eJournals Vox Romanica 71/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2012
711 Kristol De Stefani

Ulrich Mölk, Les Débuts d’une théorie littéraire en France. Anthologie critique, Paris (Garnier) 2010, 213 p. (Textes littéraires du Moyen Âge 19)

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2012
Valentina  Arcidiacono
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ture allégorique de La Fontaine dans les années 1660 et sur l’homogénéité d’inspiration qui caractérise les fables copiées dans le manuscrit Conrart et dans celui de la Bibliothèque Sainte-Geneviève, dérivées en très grande partie de Phèdre. Dans un volume si riche et diversifié, les Indices s’avèrent précieux: «Bibliographie sélective des titres cités» (477-86), «Index des auteurs et des œuvres cités» (487-94), «Index des fables citées» (495-99). Maria Colombo Timelli ★ Ulrich Mölk, Les Débuts d’une théorie littéraire en France. Anthologie critique, Paris (Garnier) 2010, 213 p. (Textes littéraires du Moyen Âge 19) Oltre 40 anni dopo averla pubblicata, Ulrich Mölk ha ora tradotto e sottoposto a revisione la sua antologia Französische Literarästhetik des 12. und 13. Jahrhunderts. Lo studioso ha aumentato i testi presentati: ora sono 105 a fronte degli 82 della precedente edizione che sono stati tutti mantenuti ad eccezione di un estratto del Guillaume d’Angleterre, inserito nell’Enseignement des Princes di Robert de Blois (testo 71 in Französische Literarästhetik). Per contro le sezioni che racchiudono i testi sono ancora quattordici: chanson de geste, chanson de croisade, vies de saints, récit biblique, épopées antiques, romans antiques, romans bretons, romans courtois non bretons, chantefable, récits brefs, Roman de Renart, littérature didactique et allégorique, littérature historique et rhétorique. Sono state arricchite di nuovi estratti le serie di letteratura agiografica, di quella storica e dei récit brefs. Ciascun testo è preceduto da indicazioni bibliografiche aggiornate. Un’ulteriore revisione - e con questa considerazione si apre l’Introduction, che rappresenta la novità più significativa di questo volume - riguarda il titolo stesso dell’opera, in quanto il Medioevo non possiede un’idea ben definita (e in termini filosofici) di estetica, sebbene molti studiosi (su tutti Edgar de Bruyne) ricorrano a questo termine con un’accezione piuttosto ampia, riferendosi tanto a una teoria esplicita quanto implicita negli argomenti e nelle opere degli autori. Dunque la scelta di richiamare nel titolo l’espressione «théorie littéraire» risulta essere vantaggiosa per esplicitare meglio l’oggetto al quale si riferisce la teoria: «la littérature, peu importe la ‹production littéraire› dont il s’agit» (10). Molti termini della critica letteraria sono legati alla produzione latina medievale, come suggerisce Köhler 1 a proposito del termine entier nella lirica provenzale che riprende l’integritas e la perfectio di san Tommaso d’Aquino, ma queste innegabili analogie non bastano a sostenere che i trovatori abbiano improntato il concetto in questione sulla filosofia scolastica, dal momento che «le concept d’intégrité ou de perfection est de nature trop générale pour qu’il permette d’établir de contact précis entre deux contextes théoriques très différents» (10). L’autore prosegue riprendendo un interessante spunto lanciato da Köhler nel suo articolo del 1955 (Zur Selbstauffassung des höfischen Dichters, 9-20). Egli proponeva di ricercare l’origine e la concezione dell’attività artistica degli autori cortesi non nelle fonti latine, ma in altre opere francesi e nella ricezione da parte del pubblico, ponendo l’accento sui meccanismi sociologici. Le riflessioni di Köhler influenzarono fortemente gli studi di Curtius 2 , il quale fornisce gli elementi per una storia della teoria poetica, intesa come «l’idée de la nature et du rôle du poète et de la poésie», in opposizione alla poetica, che si occupa, inve- 324 Besprechungen - Comptes rendus 1 E. Köhler, Trobadorlyrik und höfischer Roman. Aufsätze zur französischen und provenzalischen Literatur des Mittelalters, Berlin 1962: 21-27. 2 E. R. Curtius, La littérature européenne et le Moyen Âge latin, traduzione di J. Bréjoux, Paris 1956: 573-91. ce, della «composition poétique et de sa technique». La distinzione netta tra teoria poetica e poetica aiuta a far emergere una suggestione estremamente utile all’analisi di Mölk, ossia lo studio dei testi in cui l’autore fa riferimento a se stesso, alla propria opera e al proprio pubblico: gli elementi che emergono da tale studio naturalmente entrano a far parte della teoria poetica. Nella seconda parte dell’Introduction («Artes poeticae/ artes rhetoricae et littérature française médiévale», 13-17) l’a. sottolinea che le artes poeticae latine, potenzialmente applicabili alla produzione in volgare, sono sostanzialmente estranee dalla riflessione letteraria in questa lingua. Per ciò che concerne la metrica, infatti, se è vero che i versi francesi sono di filiazione latina, è vero anche che la lassa è una creazione gallo-romanza. Dal punto di vista dell’elocutio è innegabile l’influsso dell’elaborazione stilistica latina nei testi in lingua volgare, ma Mölk sottolinea con Zumthor 3 che difficilmente si può trovare «un trait caractéristique du système des règles latines sur le style» (15). Neanche i trovatori provenzali fanno eccezione con la teoria del trobar clus e del trobar leu, già esaminata in dettaglio dallo stesso Mölk nel suo saggio del 1968 4 . La «Zweistiltheorie» parte certamente da una distinzione tipica della tradizione latina tra tropi e figure, ma attribuisce maggiore «dignité élocutionelle» ai primi, concetto piuttosto lontano dalla riflessione latina: Ornatus facilis/ difficilis non corrisponde dunque a trobar leu/ clus. Infine, anche il prologo, benché presente nelle artes rhetoricae, risulta sostanzialmente indipendente nelle intenzioni da quello latino e a questo proposito Mölk porta ad esempio il prologo di Yvain di Chrétien de Troyes (16-17). La terza parte dell’Introduction («Conscience littéraire et subjectivité littéraire», 17-22) entra nel nocciolo della questione: la ricerca di indizi che conducano alla concezione di una coscienza letteraria da parte degli autori; e sono gli studi di Zink 5 a guidare le indagini. Mölk propone l’analisi di gesti autoreferenziali (come l’io-narratore) e della funzione del nome proprio dell’autore, riscontrati a partire dalla Chanson de saint Alexis - attraverso il topos dell’ineffabilità - e in altre opere agiografiche, come la Chanson de saint Léger e la Passion du Christ, in cui compaiono, assieme all’io-narratore, anche l’apostrofe al pubblico, l’esplicitazione del piano narrativo e il «topos de l’incapacité» (19). L’a. passa alla disamina degli indizi narrativi riscontrabili nella Chanson de Roland, sottolineando innanzitutto la presenza del rinvio a una fonte scritta, fittizia o reale che sia, e del celeberrimo verso finale del ms. O, Ci faut la geste que Turoldus declinet. La diatriba circa l’identità e il ruolo di Turoldus (più verosimilmente redattore dell’XI secolo che autore) è trattata brevemente, in quanto l’interesse è concentrato sulla prima attestazione di un nome proprio. L’indagine prosegue con un’altra interessante suggestione che proviene dall’Inghilterra francofona, e dalla quale emerge che già nella prima metà del XII secolo diversi autori dimostrano di essere coscienti dei loro lavori artistici: si tratta di Benedeiz (Voyage de saint Brendan), Philippe de Thaon, Geffrei Gaimar (Estoire des Engleis, in cui appare chiaramente la distinzione funzionale dei generi letterari, p. 21 e testo 95) e Wace (Roman de Rou, testo 97). L’ultima attestazione autoreferenziale analizzata è la firma in forma di acrostico presente in due autori, Simund de Freine (testo 29) e Robert Ho (testo 87), testimonianza di alta coscienza della propria creazione, nonché - e non sembra un particolare meno interessante - di destinazione anche individuale della lettura. 325 Besprechungen - Comptes rendus 3 P. Zumthor, «Rhétorique et poétique latines et romanes», in: H. R. Jauss/ E. Köhler (ed.), Grundriss der romanischen Literaturen des Mittelalters, vol. 1, Généralités, Heidelberg 1972. 4 U. Mölk, Trobar clus trobar leu. Studien zur Dichtungstheorie der Trobadors, München 1968. 5 M. Zink, La subjectivité litteraire. Autour du siècle de saint Louis, Paris 1985. La quarta parte del volume («Théorie littéraire - critique littéraire - poétique», 23-25) propone una riflessione sugli apporti, successivi al 1960 e a Curtius, di Zumthor, Jauss e Vinaver circa la nozione di poetica. Il secondo nucleo tematico, che si dispiega nella quinta parte («Critique littéraire explicite et critique littéraire implicite», 26-30), analizza il rapporto tra parodia e polemica letteraria per ciò che concerne l’amor cortese e in modo particolare circa i protagonisti della prima disputa letteraria, Tristano e Isotta (27), partendo dai riferimenti nel Roman de Renart, passando per la corrispondenza lirica sul tema tra Raimbaut d’Aurenga, Bernard de Ventadorn e Chrétien de Troyes, per finire con i riferimenti prima all’Ipomedon di Hue de Rotelande (testo 55), in cui la critica letteraria implicita sembra essere ancor più violenta (e scabrosa) rispetto al Roman de Renart, e poi al Bel inconnu di Renaut de Beaujeu (testo 45), dove, per la prima volta, l’autore appare pienamente consapevole della propria libertà di trattare il soggetto a sua disposizione, anche commettendo infrazioni del codice d’amor cortese. Nella penultima parte («Trois prologues réexaminés», 30-34), Mölk propone di riesaminare tre prologhi: l’Alexandre di Alberic de Besançon (testo 35, con l’analisi del termine antiquitas al v. 7 e della data di composizione, secondo Bischoff collocabile nella prima metà del secolo XI, quindi all’incirca contemporaneo al Boeci e alla Sancta Fides); il Roman de Thèbes (testo 37, Mölk riprende gli esaustivi studi di Aimé Petit 6 e si sofferma sull’idea di «différenciation des genres narratifs» in relazione alla classe sociale dei protagonisti e del pubblico, già anticipata da Gaimar e ripresa poi da Jean Bodel); il Roman de Cligès di Chrétien (testo 42, si affronta il problema della fonte alla quale l’autore avrebbe attinto e il discorso della translatio studii et imperii, in cui Chrétien sembra aver rimpiazzato la nozione di imperium con quella di una classe sociale portatrice di tutti i valori cavallereschi). L’Introduction termina con un breve riepilogo (34-38) dello stato degli studi e un elenco di suggerimenti per la prosecuzione delle ricerche, relativamente alla letteratura francese dei secoli dall’XI al XIII: storia della critica e della teoria letteraria, il rapporto prologoopera, la scelta di «périodes seuil», teoria letteraria versus poetica immanente, la definizione dei generi letterari (da ricercarsi all’interno dei prologhi e da analizzarsi in relazione alla loro «diversité fonctionnelle»), l’influenza della letteratura latina su quella francese (sebbene quest’ultima sia stata dichiarata sostanzialmente indipendente sin dalle prime pagine), la genesi della letteratura in prosa e, in ultimo, la necessità di studiare, principalmente sul piano diacronico, alcuni motivi letterari pregnanti, come l’originalità, la bellezza e la «volonté de vérité». Questi e numerosi altri spunti appaiono nel pregevole Index thématique posto in chiusura dell’opera. La selezione antologica è seguita dalla bibliografia (191-93), dall’indice dei nomi propri (195-98), dall’indice terminologico (limitato ai termini che designano la creazione letteraria, 199-203) e infine il già citato indice tematico (205-07). Valentina Arcidiacono ★ 326 Besprechungen - Comptes rendus 6 A. Petit, «Prologues et épilogues dans la littérature du Moyen Âge», in: Id. (ed.), Actes du colloque du Centre d’Études médiévales et dialectales de Lille 3, Lille 2002: 201-11.