Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2010
691
Kristol De StefaniCarla Rossi, Marie de France et les érudits de Cantorbéry, Paris (Garnier) 2009, 233 p.
121
2010
Gerardo Larghi
vox6910290
Carla Rossi, Marie de France et les érudits de Cantorbéry, Paris (Garnier) 2009, 233 p. Carla Rossi va conducendo da tempo una indagine attorno alla figura, umana e poetica, di Marie de France, autrice di alcuni tra i capolavori della letteratura anglonormanna 1 . Un’ analisi approfondita dei luoghi testuali delle opere firmate da Marie (specie dei delicatissimi Lais) e un attento esame delle allusioni coeve alla poetessa, avevano già consentito alla Autrice di formulare un’ipotesi innovativa, destinata a far discutere a lungo gli specialisti, secondo la quale Marie fu una nobildonna, sorella di Thomas Becket, badessa dal 1173 del monastero di Barking. Ora scavi ancor più approfonditi hanno permesso di meglio precisare questa congettura, delineando un quadro storico letterario complessivo dell’ambiente nel quale Marie de France sarebbe vissuta e nel quale avrebbe intessuto rapporti e relazioni di cui si rinvengono tracce nei suoi versi. Ricordiamo che poco si sa circa la più antica voce femminile della letteratura d’oïl: il suo stesso toponimico fu coniato solo nel XVI secolo giacché a lei gli scrittori medievali si sono riferiti chiamandola solo con il suo nome, al limite facendolo precedere dall’epiteto Dame. Moltissime sono state le proposte avanzate sulla sua figura, ma nessuna tra esse ha convinto pienamente storici e filologi, i quali di volta in volta hanno riconosciuto la poetessa in una monaca di un monastero inglese, ovvero in una domina attiva alla corte di Enrico II (per alcuni addirittura sarebbe stata una sorella illegittima del sovrano), o in una principessa, in origine giovane badessa ma poi obbligata al matrimonio dal Plantageneto; o, infine, nella figlia di uno dei cavalieri della corte d’Angiò. Secondo Rossi, l’appartenenza della scrittrice alla Francia non sarebbe meramente anagrafica, quanto innanzitutto culturale e ideologica. Simile ricostruzione, proposta su concrete basi documentali, suppone che, dopo aver vissuto intensamente «nel secolo», Marie, abbatissa berkingensis, abbia esercitato un notevole ruolo in quanto superiora di una delle maggiori abbazie femminili inglesi. Grazie poi al sodalizio (non unicamente intellettuale), con la cerchia degli eruditi raccolti intorno a Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, la religiosa e poetessa avrebbe avuto accesso a quelle opere letterarie e filosofiche la cui influenza traspare oggi innegabilmente nei suoi testi. Dal punto di vista metodologico la filologa elvetica si è proposta di seguire «une approche d’une poétesse médiévale qui associe les recherches modernes sur la rhétoriques avec la dimension sociale des textes médiévaux» (12). Nello specifico la studiosa ha preso le mosse da una domanda, vale a dire se la dichiarazione di Maria di essere «di Francia» si possa intendere come «un idéologème identitaire» (15), una orgogliosa affermazione di una appartenenza culturale e sentimentale. L’indagine dipinge un quadro della vita culturale che si organizzò a partire dal 1162 attorno a Canterbury ed al suo arcivescovo Thomas Becket. I nomi di Herbert de Bosham, Jean de Salisbury, Pierre de Blois, Gautier Map, Thomas Becket, Alain (priore di Cantorbéry, noto altresì come Alain de Lille), Joseph d’Exeter, Benoît de Sainte-Maure riecheggiano nelle pagine del volume: un esame della fitta rete di rapporti nella quale Maria si inserì era d’altra parte indispensabile, posto che alcuni tra questi eruditi composero, come noto, opere in volgare. La studiosa passa poi all’esame dei Lais discutendo i più minuti indizi cronologici e allusivi alla vita contemporanea che in essi si possano individuare. Seguendo tale metodo Rossi giunge alla conclusione che la cornice geografica entro la quale vanno inseriti i Lais debba essere riconosciuta non nella Bretagna, come fin qui per lo più sostenuto dai critici, quanto nel Galles, e specificamente «dans la région méridionale dé- 290 Besprechungen - Comptes rendus 1 Cf. C. Rossi, «Brevi note su Marie de Meulan (~1000-1060), un’improbabile Marie de France», Critica del Testo 7 (2004): 1147-55; Ead., Marie, ki en sun tens pas ne s’oblie. Marie de France: la Storia oltre l’enigma, Roma 2007. sormais devenue un rempart de la puissance anglo-normande» e nel momento in cui il conflitto, intellettuale forse prima ancora che politico, tra Thomas Becket ed Enrico II si fece vieppiù acuto e teso, vale a dire tra il 1164 ed il fatale 1170. Ricorrendo alle risorse offerte dalle fonti storiche e da una minuta compulsazione di repertori geografici e storici la studiosa collega la stesura del Lai de Yonec alla famiglia dei Saint-Maur/ Seymours, che in quei versi sarebbe oggetto di una celebrazione perfettamente congrua con il gusto di Enrico II per le rievocazioni di conti e leggende gallesi. Identica cornice potrebbe esser additata, aggiunge Rossi, per i Lais di Milon, Chevrefoil e perfino per Equitan, tutti in qualche misura legati al Suthwales (49-62). La autrice concentra i propri sforzi esegetici soprattutto sul prologo (63 s.), fatti reagire attraverso il confronto con il Metalogicon di Jean de Salisbury. In entrambi i testi la funzione mnemonica riveste un ruolo decisivo, ed è quasi truistico rievocare quanto Marie de France abbia insistito sul compito che ha la memoria di trasmettere le opere letterarie: «Ke pur remembrance les firent/ des aventures k’il oïrent/ Cil ki primes les comencierent/ e ki avant les enveierent» (v. 36-39). In questo capitolo Rossi riprende in parte una riflessione già svolta nel suo precedente studio dedicato alla autrice dell’Espurgatoire, ciò non di meno tali pagine rappresentano sicuramente una delle parti più rilevanti del volume. In esse dispiega una significativa conoscenza storica ricorrendo ad una bibliografia non sempre usualmente familiare ai filologi romanzi. I risultati cui perviene sono complessivamente convincenti e ben sostenuti per quanto non tutti i passaggi logici risultino ugualmente persuasivi. In particolare sembra debole la base sulla quale l’autrice fonda il suo rifiuto di identificare Marie de France con Marie de Blois: tale negazione, a nostro avviso, non può avere come argomento portante la constatazione che le fonti della Vie seinte Audrée e dell’Espurgatoire avrebbero circolato, per quanto oggi ne sappiamo, esclusivamente in Inghilterra e non sarebbero dunque state nella disponibilità di una nobildonna che mai ebbe a che fare con gli ambienti insulari. Troppi infatti sono gli aspetti a noi incogniti della trasmissione di un testo per poter fondare una ipotesi tanto impegnativa su un argomentum ex silentio. Le congetture circa i rapporti tra Marie e l’ambiente plantageneto, sarebbero rinsaldate se si dovessero accettare le congetture in merito ai possibili rapporti autoriali di Walter Map con il romanzo Partenopeus de Blois, ovvero con il grande ciclo del Graal in prosa, noto come Lancelot-Graal 2 (120-21). Le aderenze tra Partenopeus e alcuni Lais di Marie, in particolare Guingamor, Graelent, Lanval e Ipomedon erano già note da tempo: merito della Rossi è di aver sottolineato anche i rapporti che il romanzo, uno dei più antichi della letteratura d’oïl, intrattiene con la dottrina poetica, e filosofica, elaborata dalla scuola di Chartres, con il Polycraticus di Jean de Salisbury nonché con il De nugiis curialium di Walter Map. Ma merito ancor maggiore della filologa è di aver additato alla attenzione degli studiosi i motivi, plausibili e robusti, che inducono a congetturare che Walter Map, giudice itinerante e amico di Thomas Becket, possa essere stato anche l’autore del Partonopeus stesso (122-36). L’autrice analizza quindi le allusioni a Marie de France che si rinvengono nei testi letterari medievali. Queste citazioni assommano complessivamente a tre: la Vie seint Edmund le rei di Denis Pyramus, il più tardo Couronnement de Renart e il poemetto duecentesco l’Évangile aux femmes. Ad oggi il profilo umano e poetico di Denys Pyramus era avvolto da una fastidiosa cortina: Carla Rossi però lo accosta alla figura di un Magister Dionisius monaco nel convento di St. Edmund a Bury, del quale possiamo seguire le tracce dal 1170 al 1200 circa e che pre- 291 Besprechungen - Comptes rendus 2 Secondo F. Latella, «Gualtiero Map e i primi sviluppi del romanzo arturiano», Le forme e la storia 5-8 (1984-87): 45-59, l’antico cantore di Lincoln potrebbe aver ispirato alcuni nuclei narrativi del grande ciclo prosastico. sumibilmente fu partigiano di Thomas Becket e come tale perseguitato negli anni successivi alla morte dell’arcivescovo di Canterbury. Nel suo poema agiografico su Seint Edmund, Denis citò tanto il Partonopeus quanto i Lais di Marie: poter datare con precisione il volgarizzamento del re-santo consentirebbe dunque di avere un sicuro terminus ante quem per la composizione dei versi di Marie (136- 44). Se poi a Denis andasse anche assegnata la composizione del poemetto Piramus et Tisbé, sarebbe allora logico ritenere che quest’opera sia da attribuire al periodo antecedente l’entrata di Dionisius nel monastero, e dunque intorno al 1160 (171). Il quadro che emerge dunque da queste affascinanti pagine della inchiesta condotta dalla allieva di Aldo Menichetti non manca di stupire e su tali congetture sarà anzi forse il caso di ritornare con ulteriori studi: se infatti fossero dimostrate vere esse avrebbero importanti implicanze sulla nostra conoscenza degli influssi proiettati dagli ambienti monastici inglesi sulla letteratura volgare in lingua d’oïl. La terza parte del libro di Rossi è dedicata alla analisi della Vie Seinte Audree, la cui stesura era già stato proposto di attribuire a Marie de France. Anzitutto si deve ricordare che nel poemetto l’autrice si autonomina: Ici escris mon non Marie/ Pur ce ke soie remembree (vv. 4619-20). Poiché gli stichi furono redatti in Inghilterra, la loro assegnazione alla autrice dei Lais consentirebbe ovviamente di confermarne la presenza nell’isola britannica, oltre che di avere la riprova della sua competenza linguistica latina, e della sua conoscenza delle fonti mediolatine (151-56). Come prima accennato, alcune aderenze stilistiche e linguistiche tra la Vie e l’Espurgatoire di Marie erano state additate alla attenzione degli studiosi da Michael J. Curley: a queste si devono aggiungere i presumibili rapporti intercorsi tra l’autrice del volgarizzamento della Vita Sanctae Ethelredae e il monastero di Barking (156-76). Rossi in effetti sottolinea, con dovizia di argomenti e chiarezza espositiva, l’intensa attività agiografica che avvenne nei decenni immediatamente successivi alla metà del XII secolo tra le mura della abbazia dell’Essex: lì furono pensate e condotte a termine opere anglo-normanne quali la Vie Sainte Catherine di una religiosa di nome Clemence, o la Vie d’Edouard le Confesseur di una monaca anonima. L’autrice avvicina prudentemente, ma forse non del tutto a torto, Clémence a Clemence de Fougères, esponente di una delle famiglie anglo-normanne più in vista e parente, per parte di padre, di Etienne de Fougères, legato a Enrico II Plantageneto e autore, intorno al 1170, del Livre des manières (165-72). La filologa mette infine in luce gli elementi a sostegno della ipotesi che La Vie seinte Audree sia da attribuire a Marie de France, suggestione già avanzata da June H. McCash. Tale accostamento, oltre a consentire di aggiungere i versi all’opera di Marie de France, conduce ancora il filo dell’indagine alla abbazia di Barking, di cui fu badessa Maria, sorella di Thomas Becket e anch’ella verosimilmente legata al circolo culturale di Canterbury. Maria fu nominata superiora della casa religiosa da Enrico II e non è forse troppo audace pensare che questa scelta sia in qualche modo legata ad un pentimento del monarca per l’omicidio di Thomas: assunse alla carica infatti anche su raccomandazione di Odon, amico di Becket. È evidente dunque che la assegnazione a Marie de France del poemetto agiografico consentirebbe di immedesimare la poetessa con Maria Becket, nata attorno al 1125-30, dapprima moglie e madre di due figli e poi monaca. Tra gli altri argomenti che la ricercatrice elvetica fornisce a sostegno di questa congettura vi sono le connessioni rilevabili nei manoscritti contenenti l’opera poetica, tra la religiosa, la poetessa e Guglielmo de Mandeville o lo stesso Thomas Becket (177-98). Lo studio di Carla Rossi si rivela dunque serio e approfondito, lo svolgimento della analisi è condotto con abbondanza di argomenti e serietà argomentativa: l’erudita ricorre a tutte le risorse offerte dalla abbondantissima bibliografia accumulatasi nel tempo sull’argomento oggetto della sua analisi, non avendo però timore di rivolgersi anche verso campi 292 Besprechungen - Comptes rendus e terreni difficilmente percorsi dai filologi (in particolare cartulari e raccolte di documenti). I risultati cui ella giunge sono solidi, convincenti e ben argomentati. Concludendo, il volume riserva gradite sorprese ai lettori e, nonostante alcune affermazioni di understatement dell’autrice, indirizza le future ricerche in una direzione tutt’affatto nuova e stimolante. Proprio per tali motivi sarebbe forse stato meglio che il libro non fosse in alcuni punti segnato da refusi che rischiano di rendere difficile la lettura di qualche passo e obbligano anzi, pur in pochissimi casi per la verità, a ricorrere direttamente alle fontecitata dalla studiosa. Ecco un elenco delle principali coquilles: p. 40 l. 11 après è ripetuto due volte; p. 40 N5 l. 2 gloriae non gioriae; recordationis non recondationis; l. 3 nostri non nosti; l. 7 vel non vol; respondere non respondene; l. 8 ecclesiam non ecciesiam; l. 11 vestra non Vestra; l. 14 ipse non ipso; l. 17 spectare non spectane; l. 20 invenire non invenine; p. 41 N1 l. 3 inserire un «; » dopo p. 24-25; P. Glorieux non p. Glorieux; p. 46 N3 l. 1 postea non postae; p. 51 N3 l. 3 document non doument; p. 52 N3 l. 2 Celtic non Cletic; p. 53 N3 l. 1 Margaret non Margarot; p. 73 l. 19 in manibus non il manibus; p. 75 anticipare la parentesi tonda dalla fine del capoverso a dopo anglo-normand; p. 80 N3 l. 3 parentesi tonda dopo 1934; p. 87 N1 l. 6 Britannico non Britaanico; l. 7 Tractatus non Tracatus; p. 94 l. 4 corr. Galeran de d’Agnès in Galeran et d’Agnès; p. 116 v. 29 della citazione del Cligès premier non prmier; p. 124 l. 17 Partonopeus non Partonpeus; p. 125 l. 21 seu falsa non seu salsa; p. 144 l. 22 Tonanti non Tonnants. Nonostante gli errori tipografici il volume mantiene tutto il suo valore e rappresenterà un sicuro punto di riflessione per chi si interesserà della figura della più antica poetessa in lingua romanza. Gerardo Larghi ★ La Vengeance Raguidel. Traduit et annoté par Sandrine Hériché-Pradeau, Paris (Honoré Champion) 2009, 165 p. (Traductions des Classiques du Moyen Âge 84) Die Vengeance Raguidel ist «un roman arthurien qui se situe dans le sillage de Chrétien de Troyes» 1 . Wie G. Roussineau in der Einleitung zu seiner mustergültigen Textedition stichhaltig nachgewiesen hat 2 , schrieb aller Wahrscheinlichkeit nach Raoul de Houdenc das Werk Anfang des 13. Jahrhunderts in «la langue littéraire commune du début du xiii e siècle» (VR 103). Dann wäre es natürlich auch notwendig gewesen, dass Hériché-Pradeau den Autor im Titel ihrer Übersetzung angeführt hätte. Der Dichter, der in der Hierarchie des Adels lediglich den Rang eines einfachen «miles» einnahm, stammte offenbar aus dem im Beauvaisis nahe bei Beauvais gelegenen Houdenc-en-Bray 3 . Er war wahrscheinlich ein Neffe von Pierre le Chantre, durch dessen Werk, insbesondere durch dessen Publikation Verbum abbreviatum, er stark beeinflusst wurde. Durch seinen Onkel hat er in Paris wohl «une formation de clerc» (VR 35) erhalten, ohne jedoch in den kirchlichen Dienst eingetreten zu sein. Neben dem Artusroman hat Raoul auch noch Meraugis de Portlesguez und die drei kleineren Arbeiten Roman des Ailes, Songe d’Enfer und Dit Raoul Houdaing hinterlassen. 293 Besprechungen - Comptes rendus 1 Raoul de Houdenc, La vengeance Raguidel. Édition critique par G. Roussineau, Genève 2004: 37. Dieser Titel wird fortan abgekürzt mit VR. 2 Cf. VR: 7-37. 3 Diesbezüglich ist der Eintrag bei R. R. Grimm (ed.), Grundriss der romanischen Literaturen des Mittelalters, vol. IV «Le roman jusqu’à la fin du XIII e siècle», tome 2 (partie documentaire), Heidelberg 1984, n° 400: 191 zu korrigieren, wo als Heimat des Dichters noch die «(p)artie sud-ouest de l’Île-de-France (Houdan en Seine-et-Oise)» genannt wird.