Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniDorothea Kullmann (ed.), The Church and Vernacular Literature in Medieval France, Toronto (Pontifical Institute of Medieval Studies) 2009, 296 p.
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Damiano Robbiani
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Dorothea Kullmann (ed.), The Church and Vernacular Literature in Medieval France, Toronto (Pontifical Institute of Medieval Studies) 2009, 296 p. Il volume presentato raccoglie gli atti del colloquio tenutosi a Toronto nel mese di marzo del 2007. Attraverso diverse prospettive, i partecipanti affrontano la questione del rapporto tra letteratura volgare laica e religiosa nel nord della Francia, analizzando l’attitudine della Chiesa di fronte all’espandersi di testi vernacolari profani e la sua partecipazione diretta al fenomeno. Lo studio del contributo apportato dalla Chiesa medievale al diffondersi di una letteratura volgare, non può prescindere dal definire l’ipotetica distinzione tra letteratura laica e religiosa. Si tratta di una questione insidiosa che difficilmente riesce a eludere risposte frutto di concezioni anacronistiche per di più velate da un’ombra ideologica. La nostra cognizione razionale tende a imporre delle categorizzazioni adeguate al nostro sapere che raramente corrispondono alla realtà percepita dall’uomo medievale, costringendo la nostra nozione nelle sue categorizzazioni fallaci. Quando la presa di coscienza di questa pietra d’inciampo non diventa premessa della ricerca, i risultati ottenuti risultano fragili e poco consistenti. La distinzione tra letteratura laica e religiosa, domanda cardine della pubblicazione recensita, è una sfida accolta dai partecipanti al colloquio, che ne individuano l’inadeguatezza e la debolezza sostanziale. I contributi del volume permettono di relativizzare la divisione assoluta tra mondo laico e mondo ecclesiastico, come tra letteratura vernacolare e letteratura latina. Le due culture non progrediscono su binari paralleli, ma interagiscono tra di loro apportando ognuna il contributo della propria esperienza, coscienti di creare qualche cosa di nuovo, fondendosi in quella che è oggi indicata come «cultura medievale». Nella prima parte del volume, dedicata all’apparizione dei primi scritti in volgare in una cultura ancora prevalentemente latina, Maria Selig analizza le diverse ipotesi degli storici della lingua riguardo alla situazione nel nord della Francia. L’autrice critica le opinioni più comuni, che leggono questa letteratura come conseguenza naturale dell’evoluzione di una lingua e l’ipotesi opposta - sostenuta da Bernard Cerquiglini e Michel Banniard - che afferma la creazione intenzionale di una nuova tradizione letteraria, voluta dalla Chiesa carolingia desiderosa di elevare il volgare a lingua scritta, in grado di competere con quella germanica. La ricercatrice preferisce partire dai singoli testi, spiegati come iniziative individuali che sbocciano nel contesto della cultura latina ecclesiastica e contribuiscono, a lungo andare, alla formazione di una nuova tradizione di testi scritti in volgare. Barbara Frank-Job si concentra sull’uso del volgare nei testi paraliturgici, nell’ambito della tradizione discorsiva clericale dei centri più fecondi della riforma carolingia. All’inizio subordinata alle strutture latine, questa nuova letteratura comincia ad affermare la propria autonomia verso l’XI secolo, contribuendo allo sviluppo della tradizione scritta vernacolare. Nella seconda parte del volume, sono analizzati diversi generi letterari in volgare considerati «profani», che cominciano a emergere alla fine dell’XI secolo. Dorothea Kullmann si interessa alle influenze del pensiero e dei testi della Chiesa nella nascita di un nuovo stile epico, concentrandosi in particolare sul rapporto tra scritti agiografici e chansons de geste. Rinunciando a uno studio sulle caratteristiche del genere, la ricercatrice analizza due opere che si distanziano nei contenuti dalla tradizionale lode ai valori cavallereschi: il Girart de Roussillon e il primo ciclo della Crociata. Guy Lobrichon, nel suo contributo, riconosce una complicità e un adeguamento reciproco tra l’universo laico e quello ecclesiastico nello sviluppo del genere delle parafrasi bibliche nel XII secolo. L’autore rigetta le tesi che distinguono due culture parallele con at- 277 Besprechungen - Comptes rendus titudini contrastanti riguardo all’interpretazione e la lettura dei testi sacri, riconoscendo l’assenza di un pensiero unitario religioso o laico. Maureen Boulton osserva l’esistenza di versioni religiose vernacolari di quasi ogni genere letterario profano, create per lo stesso pubblico. Nel suo contributo compara il Roman de Dieu et de sa mère di Herman de Valencienne al Conception Nostre Dame di Wace, testi che pur facendo riferimento alle stesse fonti e raccontando la stessa storia, utilizzano generi e strumenti retorici diversi per catturare l’attenzione dei loro rispettivi uditori. Per la ricercatrice la differenza non sta quindi tra il pubblico di testi religiosi o profani, ma è la scelta stilistica a definire la destinazione di un’opera letteraria. Pierre Kunstmann studia i racconti agiografici in lingua volgare dedicati ai miracoli mariani. La sua analisi si concentra sulla produzione di Gautier de Coinci, che si contraddistingue per la sua originalità, distanziandosi da altri esempi volgari: l’autore cita a confronto le raccolte di Adgar e Jean le Marchant, che invece si limitano a tradurre dei testi latini senza apporto di novità. Partendo dall’attitudine della Chiesa davanti al romanzo, spesso definito vano e irreale, Francis Gingras studia i casi nei quali questi testi sono direttamente associati a scritti religiosi all’interno dello stesso manoscritto. Il romanzo, quando non è citato per essere rigettato come modello negativo, è reso strumento didattico e di edificazione. Pertanto, per la Chiesa medievale, la letteratura vernacolare può presentare, nelle sue diverse forme, una funzionalità al servizio di un giudizio coerente. La terza parte dell’opera propone dei contributi sulla produzione di testi in volgare in alcuni ambiti istituzionali e liturgici della Chiesa. John Haines s’interessa ai canti in volgare eseguiti durante le celebrazioni liturgiche di alcune feste del calendario cristiano: concessioni linguistiche rilevabili nelle epistole farcite composte per il giorno di santo Stefano. Questi passaggi in lingua volgare erano direttamente ispirati a formule e a musicalità della tradizione letteraria profana, in primo luogo alle chansons de geste. Carol Symes nel suo articolo studia il rapporto esistente tra la Chiesa d’Arras e la Confrérie des jongleurs et des bourgeois, legata alla produzione letteraria e teatrale vernacolare della città. La confraternita esemplifica la cooperazione tra l’istituzione ecclesiastica e gli ambienti laicali attraverso la creazione di una cultura volgare educativa. La quarta e ultima sezione tratta di alcune modalità espressive applicate nella comunicazione scritta vernacolare. Evelyn Birge Vitz analizza la rappresentazione delle emozioni nelle vite dei santi. Se nei primi esempi del genere questo aspetto comunicativo è presente solo nei personaggi secondari, come a rappresentare un distacco delle figure virtuose dei santi dalle passioni terrene, acquista importanza verso la fine del XII secolo grazie all’influenza di altri generi letterari e alla pratica recitativa che ricorre all’emozione come strumento per stimolare l’ascoltatore. Chantal Phan, partendo dai contrafacta, studia il riutilizzo di melodie e strutture metriche elaborate in ambito clericale o laico da parte di autori d’estrazione opposta. Secondo la ricercatrice, questa pratica ha spesso l’intento di rievocare il significato originale della composizione, mediante precise allusioni intertestuali rilevabili alla lettura e all’ascolto. In ultimo, Susan boynton, esamina l’espressione del lamento in alcuni esempi di poesia rituale latina e volgare, rilevando l’interazione e le analogie esistenti tra i diversi generi coinvolti. Damiano Robbiani ★ 278 Besprechungen - Comptes rendus
