eJournals Vox Romanica 71/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2012
711 Kristol De Stefani

Nadine Eichler, Code-Switching bei bilingual aufwachsenden Kindern. Eine Analyse der gemischtsprachlichen Nominalphrasen unter besonderer Berücksichtigung des Genus, Tübingen (Narr) 2011, 452 p. (Tübinger Beiträge zur Linguistik 528)

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2012
Gaetano  Berruto
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différents stades de compréhension qui contribuent à cette difficulté traductologique des langues de spécialité médiévales» (149). Serguei Sakhno weist in seiner Studie mit dem Titel «Les députés du Parlement russe pensent-ils? Autour du concept de parlement: l’analyse en synchronie et en diachronie de certains termes de langues européennes» auf die etymologische Komponente der Terminologie hin. Die sogenannte forme interne bildet sowohl vom synchronischen als auch vom diachronischen Standpunkt aus gesehen eine wortimmanente Motivation. Der Verfasser beklagt den Gegensatz zwischen Linguisten, welche die Bedeutung der Etymologie für die Kenntnis des gegenwärtigen Standes einer Sprache verneinen, und solchen, welche die Etymologie auch für die synchronische Untersuchung einer Sprache als bedeutend erachten. Er plädiert für eine Harmonisierung von Diachronie und Synchronie: «il faut chercher à intégrer les données ‹philologiques› . . . dans une perspective systémique, c’est-à-dire chercher à dégager des structures fonctionnelles (productrices de discours, de messages) et même génétiques (productrices de ‹langue›, c’est-à-dire de matériel systémique, de code) sans appauvrir le foisonnement des faits fournis par l’observation» (188). Dazwischen zündet der Verfasser des Beitrags ein wahres Feuerwerk seiner etymologischen Kenntnisse! Im letzten Beitrag, «Identification de termes/ concepts pour une application pluridisciplinaire: les apports de la terminologie textuelle», beschreibt Christine Fèvre-Pernet die Rolle der Terminologie in fachübergreifenden Projekten. Gerade bei fachübergreifenden Projekten ist die Terminologie wichtig, denn es kommen verschiedene Fachsprachen zusammen, und alle Beteiligten müssen zunächst einmal die gleiche Sprache sprechen. So wurden bei einem konkreten Projekt einfach einmal Terme, die von den Beteiligten gebraucht wurden, gesammelt und damit die fachübergreifende Zusammenarbeit erst ins Laufen gebracht. Bei einem solchen Projekt entstehen natürlich auch neue Begriffe, für die eine Bezeichnung gefunden werden muss. Dabei hilft es, wenn man sich das Prinzip der terminologie textuelle zu eigen macht, nämlich dass die Begriffe nicht vor den Wörtern entstanden und deshalb wichtiger sind, sondern dass die terminologisation ein laufender Prozess ist, der parallel zur Ausarbeitung von Konzepten stattfindet. Die Terminologie war bei dem Projekt, das in diesem Vortrag beschrieben wird, nicht Wissenschaft, sondern Methode. Die 9 Beiträge im Buch widerspiegeln die am Anfang angetönte Vielfalt der Terminologie. Sie ist wirklich zusammen mit der Übersetzung die angewandte Sprachwissenschaft par excellence, denn beim Erstellen eines Terminologieeintrags sieht man sich sprachlichen, aber auch kulturellen und bisweilen politischen Problemen gegenüber. Wenn der Eintrag mehrsprachig wird, was oft der Fall ist, kommen auch kulturelle und sprachliche Unterschiede zum Vorschein. Der fertige Eintrag zeigt dann die komplexe Beziehung zwischen Sprache, Denken und Praxis. Andreas Schor ★ Nadine Eichler, Code-Switching bei bilingual aufwachsenden Kindern. Eine Analyse der gemischtsprachlichen Nominalphrasen unter besonderer Berücksichtigung des Genus, Tübingen (Narr) 2011, 452 p. (Tübinger Beiträge zur Linguistik 528) L’analisi e la discussione degli aspetti morfosintattici del code-switching (o meglio, in particolare, dell’intrasentential code-switching, altrimenti detto code-mixing) e del comportamento delle grammatiche delle lingue che intervengono nella commutazione di codice rappresentano un consistente settore di ricerca in un campo, quello delle manifestazioni del contatto sia nel discorso che nella struttura dei sistemi linguistici, sempre più in espansione. Questa voluminosa monografia è il frutto di una dissertazione conclusa nel 2010 a Wup- 246 Besprechungen - Comptes rendus pertal, ed è dedicata a studiare sistematicamente le strutture dei sintagmi nominali presentanti commutazione, con particolare attenzione alla marcatura del genere grammaticale, nelle produzioni di 17 bambini precocemente bilingui in diverse coppie di lingue (tedescofrancese, tedesco-spagnolo, tedesco-italiano e italiano-francese). Si inserisce quindi molto bene nel dibattito internazionale in materia e rappresenta un contributo significativo sia dal punto di vista dell’analisi dei dati empirici che da quello della riflessione teorica. Il quadro teorico di riferimento è il generativismo nella sua forma recente, il modello minimalista, che l’autrice ha il merito di applicare in modo ragionato, e ragionevole, senza indulgere in eccessivi tecnicismi di dettaglio, e tenendo presenti anche altri approcci. Ne risulta una monografia «vecchio stile» nel senso migliore del termine, completa, volta a sviscerare pazientemente l’argomento in tutti i suoi risvolti, e in genere molto informata; la trattazione si rivela a volte pesante e impietosa per il lettore, ma la solidità dell’argomentazione e l’interesse dell’analisi compensano ampiamente le fatiche di lettura dei sei ampi capitoli che, preceduti da un Vorwort, conclusi da una Schlussbetrachtung und Ausblick e corredati dalla bibliografia e da un’appendice con grafici e tabelle, costituiscono il corpo del volume. Il cap. 1, «Einleitung» (11-21), oltre a presentare ambito, oggetto, metodo, obiettivo e struttura del lavoro, contiene anche un utilissimo résumé dei risultati dell’indagine. Di generalità circa «Bilingualer Spracherwerb und Code-Switching» tratta il cap. 2 (22-59), in cui vengono anche discusse alcune delle restrizioni e teorizzazioni proposte dalla ricerca circa la combinabilità dei materiali delle due lingue in gioco. Proprio questa parte è ad avviso del recensore quella che lascia a desiderare nell’impegnativo lavoro di Eichler. Com’è noto, su questo tema si sono sbizzarriti molti linguisti con diverse prospettive teoriche e in diverse direzioni, proponendo decine di principi e restrizioni di vario genere: qui si sarebbe dovuto scegliere se trattare almeno i principali ovvero (dato che ciò richiedeva inevitabilmente spazio, ed è peraltro non più che tangenziale ai fini dell’indagine dell’autrice) non trattarne specificamente nessuno. Non si trova invece una motivazione convincente al fatto che siano trattate solo le classiche restrizioni di equivalenza di struttura e del morfema libero di Poplack 1980, quella della reggenza di Di Sciullo, Muysken e Singh 1986, attempate di 25-30 anni, e quella della testa funzionale di Belazi, Rubin e Toribio 1994; tanto più che le restrizioni poplackiane non hanno rilevanza per la specifica struttura che verrà esaminata nel lavoro, e le altre due, formulate secondo lo standard della teoria generativa del periodo, negano che sia possibile proprio la commutazione fra determinante e nome, che è l’oggetto focale dell’indagine di Eichler. Trattando delle modellizzazioni teoriche delle strutture sintattiche del co.-sw., poi, ci si sarebbe comunque aspettati che fosse dedicato congruo spazio al modello Matrix Language Frame (MLF) di Myers-Scotton, che invece viene liquidato a p. 32 e 41-42 con rapidi accenni ai tratti salienti della versione del 1993, Duelling Languages (e, tranne un articolo del 2001 scritto assieme a J. L. Jake, non viene citato nessuno dei molti importanti lavori successivi di Myers-Scotton, che hanno mutato sostanzialmente la configurazione del modello). Il MLF, nella sua versione attuale, è una teoria con la quale occupandosi di aspetti specifici della sintassi del co.-sw. non ci si può esimere dal confrontarsi (e che ha dato in effetti anche adito a un serrato dibattito con J. MacSwan, il principale studioso del co.-sw. nell’ambito del modello minimalista, al quale rettamente invece si fa più volte riferimento nel lavoro). Un altro studioso le cui vedute in tema di grammatica del code-mixing ci si sarebbe aspettati di vedere più ampiamente prese in conto è Auer; per tacere di altri autori che nell’ultimo quindicennio hanno significativamente contribuito al dibattito. In questo capitolo comunque viene anche discussa la possibile peculiarità che il problema della commistione di lingue assume nel comportamento linguistico di bambini nel periodo dello sviluppo della facoltà di linguaggio, che è quello su cui si incentra l’indagine; con la conclusione, a mio avviso sottoscrivibile, che «der kindliche Sprachwechsel mit 247 Besprechungen - Comptes rendus denselben Kriterien untersucht werden kann, wie der von erwachsenen Sprechern, wenn die Regeln der sich entwickelnden Grammatiken in bilingualem Kind berücksichtigt werden» (58). Nel capitolo 3 (60-142; sarà una svista il fatto che i paragrafi 3.1. e 3.2 rechino lo stesso titolo, «Datenbasis und methodisches Vorgehen») vengono accuratamente presentati, analizzati e discussi, con abbondanza di grafici e tabelle, i dati provenienti dallo studio longitudinale in cui si è concretizzata la ricerca; particolare attenzione è posta all’esame della frequenza e delle manifestazioni della commutazione nei sintagmi nominali, e al loro interno fra determinante e nome, in relazione a fattori come lo sviluppo dell’acquisizione, la dominanza di una lingua sull’altra, le coppie di lingue coinvolte. I risultati commentati talvolta appaiono ovvi (per es.: «Es liegt eine positive Korrelation zwischen den beiden Variablen Alter und MLU [lunghezza media degli enunciati] vor», 70; mentre non vi è correlazione fra l’aumento con l’età della lunghezza media degli enunciati e la quantità delle commutazioni, 84), ma risulta assai significativo che «der kindliche Sprachenwech[s]el nicht auf einer Erwerbsstrategie basiert», e che in generale «ist das Mischen der funktionalen Kategorie unabhängig von anderen Bereichen der grammatischen Entwicklung im bilingualen Kind» (130), e parimenti «ist unabhängig von der grammatischen Kompetenz in der schwachen Sprache der bilingualen Kinder» (132). Il lunghissimo capitolo 4 verte su «Theoretische Grundlagen zum Genus: Grammatiktheorie und Zielsysteme» (143-263), e costituisce quasi una monografia a sé stante sulla problematica del genere grammaticale sia quanto al suo funzionamento in generale sia quanto al suo comportamento nella struttura morfosintattica delle quattro lingue interessate. Vengono presentate e discusse le posizioni di diversi autori con differenti prospettive di ricerca e nella prospettiva teorica del modello generativo minimalista, che, come si è detto, è quello che fornisce il quadro di sfondo assunto da Eichler; in questo quadro, l’assegnazione e la marcatura del genere rappresentano uno dei tratti di accordo che devono «legittimare» in una certa fase del procedimento generativo di una frase le forme ottenute, ed obbediscono, per quanto riguarda l’interpretazione dei valori che devono essere assegnati al tratto, al «Sonde-Ziel-Modell» (probe-goal). Uno dei fatti più salienti per l’interpretazione dei risultati della ricerca è qui la constatazione che in italiano e spagnolo le desinenze nominali non recano in effetti informazione di genere, e quindi il genere fa già parte delle categorie sintattiche delle radici che vengono attivate nel lessico, mentre al contrario in tedesco e francese le radici non hanno genere e questo deve venire assegnato nella derivazione della frase. Sulla base di questa e di altre assunzioni connesse, l’autrice formula ipotesi circa quanto può o deve succedere nella commistione fra una lingua e un’altra; alla cui verifica in base ai propri dati empirici è dedicato il quasi altrettanto lungo capitolo 5 (261-348), che rappresenta la seconda parte dello studio longitudinale, e in cui sono esaminati a fondo i fattori che intervengono nell’assegnare il genere al determinante nella commutazione fra determinante e nome. Nella parte finale del capitolo è chiamato in causa anche l’interessante fenomeno della commutazione all’interno di parola, che nella direzione sviluppata dall’autrice può fornire spunti rilevanti in relazione al problema centrale del lavoro (non ci pare però qui che «das gemischte Partizip gebrûllt . . . ist die einzige gemischte Wortform, in der die Sprache zweimal gewechselt wird», 346: essendo il morfema del participio passato ge—t un circonfisso, esso non potrebbe distribuirsi diversamente che all’inizio e alla fine della radice; ma si tratta ovviamente di un unico morfema non scindibile, e quindi la parola risulta formata da una radice francese e un affisso tedesco, con un solo passaggio da una lingua all’altra). Un’ampia e argomentata «Diskussion der Untersuchungsergebnisse: Genus in der gemischten DP» costituisce il capitolo 6 (349-409). Dopo aver discusso diversi modelli inter- 248 Besprechungen - Comptes rendus pretativi dei fenomeni, fra i quali l’autrice ritiene come il più valido quello della cosiddetta Distributed Morphology, la trattazione approda a molte affermazioni rimarchevoli, fra cui ne citiamo ad es. una: «Die Wahrscheinlichkeit, dass ein bilingual deutsch-französisches Kind im Vergleich zu den anderen bilingualen Kindern häufiger auf das Genus des Äquivalents zugreift, ist größer, da es in beiden Sprachen Evidenz für genus-unvaluierte Wurzeln findet» (363). Nelle sei pagine di conclusioni che chiudono il grosso lavoro di Eichler, inevitabilmente in alcune parti ripetitivo, vengono ripresi i risultati più significativi dell’indagine (fra cui va segnalato almeno il seguente: «Die empirischen Befunde haben gezeigt, dass sich unabhängig von der formalen Genustransparenz eines Nomens das Genus der Determinante überwiegend nach dem Genus des Nomens in der gemischten NP richtet», 411), e vengono indicati possibili approfondimenti che potrebbero costituire sviluppi futuri dell’analisi condotta, per es. test sperimentali sui tempi di reazione in riferimento ai procedimenti morfologici di derivazione (non è però vero che nella suffissazione diminutiva in italiano «wird . . . kein Genuswechsel ausgelöst», 414: si veda per es. la scopa/ lo scopino; ed è dubbio che franc. muraille sia diminutivo di mur: se così, comunque, sarebbe lo stesso caso di ital. muro/ muraglia). Il volume (in cui si trovano molti Tippfehler, tutti però facilmente correggibili) è completato da 14 pagine di bibliografia e una ventina di pagine di appendice. Nel complesso, la fatica della lettura di questo lavoro (che avrebbe potuto essere mantenuto entro dimensioni più leserfreundlich, sintetizzando maggiormente le discussioni nei vari capitoli e evitando le ripetizioni di argomenti) è compensata dalla constatazione che si tratta di un bell’esempio di come la ricerca sugli aspetti morfosintattici del code-switching può avere ricadute effettive sulla migliore conoscenza e comprensione delle strutture delle lingue coinvolte e della stessa natura generale dei meccanismi della morfosintassi. Gaetano Berruto ★ Pia Stalder, Pratiques imaginées et images des pratiques plurilingues. Stratégies de communication dans les réunions en milieu professionnel international. Berne, etc. (Peter Lang) 2010, 401 p. Les études sur le plurilinguisme ont longtemps négligé le monde du travail si ce n’était pour focaliser sur la gestion des langues par les managers et la tendance à choisir l’anglais comme langue d’entreprise 1 . Pourtant, des études basées sur l’observation directe de pratiques réelles sont devenues de plus en plus nombreuses 2 . Les deux grands projets européens Li- 249 Besprechungen - Comptes rendus 1 Voir par exemple M. Vollstedt, Sprachenplanung in der internen Kommunikation internationaler Unternehmen. Studien zur Umstellung der Unternehmenssprache auf das Englische, Hildesheim 2002 ou C. Truchot (ed.), Sprachwahl in europäischen Unternehmen/ Choix linguistiques dans les entreprises en Europe/ Language choices in European companies, Tübingen 2009. 2 Voir entre autres: S. Cigada/ M. Matthey/ S. Gilardoni (ed.), Actes du Congrès VALS-ASLA, Communiquer en milieu professionnel plurilingue (Lugano, 14-16. 9. 2000), Lugano 2001; L. Mondada, «Ways of ‹Doing Being Plurilingual› in International Work Meetings», in: R. Gardner/ J. Wagner (ed.), Second Language Conversations, London 2007: 27-60; L. Mondada, «Le code-switching pour l’organisation de la parole-en-interaction», Journal of language contact 2004 (http: www.jlcjournal.org); S. Kameyama/ B. Meyer (ed.), Mehrsprachigkeit am Arbeitsplatz, Frankfurt a. M, etc. 2007; B. Apfelbaum/ B. Meyer (ed.), Multilingualism at work, Amsterdam 2010; L. Mondada/ L. Nussbaum (ed.), Interactions cosmopolites. L’organisation de la participation plurilingue, Limoges 2012.