Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniEduardo Blasco Ferrer, Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Berlin (DeGruyter) 2010, xiv + 243 p. (Beiheft zur Zeitschrift für Romanische Philologie 361)
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Max Pfister
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delle risorse interazionali, e di far luce sulle molteplici funzioni del code-switching in contesto. L’analisi, che si prefigge di affrontare tre principali domande di ricerca - l’uso dei vari codici come risorse per la strutturazione della conversazione, il rapporto tra scelta di codice e costellazione dei partecipanti, l’elaborazione identitaria - è introdotta dalla descrizione del corpus, dal profilo sociolinguistico dei partecipanti (capitolo 5) e da una sintesi quantitativa delle occorrenze di commutazione di codice (capitolo 6). Il capitolo 7 è dedicato all’esame della commutazione di codice connessa alla gestione discorsiva e interazionale; si tratta di funzioni del code-switching legate all’organizzazione sequenziale della conversazione (come nel caso di commenti contrastanti con l’azione in corso o di citazioni) e al cambio di formato partecipativo (cambiamento dell’interlocutore, estensione dell’uditorio), evidenziate in letteratura, che l’autrice riscontra anche nel proprio corpus. In questo ambito le riformulazioni («auto-riformulazioni» e «riformulazioni dell’altro») sono esaminate non solo nella loro funzione di correzione o di ampliamento dell’uditorio, ma anche, come mostra Tikka, quale strategia per partecipare alla conversazione, assumendone il controllo. Nel capitolo 8, di più ampio respiro, la commutazione di codice viene invece esaminata dal punto di vista della costruzione dell’identità dei partecipanti, declinata in primo luogo come appartenenza al gruppo etnico-culturale (italiano), al gruppo familiare (italo-svedese), o ancora alla più ristretta cerchia familiare dialettofona, portando di volta in volta, con l’uso dell’italiano, dello svedese o del dialetto ligure, a un ampliamento o a un restringimento del quadro partecipativo. Viene qui inoltre trattato per esteso il nesso tra individualità e preferenze linguistiche dei partecipanti: così, accanto a interazioni in cui gli interlocutori utilizzano due codici diversi - una pratica verbale peraltro considerata «ordinaria» nel gruppo -, l’autrice analizza numerosi episodi di negoziazione di codice che portano alla convergenza linguistica, mostrando come uno o più partecipanti si orientino alla preferenza linguistica manifestata da, o attribuita al proprio interlocutore, e come dunque la commutazione di codice sia legata alle attività di recipient design e di categorizzazione messe in atto nell’interazione. Complessivamente il lavoro di Tikka, che adotta una duplice prospettiva nell’analisi della commutazione di codice, offre spunti interessanti sul tema, fornendo uno spaccato sulle pratiche comunicative di una famiglia italo-svedese a cavallo tra lingue e generazioni e mostrando la plurifunzionalità dell’uso di più codici in contesto. Daniela Veronesi ★ Eduardo Blasco Ferrer, Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Berlin (De Gruyter) 2010, xiv + 243 p. (Beiheft zur Zeitschrift für Romanische Philologie 361) Der Inhalt dieses Beiheftes zur Zeitschrift für Romanische Philologie wurde vom Autor am Romanistenkongress 2010 in Valencia vorgestellt. Die anschließende Diskussion war bescheiden, da kompetente Diskussionspartner zu diesem schwierigen, interdisziplinär zu behandelnden Thema nicht anwesend waren, so z. B. Heinz-Jürgen Wolf oder Johannes Hubschmid, der bereits vor Jahren verstorben ist. Die anwesenden Zuhörer spürten aber, dass wir es, wie 1951 bei der Erscheinung der Lingua sarda (storia, spirito e forma) von M. L. Wagner oder 1953 bei der Publikation der Sardischen Studien von Johannes Hubschmid, mit einer grundlegenden Neuerscheinung zur sardischen Sprachgeschichte zu tun haben. Nach seiner Storia linguistica della Sardegna (Beiheft ZRPh. 202) im Jahr 1984 hat sich Blasco Ferrer mit dieser Studie zum paleosardo als einer der besten Kenner der sardi- 291 Besprechungen - Comptes rendus schen Sprache ausgewiesen. In den beiden einleitenden Kapiteln («Il sostrato. Definizione e studio interdisciplinare» und «Metodi di analisi linguistica del sostrato», 1-36) werden die Grundlagen der heutigen Substratforschung dargelegt. Im Kapitel 3 («Storia della ricerca sul Paleosardo», 37-62) gibt der Autor einen objektiven Überblick über die bisherige Erforschung des Paläosardischen und würdigt die Verdienste von Vittorio Bertoldi, Giovanni Alessio, Max Leopold Wagner und Johannes Hubschmid. Er zeigt aber auch deren Grenzen und Schwachpunkte auf und setzt sich im Kapitel «La ricerca postwagneriana e il metodo storico-comparativo» (53-58) mit Massimo Pittau, Giulio Paulis, Mario Alinei und Julián Santano Moreno auseinander. Entscheidend ist der Abschnitt 3.2.4. «Il sostrato paleosardo e il metodo combinatorio e tipologico» (58-62). Es sind vor allem die Forschungsfortschritte der 1980er und 1990er Jahre des 20. Jahrhunderts und Flurnamenforschungen von Heinz-Jürgen Wolf (Microtoponimi di Olzai 1985) und die Toponomastica barbaricina (1998), die für Blasco Ferrer die entscheidenden Erkenntnisse erbringen: «Soltanto di recente, dopo aver avviato confronti interlinguistici tra le basi paleosarde e possibili radici di altri sistemi linguistici tipologicamente affini, ho scoperto finalmente la chiave di lettura delle basi enucleate, che si trova - come vedremo subito - nel Paleobasco e in minor grado nell’Iberico» (62). Es folgen die vier wichtigen Kapitel, welche die Thesen des Autors exemplifizieren: 4. «Tipologia del Paleosardo» (63-88), 5. «Paleosardo, Paleobasco, Iberico» (89-136), 6. «Stratigrafia del Paleosardo» (137-52) und 7. «Paleosardo e reazione etnica del sostrato» (153-57), gefolgt von 8. «Conclusioni e Desiderata» (159-64). «Bibliografia e indici» (165- 226) mit interessanten Kartenbeilagen, z. B. p. 232 «Radici più rappresentative nelle singole aree in sardo centrale (Nuorese, Baronia, Barbagia, Alta Ogliastra)» oder die Verbreitung von f h Ø in Zentralsardinien (234). Die Interpretation der Toponomastik zeigt die Wichtigkeit der morphologischen Segmentierung und deren Interpretation. Orgosolo enthält z. B. zwei tautologische agglutinierte Stämme: orga- (orge-) ‘sorgente all’aperto, terreno umido e fertile’ + *osa ein ‘lessema quasi sinonimico’ + vorromanisches Suffix -olo, das Menéndez-Pidal 1968: 65 untersucht hat. Die Zusammenstellung der paleosardischen Suffixe (66) und der verschiedenen mittels Segmentierung eruierten Stämme [(67-81); total 58 Stämme] stellt die Erforschung des Paläosardischen auf eine neue Basis. Diese wichtige Neuerscheinung wird auch für die Erforschung der sardischen Lexikologie Auswirkungen haben. Die «radici di origini incerte o ignote», z. B. sardo arrop(p)u, korrop(p)u, garrop(p)u in der Bedeutung ‘fessura tra rocce dove scorre l’acqua’ (125) oder paleosardo kuk(k)uru ‘cima’ (ib.) werden im LEI unter ‘paleoindoeuropeo’ aufgeführt, cf. für karróppu (DES 1, 308; Hubschmid, Sard. Studien 57s.) oder für kúkkuru (DES 1, 416; Hubschmid, Sard. Studien 51). Wenn M. L. Wagner unter sard. nuráke ‘denominazione delle antiche costruzioni coniche a foggia di torre, che si trovano dovunque in Sardegna’ (DES 2, 157-71) schreibt: «credo che la questione etimologica di nuráka ed affini non sia chiusa», so ist heute Blasco-Ferrer (108s.) einzusehen: «la radice *nur, nell’antica Iberia e nell’antica Sardegna, significava ‘lastra di pietra, rozza o levigata usata per la costruzione delle abitazioni e dei monumenti megalitici’». Überzeugend scheint mir die Schlussfolgerung (159) unter der Überschrift 8.1.1. «I dati linguistici ed extralinguistici»: «I dati linguistici, quelli che com’è stato ribadito da più parti rivendicano la più alta valenza esplicativa, concorrono univocamente a tracciare una panoramica diacronica della Sardegna presemitica in funzione di vettori prepotenti provenienti dall’antica Iberia. L’inconfutabile concordanza formale e semantica tra microtoponimi sardi e basi considerate dagli specialisti sicuramente paleobasche e iberiche sorregge pienamente l’ipotesi d’una densa presenza paleoispanica nel territorio impervio della Sardegna centro-orientale in tempi remoti». 292 Besprechungen - Comptes rendus Abschließend sei festgestellt: es handelt sich bei dieser Neuerscheinung um eine «tesi innovativa fondata su una ricerca pionieristica» (159), die in ihrer vorsichtigen Formulierung hoffentlich die Anerkennung der Spezialisten in der Substratforschung findet. Max Pfister ★ Ricarda Liver, Rätoromanisch. Eine Einführung in das Bündnerromanische. 2. überarbeitete und erweiterte Auflage, Tübingen (Narr) 2010, 195 p. Die Überarbeitung und Neuauflage (2. Aufl. 2010, 1. Aufl. 1999) dieser inzwischen unverzichtbaren Überblicksmonographie zum Bündnerromanischen von Ricarda Liver ist insofern erfreulich, als es kaum eine vergleichbare Darstellung gibt, in der ähnlich kenntnisreich die doch zahlreichen Einzelstudien zu den verschiedenen sprachlichen und soziolinguistischen Aspekten des Bündnerromanischen und seinen Subvarietäten auf aktuellem Stand synthetisiert werden. Hieran mag man schon eingangs das Desiderat einer noch fehlenden neuen Gesamtdarstellung für das Dolomitenladinische (Badiot, Gherdëina, Fascian, Fodom, Anpezan) und seinen Übergangsvarietäten (z. B. im Val di Non, Val di Sole, Val di Fiemme, Val di Vajont, Val di Zoldo, Agordo) knüpfen, wie es auch für das Friaulische (Furlan) mit der Arbeit von Sabine Heinemann 2003 bereits vorliegt 1 . Die Neuauflage von Liver unterscheidet sich nicht substantiell von der ersten Fassung des Buches, sondern besteht vor allem darin, dass einige neue Forschungsergebnisse mit aufgenommen wurden, was sich konkret in einer um ca. 2 Seiten gewachsenen Bibliographie äußert und ein paar kleineren Absätzen zum neuesten Stand der Forschung, z. B. zur Morphosyntax (35), zur Lexik und Etymologie (36-37) zur Onomastik (37) oder zur Soziolinguistik (38-39) (in der Summe ca. 2 Textseiten inkl. zahlreicher Fußnoten). Die Darstellung zum Bünderromanischen beginnt propädeutisch mit einem Überblick zur questione ladina und dem damit zusammenhängenden Problem des inzwischen weit verbreiteten Begriffes «Rätoromanisch» bzw. den damit verbundenen Implikationen. Die Streitfrage um die Einheit dieses romanischen Sprachraumes beginnt mit den Dialektstudien von Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), der in seinen Saggi ladini in der von ihm begründeten Zeitschrift Archivio glottologico italiano (1873s.) die These vertritt, dass die heute noch existierenden und zum Teil verstreuten Varietäten des Bündnerromanischen, des Dolomitenladinischen (Ladinischen) und des Friaulischen (Friulanischen, Furlanischen) Reste einer in früheren Zeiten zusammenhängenden Sprachlandschaft seien, die durch eine Reihe gemeinsamer Merkmale verbunden wären und deshalb auch begrifflich zusammenzufassen seien, wofür er die Bezeichnung «ladinisch» (favella ladina, dialetti ladini) vorschlägt. Dieser Idee folgt auch der österreichische Philologe Theodor Gartner (1843-1925), der mit seinen Werken Rätoromanische Grammatik (1883) und Handbuch der rätoromanischen Sprache und Literatur (1910) entscheidend mit dafür verantwortlich ist, dass diese These von der sprachlichen Einheit weitere Verbreitung findet. Dabei verwendet Gartner jedoch den bereits in älteren Studien auftauchenden Begriff «rätoromanisch» um die Gesamtheit der drei Sprachgebiete in Graubünden, den Dolomiten und im Friaul zu bezeichnen. Unter den weiteren Vertretern der sogenannten unità ladina finden sich so illustre Namen wie Jakob Jud (1882-1952), Heinrich Kuen (1899-1990), Gerhard Rohlfs (1892- 1986) und Wilhelm Theodor Elwert 2 (1906-97). Die von Carlo Battisti (1882-1977) und im 293 Besprechungen - Comptes rendus 1 S. Heinemann, Studien zur Stellung des Friaulischen in der nördlichen Italoromania, Bonn 2003. 2 Liver (18) kürzt hier merkwürdigerweise E. Th. Elwert ab.
