eJournals Vox Romanica 69/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2010
691 Kristol De Stefani

Peter Wunderli (ed.), Le Nouveau Testament de Lyon (ms. Bibliothèque de la ville A.I.54/Palais des arts 36), 2 vol., Tübingen (Gunter Narr) 2009, x + 534 p./vii + 317 p. (Romanica Helvetica 128).

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2010
Gerardo  Larghi
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Peter Wunderli (ed.), Le Nouveau Testament de Lyon (ms. Bibliothèque de la ville A.I.54/ Palais des arts 36), 2 vol., Tübingen (Gunter Narr) 2009, x + 534 p./ vii + 317 p. (Romanica Helvetica 128). Tra i testi più importanti della letteratura occitana, sia per la singolarità che esso rappresentò nel panorama coevo, sia per la sua completezza, si annovera senza dubbio il volgarizzamento del Nuovo Testamento. La traduzione è oggi conservata nel manoscritto depositato a Lyon nella Bibliothèque de la Ville A.I.54/ Palais des Arts 36: si tratta del primo documento in prosa occitana di simile entità, ed esso oltre a fornirci preziose informazioni di ordine linguistico ci consente anche di addentrarci nella storia del movimento cataro nei decenni successivi alla Crociata Albigese. Da tempo si sentiva l’esigenza di leggere in veste nuova, ecdoticamente adeguata, il testo dei versetti evangelici: Leon Clédat infatti ne diede alle stampe una riproduzione fotografica ormai ampiamente inadeguata 1 , ragion per cui non si può non accogliere con favore il lavoro di Peter Wunderli che ne ha approntato l’edizione critica, accompagnandola con un approfondito e pregiato studio linguistico. Frutto di una frequentazione ormai quasi cinquantenaria del testo, lo studio che il maestro zurighese ha dato alle stampe risponde pienamente ai criteri oggi richiesti per una edizione critica di vaglia. L’opera è divisa in due tomi. Il primo era già terminato nel 2006 ma esso è stato edito solo ora e contiene una ampia introduzione, seguita dal testo vero e proprio; nel secondo tomo, meno corposo del primo, trovano posto una approfondita analisi della lingua, un glossario abbondante ma non completo, l’indice di tutti i nomi. Passiamo ora ad una analisi del lavoro di Wunderli. Il primo volume si apre con un cospicuo numero di pagine dedicate precipuamente allo studio codicologico del manoscritto. In esse, dopo aver descritto il prodotto pergamenaceo, l’editore affronta il tema della sua datazione e localizzazione (1-9), nonché il problema dei suoi contenuti e della sua storia. Il linguista allievo di von Wartburg, al termine di una meticolosa analisi ribadisce di ritenere il codice composto nella seconda metà del XIII secolo, presumibilmente per mano di un copista attivo nel Languedoc, dimostrando così su questo argomento di accogliere - a ragione - l’opinione vulgata tra gli studiosi: il manoscritto è redatto in una scripta linguadociana, forse occidentale, ma esso è il frutto di una stratificazione di più interventi, tra i quali presumibilmente anche quello di una mano italiana alpina. Pur non aderendo dunque alla proposta di Luciana Borghi, la quale invece riteneva che il pergamenaceo londinese fosse dovuto ad un copista/ autore di origine nord-italiana operante nel XV secolo, Wunderli non respinge del tutto i risultati della analisi della filologa torinese (8). Lungo il suo ragionamento Wunderli evoca, con completezza di informazione, tutte le opinioni espresse in merito a questi problemi dai filologi che si sono chinati sul manoscritto lionese. In questo capitolo dell’edizione un congruo numero di pagine è dedicato alla ricostruzione della «histoire de la publication du manuscrit» (13-23); in esso il filologo elvetico ristabilisce tutti i passaggi, i contatti, i progetti di edizione del volgarizzamento del Nuovo Testamento che si sono succeduti nel corso degli ultimi due secoli. Si tratta certo di annota- 348 Besprechungen - Comptes rendus 1 L. Clédat, Le Nouveau Testament: traduit au XIII e siècle en langue provençale suivi d’un rituel cathare, Paris 1887. Sui difetti di questo lavoro, essenzialmente consistenti nella difficoltà di lettura delle pagine del testo medievale, si era già pronunciata L. Borghi, «La lingua della Bibbia di Lione (ms. Palais des Arts 36): Vocalismo», Cultura Neolatina 30 (1970): 5-58 (5 s.). Nella nostra recensione i quattro Vangeli, le Epistole e gli Atti degli Apostoli saranno citati nella forma abbreviata seguita da Wunderli (cf. la sua Liste des abréviations vol. 1: 40-41). zioni assai utili per una storia della filologia occitana, e non facilmente pubblicabili in altra sede, ma forse, a nostro avviso, ad esse sarebbe stato meglio dedicare una spazio inferiore. Una minuziosa esposizione dei principi editoriali (24-33) ed una bibliografia completa precedono il testo vero e proprio del volgarizzamento. I versetti occitanici sono corredati di annotazioni relative sia alle lezioni respinte del manoscritto sia dei rinvii alla Vulgata biblica necessari per comprendere la traduzione. La fatica editoriale ha il grande merito di permetterci di leggere un testo sostanzialmente privo delle mende e degli errori di trascrizione che invece ancora inficiavano le precedenti edizioni, ripristinando inoltre le lezioni sulla base delle correzioni che il copista aveva introdotto nella sua rilettura del manoscritto (così ad esempio Mt. 1,10 enzi corr. eng[endrec] sulla scorta della lezione della Vulgata genuit; Lc. 13,20 ms. azesmarer corr. in azesmarei sulla base della Vulgata aestimabo; Atti 3,19 ms. penedei corr. in penedetz giacché nel testo base latino si legge paenitemini), nonché optando per il mantenimento nella resa editoriale di alcuni tra gli accorgimenti grafici presenti nel codice stesso. Le note di accompagnamento del testo sono agili e consentono facilmente di ricostruire la lezione trasmessaci dal copista. I frequenti rinvii alla Vulgata permettono poi di intravedere come il menante avesse lavorato. Il secondo volume, più agile ma non meno denso, si apre con l’analisi della scripta: qui pulsa, possiamo dire, il cuore del lavoro di Wunderli. In queste pagine, con la competenza e l’esperienza che gli sono riconosciute, lo studioso passa in rassegna i fenomeni grafici, linguistici, morfologici e sintattici utili a determinare la provenienza del codice. Assai perspicue appaiono in tal senso le dichiarazioni con cui il linguista, in sede di introduzione, ribadisce alcuni principi di fondo del suo operato, a partire dalla decisione di dividere i materiali in due blocchi (fatti grafo-fonologici e morfo-sintattici), invece che nella consueta quadripartizione; così come appaiono convincenti le ragioni che hanno guidato tale scelta: «les variations diachroniques, diatopiques, diastratiques et diaphasiques de l’ancien occitan peuvent toujours être responsables de valeurs phonétiques et phonologiques différentes qui ont été intégrées dans le cadre d’une scripta et sont considérées comme équivalentes» (2) e «nous n’avons pas une addition morphologie+syntaxe, mais un complexe organique morpho-syntaxe» (ib.). Complessivamente infine obiettivo del lavoro non è stato di presentare una «grammaire» completa del Nuovo Testamento di Lyon, quanto di «réunir et de mettre en vedette tous les traits qui peuvent servir à sa datation ou à sa localisation» (3). Nelle prime 40 pagine di questo capitolo Wunderli passa in rassegna alcuni tra i fenomeni «grapho-phonologiques» più rilevanti, confrontandosi per quanto attiene il vocalismo, ovviamente anzitutto con le conclusioni cui giunse Luciana Borghi e ridiscutendole criticamente. Gli esiti cui l’analisi approda si rivelano assolutamente convincenti: la scripta del testo è evidentemente linguadociana, senza però che sia possibile definire con maggior sicurezza tali confini. Wunderli arriva a tale conclusione dopo una minuziosa analisi dei fenomeni linguistici. Tra i più indicativi vi sono: - Tendenza ad utilizzare la come articolo maschile. In particolare si rileva la prevalenza della occorrenza la us e del corrispettivo obliquo la u sulla forma normale li us/ l’us/ li u. Il fatto sembra essere specifico del linguadociano e si tratta di uno dei principali argomenti in favore di una provenienza, diretta o indiretta, del testo dalla regione (48). - Vertuzes quale plurale del sostantivo vertut, cioè il «pluriel sensible» dei sostantivi discendenti dalla 3 a declinazione latina e caratterizzati da una desinenza -es (fenomeno che si rinviene soprattutto in tolosano e albigese, ma di cui tracce si notano nel nîmois, lodevois, quercynois) (69). 349 Besprechungen - Comptes rendus - Desinenze di 3 a p. pl. ind. pres. con uscita in -au invece che -an (assimilabile per Wunderli alla forma -o, -on, -au attestata nelle carte linguadociane): piuttosto diffuse tra i verbi della coniugazione in -ar, ma assai ben rappresentate (come -au) anche nei verbi irregolari e tipiche dell’albigese, tolosano e quercynois (76). - Le forme del passato sono normalmente in -ec/ -ic, mentre sono assai rare quelle (ritenute più aderenti alla norma) in -et/ -it: il fenomeno interessa soprattutto il tolosano e l’albigeois (79-80). - I risultati del messo latino CT sono sia in interno di parola che in posizione finale -it/ -it: Wunderli connette tale situazione (predominanza di esiti -it-/ -it a scapito di -ch-/ -ch nell’area linguadociana) all’origine del manoscritto situabile tra agenais e toulousain (ma il fenomeno è proprio anche della regione di Carcassonne e Narbonne) (94). Se le conclusioni del filologo zurighese sono condivisibili, colpisce la difficoltà a sceverare nei fatti linguistici quanto appartiene al copista e quanto invece si deve all’usus dell’autore. Intraprendere una analisi di questa portata, pur nelle difficoltà che la stessa evidentemente implica, avrebbe certo rafforzato ulteriormente la perentorietà degli esiti cui giunge Wunderli. Sarebbe poi auspicabile che la minuziosa disamina della grafia e dei fatti morfologici trovasse identico corrispettivo in uno studio approfondito dei fatti lessicali e semantici. La particolarità del testo volgarizzato e le finalità cui esso era destinato, infatti, hanno fatto sì che il Volgarizzatore (o eventualmente in qualche caso il copista) sia ricorso in più punti alle risorse offertegli da una lessicografia meno usuale del consueto, con ciò fornendoci prezioso materiale ai fini di una localizzazione sia della sua patria sia di quella del suo trascrittore nel codice londinese (si veda più avanti per quanto attiene il glossario). Si segnalano alcuni casi per i quali Wunderli parla di forme non attestate ma che sono invece presenti in un testo di origine quercynoise come la versione occitanica dello Pseudo- Turpino 2 : si tratta di ample per il quale si può rinviare ad amples (agg. con significato di «robusto»); apelansa per il quale cf. apelans, part. pres. di apelar; beryl (bericle nella versione occitanica dello Pseudo-Turpino: sost. m. s. «berillo»); divinalment ma cf. divinalmen (avv. «divinamente»). La pluralità di stratificazioni compresenti nella scripta che caratterizza il manoscritto lionese è sottolineata dai tratti che denunciano l’intervento di una mano italiana e che furono già evidenziati da Luciana Borghi. È questo il caso di - Trattamento di -o postonico finale: dopo aver escluso i nomi propri dal novero delle forme utili a delimitare l’origine linguistica del testo, il filologo elvetico nel suo lavoro evidenzia come un piccolo insieme di vocaboli (sacrificio[s], octavo, salvo, servo), risulti refrattario ad ogni spiegazione e per esso si possa pertanto parlare di italianismi (21-22). - Sostantivi in -o (presumibile esito di lt. -um/ -o) nelle seguenti occorrenze: pairo; mondo [o monno], Peiro, servo. In antico occitano, come noto, i nomi in -o erano in genere femminili. Le forme repertoriate nel Vangelo di Lyon sono invece, come dice Wunderli, da mettere in conto forse su un fondo di italianismi ovvero per analogia con la schiacciante presenza degli articoli lo/ los (60). - Ampia presenza dei plurali maschili casi soggetti in -i. Largamente attestati tanto nei domini orientali dell’Occitania (con appendici fin nei dialetti valdesi), quanto nella regione linguadociana occidentale, queste occorrenze apparvero cronologicamente dal XII secolo (nelle regioni narbonese, tolosana, albigese) fino al XV (soprattutto nella Provenza e nei domini alpini) (61). A ragione dunque l’autore ritiene che questo tratto lin- 350 Besprechungen - Comptes rendus 2 Cf. M. Piccat (ed.), La versione occitana dello Pseudo Turpino: Ms. Londra B.M. Additional 17 920, Tübingen 2001. guistico non possa essere portato a sostegno della tesi secondo la quale il manoscritto sarebbe stato copiato nel s. XIV in area italiana, ma non pare neppure troppo indicativo circa il ruolo che alcuni parlanti albigese emigrati in Italia potrebbero aver giocato nella genesi del codice. - Ricorso ad el < ille, con funzione di pronome identificativo (< ipse); nel testo della Vulgata una forma di ipse corrisponde infatti regolarmente ad el. Gli esempi invocati da Wunderli, come correttamente annota l’editore, riguardano in larga misura el seguito da nome proprio (ad es.: quar el Davi dix e sanh Esperit [Mc 12/ 36]). Un simile uso non ricorre in alcun contesto occitanico noto, tant’è che Wunderli rinvia per analogia alle costruzioni el mezeis(s) / el meteis(s) (63). Non sarebbe però forse incongruo accostare questo tratto al ben noto fenomeno, presente soprattutto nei dialetti italiani gallo-romanzi, di art. + nome proprio. Luciana Borghi aveva poi segnalato taluni fatti linguistici i quali a suo parere avrebbero militato in favore di una origine italiano-alpina del manoscritto oggi conservato a Lyon. Lo studioso zurighese al contrario li considera poco indicativi. Si tratta nello specifico di: - a MN → aun: il solo lemma nel qualche tale evoluzione sarebbe attestata è escaunel(s), esito diminutivo di lat. scamnum; - -arium/ -aria > -er (ma con attestazioni non marginali per -ier, -eir, -ir), evento ben documentato e diffuso; - e protonica → i; - é → i; - e → i per metafonesi condizionata da i ¯ finale. Nel manoscritto si rinvengono inoltre le forme: aquisti [per aquesti], aquilhi [per aquilhi]). Corretto per esse il rinvio alle regioni linguistiche piemontesi e nord-italiane, ma giustamente Wunderli ne rileva la coesistenza nel manoscritto con le più normali (per l’occitanico) varianti aquest/ aquist, aquelh/ aquilh; - ĕ m → an: il carattere isolato del fenomeno non lo rende del tutto significativo per una localizzazione del testo; - Evoluzione di o protonica in u (e viceversa); - Evoluzione di ŏ davanti a palatale; - Riduzione dei dittonghi ai- → a-; ei → e; ui → u (e delle grafie inverse ai/ ei/ ui per a/ e/ u; ovvero ai per ei/ e). Tale posizione di Wunderli, per quanto corretta, andrebbe però in qualche caso sfumata, come per: - a protonica → o: il trattamento è attestato in tutto il dominio occitanico occidentale. Sembra però qui eccessiva la prudenza di Wunderli che interviene normalizzando gli ipercorrettismi canoissensa, destrazisca, carnar (per cornar), Mayses. A nostro avviso tali fatti dimostrano unicamente quanto il copista, o un suo antigrafo, fosse in difficoltà di fronte al problema della resa grafica di determinati fonemi. Alcuni fenomeni necessitano di una spiegazione più puntuale. Così è per - a postonico → e: questa evoluzione, attestata nella langue d’oïl e nel francoprovenzale, è invece estranea all’occitanico. Non convince l’ipotesi dell’editore di assimilarla all’indebolimento in -edella vocale mediana protonica a contatto con r, l, n. Piuttosto si potrebbe congetturare, qui come altrove, che nel corso della trasmissione si siano accumulati strati grafici diversi, ovvero che il copista fosse aduso a lavorare su testi oitanici. - Trattamento delle vocali postoniche: optare per la forma sabte quale variante corretta escludendo invece l’anomala saba, appare come una petizione di principio, ferma restando la particolarità del lemma (20). 351 Besprechungen - Comptes rendus Non convincono pienamente invece le affermazioni con cui l’eminente studioso rimuove problemi linguistici postulando errori del copista; trattandosi di un manoscritto unico forse sarebbe stato meglio mantenere un atteggiamento editoriale più conservativo, relegando nelle note eventuali interventi correttori. Si vedano questi casi: - à → e (Esia; Aisia; demostre [per demostrer]) (4). Il fenomeno non è sconosciuto in a. occ., come ammette lo stesso Wunderli, e dunque, piuttosto che congetturare imprecisioni del manoscritto, sarebbe stato più prudente farne risalire l’origine a una fase precedente della trasmissione del testo. - a n → ai (mais [mains] (4-5); cai [can] forma per la quale appare condivisibile invece la spiegazione che -i finale possa essere considerata marcatore del plurale, fenomeno diffuso in larghissime zone della regio occitanica]; parlaitz [parlantz]; efaintz. Tali fatti trovano a nostro avviso una loro ragionevole spiegazione in un sistema grafo-fonologico non perfettamente stabilizzato. Identica giustificazione potrebbe essere invocata per le desinenze dei participi presenti in -ent(z) in luogo della più diffusa in -ant(z), senza dover pensare ad una indistinzione tra i verbi in -ar e quelli in -er per simile forma (5): giustamente Wunderli rinvia per tale fenomeno agli studi che ci assicurano della sua diffusione. - a r+n → ai (carnem > cairs, cains, caer) (5): se le forme cains e caer possono spiegarsi con sviste del copista o di qualche suo antigrafo, per cairs non sembra del tutto condivisibile postulare una «graphie inverse» sulla base della riduzione ai → a. - a protonica → e (7): se si escludono, come fa fondatamente Wunderli, le forme frutto di distorsione dei nomi propri, ovvero di errori di lettura (quali ecertas), rimarrebbero due sole attestazioni per il passaggio della vocale mediana protonica ad e: evant [per avant]; elquant, nonché un gruppo di lemmi nei quali a- + cons. → e- (reso con la grafia ai-). Tra essi si segnalano pairetz (per paretz), parilant (per parlant), apales (= a pales: confusione per apelar). - o protonico → e: appare difficile vedere qui la negligenza del copista nel distinguere tra e ed o giacché la difficoltà di lettura avrebbe dovuto trarre piuttosto in inganno il suo antigrafo; per tale motivo forse sarebbe stato più prudente non correggere le poche lezioni contestate (eche, amenestec, efrir). Identico comportamento forse sarebbe stato da tenersi di fronte a lemmi per i quali nel manoscritto accanto a forme regolari si rinvengono lezioni meno consuete come è il caso di: mi per mia, tu per tua, su per sua ecc. (13). Per contro a nostro avviso è assolutamente plausibile congetturare una svista nel caso della lezione comenzec adeficar che ben si giustifica con una aplologia per comenzec a (en)deficar. L’analisi della scripta è seguita da un glossario nel quale, come detto, non sono raccolti tutti i lemmi; tale parte dell’edizione rappresenta sicuramente uno tra i più brillanti risultati di questo notevole lavoro. L’editore infatti non è si limitato a radunare in un solo luogo le occorrenze di ogni vocabolo lemmatizzato, ma i singoli articoli provvedono a fornire i rinvii ai vocabolari della lingua occitanica medievale (ovvero agli Atlanti linguistici regionali) o al FEW, corredando, normalmente, le schede con rapide (e mai inutili o banali) annotazioni. Un esame del glossario consente così di apprendere che nel volgarizzamento si sono accumulati: - Latinismi da addebitare al traduttore: abentem [< abire]; architricli; asener [< asinarius, con minimo adattamento morfologico]; asuntionses [forma dubbia e congetturale]; azima; bitalas [per il latino della Vulgata dithalassum]; centurio; covivi; delectio; efesia; entegretat; fariseus [calco biblico]; filateria [calco biblico]; hisop; idiota; immundicia; maceria; matricidi; nardi; navigatio; necredulita; necrezol; nobil; no vezible; nupcias; oblatio; patricidi; prenda [s. f. ‘pranzo’; < lat. volg. prandium]; saduceu [crudo biblismo]; samaritan; smaracde; unquas [‘mai’]; urna. 352 Besprechungen - Comptes rendus - Forme non attestate nei Dizionari: adcovinable; ademostrament; africun [< africum]; agait; agaitador; aguisa; alaitar [ma presente come alachar]; alassar [da connettere al ben noto las, con aggiunta di ainiziale pleonastica]; alexandrienc; alixandrin; amage [< imago, forse attraverso emage]; amarvir [da amanavir, corrispondente al latino della Vulgata promptus]; amatist; ambi [crudo latinismo? ]; amonistar [hapax: nello stesso Testament normalmente si registra admonestar]; ample; anonciaire; aondosament [registrato nei Lessici come aggettivo ma non, come nel Testament, con funzione avverbiale]; apagable [registrata solo la forma verbale apagar]; apelansa [ma cf. apelans, part. pres. di apelar nella versione occitanica dello Pseudo-Turpino]; apen(d)re [con significato di ‘apprendre’]; apreissans(z)a; aprezicar; aprofeitable; arumentin [< hadrumentum]; assaziodar; atinienc; aubert [cf. obert, con o- > auper ipercorrettismo come in aunta? ]; aure [per aur; con valore aggettivale e non sostantivale]; ausardament [forse da auzamen x ardidamen]; auzcizent ‘omicida, assassino’; auzire [caso sogg. del ben attestato auzidor]; avolopar [per il più attestato envelopar/ envolopar, forse con mutazione prefissale anper ene successiva caduta della preconsonantica]; avostenc; azusar [per usar con prefisso]; benignament; benigne; benignetat; beril; bonolent; cadrapedia; cananea; carg [lemma del quale è ben nota la forma femminile carga]; carret; en cazent [avverbio con funzione locativa: ‘in ginocchio’]; cazert; cela [< *ecce illac. Avverbio di luogo: ‘là’, mentre è noto quale forma femminile di cel]; cenceretat; certaneza [forse derivato da certansa x certeza]; cessable; ciprienc; cirinienc; cobezament; codal; coitozament; comenar [= menar rafforzato dal prefisso con-]; contendeire [qui sostantivo in funzione aggettivale]; contragitar; contrazia [mentre è schedato contraria ‘ostacolo, impedimento’. Forse però si tratta di un errore di lettura paleografica del copista dal suo originale, potendosi spiegare facilmente lo scambio -r- > -z-]; cor; corb [di solito i derivati da corpus danno corp, senza sonorizzazione della occlusiva finale]; cossebenza [‘coscienza’]; cossemador; cossement; cosser; culhicha [per colhida]; defalhidament; delonc [‘nei pressi di; a fianco di’]; demnat [preceduto dalla negazione nocon valore di ‘non giudicato; non condannato’]; dereg [per drech]; desazordenadament; (no) desliable; (no) destenhable; destrozitio; destrumenador; detrazedor; detriadament; divinalment; dobitar; dreitat [‘diritto; giustizia’]; eleit; emprenada [‘donna incinta’]; encreminador; endeficansa; endressant; enequicia; eniquitat; escalvairar; escaunel; esclavable; escumerganza; espetansa; evelhezir [velhezir con prefisso e-]; ezeissament [per eisamen]; faissux; faitur; felontat [forse un sostantivo impiegato in funzione di aggettivo]; feminienc; florfiga; furc; germar [forse < germinare]; ili [pronome personale 3 a pl.]; israelitenc; jostament [s. m.: ‘esemplare; scampolo’]; juezi; jugar [ma sarà piuttosto un grafema per jutjar? ]; juger; justament; juzac; juzevesc; juzivi; karisme [n. m. ‘carissimi’]; lajeziscar; languent; lombardesc; luxciosament; maldictio; mesteiss [meseis x meteis? ]; mesuransa; mondadura; moutiduna [‘moltitudine’]; nois [s. m. ‘notizia; sussurro’]; obtemrant; ojanta (forse un grafismo per ochanta); onosta; opres; ote; ozen; paganeime; pair; pairetat; palalisi; paralazuros; pareisset [deformazione per pareissentz]; perent; preboide; prenonciar; pruzent; pur; re [‘moneta di rame’]; reborcar; recovidar; regazerdonaire; remembraire; repressio; sacrificament; sandalia; savisa [< sapidus; ‘saggio; dotto’]; scargar; scentat [‘santità’]; seder [sostantivo maschile: ‘sedia’]; sobreavondar; sobredonar; sobreestendre; sobresemenar; sobrevestir; sofretanssa; sondada; sotzpendre; sotztraire; sozmezeis [aggettivo ‘sottomesso’, ma si tratterebbe secondo Wunderli di un probabile errore del copista che avrebbe incrociato (soz)messas x mezeissas]; speransa, sperar, sperit, spongia, spos, stela, stola [comuni casi di aferesi di eprostetica]; suasiesa; sufriable; tempestius; tim [dalla Vulgata lignum thyinum]; tindont [‘tintinnante’, forse errore per tindent]; tocable; traitar; trazeire; trazidor; tribunar, tribuneir, tribuner [s. m. ‘tribuno; capo militare’]; tuti; unne [‘inno’]; vedoa; velam [= velamen ‘vela; copertura’]; velezicar; vigairejar. 353 Besprechungen - Comptes rendus - Forme con significati non usuali o addirittura inattestati: airel [diminutivo con valore di aire]; ajustament [con valore di ‘tumulto, sommossa’]; alca [< aliquid], con valore semantico di ‘chiunque’; anglar [con funzione aggettivale mentre è ben noto come sostantivo]; animal [anch’esso come il precedente con funzione di modificante e non sostantivale]; aontos [< *hauni þ a, ma qui con significato di ‘outrancier’]; avent [‘donna incinta’, presumibilmente traduzione del latino adventum]; aver [‘facoltà, possibilità’]; azenant [con valore locativo e non temporale]; cirvent [con funzione di aggettivo]; cordejant; coutivairitz [‘adoratrice’]; covinesa; (no) desciplinat; endevenidor [come sostantivo]; endreg [non attestato nella funzione qui svolta di avverbio di tempo]; lavaire [s. m. ‘lavandiere; colui che lava’]; loguer [s. m. ‘salario; ricompensa’]; lonc [funzione preposizionale ‘al fianco di; presso’]; mercadal [sostantivo: ‘mercante’]; nedeza [aggettivo]; nelun [per negu]; paga [non attestato come aggettivo]; putaner [come sostantivo maschile]; revencer [‘respingere; biasimare’]; soma [‘punto più alto; fine; traguardo’]; metre sortz [‘estrarre a sorte’]; velar [= velhar, ‘vigilare; vegliare’ ma anche ‘svegliarsi’ valore non registrato nei Dizionari]; vencent [sostantivo maschile]; vertuzes [plurale di vertutz; forse latinismo costruito sul modello di virtutes]. - Si aggiunga anche aganos per indicare un soggetto idropisico [per questo cf. Ricettari medico-farmaceutici s. v.]. Ecco alcune ulteriori osservazioni. - Di fronte al problema della -n instabile in fine di lemma, Wunderli, dopo aver segnalato la caducità della nasale in posizione terminale o nel nesso -ns, rimarca come questo fenomeno interessi anche la desinenza di 3 a p. p. -an specificando che, per evitare confusione, ha provveduto nella sua edizione a reintegrare la consonante (33). Identico criterio è stato seguito in molti dei casi nei quali si è registrata la caduta delle nasali all’ interno di parola: da un punto di vista metodologico sarebbe però forse stato meglio mantenere un atteggiamento più conservativo della lezione tradita del manoscritto. - Articolo los usato con funzione di cas sujet (45): l’estensione geografica di tale fenomeno è limitata. Presumibilmente, secondo Wunderli, la sua presenza è da addebitarsi ad una «pénétration d’anciennes formes du régime dans le domaine du sujet» (46), e da mettere in conto ad una decadenza complessiva del sistema bicasuale. Proprio questa annotazione ci consente di soffermarci su un aspetto a nostro avviso da non sottovalutare e che rappresenta uno dei non piccoli meriti di questi volumi. Da tempo i linguisti ed i filologi ci vanno informando circa la assai relativa forza del sistema bicasuale occitanico e tale fluidità, per non dire debolezza, era ormai data per sicura nelle carte, nei testi non letterari, nonché nei testi letterari più tardi o meno curati. In realtà è assai probabile che il sistema bicasuale stesso fosse debolmente percepito dai parlanti (e dagli scriventi) e che solo la sistematizzazione grammaticale (più tarda e comunque per sua natura regolarizzatrice) abbia consegnato ai posteri l’idea di un universo morfologico unidimensionale. Ne discende che andrebbe sottoposta a riflessione anche la correttezza della percezione della coesistenza in Occitania medievale di un sistema arcaizzante (tendenzialmente rispettoso della norma), ed un sistema innovatore (teso alla semplificazione della norma bicasuale). - Complemento oggetto diretto preposizionale (e benezic a lui [Ebr. 7,1]), forse frutto di influssi iberici (attraverso la Guascogna si chiede l’editore, ma tale giustificazione richiederebbe maggiori dettagli di ordine storico o socio-linguistico) (67). - Tmesi del futuro con mesoclisi del pronome, fenomeno che sembra attestarsi soprattutto nell’area occidentale (Béarn) (73). Wunderli ne parla anche nel capitolo 3.3 dedicato aux phénomènes translexicaux: i due fenomeni sembrano però appartenere a coordinate linguistiche distinte. In ogni caso l’esempio di aplologia potrebbe forse meglio dipende- 354 Besprechungen - Comptes rendus re da un banale (e mentale) saut-du-même-au-même del copista, tratto in inganno dalla sequenza di futuri in -an (et escarniran lo et escupir en lui, e batran lui, e auciran lui [Mc. 10,31]). - Interessanti anche alcuni casi di pleonasmi sintattico-semantici (90-91): un doppio comparativo (mais majorment avia peitz [Mc. 5,26]); un raddoppio della espressione verbale (dic a vos que so tals d’aquels n’i a que [Mc. 8,39]); un complemento preposizionale espresso due volte con un cambio di preposizione (mais a manifestar la nostra cura, la qual per vos avem a vos [Cor. 2 7,12]): nella edizione Wunderli ha ritenuto che gli ultimi due casi corrispondessero ad altrettanti errori del copista e ha provveduto a correggere il dettato del manoscritto nel testo critico (sopprimendo in entrambi i casi la seconda espressione). Sarebbe però forse stato utile anche esaminare l’ipotesi di trovarsi di fronte ad una doppia lezione, forse frutto di una esitazione del traduttore, ovvero da assegnare a qualche copista. Pochissime le mende da segnalare (vol. 2: 12 intiale per initiale; 2: 83 inéressantes per intéressantes; 2: 104 Cette per cette). Infine sarebbe forse stato opportuno non scindere nel secondo volume la Bibliografia propria della parte linguistica (101-03) da quella relativa al glossario (107-08): ciò avrebbe evitato di dover riprodurre alcuni item in due luoghi tanto prossimi. Peter Wunderli ha dunque dato alle stampe un lavoro destinato a segnare una tappa fondamentale per gli studi linguistici e storici sulla lingua e le dottrine catare. Gerardo Larghi ★ Guy Latry (ed.), La voix occitane. Actes du VIII e Congrès de l’Association Internationale d’Études Occitanes (Bordeaux, 12-17 octobre 2005), Pessac (Presses Universitaires de Bordeaux) 2009, 723 p. + 779 p. Finalmente hanno visto la luce gli atti dei lavori dell’ottavo congresso della Association Internationale d’Études Occitanes, svoltosi a Bordeaux dal 12 al 17 settembre 2005. Nei due corposi volumi sono raccolti oltre un centinaio di saggi relativi alla lingua e letteratura medievali; ad una nuova storia della letteratura occitana; alla linguistica e sociolinguistica, nonché all’oralità; alla letteratura scientifica e didattica ed infine alla materia di Guascogna e l’occitano guascone. Vista la alta qualità dei lavori presentati in quella assise, la vastità dei materiali esposti, l’ampiezza degli argomenti affrontati (nonché la competenza specifica del recensore), analizzeremo qui nel dettaglio solo alcuni tra gli apporti editi, concentrandoci soprattutto sulle sezioni relative alla lingua ed alla letteratura antico occitanica e limitandoci invece a qualche annotazione sui restanti, pur interessantissimi, apporti. Il primo volume si apre con la sezione dedicata alla Langue médiévale, nella quale spicca, per ampiezza di vedute e profondità di analisi, la riflessione di Walter Meliga su Philologie et linguistique de l’occitan médiéval (23-51). Nelle sue note, con l’equilibrio e la acribia che gli sono riconosciuti, il filologo torinese traccia un quadro degli studi condotti dai linguisti intorno alla letteratura occitanica sottolineando i risultati cui negli ultimi anni tali ricerche sono pervenute: la crisi in cui si trova l’idea stessa dell’esistenza di un perfetto sistema bicasuale nella morfologia occitana, l’importanza assunta dalla scripta per la individuazione delle regioni di origine di manoscritti e copisti di opere in lingua d’oc. Hélène Carles si è invece concentrata su Les 355 Besprechungen - Comptes rendus