eJournals Vox Romanica 70/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2011
701 Kristol De Stefani

Nunzio La Fauci, Compendio di sintassi italiana, Bologna (il Mulino) 2009, 238 p.

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2011
Gaetano  Berruto
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Le conclusioni finali (419-22) riassumono quanto svolto nel lavoro, con ripresa delle indicazioni dei luoghi di stabilizzazione della scripta, della persistenza del raccordo con il dialetto sottostante e del processo della toscanizzazione, differenziata nel tempo; sono evocati i vari fattori che presiedono alla formazione della scripta, legata al prestigio del centro scrittorio e a condizioni storico-politiche e storico-culturali in costante evoluzione ma pure sovrapposta a condizioni areali linguistiche e antropologiche non molto variate dall’antichità a oggi, in significativa congruenza con quanto osservato nel dominio antico-francese. Un’ottima bibliografia (423-54) chiude questo lavoro ricco di dati e di prospettive. Walter Meliga ★ Nunzio La Fauci, Compendio di sintassi italiana, Bologna (il Mulino) 2009, 238 p. I manuali di sintassi pubblicati negli ultimi anni per il pubblico italiano sono tutti di matrice generativista più o meno ortodossa. Se è vero che il mainstream della teoria linguistica, per quanto riguarda la sintassi, anche nel primo decennio del nuovo secolo si è sempre più conformato al paradigma generativo, è indubbio che la mancanza in questo fondamentale settore della linguistica di un manuale di base che non sia di scuola e presenti i contenuti istituzionali almeno in parte condivisi al di là di orientamenti e approcci particolari, e che dia conto degli apporti conoscitivi provenienti da varie direzioni, si fa molto sentire nella didattica universitaria. Non fosse che per questo, il Compendio di N. La Fauci è dunque molto benvenuto. È sempre arricchente e stimolante confrontarsi con prospettive nuove, con impostazioni metodologiche e quadri teorici diversi. E lo diventa tanto più, quando l’approccio adottato, non convenzionale e non generativista (anzi, nettamente antigenerativista), è anche formulato in modo assai originale, com’è nel caso del Compendio. Il volume, pur volto a illustrare le caratteristiche sintattiche unicamente dell’italiano, costituisce in effetti un vero e proprio trattat(ell)o di sintassi generale pensato per la didattica universitaria, per la quale saranno molto utili i cappelli introduttivi di collegamento e i paragrafi finali di sintesi e di esercizi di cui è fornito ciascuno dei 18 capitoli in cui si articola la trattazione. Ai quattro capitoli iniziali che definiscono rispettivamente l’ambito della sintassi, le manifestazioni attraverso cui questa è visibile, i due concetti basilari di costituenza e di reggenza, e la prospettiva teorica secondo cui si muove l’autore, fanno seguito quattordici capitoli che trattano secondo un’ordinata progressione concettuale (seguendo suddivisioni in parte classiche, in parte molto originali) il repertorio di concetti e tipi di fenomeni presenti e attivi nella sintassi: predicato, soggetto, oggetto diretto, oggetto indiretto e altri complementi, tipi di proposizione, proposizioni riflessive e simili, altre proposizioni «con particella» (i. e. pronome clitico), proposizioni con più predicati, il nesso nominale (i. e. sintagma nominale) e la determinazione, il nesso nominale e la modificazione, la composizione di proposizioni, le completive e attributive, i «supplementi» predicativi (all’incirca, i complementi nell’analisi logica tradizionale), la frase (in quanto «enunciato»). A chiudere l’opera, prima dell’utile indice analitico, un «Congedo» e - dopo che nel «Congedo» stesso l’autore rivendica la scelta di non aver «fatto ricorso a riferimenti bibliografici» (225) e dichiara anzi (con un’affermazione che può risultare come minimo ingenerosa, se non offensiva, nei confronti di chi sente il dovere di documentare con accuratezza tutte le proprie fonti) di non volersi «uniformare all’ipocrita correttezza conformista di chi nasconde in sterminate bibliografie la menzione di coloro a danno dei quali ha appena finito di perpetrare spudorati plagi» (226) - una bibliografia di «Letture consigliate». 281 Besprechungen - Comptes rendus È una soddisfazione intellettuale leggere cose di Nunzio La Fauci, il cui approccio e il cui pensiero, sia quando sono così anticonformisti da rasentare la provocazione sia quando si manifestano in una pacata esposizione e discussione critica (com’è per lo più il caso del presente volume), sono sempre così originali, li si condivida o no, da farci comunque spesso vedere nei fatti linguistici e nei loro principi di organizzazione cose che non vi avevamo notato, o che non pensavamo potessero o dovessero esserci. La sintassi di La Fauci è una sintassi fortemente anticonfigurazionale, verrebbe quasi da dire «asintattica» (nel senso di «asintagmatica»), e ha il suo motore nelle nozioni, fondanti dello strutturalismo europeo, di «relazione» e, a questo connesso, di «opposizione». In questo quadro, prende ispirazione e concetti soprattutto dalla «grammatica relazionale» di Postal e Perlmutter e dalla scuola francese di Gross, ma li reimpasta secondo una prospettiva originale, improntata anche alle radici europee di Saussure (e, perché no, di Hjelmslev, anche se l’autore non lo cita fra gli studiosi dei quali nel «Congedo» si riconosce particolarmente debitore). L’autore definisce il proprio approccio «funzionale» (35): e «funzionale» lo è certamente, ma non nel senso più consueto del termine in linguistica, quello, opposto a «formale», che postula che le strutture della lingua siano modellate dallo scopo a cui esse devono servire, bensì nel senso che ogni elemento è visto e definito in termini di funzione, e questa consiste nella relazione che l’elemento intrattiene con gli altri nel costrutto e nelle interdipendenze nel paradigma di cui fa parte, e che in quanto tali ne definiscono la natura, il ruolo e l’azione nel sistema linguistico e nelle strutture che questo produce. Secondo La Fauci, non esiste nulla di precostituito, nel linguaggio verbale, e il principio combinatorio che ricava in maniera ricorsiva unità maggiori da unità minori, che per molti è il principio di fondo della sintassi, è non più che apparente. Tutto è creato nel suo farsi reciproco con altri elementi; nessun elemento esiste al di fuori di tali relazioni; ogni costrutto sintattico è un insieme di relazioni. In un certo senso, è quindi la sintassi a creare il lessico: «la parola, che s’immagina ingenuamente come entità assoluta, a sé stante e indipendente, nasce in realtà sempre dal discorso» (14). Una tale prospettiva si può accettare o non accettare. Qui non entreremo nel merito di una discussione di fondo sui massimi principi (che l’autore ha peraltro diffusamente condotto nel recentissimo volume che fa da pendant teorico a questo, più descrittivo: Relazioni e differenze. Questioni di linguistica razionale, Palermo, 2011; e da cui comunque il presente recensore è dissuaso per manco d’ali): accetteremo invece provvisoriamente l’impostazione dell’autore e annoteremo qualche appunto di lettura su specifici fatti linguistici e sulle relative argomentazioni. Un’impressione di lettore non specialista di sintassi è allora che la trattazione presentata nel volume risulti da un lato capace di insolite illuminazioni, e dall’altro appaia a volte appesantita da complessificazioni apparentemente poco utili, o comunque tortuose: per esempio, quando si afferma che «considerare argomento un elemento di un nesso significa sempre individuare il predicato che l’ha legittimato a ricorrere in quel nesso. Funzioni argomentali non legittimate sono infatti impossibili» (39) per dire semplicemente che ogni predicato seleziona o richiede solo gli argomenti che fanno parte della sua struttura argomentale (o schema valenziale); o quando si definisce: «il nesso nominale è quel modulo sintattico nuclearmente caratterizzato da una predicazione che legittima riflessivamente se stessa come argomento» (149); o quando si argomenta che in una subordinazione avverbiale come Firenze finì sott’acqua perché l’Arno era straripato ci sono tre predicazioni, perché oltre a quelle contenute nella proposizione reggente e in quella subordinata vi è anche la predicazione di un «supplemento predicativo», che «è manifestata dalla subordinata nel suo complesso (con la sua predicazione proposizionale inclusa, ovviamente) ed ha la reggente, nel suo complesso, come argomento» (173). Analoghe complicazioni si hanno per esempio quando, sulla base della distinzione di un livello sintattico da un livello dei rapporti sintagmatici (nei quali però operano le stesse funzioni sintattiche, almeno dal punto di vista del nome con cui vengono designate: «soggetto» 282 Besprechungen - Comptes rendus e «oggetto diretto», infatti, sono usati sia come categorie «nozionali» sia come categorie «sintattiche»; che possono corrispondere ovviamente a realizzazioni diverse), si menziona tra i caratteri definitori di proposizioni inaccusative come il cane fugge l’avere «solo oggetto diretto, commutato in soggetto grammaticale» (93). A p. 48 si differenzia il ruolo semantico di Strumento («la cosa di cui l’agente si serve per compiere l’azione designata») da quello di Causa («la cosa che determina il verificarsi dell’evento designato»): in base a tale definizione, non pare però così perspicuo che in una sassaiola ferì Roberto (57) sassaiola debba necessariamente essere Strumento. Mentre è illuminante dire che «mutatis mutandis, l’aggettivo possessivo sta al nesso nominale esattamente come la flessione sta ai predicati verbali» (147), noi non diremmo che nelle costruzioni possessive tipiche del parlato (Ivo ci ha un gatto; Tea ci ha fame) avere vada considerato (148) «anche in questo caso un ausiliare» (ma va anche detto che l’argomentazione addotta è perfettamente consequenziale alla trattazione dell’autore, in cui tutto è predicazione: e infatti «queste proposizioni dicono funzionalmente che Ivo è il soggetto legittimato dalla predicazione nominale gatto, Tea quello di fame . . .»). Fra gli usi terminologici piuttosto personali (come «topico», da topic, quale controparte di «commento», da comment) che qua e là punteggiano l’opera, alcuni potrebbero essere fonte di ambiguità nel confronto con altri modelli teorici. Se affermare che «si dirà frase la combinazione di una proposizione con una modalità enunciativa» (213) va ancora benissimo, parlare di «modalità dichiarativa», «modalità emotiva», «modalità interrogativa», «modalità conativa» per indicare i quattro tipi fondamentali di frase (213-19) rischia potenzialmente di confondere un po’ in un generico «modalità» i livelli del valore dell’atto discorsivo e del valore semantico delle forme verbali per la categoria «modo». Fra i capitoli del lavoro meglio riusciti, per i gusti di chi scrive, ci sono certamente il cap. 3, sui costituenti, e il cap. 9, su passivo, medio e costrutti connessi. Tutto il volume si legge in ogni caso con grande interesse, fa pensare, invita a porre e a porsi domande, a vedere le cose in un modo diverso dal solito, il che reca gran profitto. Un insegnamento molto importante della fatica di La Fauci è l’indurci a toccare con mano, per così dire, che un principio generale lavorando in (morfo)sintassi è che ci deve sempre essere una ragione (anche sottile) motivabile descrittivamente e interpretativamente di ogni caso singolo, di ogni distribuzione particolare degli elementi, di ogni minima differenza formale; e che c’è una continua sfida, in linguistica, a cercarla, a fare ipotesi, a interrogarsi anche su fenomeni minimi. Particolarmente felici e stimolanti, non solo da questo punto di vista, diciamo problematico, ma anche dal semplice punto di vista della descrizione minuta di fenomeni e della presa in conto di aspetti che volentieri tendono a sfuggire all’attenzione, sono le numerose pagine di discussione e approfondimento in corpo minore dal titolo «Pensiamoci su» intercalate qua e là nei diversi capitoli. Gaetano Berruto ★ Francesca Dovicchi, Costrutti-eco nell’italiano parlato. Da «ripetizione» a «cardinalità», Tübingen (Narr) 2010, xviii + 236 p. (Romanica Monacensia 79) Francesca Dovicchi beschäftigt sich in ihrer von Thomas Krefeld (Universität München) betreuten Dissertation mit Echo-Konstruktionen 1 im gesprochenen Italienisch. Dabei liegt ihrer Arbeit ein multidimensionaler Ansatz zugrunde, der die Abgrenzung von Echo-Konstruktionen von anderen Wiederholungsstrukturen und die Ermittlung ihrer grammatika- 283 Besprechungen - Comptes rendus 1 Wie beispielsweise «è arrivato Andrea è arrivato».