eJournals Vox Romanica 71/1

Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2012
711 Kristol De Stefani

Carlo Enrico Roggia, Le frasi scisse in italiano. Struttura informativa e funzioni discorsive, Genève (Slatkine) 2009, 189 p.

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Ignazio  Mauro Mirto
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Carlo Enrico Roggia, Le frasi scisse in italiano. Struttura informativa e funzioni discorsive, Genève (Slatkine) 2009, 189 p. Le costruzioni che sono oggetto di analisi nel volume qui recensito prendono il nome di «scisse» (cleft constructions). Nelle etichette sia inglese che italiana la presenza del participio passato ha ragioni che sono chiare e in genere condivise. Si tratta infatti di strutture che appaiono bi-proposizionali, formate da una principale e da una subordinata, cui sovente corrisponde una proposizione semplice la quale sembra aver subito, appunto, una scissione (ad es. Giovanni invitò Luigi → Fu Giovanni a invitare Luigi, Fu Giovanni che invitò Luigi). Tale scissione produce la messa in rilievo di uno dei costituenti (in entrambi gli esempi dati tale costituente è il soggetto Giovanni; esistono casi con messa in rilievo di due costituenti, cf. N16). Con il termine «corrispondere» sopra utilizzato si fa in genere riferimento, talvolta esplicitamente talaltra implicitamente, (a) al materiale linguistico che la costruzione scissa (CS) e la sua (eventuale) controparte non scissa condividono, (b) al contenuto semantico che le due frasi veicolano, e (c) ai valori di verità che esse esprimono, giacché la verità della CS implica logicamente la verità della controparte non scissa 1 . Tuttavia, le costruzioni scisse esprimono un contenuto presupposto (negli esempi è Qualcuno invitò Luigi) che risulta assente nella controparte non scissa, il cui contenuto è solo asserito. Come recita il sottotitolo del volume, l’attenzione dell’A. è dedicata alla struttura informativa (information structure, information packaging) e alle funzioni discorsive delle CS, senza per questo trascurarne la semantica. Ciò rende conto della marginalità, nel volume, dell’analisi sintattica di tali tipi proposizionali (si noti però che a più riprese l’A. parla di «scissione sintattica») e, conseguentemente, dell’assenza in bibliografia di una messe di lavori, soprattutto sulle cleft constructions in inglese (per le pseudoscisse si veda ad es. la vasta bibliografia in den Dikken 2006 2 ), tra le quali quella di Declerck 1988 3 , che, sempre per l’inglese, non trascura alcuni degli aspetti privilegiati dall’A. Il volume è diviso in quattro parti, qui di seguito trattate nell’ordine con cui esse sono presentate nel volume. Opportune, se non indispensabili, sono alcune precisazioni inserite nell’introduzione (9-10), riguardanti l’instabilità concettuale e l’incertezza terminologica che affliggono gli studi sulla cosiddetta struttura informativa, come già notato da non pochi ricercatori (tra gli altri, Chafe 1992: 15, Gundel 1988: 209, Kotschi 2006: 677, Sornicola 2006: 766, Mirto 2009: 155 4 ). Nella prima parte, destinata al censimento delle CS, l’A. porta a termine due necessarie operazioni preliminari: da un lato, egli fornisce una definizione di CS, dall’altro stila una tassonomia di costruzioni che, come mostra l’utile tabella riassuntiva (19), è articolata in nove gruppi che includono ben 23 tipi distinti. Tra questi, quattro rientrano nelle interrogative, mentre i rimanenti 19 sono costruzioni dichiarative, delle quali 13 sono identificative (sette a focus iniziale, sei a focus finale), tre presentative e tre di tipo misto. Ai primi quattro tipi, 283 Besprechungen - Comptes rendus 1 Usiamo qui i termini «implicare logicamente, implicazione logica» nel senso dell’inglese entail(ment). V. Hurford, J. R./ B. Heasley, Semantics. A coursebook. Cambridge 1983: 107. 2 M. Den Dikken, «Specificational copular sentences and pseudo-clefts», in: M. Everaert/ H. van Riemsdijk (ed.), The Blackwell Companion to Syntax, vol. iv, Oxford 2006: 292-409. 3 R. Declerck, Studies on Copular Sentences, Dordrecht 1988. 4 W. Chafe, «Information flow», in: W. Bright (ed.), International Encyclopedia of Linguistics, vol. 2, New York/ Oxford 2 2006: 215-18; J. K. Gundel, «Universals of topic-comment structure», in: M. Hammond/ E. A. Moravcsik/ J. R. Wirth (ed.), Studies in Syntactic Typology, Amsterdam/ Philadelphia: 209-42; T. Kotschi, «Information structure in spoken discourse», in: Encyclopedia of Language and Linguistics, vol. 5, op. cit.: 677-83; R. Sornicola, «Topic and comment», in: Encyclopedia of Language and Linguistics, vol. 12, op. cit.: 766-73; I. M. Mirto, «Do-support in a Sicilian variety, an Italian pseudo-cleft, and the packaging of information», in: L. Mereu (ed.) Information Structure and its Interfaces, Berlin/ New York 2009: 153-68. che l’A. denomina Frasi Scisse (FS), sono interamente dedicate le ultime tre parti del volume. L’attenzione è rivolta anche ad un altro tipo proposizionale che in letteratura è stato assimilato alle CS. Si tratta di costrutti che appaiono sempre bi-proposizionali, per i quali viene coniata l’etichetta «Costruzioni Rivestite» (CR), ad es. (C’)è + Ecco che Maria esce. In queste costruzioni manca un vero e proprio costituente scisso, ed è invece un’intera proposizione (negli esempi, Maria esce) ad essere preceduta da una sequenza introduttiva (C’è che, È che, Ecco che) 5 . L’A. basa la sua definizione di CS su quella, molto nota, di Lambrecht 2001 6 , e sostiene di «seguirla fedelmente per ampi tratti» (12). A nostro avviso, tuttavia, se ne discosta in alcune parti. Qui di seguito mostreremo un paio di punti in cui le due definizioni convergono e tre aree in cui esse risultano divergenti (le citazioni che seguono, riguardanti tali definizioni, provengono dalle p. 14-15). Entrambe le definizioni concordano (15 N4) sulla natura bi-proposizionale delle FS. Sempre in entrambe, inoltre, si afferma che, nonostante tale natura bi-proposizionale, una FS esprime il contenuto di una proposizione «logicamente semplice, che può essere espressa sotto forma di un’unica frase senza che questo provochi cambiamenti nelle condizioni di verità» (15).Tale equivalenza tra una CS e una sua eventuale controparte non scissa risulta vera nella maggioranza dei casi, ma non sempre (come nel caso del tipo 3 della tassonomia, È qui da due anni, Sono/ È due anni che è qui, È da due anni che è qui, *Sono da due anni che è qui). La prima divergenza riguarda il verbo della proposizione principale, che per Lambrecht è «headed by a copula» (15), dunque dal verbo essere o un suo equivalente in un’altra lingua. L’A. invece non ricorre alla nozione di testa 7 e parla piuttosto di una frase principale introdotta da una copula o da un elemento presentativo (14). Nella tavola riassuntiva cui si è già fatto cenno sopra, vengono infatti inclusi tipi in cui ricorre il verbo essere o esserci, più numerosi, ma anche due tipi in cui ricorre il verbo avere: il tipo 16 (Ho un braccio che mi fa male) e il 19 (Ho mio fratello che mi dà una mano) 8 . Sulla natura della proposizione detta subordinata si incontra il secondo punto di divergenza. Lambrecht la etichetta come «a relative or relative-like clause» (15 N4), mentre l’A. rinuncia a parlare di frase relativa 9 . Le ragioni di tale scostamento dalla definizione di Lambrecht non sono esplicitate, ma l’operazione appare per certi versi condivisibile. Con una frase scissa come È Matteo che è venuto a trovarci in maggio (14), ad esempio, la definizio- 284 Besprechungen - Comptes rendus 5 Tali costrutti consentono alternativamente la messa in rilievo del soggetto della proposizione detta rivestita: C’è + Ecco Maria che esce (19). 6 K. Lambrecht, «A framework for the analysis of cleft constructions», Linguistics 39 (2001): 463- 516. 7 È noto che nella metalingua inglese il termine head indica la testa di un sintagma. Le ragioni di questa scelta dell’A. non sono esplicitate. 8 In entrambi gli esempi è il soggetto della controparte non scissa a essere focalizzato. A giudizio dell’A., i due casi vanno distinti perché solo con il tipo 19 la subordinata può iniziare la CS: Che mi dà una mano ho mio fratello. La piena accettabilità di tale ordine lineare, tuttavia, risulta a nostro avviso problematica in chiave diatopica. 9 La definizione dell’A. appare però eccessivamente inclusiva perché finisce per comprendere anche proposizioni come C’è il gatto che ha fame, che illustra il tipo 15 della tassonomia (su un tipo proposizionale con caratteristiche condivise si veda anche La Fauci, N./ H. Necker/ S. Simon/ L. Tronci, «Costrutti con c’è e nome proprio in una telecronaca sportiva: configurazioni funzionali e valori testuali», in: M. Pettorino/ A. Giannini/ A. M. Dovetto, La comunicazione parlata 3. Atti del terzo congresso internazionale del Gruppo di Studio sulla Comunicazione parlata (Napoli, 23-25 febbraio 2009), vol. 2, Napoli 2010: 227-40). Ma tale proposizione è strutturalmente ambigua: in un caso la frase è scissa, interamente rematica, e risponde, ad esempio, alla domanda Che succede? ; nell’altro, essa risponde alla domanda Quale gatto c’è? , ed è quindi una frase esistenziale il cui soggetto (il gatto) è modificato da una relativa restrittiva (che ha fame). ne di Lambrecht suggerisce di trattare la proposizione che è venuto a trovarci in maggio come una relativa. Se si fosse costretti a scegliere tra i due tipi possibili di relativa, restrittiva e non-restrittiva o appositiva, non sussisterebbero dubbi, poiché tale frase relativa non può essere, né per significato né per intonazione, una appositiva. Se fosse restrittiva, tuttavia, essa dovrebbe esserlo di un nome proprio, Matteo, che nella proposizione funziona da singular term, come lo definisce Vendler 1967: 33-69 10 . E, come ancora Vendler sostiene (1967: 42), «what is restricted to one cannot be further restricted». Ciò indebolisce a nostro parere l’ipotesi che nella summenzionata FS la sequenza introdotta da che sia da analizzare come una frase relativa. In alternativa, si potrebbe attribuire alla subordinata lo status di pseudorelativa retta dall’elemento scisso, come fa Cinque 2001: 515 11 per frasi come Ho visto Gianni che piange. Ma tale spiegazione, come fa notare l’A. (28-29), non regge perché, a differenza delle CS, le pseudorelative possono relativizzare solo il soggetto della subordinata. Il che sembra invece il morfema funzione che segnala la presenza di una subordinata. Si arriva così alla terza divergenza. Nella sua definizione, Lambrecht afferma che la copula ha un argomento predicativo 12 e che questo è coindicizzato con l’argomento relativizzato. L’assenza della nozione di frase relativa nella definizione dell’A. fa sì che un legame sintattico tra focus e testa della frase relativa non possa essere espresso 13 . La seconda parte del volume restringe l’analisi da condurre al primo gruppo di FS dette prototipiche, composto di quattro tipi, elencati sotto, cui, come già detto, viene dedicato il resto del volume (19): - Tipo 1. È la nebbia che mi fa paura. (prototipiche) - Tipo 2. Era questo a cui ti riferivi? (con pronome relativo) - Tipo 3. Sono due anni che non lo vedo. (temporali) - Tipo 4. È stato il presidente ad aprire i lavori. (implicite) Di tali tipi viene esaminata la distribuzione e la funzione sintattica svolta dal costituente focalizzato, per procedere infine a una loro disamina riguardante le variabilità diafasica, diamesica e diatopica. Il corpus ottenuto dall’A. è composto di 650 occorrenze. Di queste, 279 provengono in gran parte da due corpora orali (C-ORAL-ROM e LIP), mentre molte delle rimanenti 371 appartengono ad un corpus scritto (LISUL). Tra le 650 occorrenze, il tipo 1 ricorre nel 65% dei casi circa (420 occorrenze), il tipo 2 risulta pressoché inesistente (due sole occorrenze), il tipo 3 riguarda poco più del 9% degli esempi (59 occorrenze) e, infine, il tipo 4 compone circa il 26% del corpus (169 occorrenze). 285 Besprechungen - Comptes rendus 10 Z. Vendler, Linguistics in Philosophy, Ithaca/ London 1967. 11 G. Cinque, «La frase relativa», in L. Renzi/ G. Salvi/ A. Cardinaletti (ed.), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. 1, Bologna 2001: 457-517. 12 Si noti l’apparente contrasto derivante dall’attribuzione allo stesso elemento sia della funzione di argomento che della funzione di predicato. In àmbito del tutto differente, in Grammatica relazionale tale doppia funzione è stata postulata (cf. N. La Fauci/ I. M. Mirto, «Sulla complementarità di fare causativo e fare supporto», Linguistica e letteratura 10 (1985): 27-45 e C. Rosen, «Possessors and the internal structure of nominals», ms. Cornell University, Ithaca/ New York 1987). 13 Nel quadro teorico della Grammatica relazionale è stata avanzata l’ipotesi, a nostro avviso del tutto condivisibile, che la copula si limiti a ereditare gli argomenti legittimati dal predicato non-verbale e che essa non ne legittimi alcuno (cf. N. La Fauci, Forme romanze della funzione predicativa. Teorie, testi, tassonomie. Pisa 2000 e C. Rosen, The Relational Structure of Reflexive Clauses: Evidence from Italian, New York 1988). Seguendo la tesi di Lambrecht, l’A. al contrario sostiene (15-18) che la copula sia un predicato che crea una posizione argomentale aggiuntiva e che regge il costituente che la occupa, cioè quello messo in rilievo. Tuttavia, egli al contempo afferma (15) che ogni elemento «in più» rispetto alla controparte non scissa, dunque anche la copula, è «semanticamente neutro». Le FS prototipiche ricorrono in percentuali comparabili in tutti i corpora, mentre sia le temporali che le implicite fanno registrare differenze diamesiche: il tipo 3 è molto più presente nell’orale che nello scritto, mentre per il tipo 4 succede il contrario (circa 30 punti percentuali in più). L’A. fornisce delle spiegazioni per queste differenze, che vanno da ragioni stilistiche e vantaggi cognitivi per la distribuzione del tipo 1 fino ad uno statuto detto semigrammaticalizzato per il tipo 3. Il tipo 3 focalizza esclusivamente circostanziali, il tipo 4 focalizza solo soggetti 14 , mentre il tipo 1 può focalizzare sia funzioni argomentali che circostanziali (anche proposizioni subordinate: È girando il mondo che si fa esperienza, ma mai sintagmi verbali). La funzione sintattica più spesso focalizzata risulta essere quella di soggetto (51% tra le prototipiche, che arriva al 64% se si includono le implicite). La motivazione fornita per questo dato è la seguente: il soggetto è tipicamente il topic di una frase, anche a causa della sua posizione canonicamente pre-verbale. È prevedibile, quindi, che si usi una struttura specializzata per marcarlo come focus. A ciò si può aggiungere un’ulteriore osservazione: ai fini della focalizzazione del soggetto, altri tipi di segmentazione, ad esempio la dislocazione, non sono disponibili. Ci si potrebbe attendere una differenza tra orale e scritto, visto che per focalizzare nell’orale si può far ricorso a intonazioni marcate (78) e che si può ricorrere a soggetti posposti forse più frequentemente di quanto non si faccia in uno scritto formale. Di tali differenze, tuttavia, non vi è traccia: i soggetti focalizzati ammontano al 63,1% nei due corpora orali e al 65,7% in quello scritto. L’A. riferisce di alcuni autorevoli studi condotti negli anni ottanta e novanta, in cui le FS vengono incluse tra i tratti caratterizzanti l’italiano parlato: italiano «dell’uso medio», secondo l’etichetta di Sabatini 1985, «italiano standard» per Berruto 1987, «parlato contemporaneo» in Berretta 1995 15 . Dai dati che l’A. estrae, però, sembra che tale caratterizzazione sia fuorviante. Nel C-ORAL-ROM, ad esempio, le FS si trovano in 99 occorrenze, corrispondenti allo 0,3% degli enunciati complessivamente presenti nel corpus. L’A. conclude (77) affermando che «È evidente che questi numeri non autorizzano a fare della FS un elemento qualificante dell’italiano parlato tout court». Quanto alla variazione diatopica, l’esame del LIP, che, come è noto, consente un paragone dell’italiano parlato a Napoli, Roma, Firenze e Milano, suggerisce che la FS sia un costrutto panitaliano. La terza parte del volume ha come oggetto la struttura informativa delle FS. Dopo aver mostrato che queste hanno una struttura informativa rigida per ciò che riguarda l’estensione del focus (cioè il numero di costituenti della controparte non scissa che possono rientrare nel focus della FS) 16 , che ne riduce, a differenza della corrispondente frase canonica, i contesti di occorrenza, l’A. affronta tre opposizioni coinvolte nelle FS: quella tra presupposto e asserito, tra focus e sfondo e, infine, tra topic e comment. In ciò che segue, ci limiteremo a esporre i punti salienti di tali opposizioni. 286 Besprechungen - Comptes rendus 14 Verosimilmente per via della forma infinitivale del verbo. 15 F. Sabatini, «L’‹italiano dell’uso medio›: una realtà tra le varietà linguistiche italiane», in: G. Holtus/ E. Radtke (ed.), Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, Tübingen 1985: 154-84; G. Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Firenze 1987; M. Berretta, «Il parlato italiano contemporaneo», in: L. Serianni/ P. Trifone (ed.), Storia della lingua italiana 2, Scritto e parlato, Torino 1995: 239-70. 16 L’A. mostra il focus di una scissa prototipica che contiene un solo costituente: A chi hanno rotto il vetro i ragazzi? È [a Luisa] che i ragazzi hanno rotto il vetro (84). È noto tuttavia il caso, segnalato già in M. Gross, «Sur quelques groupes nominaux complexes», in: J. C. Chevalier/ M. Gross (ed.), Méthodes en grammaire, Paris, 1976: 97-119, delle proposizioni con verbo supporto che consentono, a parità di condizioni di verità con la controparte non scissa, un focus con due costituenti: Max ha commesso un’aggressione contro Luca, È un’aggressione contro Luca che Max ha commesso, a differenza delle proposizioni con verbo ordinario (cf. ? ? È il vetro a Luisa che i ragazzi hanno rotto). (I) Presupposto e asserito. Viene dapprima presentata una definizione «standard» di presupposizione: una proposizione ne presuppone un’altra se per attribuire alla prima un valore di verità è necessario che la seconda sia vera (85). In questo caso, il test diagnostico cui si fa ricorso è noto, la cosiddetta «costanza sotto negazione». Tale presupposizione, che viene detta semantica, viene opposta alla presupposizione pragmatica, che ingloberebbe quella semantica. La definizione di presupposizione pragmatica non chiama in causa un rapporto tra proposizioni, bensì il rapporto che si stabilisce tra persona e pro-posizione (i riferimenti sono Stalnaker 1978 e Lombardi Vallauri 2002 17 ).Assistiamo così a uno shift da aspetti puramente linguistici - e per questo verificabili con gli strumenti, più o meno elaborati e più o meno precisi, della linguistica - ad aspetti che coinvolgono la mente dei parlanti (stato della memoria operativa, ciò che il locutore dà per scontato), le loro convinzioni (conoscenze condivise o common ground), la cui verificabilità non è forse sempre priva di problemi. (II) Focus e sfondo. La seconda sezione si apre con un tentativo empirico di trovare una definizione di focus. Seguendo la letteratura sull’argomento, tale concetto viene legato a quello di «prominenza» (Sornicola 1993) e a quello di «enfasi» (Halliday 1967) 18 . La prominenza, che è semantico-informativa, e i mezzi formali utilizzati per ottenerla vengono considerati inseparabili. L’interesse della caratterizzazione di focus data nel volume risiede nell’opposizione tra il costituente focalizzato e la proposizione veicolata dall’intero enunciato (quella presupposta, sembra di poter dire, che fa da sfondo): tali componenti sono considerati complementari. Dunque niente foreground senza background. Per l’A., il focus di una FS è così caratterizzabile: (a) è sempre ristretto; (b) si oppone ad un’intera proposizione, quella presupposta, della quale esso stesso è un costituente, dunque «focus come complemento del presupposto» (100); (c) nella subordinata, la struttura bi-proposizionale della FS esprime la proposizione presupposta come incompleta, giacché una sua variabile è da saturare, e nella principale pone il focus come elemento saturante tale variabile. (III) Topic e comment. La domanda implicita che precede questa sezione è la seguente: l’articolazione topic-comment è rilevante per le FS? Riguardo la caratterizzazione delle due nozioni, l’A. mostra di condividere un paio di opinioni diffuse: da un lato, concorda con il fatto che il topic sia «ciò di cui si parla», dall’altro sostiene l’idea che il topic tende a coincidere con il soggetto di frase (topic non marcato). Tuttavia, seguendo Lambrecht 1994 19 , egli lega la nozione di topic a quella di referente testuale, che a suo parere «non è primariamente un’espressione linguistica: ha piuttosto natura concettuale e corrisponde alla rappresentazione mentale di un’entità (eventualmente di una proposizione)» (117). In questa parte, così come in altre, tali spostamenti da un piano squisitamente linguistico ad uno psico-linguistico risultano frequenti e potrebbero a nostro avviso indebolire le tesi sostenute. Passando all’analisi delle FS, tale caratterizzazione del topic spinge l’A. a escludere che in una scissa come È per invidia che parla così (es. (40c), 119) l’elemento scisso per invidia possa essere il topic, perché esso non configura un referente testuale. In un ulteriore esempio, stavolta con presupposizione pragmaticamente indotta - un genitore indica al figlio un vaso rotto e pone la domanda E questo? , cui il figlio risponde È stato Mario a romperlo! - l’elemento scisso Mario, anche se referenziale, non viene ritenuto topic (120). Anche in una scissa come 287 Besprechungen - Comptes rendus 17 R. Stalnaker, «Presupposizioni» [1973], in: M. Sbisà (ed.), Atti linguistici, Milano 1978: 240-51; E. Lombardo Vallauri, La struttura informativa dell’enunciato, Milano 2002. 18 R. Sornicola, «Topic, focus, and word order», in: R. E. Asher/ J. M. Y. Simpson (ed.), Encyclopedia of Language and Linguistics, vol. 9, Oxford/ New York 1993: 4633-40; M. A. K. Halliday, «Notes on transitivity and theme in English. Part 2», Journal of Linguistics 3 (1967): 199-244. 19 K. Lambrecht, Information Structure and Sentence Form. Topic, Focus and the Mental Representation of Discourse Referents, Cambridge 1994. È Mario che è tornato, come risposta alla domanda È tornato Matteo, vero? , risulta impossibile identificare Mario come «elemento dotato delle caratteristiche richieste ad un topic» (122), in quanto elemento comunicativamente nuovo (si osservi, tuttavia, che il parlante lo ritiene noto all’interlocutore). L’A. ne fa conseguire il fatto che nessun elemento strutturale di una FS può assumere stabilmente il ruolo di topic. Ciononostante, egli sostiene che una articolazione topic-comment per una FS sia possibile, come nel caso dell’esempio riguardante il vaso rotto, in cui è proprio «il vaso rotto» a costituire il topic. È opportuno notare, tuttavia, che la proposizione scissa summenzionata non contiene un sintagma nominale il vaso rotto, visto che tale contenuto è espresso per mezzo del sintagma verbale romperlo. La quarta e ultima parte del volume affronta il tema della funzione delle FS nel discorso. L’analisi è confinata a soltanto tre tipi: prototipiche, relative e implicite. Complessivamente, si tratta di 530 esempi reali. La sezione si apre con un esempio di prototipica il cui focus è un circostanziale (è in queste occasioni), mentre la subordinata contiene un soggetto posposto formato da ben 50 parole, all’interno della quale l’A. individua una seconda focalizzazione esplicita. L’ordinale «seconda» fa riferimento esclusivamente all’ordine lineare. Infatti, a giudizio dell’A. una tale focalizzazione possiede «un’importanza comunicativa e testuale pari se non superiore a quella dell’elemento scisso, che è . . . saturato da materiale anaforico», e che, inoltre, «introduce elementi testualmente nuovi» (130). L’A. fa notare che tale funzione discorsiva della subordinata in una FS non è menzionata nelle analisi più note in letteratura, che solitamente non sono svolte su esempi reali, ma su esempi «prodotti a tavolino» (130). Segue una articolata presentazione del quadro teorico sviluppato a partire da Ferrari 2003 20 . Secondo l’A. esso è in grado di inglobare nel modello esplicativo anche casi, come ad esempio quello summenzionato, nei quali la subordinata contiene non solo materiale comunicativamente dato, ma anche materiale comunicativamente nuovo, il quale, assumendo il valore di focus di livello più alto, funge da Nucleo del costrutto invece che da Appendice. Per l’analisi del corpus, l’A. utilizza la nota opposizione tra dato e nuovo, ma in una accezione ristretta di «effettiva reperibilità nel cotesto precedente il costrutto» (139). Egli fa uso, inoltre, di altre nozioni teoriche: per il focus dato, utilizza i livelli di Attivo, Semiattivo e Inattivo, inerenti alla «salienza entro la memoria operativa, in dipendenza dalla distanza a cui è avvenuta l’ultima menzione nel testo» (139); utilizza, poi, la nozione di focus inferibile, cioè non esplicitamente dato nel cotesto, ma deducibile a partire da esso; infine, distingue due tipi di focus nuovo, ancorato e non ancorato (Prince 1981 21 ), il primo dei quali, a differenza del secondo, include in posizione incassata un sintagma anaforico. In conclusione, il volume è il primo a presentare uno studio sulle CS, e in particolare sulle FS, basato su un corpus ampio, costituito da esempi reali, e diamesicamente articolato, che ne fanno un sicuro punto di riferimento per chi si occupa di questi costrutti in italiano. Esso fornisce una non esaustiva, come lo stesso A. afferma (12), ma ricca tassonomia delle CS in italiano, contribuisce positivamente al tentativo di imporre maggiore chiarezza alla selva terminologica che caratterizza quest’area di studio e ribalta alcune delle convinzioni precedentemente formulate sull’italiano parlato, a lungo ritenute attendibili. In queste caratteristiche risiedono a nostro parere i principali meriti del volume, che costituisce un utile strumento di lavoro per gli specialisti del settore. Ignazio Mauro Mirto ★ 288 Besprechungen - Comptes rendus 20 A. Ferrari, Le ragioni del testo. Aspetti morfosintattici e interpuntivi dell’italiano contemporaneo, Firenze 2003. 21 E. Prince, «Toward a taxonomy of given-new information», in: P. Cole (ed.) Radical Pragmatics, New York 1981: 223-55.