Vox Romanica
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2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2012
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Kristol De StefaniMaurilio Pérez González/Estrella C. Pérez Rodríguez (ed.) Influencias léxicas de otras lenguas en el latín medieval/Influences lexicales d’autres langues sur le latin médiéval, León (Universidad de León y de Valladolid) 2011, 365 p.
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2012
Gerardo Larghi
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A loro volta Y. Frateschi Vieira, «Os olhos e o coraç-o na lírica galego-portuguesa» (193) e Mª do Rosário Ferreira, «Aquí, alá, alhur: reflexões sobre poética do espaço e coordenadas do poder na Cantiga de amigo» (209) hanno offerto due contributi alla conoscenza del vocabolario trobadoresco gallego-portoghese. Chiudono, infine, questo utile volume due interventi nei quali vengono avanzate proposte in merito a nuovi dizionari e glossari della lingua dei trovatori medievali. Il primo tra essi è dovuto a P. G. Beltrami, «Problemi e prospettive per i dizionari della lingua dei trovatori» (229), il quale, dall’alto della sua esperienza quale direttore dell’Opera del Vocabolario Italiano (OVI), dopo aver analizzato l’attuale panorama della lessicografia occitana, e guardato alle esigenze di ricercatori e utenti, conclude che da un lato «è necessario un nuovo dizionario di qualità scientifica che sostituisca il Lexique roman e il Supplement-Wörterbuch; dall’altro un dizionario maneggevole, scritto nella lingua degli utenti, che permetta di tradurre i testi ai non addetti ai lavori» (232). A sua volta M. Ferreiro, docente presso l’Università di La Coruña, nel suo contributo Sobre o proxecto Glosario crítico da lírica profana galegoportuguesa, ha presentato un progetto di costruzione «do glosario dicionarizado, contextualisado e exhaustivo, do corpus da lirica profana galego-portoguesa, constituido polas arredor de 1680 cantigas» (238). Il colloquio, e gli atti di cui ora disponiamo, dimostrano dunque la grande utilità che Dizionari, Glossari, Lemmari e strumenti informatici possono rivestire per chi voglia meglio comprendere il linguaggio lirico medievale europeo. Gerardo Larghi ★ Maurilio Pérez González/ Estrella C. Pérez Rodríguez (ed.) Influencias léxicas de otras lenguas en el latín medieval / Influences lexicales d’autres langues sur le latin médiéval, León (Universidad de León y de Valladolid) 2011, 365 p. Il volume che qui si presenta, contiene gli atti del Colloquio Internazionale che si è tenuto a León dall’1 al 3 giugno 2010, allorché per la quarta volta, dopo quelle di Parigi, Barcellona e Praga, si ritrovarono le équipes internazionali che lavorano intorno ai diversi progetti lessicografici di latino medievale oggi attivati in Europa. Tema del congresso erano le influenze esercitate dalle lingue «altre» sul latino medievale ma non sono mancati contributi nei quali gli studiosi hanno sottolineato la stretta relazione che esiste tra lessicografia e scienze storiche. A partire dal concreto caso del lemma planus, ad esempio, B. Bon nel suo saggio su «L’Influence des langues romanes sur le latin médiéval: L’exemple de planus» (21-32), rimarca l’utilità che per il linguista riveste la combinazione tra gli strumenti offerti dalla lessicografia e quelli più prettamente storici. In questa direzione si muove anche J. M. Díaz de Bustamante, «Aspectos léxicos de las cautelas y de lo cautelar en el latín medieval diplomático del reino de León y Galicia» (33-48), il quale fonda la propria indagine delle voci caveo (assente nel Du Cange), cautela/ cautio, sui materiali offerti dalle recenti, e sempre più adeguate, edizioni di cartulari. L’intervento di P. Tombeur, «Vt ita dicam et similia. Vulgarismes et néologismes» (345-65) affronta il problema del ruolo centrale che i più aggiornati e perfezionati software informatici, nello specifico caso il Database of Latin Dictionaries, svolgono nella ricerca lessicografica. Lo studioso belga mostra un esempio di tale fatto evidenziando le molteplici novità presenti nel Thesaurus di Sigeberto di Gembloux ed allargando poi il campo d’indagine attraverso un altro software di interrogazione dati (il Cross Database Searchtool for Latin Databases) alle prime attestazioni dei vocaboli vallone e constitura. A. Gómez Rabal, «Latinización constatada. Dudas y dificultades en el Glossarium 254 Besprechungen - Comptes rendus Mediae Latinitatis Cataloniae» (49-64), evidenzia le difficoltà davanti cui si muove il lessicografo che si trova confrontato a lemmi in attestazione unica e per di più presenti in opere dalla incerta tradizione manoscritta. La studiosa catalana ostenta un esempio di ciò attraverso l’indagine sui termini hapastici inseriti nella trentina di atti trascritti nella sua Historia de la villa de Áger, dallo storico settecentesco P. Sanahuja: il ricorso diretto alle fonti, laddove ancora esistenti, consente di determinare l’inesistenza di alcuni vocaboli, di meglio definire la semantica di altri lemmi o di precisarne l’epoca di apparizione. Un secondo consistente gruppo di contributi raccolti nel volume qui recensito riguarda i complessi rapporti intercorsi tra le lingue romanze (specificamente francese, italiano, leonese, castigliano) e il latino post-antico. P. Larson, «La componente volgare nel latino medievale d’Italia (Interferenze tra latino e volgare nella toscana medievale)» (79-94), si occupa del Latino circa romançum. In particolare egli indaga i latinismi e i volgarismi presenti nelle carte italiane tra VII e XII secolo. Lo studioso svedese, membro dell’équipe de L’Opera del Vocabolario Italiano, traccia brevemente un quadro dei volgarismi a partire da quelli onomastici, specifica quanta parte del vocabolario della quotidianità sia transitata dalla comunicazione orale alle carte notarili (e dunque al ricercatore contemporaneo), tenta di definire i rapporti tra lingua orale e lingua scritta nei rogiti della penisola (85-86). In «Leonesismos rurales en el latín medieval diplomático de Asturias y León (s. IX- 1230)» (181-204), M. Pérez studia i livelli di penetrazione della variante romanza leonese nel lessico latino, relativo a termini attinenti la vita rurale, attestato fino al 1230. La sua ricerca si concentra sulle interferenze di ordine semantico, pur non sottovalutando le interferenze di ordine fonetico. All’asturio-leonese è dedicato anche E. Pérez Rodríguez, «Tensión entre latín y romance en el latín medieval diplomático asturleonés (s. VIII-1230): El caso de quomodo» (205-36). La studiosa si concentra su quomodo, del quale indaga le grafie, la diacronia e i diversi valori, isolando le innovazioni rispetto al latino classico: la sua indagine attraverso le venti varianti grafiche e l’uso di questo avverbio relativo, evidenzia la permeabilità tra i sistemi linguistici latino e volgare romanzo (214). T. Städtler, «. . . Y se fecundaron mutamente. Observaciones sobre las interferencias entre el latín medieval y el francés medieval» (299-318), partendo dall’osservazione di un corpus delle Chartes de coutumes stese in Picardia tra XI e XIII secolo, rimarca l’esistenza di un nutrito gruppo di vocaboli latini che hanno subito l’evidente influsso della lingua romanza. In numerosi casi i lemmi sono evidenti francesismi rivestiti in latino, spesso con una semplice sostituzione di desinenza (es.: chevauqua s.f. ‘servizio militare a cavallo’ che ripresenta il francese chevauchee, che corrisponde lui al latino caballicata, o forragium [ fr. forrage], ma esiste anche un lat. foderagium), mentre meno presenti sono gli esempi di voci germaniche latinizzate tramite un suffisso, ovvero di voci oitaniche latinizzate tramite il suffisso -ata. L’appendice contiene l’analisi di 54 lemmi, con l’opportuno rinvio tanto alle fonti che alle voci relative ai singoli vocaboli contenute nei dizionari mediolatini e romanzi. Un altro gruppo di interventi è dedicato alle relazioni tra il latino e lingue volgari quali il celtico, l’arabo, il polacco, lo svedese, il ceco e il greco. A. Harvey, «Lexical Influences on the Medieval Latin of the Celts» (65-78) nel tracciare il bilancio dell’influsso che le lingue non latine ebbero sul celtico, rileva in particolare la significativa presenza di prestiti e calchi dall’ebreo (70), e il ruolo primario svolto dal greco soprattutto attraverso il linguaggio religioso e filosofico: in questo senso furono decisive le versioni dal greco che Giovanni Scoto, detto l’Eriugena, realizzò nel terzo quarto del IX secolo (71s.). A sua volta M. Niederer, «Germanic borrowings of the type guerra/ werra in the Mittellateinisches Wörterbuch (MLW)» (161-74) sottopone ad analisi i campi lessicali in cui sono collocabili i frutti di werra. E. Odelman nella sua comunicazione dedicata a 255 Besprechungen - Comptes rendus «Latin et suédois en interaction - Nouveaux exemples» (175-81), sottolinea la reciproca influenza, soprattutto nella lingua amministrativa, tra i due sistemi. M. Pörnbacher, «Les germanismes en latin médiéval. Emprunts et adaptations et leurs problèmes lexicographiques» (237-50), esamina la questione dei neologismi medievali nel medio latino tedesco: quasi il 45% dei vocaboli schedati nei volumi finora usciti del Mittellateinisches Wörterbuch sono formazioni lessicali nuove, in massima parte derivanti da antico francese e antico italiano (241). Il lavoro si sofferma però sui germanismi, i quali, pur minoritari, rappresentano comunque pur sempre il 5% delle neo-formazioni. I prestiti si situano a livello lessicale, semantico e sintattico e per ognuno di essi la studiosa fornisce esempi e modelli. Al termine della disamina, l’articolo ridimensiona grandemente il ruolo dei germanismi nel latino medievale tedesco, pur sottolineando come il ricorso a questi neologismi rispondesse alla necessità di «une expression précise et appropriée à son époque» ovvero a «un emploi occasionel ou usuel de terminologie» (249). Similmente, una serrata indagine su un gruppo di documenti giuridici autorizza M. Rzepiela, «La phraséologie juridique dans les textes médiévaux: l’influence du polonais» (267-76), ad isolare l’influsso esercitato dal polacco antico sul linguaggio giuridico latino medievale. La studiosa ceca Z. Silagiova, in «Spuren des Tschechischen in lateinischen Texten böhmischer Provenienz: Lehnübersetzungen» (277-98), ha evidenziato l’esistenza di un consistente numero di calchi lessicali latini da espressioni ceche. Un primo gruppo tra essi derivò da calchi totalmente nuovi e costruiti su analoghe espressioni del volgare; un secondo insieme invece derivò da formazioni già del latino classico, ma che subirono trasformazioni e modifiche in particolare di ordine semantico. Nel suo intervento «Ornamentales Griechisch im mittelalterlichen Latein» (319-44) P. Stotz ha relazionato sui risultati di una indagine da lui condotta su un corpus di vocaboli greci introdotti con funzione esornativa in testi mediolatini compresi tra il IX secolo e il basso Medioevo. Il luogo in cui si svolse il convegno internazionale, e la composizione dell’équipe che preparò i lavori, sono certamente all’origine del consistente numero di comunicazioni dedicate alla osservazione dei rapporti tra latino e lingue semitiche, in particolare l’arabo. Il primo contributo consacrato a questo tema è quello di P. Martínez Sopena, «Atiba y alfetena. Arabismos, sociedad y coyuntura en el reino de León alrededor del año 1000» (95-108), nel quale è posta l’attenzione sugli arabismi nel vocabolario sociale (99). Scarsamente attestati in ambito giuridico, dove più forte fu invece l’influsso della tradizione visigotica, essi furono ben presenti in ambito onomatopeico e commerciale. Il ricercatore si concentra su due lemmi, atiba e alfatena, cioè su tecnicismi allusivi a concrete e diffuse situazioni sociali (101), come furono la mediazione giudiziaria e la guerra civile, dei quali Martínez Sopena indaga i processi di assimilazione ad espressioni similari. Da rilevare la conclusione cui perviene in merito a alfatena ( fitna), che dal sema di «guerra aperta» si adattò a divenire «un sinonimo de ‘tomar partido, ejercitando su fidelidad al servicio de su señor’» (107). Quanto a J. F. Mesa Sanz «Raphalli et alcheriae, barracae sive patua. Términos de habitación humana en el latín medieval del reino de Valencia» (109-36), egli ha esplorato il lessico delle abitazioni e specificamente il campo semantico di habitacio nei documenti valenciani (113). La ricerca di A. Montaner Frutos, avente per oggetto «L’intégration des emprunts arabes en latin médiévale [sic] (d’après la documentation léonaise)» (137-60), ha esteso il proprio campo di analisi dalla sola semantica alla morfologia, in particolare per quanto attiene l’integrazione delle parole arabe nella lingua iberica romanza. A partire dal XII e XIII secolo i prestiti furono sentiti come pienamente appartenenti alla lingua leonese e in quanto tali essi seguirono le norme della seconda e della terza declinazione (148). Questo fenomeno corse parallelo alla «la prise de conscience des chroniqueurs de la distinction entre la langue latine et le vernaculaire» (149), e fu prodromico a «l’apparition de textes purement romanes [sic] hispaniques» (149). Montaner Frutos propone poi un parallelismo tra l’evoluzione 256 Besprechungen - Comptes rendus dal latino al romanzo e la situazione sociolinguistica dell’arabo medio (150-52), giungendo ad ipotizzare l’esistenza nel Medioevo non di una bipolarità latino - romanzo, bensì di una interazione di norme tra i due sistemi (157). Passando quindi ad una analisi della Historia Roderici, il ricercatore propone una identificazione tra il latino più alto del narratore e quello più basso dei personaggi: i due registri dipenderebbero dunque non dalla competenza dello scrittore o dei copisti bensì sarebbero lo specchio della realtà coeva. Nel suo intervento C. M. Reglero de la Fuente, «Algunos arabismos de la documentación asturleonesa relacionados con la descripción del espacio: alfoz, aldea, alcázar y almunia» (251-66), ha messo sotto la lente quattro vocaboli (alfoz, aldea, alcázar, almunia) di origine araba e inerenti alla descrizione dello spazio. Due di essi, alfoz e almunia, compaiono nella documentazione leonese e asturiana fin dal X secolo, mentre occorre attendere quasi duecento anni più tardi per vedere comparire gli altri due: accanto all’evoluzione diacronica l’esame della documentazione consente anche di verificare l’impiego diatopico dei lemmi. L’autore ne desume che gli arabismi furono introdotti nella lingua leonese in due distinti momenti, e che in questo processo ebbero una parte fondamentale le relazioni con gli arabofoni della regione. Gli equivalenti latinismi (alfoz = territorium; aldea = villa; almunia = ortus; alcázar = turris/ castellum), non sostituirono mai completamente il corrispondente vocabolo arabo poiché «esta equivalencia es aproximada y la palabra romance tiene un significado algo diferente» (266). Esemplare in questo senso proprio il caso di alfoz: è vero che territorium indica genericamente uno spazio, ma alfoz «se refiere sólo a aquellos dependientes de un castillo y villa, cuyo tenente ejerce la jurisdicción y fiscalidad regia» (266). Gerardo Larghi Italoromania Claudio Gigante/ Giovanni Palumbo (ed.), La tradizione epica e cavalleresca in Italia (XII- XVI sec.), Bruxelles (P. I. E. Peter Lang) 2010, 357 p. (Destini Incrociati 3) Wie die beiden Herausgeber in ihrem Vorwort (9s.) darlegen, ist die italienische Ritterepik, von den in Oberitalien zirkulierenden französischen Texten über die franko-italienische Epen bis hin zu den großen Renaissance-Autoren, noch immer nicht erschöpfend untersucht, und auch eine Gesamtdarstellung dieses Literaturkomplexes steht deshalb weiterhin aus. Der vorliegende Sammelband beansprucht nicht, diese Lücke zu schließen, aber will einige Bausteine zu diesem Unternehmen beisteuern sowohl durch die Vorlage von neuen Interpretationen von bekannten Texten als auch dadurch, dass er die Aufmerksamkeit auf bisher vollkommen oder weitgehend vernachlässigte Texte lenkt. Die 14 Beiträge sind das Ergebnis eines internationalen Kolloquiums, das vom 19. bis 21. Dezember 2007 an den Facultés de Notre-Dame de la Paix in Namur und an der Université Libre in Brüssel stattgefunden hat; sie werden abgerundet durch eine Schlussbilanz von Altmeister Cesare Segre. Maria Careri, «Epica francese in Italia: due schede» (11-18), betont einleitend, dass die mittelalterlichen Zeugen für die Bedeutung der französischen Epik in Italien in kodikologischer Hinsicht noch wenig untersucht seien. Sie nimmt deshalb ihre früheren Untersuchungen zu in Italien kopierten französischen Manuskripten wieder auf. An erster Stelle befasst sie sich mit dem Oxforder Codex Bodleian Canon. 63, der den Girart de Roussillon enthält. Die Datierungen reichen vom Ende des 12. bis zum Anfang des 14. Jh.; seit der Ausgabe des Textes von Mary Hackett (SATF, 1950-55) ist die Datierung auf die 1. Hälfte des 13. Jh. allgemein akzeptiert. Eine neue und detaillierte paläographische Untersuchung veranlasst Careri jedoch, zu der Datierung von Paul Meyer aus dem Jahr 257 Besprechungen - Comptes rendus
