adduci iubet (Caesar, Commentarii Belli Gallici, VII, 4, 7). (43) Utuntur aut aere aut nummo aureo aut taleis ad certum pondus examinatis pro nummo (Ibid., V, 12, 4). Quando Tacito nell’esempio (40) scrive che gli adepti di culti non riconosciuti avrebbero dovuto lasciare l’Italia in caso di recidività, il termine è effettivamente ben determinato, in quanto fissato (= reso certo) dal Senato. Ugualmente, quando Cesare, nella frase (42), ordina che un nuovo contingente si presenti in un dato luogo, sia il numero dei soldati sia la località dell’incontro sono state verosimilmente concordate in precedenza e sono, dunque, sicure 16 . 56 16 Certus numerus è così parafrasato da Ernout/ Meillet: «un nombre fixe, mais non autrement précisé» (Ernout/ Meillet 1985: 116). Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Con nomi come signum o ius, etc., si intende un segnale predefinito, prestabilito e uno ius ‘certo’: (44) Hos certo signo revocare constituit cum omnes milites naves conscendissent atque iis expedito loco actuaria navigia relinquit (Caesar, Commentarii Belli Gallici, I, 27: 18). (45) A libidinosa sententia certum et definitum ius religionum, vetustas exemplorum, auctoritas litterarum monumentorumque deterret? (Cicero, De domo sua oratio, 4: 36). Con un nome animato (e umano) come homo e testis, invece, certus indica che il referente è sicuro, quindi ‘affidabile’, cf. gli ess. tratti da Cicerone e Livio: (46) Q. Volusium, tui Tiberi generum, certum hominem et mirifice abstinentem, misi in Cyprum ut ibi paucolos dies <es>set, ne cives Romani pauci qui illic negotiantur ius sibi dictum negarent; nam evocari ex insula Cypros non licet (Cicero, Epistula ad Atticum, V, 21, 6). (47) Aristonem quendam, Tyrium aduenam, instructum mandatis ab Hannibale et rege Antiocho uenisse; certos homines cotidie cum eo secreta conloquia serere; in occulto concoqui quod mox in omnium perniciem erupturum esset (Livius, Ab Urbe Condita, XXXIV, 61, 5: 270). (48) Locupletissimus quisque ac certissimus testis esset; nemo erat Sicilia tota quin sciret decumas esse praetoris, nemo quin audisset id Apronium dictitasse (Cicero, In C. Verrem Orationes, 3, 136: 298). Certus può assumere inoltre un valore specialistico all’interno del latino giuridico (verosimilmente derivato da quello di ‘sicuro’), in particolare nel diritto delle obbligazioni 17 . A questo riguardo, una definizione tratta dai Digesta del corpus giustinianeo (originariamente del giurista Gaio) e alcuni esempi (da Pomponio) possono essere illuminanti: (49) Certum est, quod ex ipsa pronuntiatione apparet quid, quale, quantumque sit, ut ecce aurei decem, fundus tusculanus, homo Stichus. . . ubi autem non apparet, quid quale quantumque est in stipulatione, incertam esse stipulationem dicendum est (Digesta, 45. 1., 74- 75pr., Gaius 8 ad ed. provinc., Ulpianus 22 ad ed.). (50) Si vero certus homo legatus est, talis dari debet, qualis est. (Dig. 30.45.2, Pomponius 6 ad sab.). Certus homo (nel contesto si riferisce ad uno schiavo oggetto di un lascito testamentario) denota un uomo ben determinato; non a caso, il suo antonimo è incertus. Con la seguente disposizione, il giurista cerca di regolare il caso opposto all’esempio (50), quello in cui lo schiavo non è indicato esplicitamente nell’atto: 57 17 Certus indica che «a fixed sum or quantity of things being the object of an obligation or of a claim in a trial» (Berger 1953: 387). Davide Garassino (51) Cum incertus homo legatus tibi esset, heres Stichum servo tuo tradidit (Dig. 30.13 Pomponius 4 ad sab.). Certum è utilizzato per indicare le obbligazioni stipulate su un oggetto ben definito (sia esso un uomo, una somma di denaro, un terreno o altro); l’uso di incertum contempla il caso opposto, l’obbligazione fatta su un oggetto non precisamente stabilito. Per concludere questa sezione, possiamo affermare che certus in latino classico e postclassico ammette soltanto un valore epistemico; l’utilizzo da parte del parlante di certus esprime la certezza applicata a N. L’interpretazione di certus come aggettivo epistemico è confermata da almeno un’indicazione formale: la coordinazione con un altro aggettivo, come nell’esempio (37) (oltre alla possibilità di ammettere un superlativo, come in (38)). Questo tipo di valore e di lettura semantica è alla base dell’uso tecnico della parola riscontrato nel latino di tarda età repubblicana e della prima età imperiale (ma raccolto e tramandato tramite il Corpus Iuris Civilis dell’imperatore Giustiniano qualche secolo dopo, nel VI d.C.). L’origine del valore con modificazione diretta (ossia l’aggettivo dell’area della determinazione), a partire dalla situazione osservata nel periodo classico e postclassico, costituirà l’oggetto della prossima sezione. 4. Analisi diacronica 4.1 Analisi semantica e pragmatica di certus nel latino classico e postclassico Nel paragrafo precedente siamo giunti alla conclusione che certus è in latino un aggettivo epistemico. Dal punto di vista semantico, il suo dominio è la sicurezza e la certezza. Tuttavia, un’analisi più attenta e non esclusivamente limitata alle proprietà semantiche più ovvie può rivelare dettagli interessanti. Un sintagma [certus N] è interpretato nel modo seguente: il referente denotato da N è determinato. Questo significa che certus riduce l’ambiguità con la quale può presentarsi il referente nel discorso; l’aggettivo ha pertanto una funzione assimilabile agli slack regulators descritti da Lasersohn 1999 in un articolo sulla vaghezza referenziale e i cosiddetti pragmatic halos 18 . Secondo Lasersohn, il cui obiettivo è fornire una caratterizzazione formale della vaghezza, ogni espressione linguistica, oltre ad avere una denotazione ben precisa (che per comodità indicheremo d’ora in poi con i), possiede anche un insieme di elementi che accompagnano i e che differiscono da essa in modo pragmaticamente trascurabile 19 . Questi elementi sono più o meno simili alla denotazione esat- 58 18 In questa prima parte dell’analisi diacronica seguiremo le intuizioni di Eguren/ Sánchez 2007 su cierto dello spagnolo: ai due studiosi va il merito di aver applicato per primi le idee di Lasersohn. 19 «Each expression in a language, as usual, is assigned a denotation (relative to a model), which is used in calculating truth conditions. In addition, I assume that pragmatic context asso- Il percorso di certus dal latino all’italiano antico ta, o più o meno distanti da essa, per cui possono essere ordinati secondo una relazione di «vicinanza ad i» 20 definita contestualmente: questo insieme prende il nome di pragmatic halo. Un esempio può essere d’aiuto: se consideriamo il sintagma [three o’clock] all’interno della frase Mary arrived at three o’clock 21 , possiamo ipotizzare che il pragmatic halo del sintagma sia un insieme {i, j, k}, nel quale a fianco della denotazione i (che corrisponde a ‘le tre in punto’), abbiamo gli elementi j e k che possono designare, rispettivamente, le denotazioni ‘le tre meno un minuto’ e ‘le tre e un minuto’. Per Lasersohn, il pragmatic halo che accompagna un’espressione linguistica è il principale motivo per cui non avvertiamo come «sbagliata» (falsa, da un punto di vista vero-condizionale) l’asserzione di una frase come la precedente, anche se sappiamo con certezza che Mary è giunta qualche minuto dopo l’ultimo rintocco delle tre. Se ora consideriamo la stessa frase con una piccola variante, notiamo subito che qualcosa è cambiato: Mary arrived exactly at three o’clock. L’aggiunta di exactly «restringe» le alternative alla denotazione esatta di [three o’clock]. Exactly è pertanto uno slack regulator 22 (meglio, un restrictor): agisce sul pragmatic halo di un’espressione (in questo caso un NP) e ne riduce (o elimina) la vaghezza. Va da sé che gli slack regulator possono agire anche nella direzione opposta, ampliando il pragmatic halo dell’item linguistico in questione e dunque la sua vaghezza. Certus in latino si comporta come uno slack regulator in un modo non eccessivamente distante da exactly: dal momento che il referente di cui si sta parlando è «certo», cioè sicuro e determinato, l’alone di vaghezza pragmatica che lo accompagna nel discorso è ridotto al minimo. Alla base dell’uso di certus esiste però una sostanziale asimmetria informativa fra gli agenti dello scambio comunicativo: il parlante è in grado di identificare (almeno potenzialmente) il referente, mentre l’identificazione del referente di N è sostanzialmente inaccessibile all’interlocutore. L’ascoltatore/ lettore sa soltanto che esiste un (unico) valore e che questo valore è necessariamente sicuro e definito (in altri termini, l’interlocutore ha una chiara percezione del fatto che il pragmatic halo del NP è «ristretto» ad un solo individuo, ma non è in grado di determinare effettivamente di quale valore si tratti). Prima di esaminare gli effetti diacronici dell’asimmetria informativa, vedremo come l’esame di alcuni contesti (l’interazione di certus con aliquis e quidam) porti una conferma decisiva all’analisi dell’aggettivo come restrictor. 59 ciates this denotation with a set of objects of the same logical type as the denotation itself. Each object in this set is understood to differ from the denotation only in some respect that is pragmatically ignorable in context» (Lasersohn 1999: 526). 20 Il tipo di «vicinanza a i» è determinato ovviamente dal contesto. Nella frase vista sopra si tratterà della vicinanza temporale all’ora esatta. 21 Per ragioni di semplicità trascuriamo deliberatamente le complicazioni derivanti da un’analisi semantica composizionale: in altre parole, non ci chiederemo come il NP [three o’clock] interagisca con il resto della frase. 22 «Slack regulators are expressions that serve to readjust the pragmatic halo of the expressions they combine with» (Lasersohn 1999: 527). Davide Garassino 4.2 Certus con Aliquis e Quidam Negli autori classici e postclassici troviamo alcune cooccorrenze di certus con gli aggettivi/ pronomi indefiniti aliquis e quidam: (52) Ut enim histrioni actio, saltatori motus non quivis, sed certus quidam est datus, sic vita agenda est certo genere quodam, non quolibet; quod genus conveniens consentaneumque dicimus (Cicero, De finibus bonorum et malorum, III, 7, 24). (53) Quod si ille, adstrictus certa quadam numerorum moderatione et pedum, tamen aliquid ad requiem senectutis excogitat, quanto facilius nos non laxare modos, sed totos mutare possumus? (Cicero, De Oratore, I, 254: 99). (54) Qua rerum deformi strage paterfamilias commotus ut importunum atque lasciuum me cuidam famulo curiose traditum <iubet> certo aliquo loco clausum cohiberi, ne rursum conuiuium placidum simili petulantia dissiparem (Apuleius, Metamorphoses, IX, 1). (55) Quotiens vero civitatis universae consensus et omnes qui intra hanc sedem sunt unum aliquid certum que dixerint, rumor vocatur (Quintilianus (dubium), Declamationes Minores, 252, 16: 30). Un buon numero di studi è stato dedicato alla semantica (e pragmatica) degli indefiniti latini (cf. Orlandini 1983, Fugier 1984, Mellet 1992, Haspelmath 1997, Fry 1998), nei quali si assume in genere un’opposizione fra il valore non specifico di aliquis e quello specifico di quidam 23 . L’aspetto più interessante di questi esempi, e soprattutto della frase (52), è che certus sembra rafforzare il valore dell’indefinito specifico quidam (‘uno ben preciso’), in opposizione all’indefinito free-choice quivis (‘uno qualsiasi’, cf. Haspelmath 1997: 254). Ci si può chiedere che cosa significhi esattamente il termine rafforzare in casi come questo. Per Fry certus e unus si comportano come «focalizzatori» (focalisateurs), dal momento che «c’est par l’adjonction des termes comme unus ou certus qui concentrent le champ de l’indéfini, que s’opère le centrage sur l’unité» (Fry 1998: 333). Con una terminologia più vicina a quella utilizzata finora, possiamo nuovamente ribadire la natura di slack regulator (restictor) di certus; certus rafforza quidam perché indica che il referente di N non solo esiste, ma è anche unico e determinato. L’esempio (52), con il contrasto con quivis, è più che eloquente. In fondo, questo tipo di rafforzamento non è estraneo neppure alle lingue romanze moderne; si veda per esempio la seguente frase dell’italiano, nella quale accanto all’articolo indefinito un, che qui supponiamo utilizzato in lettura specifica, possiamo tro- 60 23 Per un’analisi pragmatica approfondita, cf. Orlandini (1983: 233s.). Fry 1998 sostiene che la differenza fra aliquis e quidam risieda nella simmetria informativa del primo e nell’asimmetria informativa del secondo; in altre parole, mentre nel caso di quidam il parlante possiede maggiori informazioni rispetto all’interlocutore, in quello di aliquis le conoscenze di entrambi in merito al referente di N sono pressoché equivalenti. Il percorso di certus dal latino all’italiano antico vare aggettivi come particolare, definito, preciso, etc. Questi aggettivi assolvono alla stessa funzione di certus negli esempi latini: (56) Al momento stiamo studiando un [+ spec] caso particolare/ ben preciso/ definito. Può suscitare qualche perplessità l’accostamento di certus ad aliquis nelle frasi (54) e (55), a causa del carattere eminentemente non specifico di aliquis: tuttavia, una maggiore comprensione delle condizioni d’uso (quindi della pragmatica) di aliquis e quidam può aiutare a sciogliere anche quest’ultimo dubbio. Aliquis come quidam può essere «focalizzato» (tramite unus e certus) o «defocalizzato» (tramite alius). La principale differenza rispetto a quidam risiede nel fatto che l’asimmetria informativa fra parlante e interlocutore è livellata verso il basso (verso una simmetria informativa, nella quale le conoscenze di entrambi gli agenti della conversazione sul referente di N sono equiparate): quindi, mentre la «focalizzazione» per mezzo di certus (o unus) avvicina aliquis a quidam, la «defocalizzazione» lo allontana sempre di più da quest’ultimo (Fry 1998: 336). Vediamo gli esempi: nella frase (54), Lucio, dopo aver causato seri danni all’interno di un’abitazione privata, viene condannato alla reclusione in un luogo dal quale non possa fuggire. È naturale che il narratore, trovandosi per la prima volta in quella casa, non sappia dove sarà portato; le sue conoscenze al riguardo sono scarse quanto quelle del lettore (si noti, per contrasto, il sintagma [cuidam famulo], nel quale l’uso di quidam è motivato dal fatto che Lucio non può non essere in grado di identificare il servetto al quale è stato affidato). L’asserzione di certus però non lascia dubbi: nonostante il parlante/ scrittore e il lettore non conoscano questo luogo, sanno tuttavia, grazie a certus, che si tratta di un luogo esistente (nell’universo del discorso) e ben determinato. L’indefinitezza del sintagma [certo aliquo loco] è dunque molto attenuata, grazie all’impiego di certo (cf. Fry 1998: 336 per ulteriori dettagli); l’esempio (55), infine, presenta addirittura una «focalizzazione» per ridondanza (unus + certus). A questo punto è evidente come una descrizione dell’aggettivo epistemico certus nei termini di un restrictor sia più che adeguata: tramite la riduzione del pragmatic halo di un nome alla mera denotazione, certus insieme con gli indefiniti aliquis e di quidam identifica un unico valore in opposizione ad altri possibili valori (cf. Eguren/ Sánchez 2007: 18). 4.3 L’asimmetria informativa Le osservazioni dei precedenti paragrafi hanno rivelato un’asimmetria fra parlante e interlocutore nell’uso di certus. Fin qui se ne è discusso in modo vago, ma per comprenderne meglio il peso diacronico è opportuno fare ancora un passo in avanti. Per prima cosa, è interessante notare come questa situazione si possa formalizzare ricorrendo alla divisione del lavoro pragmatico (Horn 2004: 16s.), che, nel modello di Horn, è il risultato dell’opposizione e dell’equilibrio fra i due principi 61 Davide Garassino responsabili dell’economia dello scambio comunicativo (e che derivano da una fusione delle originarie massime griceane): Q(uantity), che genera implicature fondate sulla prospettiva dell’ascoltatore e R(elation), che produce implicature basate su quella del parlante 24 . Le implicature generate da Q sono di carattere metalinguistico, perché fanno riferimento a qualcosa che si sarebbe potuto asserire nel contesto, ma non è stato detto. Sono anche tipicamente scalari, perché basate sull’opposizione fra elementi appartenenti alla stessa classe grammaticale e ugualmente lessicalizzati, ma diversi nella forza informativa. Per esempio, dalla frase alcuni miei amici sono venuti alla festa, l’ascoltatore inferirà che non tutti gli amici del parlante vi si sono recati, perché altrimenti il parlante avrebbe usato il termine informativamente più forte tutti, secondo la scala <tutti, alcuni> (nella quale tutti implica logicamente il più debole alcuni). R, invece, è un principio di minimizzazione della forma linguistica, che «impone» al parlante di utilizzare la forma/ struttura più economica per veicolare il contenuto semantico più ampio 25 . Per comodità possiamo riassumere i due principi nel modo seguente: - The Q Principle: «Make your contribution sufficient. Say as much as you can, given R» (hearer-based). - The R Principle: «Make your contribution necessary. Say no more than you must, given Q» (speaker-based) 26 . La divisione del lavoro pragmatico deriva direttamente dall’interazione fra Q ed R, ed è molto spesso alla base dei contrasti di marcatezza: date due espressioni che coprono la stessa area semantica, la forma linguistica meno marcata viene R-associata al contenuto più stereotipico, mentre la forma più complessa è ristretta, per azione di Q, al contenuto meno stereotipico. Un esempio spesso citato in letteratura è il contrasto fra to kill e to cause to die dell’inglese contemporaneo: nonostante il risultato di entrambe le azioni sia il medesimo, il verbo causativo perifrastico, morfologicamente più complesso e marcato, segnala che l’obiettivo è stato raggiunto in modo molto più indiretto e laborioso rispetto al più semplice e diretto to kill. 62 24 Q deriva dall’accorpamento della prima massima griceana della quantità («rendi il tuo contributo tanto informativo quanto è richiesto») con le prime due del modo («evita l’oscurità d’espressione»; «evita l’ambiguità»), mentre R deriva dalla seconda massima della quantità («non essere più informativo di quanto è richiesto») più la massima della relazione («sii rilevante») e le ultime due del modo («sii breve», «sii ordinato»), cf. Horn 2004: 13. Rielaborazioni analoghe sono state tentate anche da altri studiosi, come il modello di Levinson fondato sull’interazione di tre principi (heuristics): Q(uantity), M(anner) e I(nformativeness) (Levinson 2000, per una visione critica cf. Traugott 2004b). Per una semplificazione ancora più radicale dello schema originario di Grice si consideri la Relevance Theory (Sperber/ Wilson 1995). 25 Si assume qui una formulazione leggermente diversa da quella di Horn, che considera R rilevante soprattutto per fenomeni extralinguistici e sociali (come la creazione di eufemismi, etc.); Traugott dimostra invece (cf. Traugott 2004a: 541 e s.) come R giochi un ruolo molto forte anche in contesti strettamente linguistici, come si evince dalla sua analisi di after all. 26 Schema basato su Traugott 2004: 541. Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Ritornando ai nostri esempi, l’uso di certus più un nome sembra motivato da R: si tratta di un effetto pragmatico sfruttato dal parlante quando non deve essere il più esplicito/ informativo possibile, in accordo con la seconda massima della quantità di Grice (su cui si fonda ampiamente il principio R di Horn), say no more than you must. L’occorrenza di un sintagma più esplicito (la misura esatta, il nome del luogo, della persona e così via) è ristretta dal principio simmetrico e complementare Q a quei contesti nei quali è effettivamente richiesto dall’ascoltatore un maggiore carico informativo; in tutti quei casi cioè in cui la maggiore precisione del parlante non è percepita come inutile dall’interlocutore. L’antinomia fra Q ed R permette di formalizzare l’asimmetria informativa fra parlante e ascoltatore che abbiamo discusso nel precedente paragrafo; come si è visto, da questa asimmetria deriva un effetto pragmatico che accompagna l’uso di certus già dal latino classico e che può essere considerato un’implicatura conversazionale generalizzata (cf. Levinson 2000, ma utilizzeremo di preferenza il termine GIIN, ossia generalized invited inference, di Traugott/ Dasher 2005 e Traugott 2004a) 27 , parafrasabile all’incirca così: il referente, esistente nell’universo del discorso e ben determinato, è identificabile dal parlante, ma è nascosto all’interlocutore. Un’inferenza è tale perché può essere eliminata senza alterare il significato convenzionale della forma/ espressione linguistica. Nel seguente passo, tratto dalle Catilinarie di Cicerone, l’effetto pragmatico veicolato da certo die è infatti cancellato dall’introduzione del sintagma più informativo e più esplicito a. d. VI Kal. Nov. (si osservi tra l’altro come il contrasto fra Q ed R sia abilmente sfruttato a fini retorici nell’opposizione fra il sintagma introdotto da certus e quello contenente la data): (57) Meministi me a. d. XII Kal. Nov. dicere in senatu fore in armis certo die, qui dies futurus esset a. d. VI Kal. Nov., C. Manlium, audaciae satellitem atque administrum tuae? (Cicero, In Catilinam orationes, 1, 7, 3). Nei paragrafi precedenti abbiamo tentato di fornire una spiegazione sincronica soddisfacente, dal punto di vista semantico e da quello pragmatico, di certus in latino classico e postclassico. Ora cercheremo di motivare il percorso storico del lessema e in particolare il percorso verso la «vaghezza», l’«indeterminatezza» e la «sfumatura dispregiativa» osservate nelle lingue romanze. Inizieremo proprio da quest’ultima; i primi esempi interessanti provengono già dal latino di Cicerone e riguardano alcune attestazioni al plurale: (58) Quotiens ego eum et quanto cum dolore vidi cum insolentiam certorum hominum, tum etiam ipsius victoriae ferocitatem extimescentem! (Cicero, Pro M. Claudio Marcello oratio, 16: 75). 63 27 Preferiamo usare il termine inferenza invece di implicatura perché indica con maggiore precisione la partecipazione dell’interlocutore al processo comunicativo: «they [GIIN D.G.] are crystallized invited inferences associated with certain lexemes or constructions that are specific to a linguistic community, and can be exploited to imply/ insinuate certain meanings» (Traugott/ Dasher 2005: 16). Davide Garassino (59) Hanc nostram coniunctionem, hanc conspirationem in re publica bene gerenda, hanc iucundissimam vitae atque officiorum omnium societatem certi homines fictis sermonibus et falsis criminibus diremerunt, cum idem illum ut me metueret, me caveret monerent, idem apud me mihi illum uni esse inimicissimum dicerent, ut neque ego ab illo quae mihi petenda essent satis audaciter petere possem, neque ille tot suspicionibus certorum hominum et scelere exulceratus, quae meum tempus postularet, satis prolixe mihi polliceretur (Cicero, De domo sua oratio, 28: 45). (60) Sic confirmo, Quirites, hac lege agraria pulchra atque populari dari vobis nihil, condonari certis hominibus omnia, ostentari populo Romano agros, eripi etiam libertatem, privatorum pecunias augeri, publicas exhauriri, denique - quod est indignissimum - per tribunum plebis, quem maiores praesidem libertatis custodem que esse voluerunt, reges in civitate constitui (Cicero, De lege agraria, 2, 15: 15). La prima cosa che colpisce in questi esempi è l’incompatibilità dell’uso di certus homo con il valore semantico lessicale visto negli esempi (46) e (47), ossia quello di ‘affidabile’ (perché ‘certo’ e ‘sicuro’ dal punto di vista del parlante). L’impossibilità di questa lettura è ovviamente esclusa dal contesto e il principale indizio è la presenza di parole come cupiditas, insolentia, suspicio, fictis sermonibus etc., tutti termini appartenenti ad un’area lessicale che non ha molto a che vedere con l’affidabilità e la sicurezza. In questi esempi, Cicerone sfrutta intenzionalmente l’effetto pragmatico veicolato dall’asserzione di [certus N], piegandolo alle proprie sottili intenzioni comunicative. Il parlante sta citando referenti umani noti (sicuramente a se stesso, ma molto probabilmente, almeno in questo caso, anche agli interlocutori/ lettori del tempo), la cui identità è però opportunamente celata 28 . La connotazione dispregiativa data alla frase da termini come insolentia, cupiditas, etc., in aggiunta alle condizioni pragmatiche che accompagnano l’uso di certus, contribuisce alla creazione di un forte effetto drammatico attentamente ricercato: certus, predicato che esprime la certezza epistemica del parlante e l’«ignoranza» dell’ascoltatore, è usato in un contesto in cui le informazioni a disposizione di entrambi gli attori dell’evento comunicativo si equivalgono (i certi homines sono qui verosimilmente noti a parlante e interlocutore); Cicerone sottolinea così con vigore il rifiuto di dare un nome ad avversari politici fin troppo noti. La sfumatura qualitativa, spesso dispregiativa, è dunque una conseguenza della GIIN o, per meglio dire, dello sfruttamento intenzionale della GIIN da parte del parlante (ossia: è meglio non nominare esplicitamente alcune persone/ cose). 64 28 P.es. nelle frasi (60) e (61), se siamo al corrente delle informazioni contestuali e del tema dell’orazione ciceroniana, possiamo identificare i certi homines nel tribuno della plebe P. Servilio Rullo e nei suoi sostenitori: il tribuno aveva presentato un progetto di riforma agraria (64 a. C.) sulla linea dei provvedimenti popolari di Tiberio Gracco, insistendo sulla necessità di ridistribuire le terre dell’ager publicus a favore dei cittadini proletari e di creare un collegio di decemviri con poteri speciali per controllare l’effettiva attuazione del programma. Cicerone, appena diventato console (gennaio 63 a. C.), non potè non impegnarsi a combattere quelli che riteneva programmi eversivi e dannosi allo Stato (Grimal 1996: 129-30). Il percorso di certus dal latino all’italiano antico L’altro aspetto interessante di questi esempi è il valore quantitativo di certi: nella frase (60) l’autore oppone un gruppo di persone al popolo romano nella sua interezza, e nell’esempio seguente Cicerone contrappone certi, che appare a tutti gli effetti come un quantificatore indefinito, al quantificatore universale universi: (61) Quodsi solus in discrimen aliquod adducerer, ferrem, Quirites, animo aequiore; sed mihi videntur certi homines, si qua in re me non modo consilio verum etiam casu lapsum esse arbitrabuntur, vos universos, qui me antetuleritis nobilitati, vituperaturi (Cicero, De lege agraria, 2, 6: 11). In ThLL si nota la sovrapposizione di questi valori a quidam; il valore quantitativo (quello di un quantificatore indefinito come «alcuni») sembra essere un prodotto accidentale dell’interazione di certus con il nome plurale: certi N denota un gruppo di individui/ elementi sulla base di una proprietà contestualmente saliente (cf. Longobardi 2001: 705), creando una partizione all’interno dell’estensione del nome. Il valore quantitativo (alcuni, parecchi) di certi sembra quindi strettamente dipendente dal suo valore qualitativo. Una situazione molto simile a quella di certi si osserva nell’olandese moderno a proposito del determinante sommige (cf. De Hoop 1995: 424s.); sommige insieme con enkele è spesso usato in modo intercambiabile per tradurre l’inglese some (più un nome plurale). Tuttavia i due lessemi non sono sinonimi perfetti, come dimostrano le seguenti coppie di frasi: (62) Van enkele glazen wijn word ik dronken. (63) Van sommige glazen wijn word ik dronken. (= «Dopo (aver bevuto) qualche bicchiere di vino sarò ubriaco») (64) Op sommige dagen drink ik wijn. (65) ? ? Op enkele dagen drink ik wijn. (= «Certi giorni bevo vino») (66) Ik heb gisteren enkele kilometers gereisd. (67) *Ik heb gisteren sommige kilometers gereisd. (= «Ieri ho percorso parecchi chilometri») Secondo l’interpretazione di De Hoop, la lettura non marcata dell’esempio (62) («dopo aver bevuto qualche bicchiere di vino sarò ubriaco») non è disponibile in (63), che può indicare soltanto l’esistenza di una proprietà che distingue i bicchieri di vino in questione da altri bicchieri di vino (De Hoop 1995: 430-31). Per lo stesso motivo enkele è poco naturale nella frase (65), in cui si vuole esprimere che i giorni di cui si sta parlando sono di un tipo particolare, perché potrebbe trattarsi, p.es., di giorni festivi («bevo vino soltanto in certe occasioni, cioè nei giorni di festa»). 65 Davide Garassino Infine, la presenza di sommige rende agrammaticale una frase come (67), a causa dell’incompatibilità del determinante con il predicato non-contrastivo reizen (‘viaggiare’) («the predicate is not a member of some set of alternative predicates», De Hoop 1995: 429), dal momento che sommige, come certi, crea una partizione nell’insieme denotato dal nome e quindi un contrasto rispetto ad altri sottoinsiemi di individui. Se si è viaggiato per certi chilometri, ci si potrà legittimamente domandare che cosa si è fatto negli altri chilometri; ma questa domanda (e quindi la possibile risposta) è bloccata dal verbo, che prende come argomento una sequenza non interrotta, e non un sottoinsieme arbitrariamente definito, di chilometri (cf. De Hoop 1995: 428-29). Pur tralasciando in questa sede i dettagli formali dell’analisi di De Hoop, possiamo presentare informalmente la sua definizione di sommige (De Hoop 1995: 434), sorprendentemente affine a quella che abbiamo proposto per certi: sommige denota un sottoinsieme appartenente all’insieme denotato da N e impone due condizioni 29 , una «quantitativa» (la cardinalità del sottoinsieme deve essere maggiore di uno) e una «qualitativa» (tutti gli individui appartenenti al sottoinsieme devono condividere una proprietà saliente, definita contestualmente in modo esplicito o implicito). Nell’esempio (64) sommige dagen possono essere i giorni festivi, nella frase latina (61), certi homines sono i nemici politici di Cicerone (cf. N28). Occorre osservare che questa proprietà saliente deve essere necessariamente nota al parlante, ma non all’interlocutore. Il parlante può asserire il sintagma [certi N] per veicolare una connotazione qualitativa/ dispregiativa del referente: si sceglie intenzionalmente la «vaghezza» (e non l’indicazione esatta del referente) per evitare la menzione esplicita di cose o persone di cui non si vuole (o non si può) parlare. 4.4 I contesti e le fasi del mutamento: latino tardo Il mutamento di certus verso il nuovo valore (di «aggettivo dell’area della determinazione» nella terminologia di Giusti) può essere ricostruito in riferimento all’occorrenza del lessema in alcuni contesti ambivalenti e, in particolare, all’interazione fra certus e alcuni tipi di nomi. Utilizziamo qui il termine «ambivalente» per indicare gli esempi nei quali certus può essere interpretato (perlomeno dal nostro punto di vista di lettori moderni) con entrambi i suoi valori. La nostra definizione corrisponde dunque a quella di bridging context correntemente usata nella 66 29 Queste condizioni pongono ovviamente alcune domande a De Hoop riguardo la natura categoriale del lessema: la studiosa non approfondisce l’argomento, ma lascia intravedere la possibilità che sommige sia un determinante molto particolare, con elementi da determinante vero e proprio (l’indicazione della cardinalità dell’insieme) e con elementi da aggettivo (il riferimento alla proprietà qualitativa saliente): «sommige seems to be a determiner and an adjective (cf. certain) at the same time. It has both determiner and adjectival characteristics» (De Hoop 1995: 436). Il percorso di certus dal latino all’italiano antico letteratura sul mutamento semantico (cf. Enfield 2005, Schwenter/ Waltereit 2008) 30 . Si prendano ora in esame gli esempi (39)-(41); nel par. 3 si era proposta al riguardo un’interpretazione epistemica (cioè «una data prefissata» e «un numero prestabilito» per il parlante), ma leggendo per la prima volta queste frasi senza prestare attenzione al contesto nel quale sono inserite, non si potrebbe escludere a priori una lettura differente: un’interpretazione secondo la quale certus indicherebbe soltanto l’esistenza di un valore per la variabile (e da tradursi quindi in italiano con «una certa data», «un certo numero»). Nella maggior parte dei casi non è possibile affidarsi a criteri formali (come quelli visti nel par. 2.3: la coordinazione con un altro aggettivo qualificativo, la presenza di modificatori avverbiali o l’occorrenza dell’aggettivo al grado comparativo/ superlativo) per disambiguare il valore esatto, o comunque più probabile, per cui non rimane che un esame attento del contesto d’occorrenza. Negli esempi riportati l’interpretazione più naturale di certus sembra essere senza dubbio quella epistemica: l’aggettivo si applica infatti a nomi i cui referenti sono determinati (indipendentemente dalla conoscenza diretta del referente da parte del parlante, di per sé non necessaria, come dimostra l’esempio (69)). In altre parole, la determinatezza (o meno) del referente di N sembra essere il criterio più affidabile per assegnare il giusto valore all’aggettivo certus (compatibilmente quindi con l’analisi offerta nei par. 3 e 4.1): (68) Certatim patribus plebi que manare gaudio lacrimae, donec revocatis in curiam patribus senatus consultum factum est, ut tribuni militares contione advocata peditibus equitibus que gratias agerent, memorem pietatis eorum erga patriam dicerent senatum fore; placere autem omnibus his voluntariam extra ordinem professis militiam aera procedere; et equiti certus numerus aeris est adsignatus (Livius, Ab Urbe Condita, V, 7, 11: 292). (69) Is, opinor, ita partis fecit in ripa nescio quotenorum iugerum ut certa pretia constitueret; quae mihi nota non sunt (Cicero, Epistulae ad Atticum, XII, 33, 1: 491). Nelle frasi (68) e (69), il referenti del nome è determinato: il prezzo concordato e la paga assegnata ai cavalieri sono evidentemente quantità ben precise di denaro, indipendentemente dalla conoscenza del parlante/ autore al riguardo; si ricorderà che certa dies in Tacito nell’esempio (40) era un giorno prefissato dal Senato e certus numerus in Cesare in (42) si riferiva ad un numero verosimilmente concordato (e dunque prestabilito) di soldati richiesti ad una città. 67 30 «Bridging contexts are contexts that, from today’s perspective, are compatible with both the old and the new meaning of the item or the construction in question. In other words, there is at least some ambiguity as to whether the speaker actually wanted to convey the old or the new interpretation. Such contexts are methodologically important in at least two respects. From a genuinely semantic point of view, they may enable us to see the connection between the old and the new - i. e. What led from the old to the new meaning. Secondly, in a diachronic corpus they may serve as a guidepost directing us to when in history the new meaning arose» (Schwenter/ Waltereit 2008: 11). Davide Garassino È opportuno però tenere a mente che i nomi di quantità e di misura (come numerus, pondus, etc.; e, in senso lato, anche i nomi di tempo e di spazio come tempus, dies e locus) sembrano avere una rilevanza del tutto particolare nel nostro caso, poiché questi nomi permettono di alludere ad una quantità, ad una misura o ad un prezzo senza indicarne il valore esatto (cf. Eguren/ Sánchez 2007: 16): in altri termini, il referente può presentarsi come una quantità precisa e ben definita o del tutto imprecisata e indefinita. L’utilizzo di certus come restrictor del pragmatic halo del nome determina necessariamente la prima scelta, mentre l’occorrenza di esempi del secondo tipo potrebbe essere una valida conferma dell’affermazione del nuovo valore, l’aggettivo che esprime un tipo di modificazione diretta. In effetti il latino tardo offre alcuni esempi apparentemente sovrapponibili a quelli di età classica, ma a ben vedere caratterizzati da una differente interpretazione. Eccone alcuni, tratti dall’opera di Lucifero di Cagliari (autore di IV secolo): (70) Es mendax et homicida, mendax, quia crimina falsa obieceris dei seruo Athanasio, mendax, quia haereticam fidem dicas catholicam et catholicam dicas haereticam, homicida, quia et sanguinem persequeris Athanasii et iam interfeceris certum numerum Dei cultorum (Lucifer Calaritanus, Quia absentem nemo debet iudicare nec damnare, II, 2). (71) Manu militari pugnasti contra ecclesiam in Alexandria, quam plurimos episcoporum relegasti in exiliis, in metallis, coniecisti in carcerem, certum etiam numerum interfecisti ex omnibus dei cultoribus (Lucifer Calaritanus, De regibus apostaticis, 7, 67). (72) Accipe quod Moses fecerit de alienigenis tempore, quo iubere est dignatus ei Deus, ut mittens certum numerum Isrealitarum ore gladii perdidisset quinque madiae reges et Moab (Lucifer Calaritanus, De non conveniendo cum haereticis, 15, 3). Nelle frasi (70)-(72) la «vecchia» interpretazione, pur non potendo essere del tutto scartata, appare decisamente poco probabile; Lucifero sta scrivendo delle vittime di una persecuzione e la sua intenzione comunicativa (accompagnata da un tono fortemente drammatico) pare rivolta più ad indicare l’esistenza di un numero di vittime (per di più un numero consistente) che non ad asserire l’esistenza di un «numero fissato, stabilito». I passi successivi dell’evoluzione del lessema possono essere individuati in modo abbastanza preciso. Il nuovo valore, che sembra essere sorto tramite l’interazione con alcune classi di nomi in particolare (nomi di misura e quantità), si estende poi ad altri nomi (non più di misura né di quantità): (73) Hic quoque certa manus Romani militis ardet (Corippus, Johannides, 8, 267). (74) In fluvium certum Wisgoz (Cod. Lauresch., 10 l. 13, a. 770, da Lehmann/ Stroux 1999: 493). 68 Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Meritano un’attenzione speciale, però, i seguenti esempi, risalenti all’Italia longobarda 31 : (75) Si quis caballum emerit, et auctorem ignoraverit, et venerit certus homo, qui ipsum caballum suum esse dicat . . . (Edictus Rothari, par. 282). (76) Si quis commutaverit terram arvam aut pratum vel silvam et inibi laboraverit et edificium fecerit . . . et postea surrexerit tercius [certus 6.9] homo qui ipsum locum suum faciat . . . (Liuth. Leges, Liber Papiensis, par. 115 (116), 6). Queste frasi sono molto interessanti perché il NP indefinito certus homo è inserito nella protasi di un periodo ipotetico (si ricorderà la breve discussione nel par. 2.3). Dagli studi sui contesti che favoriscono l’interpretazione specifica o non specifica di un indefinito, sappiamo che la protasi di un periodo ipotetico non è decisamente il luogo più adatto per un’interpretazione specifica tout court (Haspelmath 1997: 43) 32 . In effetti un esempio come questo illumina la vera natura della specificità di certus/ un certo, in accordo con la specificità potenziale sostenuta da Bouchard 2002: un certo si limita ad indicare (ad alludere) che l’assegnazione del valore alla variabile è possibile, ma l’identificazione esatta del referente nel contesto non è necessaria (oltre che impossibile, in questo caso). L’intenzione dello scrittore, il legislatore negli esempi (75) e (76), è chiara: alla variabile può essere assegnato un valore. Certus non ha più il valore di restrictor del pragmatic halo del nome, ma, secondo la definizione di Eguren/ Sánchez 2007, è ormai diventato un imprecise identifier: uno slack regulator che amplia, invece di restringere, l’alone di vaghezza pragmatica che accompagna l’asserzione del nome nel discorso 33 (quindi: non più certo, ma un certo). La fase successiva (e finale) del mutamento del lessema è presumibilmente costituita dalla cooccorrenza del nuovo valore con nomi caratterizzati da una denotazione astratta, come ad es. attenzione e concentrazione. Esempi di questo tipo non sono di facile reperibilità in latino (non ne abbiamo rilevato alcuno né nei testi scelti per il corpus né in un’indagine estesa ad altre opere del periodo tardo), ma sono attestati nella fase medievale (o di poco successiva) delle lingue romanze (le frasi in castigliano provengono da Eguren/ Sánchez 2007: 19): (77) Ma solamente la elezione naturale . . . mossa da una certa conformità e proporzione che hanno insieme la cosa amata e lo amante (Lorenzo de’ Medici, 303) (da GDLI, v. certo, 4) 69 31 È necessaria però un’avvertenza filologica, dal momento che in alcuni manoscritti è possibile trovare la variante tertius in luogo di certus, cf. anche l’es. (76). 32 «Conditional protases admit only non-specific indefinite phrases, no specific indefinite phrases . . . the explanation for this fact is less straightforward, but it seems possible to extend the account given for imperatives and questions if we recall that a conditional can be thought of as an instruction to the hearer» (Haspelmath 1997: 43-44). 33 Certus/ un certo identifica così «a particular member of a class whose existence is presupposed» (Eguren/ Sánchez 2007: 5). Davide Garassino (78) Me ha causado una cierta mezcla de cuita e de alegría. (1459, A. de Palencia, Tratado de la perfección del triunfo militar) (79) Tiene un cierto no sé qué de briosa y cortesana (1588-1595, Lope de Vega, Ursón y Valentín). Ricapitolando, il passaggio da restrictor a imprecise identifier (Lasersohn 1999 e Eguren/ Sánchez 2007) sembra avvenire, prima di tutto, con la cooccorrenza con nomi di quantità di qualsiasi tipo: certus/ certo allude al valore, senza precisarlo. Il nuovo valore si estende poi gradualmente ad altre classi di nomi (non più di quantità e misura); nei testi giuridici e normativi d’età tarda e altomedievale, infine, è possibile trovare esempi del tutto chiari del nuovo valore come marca di specificità (secondo la definizione data nel par. 2.3). 5. Conclusione A questo punto abbiamo ricavato dall’analisi testuale, non senza difficoltà per la natura stessa dei corpora storici, gli elementi per descrivere il percorso di certus verso l’italiano. Ricapitolando, nel latino preclassico, classico e postclassico (II a. C.-II d. C.), certus si applica al nome, predicandone la certezza e la sicurezza, almeno dal punto di vista del parlante: certum signum è allora un segnale ben determinato, perché convenuto, certa dies e certus numerus sono rispettivamente una data e un numero prestabiliti; certus homo un uomo affidabile, in quanto ‘certo’. Per questo motivo certus si predica di referenti ben definiti. Il suo valore semantico è quello di un aggettivo epistemico. Più precisamente certus può essere analizzato come un restrictor del pragmatic halo di N: in altre parole, un elemento che contribuisce a eliminare o a ridurre la vaghezza che circonda la denotazione di N. Esiste inoltre un’asimmetria informativa (cf. Fry 1998) fra gli agenti dello scambio comunicativo, un’asimmetria che in questa sede si è scelto di formalizzare attraverso l’opposizione dei due principi Q ed R del modello neo-griceano di Horn. Il parlante possiede, in genere, più informazioni riguardo al referente di N rispetto all’interlocutore, al quale l’identificazione del referente non è accessibile, poiché il parlante ha serbato per sé le informazioni più dettagliate e precise (per i più vari motivi: molto probabilmente per non sovraccaricare lo scambio comunicativo con elementi non necessari); questo effetto pragmatico, che nasce dal contrasto fra la certezza epistemica del parlante e l’«ignoranza» dell’interlocutore, può essere inteso come un’inferenza generalizzata (GIIN). Il valore pragmatico aggiunto alla denotazione semantica del lessema può essere formulato all’incirca così: il referente, esistente nell’universo del discorso e ben determinato, può essere identificato dal parlante, ma non dall’interlocutore. Un effetto collaterale della GIIN è la sfumatura qualitativa (spesso dispregiativa) che accompagna certo ancora nell’italiano di oggi e di cui le frasi riportate da 70 Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Cicerone costituiscono un ottimo esempio (il parlante impedisce intenzionalmente l’accesso all’identificazione esatta del referente di N, perché si tratta di qualcosa o di qualcuno di cui è bene non parlare direttamente). Dal punto di vista diacronico, il nuovo valore semantico di certus/ (un) certo, l’aggettivo dell’area della determinazione, sembra derivare dalla GIIN appena esaminata, dal momento che, grazie ad essa, codifica nella propria semantica la specificità («something that is fixed or predeterminated must be specific», cf. Eguren/ Sánchez 2007: 17) e l’«imprecisione» che caratterizzano un certo ancora oggi 34 . La convenzionalizzazione dell’inferenza nel nuovo valore semantico è stata aiutata da alcuni bridging context nel latino tardo: in particolare, dalla cooccorrenza con nomi di quantità di qualsiasi genere. L’occorrenza in testi giuridico-normativi d’età altomedievale 35 mostra usi del nuovo valore non più ambigui. Il plurale certi assume un valore assimilabile a quantificatori indefiniti come alcuni e parecchi già in età classica, sempre in virtù della GIIN individuata: il parlante seleziona un gruppo di individui all’interno dell’estensione del nome sulla base di un proprietà saliente. In conclusione, i valori di (un) certo in italiano (specificità, «imprecisione» e sfumatura qualitativa/ dispregiativa) sarebbero, secondo la nostra analisi, il risultato dell’azione congiunta di alcuni fenomeni, all’interno di un processo storico nel quale la coesistenza del nuovo e del vecchio valore ha sfruttato in maniera sempre più rigida il contrasto fra due diverse posizioni sintattiche, messo a disposizione dalle lingue romanze per veicolare un’asimmetria interpretativa le cui origini sono presenti, in nuce, già nella storia della lingua latina. Pavia Davide Garassino 71 34 È interessante notare come la descrizione qui suggerita dei valori di certus combaci alla perfezione con quella solitamente assegnata a quidam (cf. Fry 1998). A questo punto lo spazio semantico accordato dalla lingua agli indefiniti specifici doveva essere troppo stretto per la sopravvivenza di entrambi: dei due l’uno. Storicamente il confronto è stato vinto da certus; quidam non ha infatti lasciato epigoni nelle lingue romanze (Orlandini 1983: 239 e Väänänen 1981: 126). 35 Per usare la terminologia di Bouchard 2002, il primo valore storico di certus determina una modificazione del nome, al quale si applica nella sua interezza; mentre nel secondo caso, il «quasi determinante», si applica soltanto ad una parte di esso, la funzione di assegnazione della variabile g, indicando l’esistenza di un valore per la variabile. La certezza epistemica non è sparita, ma si è, per così dire, «ridotta» ad una parte soltanto di N. Davide Garassino Appendice In quest’ultima parte dell’articolo è presentata in modo più dettagliato la costituzione dei corpora utilizzati per lo studio di certus/ certo. Per comodità e precisione si è deciso di suddividere i testi in tre sezioni a), b) e c), ordinate cronologicamente. Per quanto riguarda a), l’indagine è stato condotta esclusivamente sul CD-Rom della Bibliotheca Teubneriana Latina (BTL 2, K. G. Saur & Brepols, 2002). Per b) sul CD-Rom del CETEDOC (Cetedoc Library of Christian Latin Texts, CLCLT2, Brepols, 1994) o manualmente (in questo caso sono riportate tutte le indicazioni bibliografiche). Per c), infine, sono state utilizzate le banche dati offerte dal sito internet del C. N. R. dedicato all’O. V. I. Per tutte le informazioni di carattere filologico si rimanda alle fonti appena elencate. Come si noterà, si è cercato di rendere il corpus il più ampio e rappresentativo possibile, includendo testi di generi, stili e periodi molto diversi fra loro. a) Latino preclassico, classico e postclassico (II a. C.-II d. C.) Marcus Porcius Cato, De Agri Cultura (II a. C.) Caius Iulius Caesar, Commentarii Belli Gallici/ Commentarii Belli Civili (I a. C.) Marcus Tullius Cicero, Orationes (I a. C.) Titus Livius, Ab Urbe Condita (I d. C.) Caius Cornelius Tacitus, Annales/ Historiae (I-II d. C.) Apuleius, Metamorphoses (II d. C.) b) Latino tardo e medievale Latino biblico: Sofronius Eusebius Hyeronimus, Biblia Sacra iuxta vulgatam versionem (Vangeli) (IV-V d. C.) Itala. Das Neue Testament in altlateinischer Überlieferung, ed. A. Julicher, 1964 Latino dei Cristiani: Quintus Septimius Florentius Tertullianus, Opera (II-III d. C.) Lucifer Calaritanus, Opera (IV d. C.). Aurelius Augustinus, Epistulae (IV-V d. C.) Latino giuridico: Corpus Iuris Civilis. Codex, ed. Th. Mommsen/ P. Krueger, Berlin, 1954 (VI d. C.) Edictus Rothari e Leges Liuthprandi Regis, MGH, Leges, IV, ed. G. H. Pertz, Hannover, 1869, (rist. 1965) (VII d. C.) c) Italiano antico (toscano-fiorentino) Anonimo, Novellino (XIII) Brunetto Latini, La Rettorica (1261) Bono Giamboni, Fiore di Rettorica e Il libro de’ Vizi e delle Virtudi (1292) Dante Alighieri, Vita Nuova (1293) Anonimo, Cronica fiorentina (1300) Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi (1312) 72 Il percorso di certus dal latino all’italiano antico Libro degli ordinamenti della Compagnia di Santa Maria del Carmine (1298) e Ordinamenti di Giustizia del Popolo e Comune di Firenze dal 1292 al 1324 (1324) Giovanni Villani, Cronica (1348) Matteo Villani, Cronica (1363) Giovanni Boccaccio, Decameron (1370) Anonimo, Contemptu mundi di Lotario Diacono volgarizzato (De), Libri I/ II/ III (1400) Bibliografia Berger, A. 1953: Encyclopedic Dictionary of Roman Law, Philadelphia Blaise, A. 1967: Dictionnaire latin-français des auteurs chrétiens (revu par H. Chirat), Turnhout ED: Enciclopedia dantesca, Roma 1970 Bouchard, D. 2002: Adjectives, Numbers and Interfaces. Why Languages Vary, Amsterdam Chierchia, G. 1998: «Plurality of Mass Nouns and the Notion of Semantic Parameter», in: S. Rothstein (ed.), Events and Grammar, Dordrecht De Hoop, H. 1995: «On the Characterization of the Weak-Strong Distinction» in: E. Bach/ E. Jelinek/ A. Kratzer/ B. Partee (ed.), Quantification in Natural Language, vol. 2, Dordrecht: 421-50 Demonte, V. 2008: «Meaning-form correlations and the order of adjectives in Spanish», in: C. Kennedy/ L. McNally (ed.), The Semantics of Adjectives and Adverbs, Oxford: 71-100 Du Cange, C. 1954: Glossarium mediae et infimae latinitatis. Unveränderter Nachdruck der Ausgabe von 1883-1887, Graz Eguren, L./ Sánchez, C. 2007: «Grammar and History of Spanish cierto» in: G. Kaiser/ M. Leonetti (ed.), Proceedings of the Workshop «Definitess, Specificity and Animacy in Ibero- Romance Languages», Konstanz: 1-22 Enç, M. 1991: «The Semantics of Specificity», in: Linguistic Inquiry 22/ 1: 1-25 Enfield, N. 2005: «Microand Macro-dimensions in linguistic systems», in: S. Marmaridou/ K. Nikiforidou/ E. Antonopoulos, Reviewing Linguistic Thought. Converging Trends for the 21 st Century, Berlin: 313-26 Ernout, A./ Meillet, A. 1985: Dictionnaire étymologique de la langue latine. Histoire des mots, Paris Forcellini, E. 1828: Totius Latinitatis Lexicon, Padova Fry, G. 1998: «Approche Logique de l’Indéfini Latin», in: B. García-Hernandez, Estudios de lingüística latina, Madrid: 325-42 Fugier, H. 1984: «Le syntagme nominal en latin classique», in: Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, vol. II/ 29/ 1: 212-69 GDLI: Battaglia, S. (ed.) 1961-2002: Grande dizionario della lingua italiana, Torino Giusti, G. in pubblicazione: «Le espressioni di quantità», in: G. Salvi/ L. Renzi (ed.), Grammatica dell’italiano antico, Bologna Grimal, P. 1996: Cicerone, Milano (ed. or. Cicéron, Paris, 1986) Haspelmath, M. 1997: Indefinite Pronouns, Oxford Heusinger, K. von 2002: «Specificity and Definiteness in Sentence and Discourse Structure», Journal of Semantics 19/ 3: 245-74 Heusinger, K. von 2007: «Referentially Anchored Indefinites», in: I. Comorovski/ K. von Heusinger (ed.), Existence: Semantics and Syntax, Dordrecht: 245-74 Horn, L. R. 2004: «Implicature», in: L. R. Horn/ G. Ward (ed.), The Handbook of Pragmatics, Oxford: 3-28 Jayez, J./ Tovena, L. M. 2002: «Determiners and (Un)certainty», in: Proceedings of SALT 12: 164- 83 Larson, R. 2000: Temporal modification in nominals, ms., Stony Brook Lasersohn, P. 1999: «Pragmatic Halos» in: Language 75/ 3: 522-51 Lehmann, P./ Stroux, J. 1999: Mittellateinisches Wörterbuch, vol. 2, München 73 Davide Garassino Levinson, S. 2000: Presumptive Meanings. The Theory of Generalized Conversational Implicature, Cambridge (Mass.) Longobardi, G. 2001: «La Quantificazione», in L. Renzi/ G. Salvi/ A. Cardinaletti (ed.), Grande Grammatica Italiana di Consultazione, vol. 1, Bologna: 659-710 Orlandini, A. 1983: «Une analyse semantique et pragmatique des pronoms indéfinis en latin», in: H. Pinkster (ed.), Latin Linguistics and Linguistic Theory, Amsterdam: 229-40 Schwenter, S./ Waltereit, R. 2008: Presupposition Accommodation and Language Change, ms. Sperber, D./ Wilson, D. 1995: Relevance Theory, Oxford ThLL: Thesaurus Linguae Latinae, Leipzig 1900- Traugott, E. 2004a: «Historical pragmatics», in: L. R. Horn/ G. Ward (ed.), The Handbook of Pragmatics, Oxford: 538-61 Traugott, E. 2004b: «A Critique of Levinson’s view of Qand M-inferences in Historical Pragmatics», Journal of Historical Pragmatics 5/ 1: 1-26 Traugott, E./ Dasher, R. 2005: Regularity in Semantic Change, Oxford Väänänen, V. 1981: Introduction au latin vulgaire, Paris 74