Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2012
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Kristol De StefaniGiampaolo Salvi/Lorenzo Renzi (ed.), Grammatica dell’italiano antico, 2 vol., Bologna (Il Mulino) 2010, 754 e 990 p.
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Francesco Crifò
Wolfgang Schweickard
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Giampaolo Salvi/ Lorenzo Renzi (ed.), Grammatica dell’italiano antico, 2 vol., Bologna (Il Mulino) 2010, 754 e 990 p. L’oggetto della Grammatica dell’italiano antico è l’analisi grammaticale strettamente sincronica di una determinata tappa storica dell’italiano. La varietà linguistica selezionata è il fiorentino antico, la finestra cronologica va dal Dugento al primo Trecento. Per questa impostazione metodologica l’opera si distingue nettamente dalle grammatiche storiche tradizionali dell’Italoromania (Meyer-Lübke, Rohlfs, Tekav č i ć , Maiden, Castellani) che descrivono i fenomeni grammaticali in prospettiva diacronica. Per la scelta dei singoli fenomeni grammaticali e per la metodologia delle analisi serve da modello la Grande grammatica di consultazione curata da Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti (3 vol., Bologna 2001). All’epoca di Gerhard Rohlfs la realizzazione di un simile progetto non sarebbe stata possibile. Solo oggi, grazie alle banche dati moderne che danno accesso immediato alla quasi totalità dei testi superstiti dell’italiano antico, siamo in grado di elaborare analisi dettagliate di singole tappe storiche in singole aree linguistiche. Il progetto più significativo in materia è la banca dati dell’Opera del Vocabolario Italiano (OVI), elaborata sotto la direzione di Pietro Beltrami 1 . Il corpus OVI rende accessibili in rete, sulla base delle migliori edizioni, tutti i testi italiani disponibili fino al 1375. In una prima fase, gli autori della Grammatica dell’italiano antico si sono fondati su una selezione ristretta dal corpus OVI, operata con rigidi criteri filologici e testuali (affidabilità della tradizione, fiorentinità della redazione, omogeneità linguistica). Questo corpus primario si compone di 21 testi, illustrativi dei diversi generi testuali e letterari, il cui elenco è consultabile alle p. 1551s. della Bibliografia o in versione digitale (corpus taurinense) in rete 2 . I dati ricavati sulla base di questi testi sono poi stati verificati e illustrati su un’altra serie di testi, ampliata fino a includere tutti i documenti duecenteschi dell’OVI. In alcuni capitoli, a detta dei curatori (10), si possono riconoscere tracce di questo procedimento. In un secondo momento, però, gli autori hanno optato per un’estensione della base empirica a tutti i testi fiorentini del Duecento fino al 1300 circa, termine cronologico aggirato infine sino a comprendere il primo quarto del Trecento (cf. Lorenzo Renzi, «Il Progetto Italant e la grammatica del corpus», Verbum 4/ 2 (2004): 271s.). Non sono stati esclusi a priori né i testi in versi, considerati portatori di variabili diafasiche minime e solitamente segnalate negli articoli, né tanto meno l’insieme delle fonti letterarie o paraletterarie: un corpus di soli testi pratici, oltre a costituire un supporto documentario insufficiente, sarebbe stato di scarsa utilità per un’analisi prevalentemente incentrata sulla sintassi. Una delle fonti principali nell’esemplificazione (52 su 123 citazioni nel capitolo xxxvii) è proprio una fonte letteraria, il Novellino. Le questioni di filologia editoriale sono state generalmente presupposte come già risolte a monte. Un tale criterio appare giustificato dall’alto livello delle edizioni considerate e dagli ulteriori interventi operati dall’OVI. Alcuni aspetti filologici, se hanno ricadute immediate sul tema trattato, vengono illustrati anche piuttosto diffusamente (cf. ad es. 1345 N1). Gli autori si limitano altrimenti a modifiche puntuali relegate a pié di pagina, e ispirate più a una resa trasparente delle strutture grammaticali in esame che alla fedeltà al testo originale (cf. ad es. 1352 N2, nella quale si informa senza ulteriori commenti dello spostamento di un punto interrogativo nel brano riportato a testo). Decisioni di questo tipo, con la loro distanza da uno spirito filologico, sono coerenti con l’impostazione del progetto, affidato a «linguisti-linguisti» anziché a «linguisti-filologi» come di norma si è fatto finora in relazione all’italiano antico (cf. Lorenzo Renzi, «Italant. Come e perché una grammatica dell’italiano antico», Lingua e stile 35 (2000): 727s.). 276 Besprechungen - Comptes rendus 1 http: / / artfl-project.uchicago.edu/ content/ ovi-search-form. 2 http: / / www.bmanuel.org/ projects/ ct-HOME.html. Come già accennato, vengono presi in considerazione innanzitutto fenomeni sintattici, morfosintattici e testuali. L’opera si articola in 42 capitoli principali: I. L’ordine delle parole e la struttura della frase (P. Benincà/ C. Poletto, 27-75), II. La struttura argomentale dei verbi (E. Jezek, 77-122), III. La realizzazione sintattica della struttura argomentale (G. Salvi, 123-89), IV. Costruzioni predicative con predicati non-verbali (G. Salvi, 191-239), V. Le strutture coordinate (P. Molinelli, 241-71), VI. La struttura del sintagma nominale (A. Giorgi/ G. Giusti, 275-96), VII. L’articolo (L. Renzi, 297-347), VIII. I dimostrativi (L. Vanelli, 349- 57), IX. I possessivi (G. Giusti, 359-75), X. Le espressioni di quantità (G. Giusti, 377-400), XI. I pronomi personali e riflessivi (V. Egerland/ A. Cardinaletti, 401-67), XII. La frase relativa (P. Benincà/ G. Cinque, 469-507), XIII. Il verbo (M. Squartini, 511-45), XIV. L’accordo (G. Salvi, 547-68), XV. La negazione (R. Zanuttini, 569-82), XVI. L’espressione della modalità (M. Squartini, 583-90), XVII. Il sintagma aggettivale (G. Giusti, 593-616), XVIII. Il sintagma preposizionale (A. Andreose, 617-714), XIX. Il sintagma avverbiale (D. Ricca, 715- 54), XX. Le strutture subordinate (L. Meszler/ B. Samu/ M. Mazzoleni, 763-89), XXI. Frasi subordinate al congiuntivo (S. Vegnaduzzo, 791-816), XXII. Frasi subordinate all’infinito (V. Egerland/ M. Cennamo, 817-79), XXIII. Frasi subordinate al participio (V. Egerland, 881-901), XXIV. Frasi subordinate al gerundio (V. Egerland, 903-20), XXV. La concordanza dei Tempi (M. Squartini, 921-38), XXVI. Frasi subordinate argomentali (G. Salvi, 939-51), XXVII. Frasi subordinate avverbiali (L. Zennaro/ M. Barbera/ M. Mazzoleni/ M. Pantiglioni/ D. Cappi, 953-1134), XXVIII. La comparazione (A. Belletti, 1135-143), XXIX. La frase interrogativa (N. Munaro, 1147-85), XXX. La frase esclamativa (P. Benincà/ N. Munaro, 1187-98), XXXI. Frasi iussive (L. Renzi, 1199-210), XXXII. Frasi ottative e augurative (L. Renzi, 1211-18), XXXIII. Le profrasi (G. Bernini, 1219-43), XXXIV. La deissi (L. Vanelli/ L. Renzi, 1247-304), XXXV. Il vocativo (L. Renzi, 1305-12), XXXVI. Il discorso riportato (G. Ferraresi/ M. Goldbach, 1313-35), XXXVII. I segnali discorsivi (C. Bazzanella, 1339-57), XXXVIII. Le interiezioni (N. Munaro, 1359-67), XXXIX. Ellissi (C. Marello, 1369-86), XL. Morfologia flessiva (N. Penello/ P. Benincà/ L. Vanelli/ R. Maschi, 1389-491), XLI. La formazione delle parole (A. Bisetto, 1493-511), XLII. Fonologia (P. Larson, 1515- 46). Per illustrare il metodo applicato dalla Grammatica dell’italiano antico scegliamo l’esempio del capitolo XIV sull’Accordo (547-68). Preliminarmente vengono riassunte brevemente le regole generali, anche per quanto riguarda la situazione dell’uso moderno. L’analisi si concentra (1.) sull’Accordo tra soggetto e predicato (549-61) e (2.) sull’Accordo del participio perfetto (561-68). Il primo gruppo è suddiviso nei seguenti sottocapitoli: 1.1. Soggetti coordinati, con esempi, fra l’altro, di mancata concordanza di numero se i soggetti coordinati esprimono un concetto unitario (n° 8: «. . . sse ll’uomo e lla femina nonn avesse peccato . . .»: uomo + donna = il genere umano), o con accordo con il soggetto più vicino al verbo se i soggetti sono di numero o di genere diverso (n° 10: «. . . le robe e l’argento fallìo . . .»); 1.2. Soggetti quantificati, col verbo al plurale nel caso della struttura espressione di quantità sing. + di + SN pl. (n° 36: «. . . e anchora parte di loro ne furono presi da’ Turchi»), col verbo al singolare nel caso della struttura quantificata uno di SN pl. seguita da una relativa (n° 39: «. . . era una delle più belle creature che mai dalla natura fosse stata formata . . .»), con comportamenti alternanti e variamente categorizzabili nei casi di l’uno e/ né l’altro, di ognuno, e di soggettive implicite con soggetto generico rette da verbi impersonali; 1.3. Soggetti collettivi (compagnia, gente, oste, ecc.), con alternanza del verbo tra singolare e plurale (n° 46: «La gente si meraviglioe molto . . .», vs. n° 47: «. . . la famiglia, volendoli bene, l’insegnaro campare [gli suggerirono il modo di salvarsi] . . .»); 1.4. Soggetti postverbali, con vari tipi di accordo di genere o di numero tra soggetto e verbo (n° 54c: «. . . m’è intervenuto una gran disaventura», n° 54d: «Quivi fue grandissime battalgle . . .»); 1.5. L’accordo tra soggetto e complemento predicativo (n° 63b: «. . . elli sono la corona tua . . .», n° 65a: «. . . una gra- 277 Besprechungen - Comptes rendus gnuola [grandine], che parea çopelli [zoccoli] d’acciaio»), 1.6. Frasi predicative, specificative e identificative, per esempio il caso di è SN quegli che, in cui «il verbo della relativa non si accorda alla 3. pers. sing. con l’antecedente quegli, ma si accorda con il SN focalizzato, come il verbo essere» (561) (n° 72: «. . . son io quelli ke ll’ucisi»). Le regole che caratterizzano l’uso dell’Accordo del participio perfetto vengono trattate nei sottogruppi 2.1. Il participio perfetto nelle perifrasi verbali (n° 84: «. . . vedi quanti peccati / io t’aggio nominati . . .», n° 85c: «. . . le pietre c’avea donate allo ’mperadore») e 2.2. Il participio perfetto nelle frasi subordinate al participio (n° 100b: «. . . poi, entrati nella Terra Sancta, quivi molte bactaglie victoriosamente feciono . . .»). Ne risulta un’impressione di grande varietà, come è logico aspettarsi da una parlata volgare tardomedievale, sostanzialmente ignara di impulsi normativi, come quella che si cerca di ricostruire in quest’opera. Un altro capitolo, quello dedicato ai Segnali discorsivi (XXXVII, 1339-57), apre la sezione dedicata ai Fenomeni testuali, una delle più innovative dell’opera nel panorama degli studi sull’italiano antico. Si deve probabilmente a questa originalità la dettagliata descrizione dell’oggetto che si incontra nella prima delle due parti del capitolo (gruppo 1. Generalità dei segnali discorsivi), articolata in 1.1 Definizione, 1.2 Caratteri sintattici, 1.3 Caratteristiche distribuzionali, 1.4 Correlazione con il genere di testo (testimonianza del programmatico rispetto degli autori per l’eterogeneità delle loro fonti dal punto di vista stilistico-testuale). Punto di partenza è ancora una volta la Grande grammatica di consultazione (vol. 3, v), rispetto alla quale qui si amplia la trattazione delle funzioni metatestuali, sacrificando al contrario, ovviamente, quanto afferisce all’oralità (1341). Il corpo del capitolo si articola in base al criterio funzionale (2. Funzioni), scelta obbligata per un raggruppamento che interessa più categorie grammaticali. Dopo un paragrafo preliminare (2.1 Polifunzionalità dei segnali discorsivi), si introducono le Funzioni interattive dei segnali discorsivi, allocutività e dialogicità (2.2): il paragrafo è corredato di una tabella che discrimina le funzioni interattive del parlante (categoria che comprende la voce narrante dell’autore) da quelle dell’interlocutore (nelle sezioni dialogiche di testi narrativi). Pertengono alla prima partizione (2.2.1 Dalla parte del parlante) la Presa di turno (2.2.1.1.; n° 9: «La moglie li si fece incontro con gran festa e cominciò a dire: ‹Ben vegnate [siate il benvenuto], il signor mio: che novelle [notizie (avete)]? ›»), la Richiesta di attenzione (2.2.1.2.; n° 17: «A queste parole rispuose la Filosofia, e disse: - Intendi, figliuole [figliolo], il detto mio . . .»), i Fatismi (2.2.1.3.; n° 31: «Non sai tu che lo mondo, / si poria dir non-mondo [immondo, impuro] . . .»), i Meccanismi di modulazione e/ o di intensità (2.2.1.4.; n° 41: «Questo è lo ’mperadore e segnore di tutta l’oste [esercito] di Vizî, e ha quasi sotto sé tutto il mondo . . .»), e i segnali attraverso i quali il parlante dichiara l’intenzione di Cedere il turno (2.2.1.5.; n° 62: «. . . dissero a lui: ‹Dinne, cavaliere errante, in fede di cavalleria: qual è miglior cavaliere . . .? ›»). Sono prevedibilmente più ridotte, e sottocategorizzate in modo meno articolato, le funzioni Dalla parte dell’interlocutore (2.2.2.): 2.2.2.1. Acquisizione di conoscenza, richiesta di spiegazione (n° 64: «‹Tu non hai sognato, anzi combattuto; e se’ isconfitto›. E lo re aguardò l’angelo e disse: ‹Come può essere? Io avea tre cotanta gente [truppe tre volte più numerose] di lui! Perché m’è avenuto? ›); 2.2.2.2. Accordo - disaccordo / conferma - mancata conferma (n° 68: ‹Ciò non può essere› disse lo ’mperadore, ‹che uomo vecchio dicesse così grande villania, così ignuda [priva] di senno›. ‹Messer, e pur fue› . . .). Il materiale relativo ai segnali metatestuali è decisamente ricco, anche in virtù della natura scritta del corpus (2.3. Funzioni metatestuali dei segnali discorsivi): particolarmente vari risultano i Demarcativi (2.3.1.): l’autore fornisce svariati esempi relativi all’Articolazione in parti (2.3.1.1, ulteriormente articolato in 2.3.1.1.1. Introduzione / presentazione, 2.3.1.1.2. Transizione, 2.3.1.1.3. Elenco, 2.3.1.1.4. Conclusione, cf. n° 74 a proposito di un segnale macrotestuale: «Qui parla [si parla] d’uno filosofo lo quale era chiamato Diogene»), agli Indicatori di discorso riportato (2.3.1.2; n° 97: «Dice Tulio [Cicerone] che inventio è quella scienzia per la quale noi sapemo trovare cose vere . . .») e ai Rimandi anaforici e 278 Besprechungen - Comptes rendus cataforici (2.3.1.3, suddiviso in 2.3.1.3.1. Rimando anaforico e 2.3.1.3.2. Rimando cataforico; cf. n° 109: «Davit, tu ha’ peccato. Così ti manda a dire lo Signore tuo . . .»). Chiudono la sezione i Focalizzatori (2.3.2.; n° 117: «Sì come elli parlava tra lloro [egli parlava con loro] di sì grande maraviglia, et ecco venire subbitamente [improvvisamente] uno gridare in ê ll’aria [nell’aria] . . .») e gli Indicatori di riformulazione (2.3.3., scrupolosamente distinti in: 2.3.3.1. Indicatori di parafrasi, 2.3.3.2. Indicatori di esemplificazione e 2.3.3.3. Indicatori di correzione; cf. n° 119: «. . .ché ’l capo m’avea ornato di quattro sensi principali, cioè di vedere e d’udire e d’odorare e di saporare . . .»). Sarebbe senz’altro interessante paragonare i fenomeni analizzati con le strutture dell’italiano colloquiale moderno che presenta alternanze simili. La massima dell’impostazione sincronica implica però che non vengono prese in considerazione né le epoche anteriori (latino classico, tardo e medievale) né le epoche successive. Mediante un confronto col rispettivo capitolo (§725, limitato all’accordo del participio) della Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (3 vol., Torino 1966-1969) di G. Rohlfs si possono mettere in evidenza le principali differenze tra le due opere. A causa dell’impostazione diacronica e dell’ambito geolinguistico più ampio, la descrizione di Rohlfs è meno specifica per la lingua delle origini. D’altro lato, le osservazioni di Rohlfs servono a integrare la Grammatica dell’italiano antico per quanto riguarda la situazione del latino («domum constructam habeo»), delle altre aree geolinguistiche (salent. hai ccueti li sordi? ‘hai raccolto i soldi? ’) e delle epoche posteriori («aveva rubati danari» in Machiavelli, «Lucia aveva avute due buone ragioni» o «era una delle molte cose che aveva studiate» in Manzoni). Più vicina in linea di principio, per la sua impostazione strutturalista, è la Grammatica storica dell’italiano di P. Tekav Č i Ć (3 vol., Bologna 1972), in particolare il secondo volume dedicato alla morfosintassi. Tuttavia anche qui, come in Rohlfs, la problematica dell’accordo si restringe in sostanza al participio, e il riferimento storico a cui contrapporre l’italiano moderno, vero protagonista della trattazione, è per lo più il solo latino tardo, con la significativa eccezione del §1181. Oltre alla sintassi e alla morfosintassi, anche altri settori della grammatica vengono presi in considerazione, ma meno dettagliatamente. Il capitolo sulla Formazione delle parole (1493-511) per esempio risulta molto (anzi troppo) breve. Anche in prospettiva sincronica, per una presentazione appropriata ci vorrebbero esempi e datazioni, analisi tipologiche e funzionali dei singoli elementi di formazione, e informazioni sulla loro produttività. Benché redatti da parecchi autori diversi, i singoli contributi sono abbastanza omogenei nella forma e nella struttura. Le sviste sono rare (da correggere nell’Indice 359 invece di 349 per il cap. IX; a p. 549 «sotto punto e» anziché «sotto punto c»). La ricca bibliografia è ordinata sistematicamente secondo la successione dei capitoli tematici. Un indice dettagliato dei termini e uno di tutti i capitoli e sottocapitoli rendono facilmente accessibili le singole sezioni dei due volumi. La monumentale opera possiede un grande potenziale innovativo. Dalla concentrazione su una determinata tappa cronologica risultano analisi molto dettagliate. Per alcuni settori, la gamma dei fenomeni descritti viene allargata notevolmente in confronto alle grammatiche tradizionali (particolarmente interessanti i capitoli dedicati ai Fenomeni testuali), mentre altri fenomeni rimangono da approfondire (Formazione delle parole). S’intende che anche i capitoli che si presentano ancora a uno stadio di abbozzo costituiscono una base preziosa per ulteriori studi più dettagliati. L’impostazione metodologica strettamente sincronica risulta appropriata allo scopo, benché di volta in volta sarebbero gradite osservazioni supplementari di tipo diacronico. Per quanto riguarda la situazione dell’italiano moderno alla quale ci si riferisce regolarmente, sembrerebbe sensato non limitarsi alla lingua dell’uso comune, ma prendere in considerazione anche le tante varietà substandard in cui è presente un buon numero dei fenomeni che caratterizzano le epoche antiche. Indagini 279 Besprechungen - Comptes rendus simili su altre tranches cronologiche tra Medioevo e Modernità sono auspicabili. Saranno però più difficilmente realizzabili, visto che soprattutto per il periodo dal Quattrocento all’Ottocento gli studi e le banche dati esistenti sono molto meno numerosi che per l’italiano antico, e che la quantità delle fonti testuali aumenta enormemente dopo il XIV secolo. Tutto sommato, la Grammatica dell’italiano antico è un’opera pionieristica impressionante che costituisce una pietra miliare nella storia dell’analisi grammaticale dell’italiano. Francesco Crifò / Wolfgang Schweickard ★ Christine Konecny, Kollokationen. Versuch einer semantisch-begrifflichen Annäherung und Klassifizierung anhand italienischer Beispiele, München (Martin Meidenbauer) 2010, 709 p. Il titolo e il lungo sottotitolo del volume non solo ne enunciano con chiarezza il tema principale, ma già suggeriscono l’approccio privilegiato dall’autrice per affrontarlo: si tratta infatti di un ampio lavoro sulle collocazioni, esaminate da più punti di vista, e indagate in modo particolarmente approfondito e originale soprattutto nelle loro caratteristiche semantiche, sulla base dell’analisi di una vasta raccolta di esempi italiani, che ne permette una classificazione in diversi tipi. Proprio la focalizzazione degli aspetti semantici, studiati su un ampio corpus di collocazioni in italiano, rende il lavoro di Christine Konecny di particolare interesse, in quanto viene a colmare una lacuna nella letteratura sull’argomento, che infatti sino a oggi nella linguistica italiana è stato solo marginalmente trattato, mentre ha ricevuto attenzione da parte di numerosi studiosi, soprattutto in area inglese e tedesca. A questo proposito, si nota che anche il lavoro presentato nel volume nasce all’interno di un progetto più ampio, che coinvolge diversi ricercatori, in corso all’Università di Innsbruck 1 . I capitoli principali (il sesto e il settimo), dedicati rispettivamente all’analisi morfosintattica e semantico-concettuale delle collocazioni e alla loro classificazione, si inseriscono in una struttura ampia e ben articolata: l’autrice infatti, dopo un primo capitolo di introduzione al lavoro, dove si trovano osservazioni sulla terminologia proposta per riferirsi a diversi tipi di sequenze coese di parole, presenta nel secondo capitolo le principali ricerche sul tema sviluppate in Europa negli ultimi decenni, dandone una sintesi chiara e puntuale, con riferimento agli studi più significativi di Bally, di Porzig, di Coseriu, della scuola inglese con Firth, Halliday, Sinclair, di Hausmann, di Benson, di Irsula-Peña. Le proposte di Hausmann in particolare sono riprese nel breve terzo capitolo per la definizione delle collocazioni come strutture binarie (Basis + Kollokator; p.e. acqua bevibile, dove acqua è Basis e bevibile è Kollokator) 2 , e si ritrovano anche nel quarto capitolo, dove vengono proposti i criteri in base ai quali distinguere questo tipo di costruzioni rispetto ad altri tipi di sequenze lessicali ristrette, come frasi idiomatiche, co-occorrenze, composti (rispetto a quest’ultima delicata distinzione, cf. la discussione alle p. 148-49 sulla differenza tra il rapporto che si instaura nei composti tra determinatum e determinans e il rapporto tra Basis e Kollokator nelle 280 Besprechungen - Comptes rendus 1 Kollokationen im Italienischen. Il progetto, diretto da Heidi Siller Runggaldier, sviluppa la ricerca sul tema nell’ambito della linguistica teorica, con speciale attenzione alla prospettiva comparativa tra diverse varietà e tra lingue diverse. Nel quadro di tale progetto sono state sinora discusse diverse tesi di laurea e sono stati recentemente presentati vari interventi in occasione di convegni internazionali. 2 F. J. Hausmann, «Was sind eigentlich Kollokationen? », in: K. Steyer (ed.), Wortverbindungen - mehr oder weniger fest, Berlin 2004: 309-34.
