Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2013
721
Kristol De StefaniIt. -acco, fr. -ache/-aque, spagn. -aco
121
2013
Giorgio Marrapodi
vox7210042
Vox Romanica 72 (2013): 42-55 It. -acco, fr. -ache / -aque, spagn. -aco Résumé: L’existence d’un suffixe italien -acco n’a jamais été remise en question. C’est ce que nous nous proposons de faire dans cet article. Pour cela, il est essentiel de reprendre la distinction entre étymologie synchronique (comme par exemple dans la série dérivationelle Polonia → polacco; Slovenia → slovacco) et étymologie diachronique (descendance directe p.ex. du lat. ou du germ. - lat. flaccum → fiacco, lang. *blaihha → it. biacca - ou adaptation graphophonétique de mots empruntés - slave polak, slovak → it. polacco, slovacco -); c’est-à-dire que dans les cas d’étymologie diachronique (la plupart - 105 sur 108 - parmi les mots avec la terminaison -acco) il ne s’agit pas de procédés dérivatifs, et pourtant on ne peut pas parler de suffixation. Une comparaison avec les autres langues romanes montre que la situation est presque identique en français et en italien, alors qu´en espagnol on peut remarquer la présence d’un suffixe -aco, dont l’origine est encore incertaine. Par conséquent l’idée d’une série pan-romane (ou quasi pan-romane) de suffixes (it. -acco, fr. -ache/ -aque, esp. -aco) est tout aussi incertaine. Parole chiave: suffisso, -acco, etimologia sincronica, etimologia diacronica, derivazione, terminazione Talvolta nella morfologia lessicale vengono dati per esistenti suffissi, che in realtà sembrano non esistere affatto. Uno di questi è l’italiano -acco. Si deve probabilmente all’autorità di Rohlfs, se la questione è rimasta fino a questo momento pressoché fuori discussione, se non riguardo alla sua origine, per lo meno riguardo alla sua esistenza: L’esistenza di una tale catena di suffissi 1 fu già dimostrata da Horning (ZrPh 19, 170 sgg.; 20, 335 sgg.). Una serie come questa si può dedurre con sufficiente certezza soprattutto per le lingue romanze occidentali, cfr. spagnolo verraco ‘verro d’allevamento’, sobaco ‘ascella’, hermanico, spagnolo settentrionale tierruca, Mariuca, francese dialettale gouttiche, meniche, potiche, mailloche, foiroche, merluche, menuche. L’origine di questi suffissi è ancora poco chiara. La loro origine non sembra essere latina (cfr. Meyer-Lübke, Gramm. 2, §499) 2 . Si può pensare al celtico, cfr. nomi di persona galli Aveticcus, Belliccus, Caticcus, Germaniccus, Esuccus, Biatuccus. Ma gli esempi che potremmo citare per l’italiano non sono tutti nello stesso modo convincenti. (Rohlfs 1969: II, 377, §1048) L’idea di Horning è quella di una continuazione largamente diffusa di questa famiglia di suffissi almeno a livello geolinguistico (visto che il materiale lessicale 1 Ovvero i derivati da -accu(s), -eccu(s), -iccu(s), -occu(s), -uccu(s) (n. d. a.). 2 «È impensabile che l’italiano -acco possa derivare da -aticus (Grandgent 90)». Rohlfs si riferisce al volume di C. H. Grandgent, From Latin to Italian. An Historical Outline of the Phonology and Morphology of the Italian Language, Cambridge, 1927. It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 43 pare assai esiguo), che copra l’Italoromània, la Galloromània e l’Iberoromània. Quest’idea, che sopravvive ancora ai giorni nostri 3 , viene appoggiata direttamente o indirettamente anche da altri studiosi, nonostante le ipotesi sull’origine siano diverse e discordanti tra loro: - Nel Dicziunari Rumantsch Grischun (DRG), Schorta riconosce l’esistenza di un suffisso -ac da -accu 4 . considerato verosimilmente latino, visto che come tale compare nell’indice dei suffissi latini dell’Handwörterbuch des Rätoromanischen (HR) 5 . - Nel suo lavoro sul dialetto di Castellinaldo (Piemonte) Toppino rimanda ad un suffisso -accu (verosimilmente latino) per spurák ‘fiocco’ e uslák ‘tordo minore’ 6 . - Per Wagner il suffisso -accu, attestato in alcune parole sarde, sarebbe di origine non chiara, comunque non latina. Lo dimostrerebbero anche i due diversi tipi di carattere adottati, maiuscoletto per -iccus, -occus ed -uccus (di origine latina) e corsivo per -accu 7 ed -eccu 8 (di origine quindi non latina). - Nel passaggio citato in apertura di questo articolo, Rohlfs parla di origine non chiara, sicuramente non latina, forse celtica, così come Hubschmid, che rimanda al sostrato prelatino, perlomeno per quanto riguarda alcune parole dell’area basca e dell’Aquitania 9 . - Riferendosi al suffisso spagn. -aco, Pharies espone cinque ipotesi: 1. origine germanica; 2. origine preindoueuropea; 3. variazione vocalica a partire da un suffisso -ico; 4. geminazione consonantica sulla base di un latino volgare -acus; 5. Dissimilazione da un originario -culus con successiva geminazione compensativa della perdita di -l- 10 . La questione sull’origine di tali suffissi non è del tutto pertinente al tema di questo articolo, visto che qui si tratta di capire se in italiano esista o sia mai esistito un suffisso -acco in italiano, con eventuali raffronti in altre lingue romanze, e ciò indipendentemente dalla sua origine. Tuttavia la varietà delle ipotesi, fondate su materiale linguistico decisamente scarso, e i relativi dubbi segnalati da certe scelte lessicali de- 3 «Más significativa aún es la presencia del sufijo en toda la Romania, cf. los datos reunidos por Horning». (Pharies 2002: 56-57). 4 Cf. DRG 2: 343a s. bigliac. 5 Cf. HRIndizes 1294. 6 Cf. Toppino 1924-25: 155, §207. 7 «-accu in dem rätselhaften und gewiß vorrömischen altsard. tharakku, therakku . . .» (Wagner 1952: 105, §115). 8 «Die Geschichte dieser sporadisch im Romanischen und besonders auf der iberischen Halbinsel vorkommenden Suffixe ist noch zu wenig geklärt, als daß man sich über die Herkunft derselben äußern könnte» (Wagner 1952: 105 §115). Per inciso, la penisola iberica è paradossalmente l’unica zona della Romània dove tale suffisso pare attestato con una certa regolarità. 9 «vorrom. -okko-/ -ouko, -akko-, -ekko-, -kko-, -kkoin Diminutiven, in der gesamten Romania verbreitet, auch in Nordgallien» (Hubschmid 1965: 158). 10 Cf. Pharies 2002: 57. Giorgio Marrapodi 44 gli studiosi (il rätselhaft di Wagner riferito al materiale del sardo antico o lo zweifelhaft di Meyer-Lübke citato qui di seguito) potrebbero risultare come un segnale di difficoltà nel definire la natura suffissale o meno di tale terminazioni già per quanto riguarda l’epoca preromanza. A maggior ragione quindi bisognerebbe dubitare nel caso delle lingue romanze. Una supposta corrispondenza tra l’it. -acco, il fr. -ache/ -aque e lo spagn. -aco come esiti di -accu(s) (o di qualsivoglia altra terminazione), implicitamente sostenuta da Horning, ripresa poi da Rohlfs 11 e da altri studiosi (es. Pharies) con paralleli lessicali tra le lingue interessate, non può essere assunta come criterio perché, nonostante una più o meno apparente somiglianza formale, la situazione nelle tre lingue romanze è, come si vedrà, tutt’altro che omogenea. 1. Spagn. -aco Delle tre lingue romanze considerate, lo spagnolo è l’unica a disporre di una sistemazione del problema abbastanza definita, per quanto stringata 12 . Da questa se ne ricava che lo spagnolo - a differenza, come si vedrà dell’italiano e del francese 13 - attesta un gruppo (seppur assai limitato) di parole che sembrano essere il prodotto di un processo di derivazione interna mediante un suffisso -aco (ajiaco da ají; libraco da libro, pequeñaco da pequeño, leon. moraco da moro, tinaco da tina), talvolta con ulteriori fenomeni fonomorfologici (con interfisso -arrin bicharraco da bicho e tiparraco da tipo) 14 . Non c’è univocità sui valori da attribuire a tale suffisso: contraddittoriamente pare svolgere sia funzione diminutiva che accrescitiva, 15 con una connotazione indirettamente dispregiativa 16 . Pare attestata anche una funzione strumentale ma limitatamente al Sudamerica, specialmente al Cile 17 , e come for- 11 Si noterà che Rohlfs, nel passo citato non nomina esempi galloromanzi in -ache. Chissà che ciò non sia dovuto al fatto che, al tempo in cui scriveva la Grammatik, fosse già abbastanza noto e accettato il fatto che la terminazione -ache, presente in qualche decina scarsa di parole del francese e del francese regionale, non solo non aveva niente a che vedere con -accu(s), ma probabilmente non veniva nemmeno considerata come suffisso. Ad esempio, non si trova nessun accenno al presunto suffisso -ache (né ad -aque, che come vedremo, gioca un certo ruolo) nella quarta edizione del 1938 di un volume di Leopold e Mauritz sulla formazione delle parole in francese (cf. Leopold/ Mauritz 1938). 12 Cf. Pharies 2002: 56-58. 13 Ovviamente lo spagnolo possiede alcune parole in comune con il francese e l’italiano, per le quali possono valere le stesse considerazioni, come per es. l’etnico polaco, che sarà anche in questo caso un prestito dallo slavo e non una formazione interna, come sostenuto da Rainer («Polaco (zu Polonia) weist eine idiosynkratische Tilgung von -onia auf»; cf. Rainer 1993: 387; «Podemos aislar -aco/ a en Polonia/ polaco, que también se da en algunas pocas formaciones de la región vasco-aragonesa: Sada/ sadaco»; Rainer 1999: 4623). 14 Oltre a Rainer 1993, cf. anche Gooch 1967: 243. 15 Cf. Pharies 2002: 57. 16 Cf. Pharies 2002: 57. Almela Perez specifica il grado peggiorativo di -aco con le tre funzioni di intensificación, especialización e inversión (cf. Almela Perez 1998: 7-8). 17 Cf. Rainer 1993: 387. It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 45 mante etnico solo nella zona basco-aragonese 18 . È difficile stabilire se questo -aco abbia qualcosa a che fare con -accu(s), oltre a una apparente somiglianza superficiale, per quanto lo spagnolo attesti lo scempiamento della geminata intervocalica -kk- (lat. bucca spagn. boca; lat. vacca spagn. vaca; lat. beccus spagn. beco; . . .) 19 . Per la definizione del problema pare decisivo l’aspetto geolinguistico (e indirettamente sociolinguistico) della questione. Sembrerebbe che il suffisso -aco sia apparso in una zona ben definita dell’Iberoromània, per poi diffondersi in tutta la regione ispanofona, pur rimanendo confinato in registri colloquiali e gergali. Tale limitazione geolinguistica sarebbe sostenuta sia dall’uso strumentale del suffisso, a quanto pare esclusivamente sudamericano, sia dall’uso etnico esclusivamente basco-aragonese. Purtroppo non è possibile dare un quadro completo come quello per l’italiano perché la qualità e la profondità dei repertori bibliografici dello spagnolo (specialmente quelli informatizzati e digitalizzati, che permettono ricerche rapide, esaustive e approfondite, soprattutto in casi come questo) non è paragonabile a quella del francese e ancor più dell’italiano. Pur se molto apprezzabili per la quantità di dati che possono offrire, il CREA e il CORDE (che oltretutto hanno il grande merito di essere disponibili gratuitamente sul Web) non offrono quelle opzioni di ricerca specifiche che (come nel caso del GRADIT o dell’OVI) permettano di avere un quadro il più completo possibile della presenza in spagnolo di derivati suffissati in -aco 20 , da cui ricavare sufficienti informazioni dal punto di vista diacronico e geolinguistico. Nonostante ciò e per quanto -aco venga considerato oggi raramente produttivo (come evidentemente lo era stato anche in passato, vista la scarsità di materiale) 21 , si può essere abbastanza certi della sua esistenza e della sua natura di suffisso. Certamente diventa piuttosto complicato considerarlo un’evoluzione di -accu(s), vista la situazione dell’italiano e del francese, a meno di non considerarlo uno di quei relitti linguistici che talvolta sopravvivono nelle aree periferiche. Così come pare difficile sostenere una parentela tra -aco da una parte e l’it. -acco e il fr. -ache/ -aque dall’altra. 2. Fr. -ache/ -aque In francese pare che la natura suffissale di -ache e -aque sia da mettere in discussione, se non altro perché nei testi di morfologia lessicale che ho potuto avere a di- 18 Cf. Rainer 1993: 387, che fa riferimento a un lavoro di Rohlfs del 1968. Questo dato di natura linguistica, come altri aspetti (p.es. l’assenza assai probabile di un corrispondente suffisso nelle altre lingue romanze) potrebbero far propendere proprio per l’origine di tipo preindoeuropeo localizzata in area basca (cf. Hubschmid 1965: 158; Pharies 2002: 57). 19 Cf. Meyer-Lübke 1890: 453, §541. Si noterà tuttavia che questi esempi di Meyer-Lübke attestano uno sviluppo diretto dal latino e non fenomeni di suffissazione interna allo spagnolo. 20 Mi riferisco in particolare alla possibilità di creare liste di parole partendo una determinata striscia grafica (in questo caso *aco). 21 Pharies ne nomina in tutto 29 (cf. Pharies 2002). Giorgio Marrapodi 46 sposizione mancano dalla lista dei suffissi 22 . E se mancano evidentemente significa che non vengono considerati come tali. Il TLF diventa quindi il più immediato riferimento, fatto di per sé emblematico, se pensiamo che i dizionari, per quanto approfonditi, non sono certo i luoghi privilegiati per trattare questioni del genere. Nel TLF la terminazione -ache viene per lo più giustificata come adattamento di parole italiane con terminazione in -accio/ -accia (bravache da bravaccio, dispache da dispaccio, moustache da mostaccio/ mustaccio, pistache da pista(c)cio), in -ascio/ -ascia (bardache da bardascia/ bardassa, ganache da ganascia), in un caso anche in -azzo (gouache da guazzo) e -acchio (panache da pennacchio). Talora l’adattamento è da parole di altre lingue più o meno antiche, sia europee che extraeuropee (apache dall’amerindio apache 23 , cravache dal ted. Karbatsche, gavache dal oc.a. gavach, grenache dal cat. garnatxa/ granatxa 24 , malgache da una parola probabilmente indigena, houache dall’oll. wech, mordache da un frprov.a. 25 , patache dallo sp. pataje, sabretache dal ted. Säbeltasche, soutache dall’ungher. sujtás, talpache dal turco kalpak 26 , viscache dallo sp. viscacha). Solo in rari casi di etimologia problematica od oscura si accenna alla possibilità di un suffisso (peggiorativo) -ache (rondache viene considerato come possibile risultato di una sostituzione di -elle nella parola rondelle col suffisso peggiorativo -ache) 27 , ma forse si tratta più di una soluzione per extrema ratio in mancanza di alternative piu fondate 28 . Tuttavia, anche ammettendo che -ache sia un suffisso (visto che, secondo il TLF, «la termin. -ache n’est sentie comme suff. que dans un nombre très restreint de mots») diventa arduo postulare una comune parentela con l’it. -acco (piuttosto che con -accio, come i dati linguistici lascerebbero supporre) e con lo sp. -aco. Un effettivo parallelismo formale con l’it. -acco italiano può riscontrarsi invece nella terminazione -aque (es. it. slovacco/ fr. slovaque). Come giustamente nota Schweickard, si tratta però di adattamenti da forme slave che presentano desinenza originaria -ak 29 . Anche in questo caso dunque la derivazione da -accu(s) è da escludere. 22 Oltre al volume di Leopold e Mauritz, già citato nella N11, non se ne fa cenno nemmeno in Thiele 1993, né in Dubois/ Dubois-Charlier 1999. 23 Tramite l’angloamericano (cf. FEW 20: 56). 24 Per il nome del vitigno il TLFi segnala una derivazione dall’it. vernaccia. 25 «Prob.empr., malgré l’absence d’attest. dans les textes anc., à un représentant occitan ou peut-être plutôt fr.-prov.» (TLFi). 26 Talpache risultra peraltro essere un hapax del 1787, variante della forma standard talpack. 27 «Eine entlehnung aus gleichbedeutendem rondaccia ist ausgeschlossen, da dieses erst seit 1622 (n. d. a. in realtà 1624, Tassoni, LIZ) belegt ist . . . Es ist daher in rondache/ -ace eine durch pejorativen suffw. aus rondelle ‘runder schild’ hervorgegangene form zu sehen. Man muss dann annehmen, dass -ache eine dialektale (norm., pik.) variante zu -ace sei» (FEW 10: 528a N18). 28 Gli esempi lessicali sono tutti tratti dal TLF a cui si rimanda per i dettagli relativi alle singole parole. 29 «Slawischen Vorbildern entspricht -aque in slovaque (1842, GR; cf. slow. Slovak), polaque (1512 [m.], GR, cf. poln. Polak)» (Schweickard 1992: 83). It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 47 3. It. -acco A differenza del francese, in italiano l’esistenza di un suffisso -acco viene accolta senza essere messa in discussione, benché siano davvero pochi gli esempi linguistici riportati da chi se ne è occupato. Recentemente ne fa cenno solo Rainer, secondo il quale -acco si troverebbe come suffisso etnico solo nella catena Polonia → polacco 30 . Nonostante quest’unica attestazione, pare non ci sia motivo di dubitare della sua esistenza. Tuttavia già il modo in cui viene presentata la questione, nei pochi casi in cui se ne è scritto, desta più di un sospetto: - Nel ponderoso tomo curato da Grossmann e Rainer -acco viene trattato assai di sfuggita. Oltre a Rainer, l’unico altro accenno è della Barbaresi: «Del tutto improduttivi sono -acchera di donnacchera, -accolo/ a di donnaccola e stortignaccolo, legati comunque al suffisso -acco» (Barbaresi 2004: 292). È piuttosto evidente che le posizioni di Rainer e Barbaresi sono incoerenti tra loro: viene difficile pensare che i due passi si riferiscano allo stesso suffisso -acco, dato che in un caso sembra usato solo per produrre un etnico e negli altri per produrre supposti diminutivi con valore spregiativo. Tuttavia, in mancanza di altri passaggi chiarificatori nel volume o di riferimenti ad altri testi che trattino l’argomento, al lettore non rimane altra scelta che notare tale incoerenza. - Contrariamente a quanto afferma Rohlfs, Horning non dimostra affatto l’esistenza della catena latina e romanza di suffissi in questione senza lasciare intendere di avere qualche dubbio, perlomeno per quanto riguarda proprio -accu(s) ed -eccu(s). Horning infatti dice che «während das Vorhandensein der Suffixe ī ccus, ŏ ccus, ū ccus im Französischen als gesichert gelten darf, ist der Nachweis der Suffixe -accus und -eccus schwieriger» (Horning 1895: 182) 31 . Un anno prima si era mostrato ancora più dubbioso Meyer-Lübke, il quale aveva sostenuto che «zweifelhaft ist, ob auch ein -accu, -eccu, -occu, -uccu anzusetzen sei» (cf. Meyer-Lübke 1894: 542, §499, che viene citato anche da Rohlfs nel passo riportato all’inizio, senza che questi ne voglia cogliere l’accento problematico). - Molti degli esempi italoromanzi che Horning riconduce ad -acco, in realtà sono da ricondurre ad altri fenomeni: biacca non viene da bianca (Horning 1895: 182, N1), ma dal longob. *blaihha ‘belletto’ (LEIGerm 5, 919 s.), e in ogni caso viene da chiedersi che radice possa mai essere bi-. Le forme abruzzesi vummacá, vumecá, vummacose ‘vomitare’ non attestano nessun suffisso -acca/ -acco ma riflettono evidentemente il lat. vomicus ‘che provoca il vomito’, più i suffissi -are 30 «Un suffisso -acco si può identificare solo in Polonia → polacco» (Rainer 2004: 408). Rainer non cita però altre formazioni simili (slovacco, valacco, cosacco, bisiacco, . . .). In termini simili, ma molto più prudenti, si esprime Schweickard 1992: 85. 31 Si noterà che l’affermazione di Rohlfs travisa dunque un po’ (e in maniera evidentemente intenzionale) le affermazioni di Horning. Questo può servire da monito per ogni studioso a non fidarsi mai in nessun caso di notizie riportate o di seconda mano, ma - nei limiti del possibile - a risalire sempre alle fonti dirette. Giorgio Marrapodi 48 e -oso. Orsacchio e cornacchia (Horning 1895: 188) così come fratacchione, bruttacchiotto e altri (Horning 1896: 336) - oltre a non entrarci nulla visto che presentano -acchio/ a e non -acco/ a - sono da ricondurre notoriamente ad -aculus/ -acula e non ad una combinazione -accu(s)- + -ulus, nonostante Horning affermi il contrario. Giovacchino (in realtà Gioacchino con -vestirpatore di iato) deriva direttamente dal lat. Ioachim, a sua volta dall’ebraico. Si tratta quindi di un adattamento grafofonetico e non è il risultato di una catena di suffissi -acco + -ino evidentemente su una base Giov- ( Ioa). In altri casi Horning non tiene conto delle peculiarità regionali relativamente al problema della -cscempia o geminata. Forme come gli abruzz. mattacone, sbrendacà, sbundracà, serráchie e vermenachè, i tosc. lunacone e pigionacolo, il nap. duraca difficilmente possono trovare una giustificazione da una geminata di partenza 32 . Altrettanto problematico diventa spiegare oscillazioni tra scempia e geminata all’interno della stessa area (come per il sardo serracu da un lato e busciacca dall’altro). Emblematico il caso di piccinaco nel fiorentino antico (seconda metà del sec. XIV, Sacchetti, citato anche da Rohlfs), a cui va aggiunta la variante piccinacho (fine sec. XIII, Cronica). La derivazione da piccino mediante il suffisso -acco si scontra con la fonetica dell’area, come appena detto. Inoltre, per quanto in rari casi possa esserci scempiamento (almanacco fior.a. almanaco GiovVillaniPorta; attacco nap.a. ataco Maramauro 33 ; Ciacco fior.a. Ciaco Ottimo e nap.a. ~ Maramauro; fiacco nap.a. fiaco Maramauro; Sidracco (da Sidrach) fior.a. Sidraco 34 LibroSidrach; somacco fior.a. somaco Bencivenni; . . .), mancano forme del tipo *piccinacco a supportare l’eventualità di un suffisso -acco 35 . - Per quanto riguarda la catena derivativa Polonia → polacco, può lasciare perplessi il fatto che sia l’unico caso in cui si avrebbe una neoformazione con il suffisso -acco usato in funzione etnica. Ciò implica che a un certo punto della storia linguistica italiana (e precisamente intorno alla seconda metà del Quattrocento, visto che la prima attestazione è del 1476) 36 i parlanti abbiano sentito il bisogno impellente di creare una neoformazione mediante un (presunto) suffisso etnico mai usato né prima, né dopo, la quale neoformazione finisse poi col sostituire la più antica forma pollani (formata sul toponimo primitivo Pollana, e la cui prima 32 «Le consonanti doppie sia antiche che recenti restano conservate in toscana (come in quasi tutta l’Italia centrale) e nell’Italia meridionale» (Rohlfs 1966: 321, §229). Le poche deroghe non riguardano le aree citate e la -kk-. 33 Sarà però da notare che, per quanto considerato normalmente napoletano, il testo dell’Expositione sopra l’Inferno di Guglielmo Maramauro viene ricondotto nell’OVI ad una certa influenza veneto-padovana che, dal punto di vista geolinguistico, giustificherebbe certe oscillazioni tra geminata e suo scempiamento. 34 In questo caso però potrebbe essere più opportuno considerare il processo inverso di raddoppiamento a partire da una forma con consonante semplice. 35 Tutte le attestazioni contenute in questo paragrafo sono ricavate dalla banca dati dell’OVI. 36 Cf. DI 3,789,4. It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 49 attestazione è del 1426) 37 . Diventa difficile spiegare come mai questo processo non abbia avuto luogo con nessun altro toponimo (stando ai dati riportati da Rainer, che esclude gli etnici bisiacco, cosacco, morlacco, slovacco, valacco, non considerandoli evidentemente derivati in -acco dei rispettivi toponimi) 38 . Allo stato attuale della ricerca -acco non risulta nemmeno attestato come formante in varianti minoritarie di un qualsiasi etnico standard, come invece accade con altri suffissi per la stragrande maggioranza dei toponimi 39 , nemmeno quelli che, come Polonia, presentano la terminazione in -onia e che per attrazione analogica potrebbero essere soggetti allo stesso procedimento di suffissazione (un po’ come tutti i toponimi che finiscono in -anda/ -andia i cui etnici sono costruiti con -ese: Finlandia → finlandese, Irlanda → irlandese, Saarland → saarlandese) 40 . Non è mai stato attestato *lettacco da Lettonia, *francacco da Franconia, *schiavacco da Schiavonia, *vallacco da Vallonia (per i quali si può invece attestare la catena di derivazione con l’etnico in -e: lettone, francone, schiavone, vallone). Tant’è vero che l’origine universalmente accettata sia per l’italiano polacco che per il francese polaque è quella del prestito da una lingua slava (con preferenza per il polacco). A prescindere comunque dall’esistenza o meno di tale suffisso, per l’italiano non disponiamo comunque di una sistemazione del problema, che prenda in considerazione il materiale lessicale in maniera esaustiva. Sarà questa una buona occasione per farlo. Spogliando il GRADIT, risulta che le parole con terminazione -acca/ -acco in italiano sono 107 (51 sostantivi femminili, 48 maschili e 8 etnici) 41 : 37 Cf. DI 3,788,28. 38 Per questi etnici la documentazione storica (come si può ricavare dai rispettivi articoli del DI) mostra chiaramente che si tratta di prestiti dalle lingue slave come per polacco (con l’eccezione di morlacco, che è dal greco bizantino). Da questi etnici derivano i rispettivi toponimi secondari (e non viceversa, come una disamina della questione in chiave puramente sincronica potrebbe anche lasciar supporre). Che non si tratti di derivati detoponimici è mostrato indirettamente anche dal fatto che non sono mai attestati i corrispondenti toponimi di bisiacco e cosacco, cioè *Bisiacchia e *Cosacchia (parallelamente a Slovacchia, Valacchia, ecc.). 39 Basta scorrere le pagine del DI per trovare centinaia di esempi. Oltre ai dati riportati nella N37, possiamo citare il caso di Macao, da cui si hanno macaonense, macaesi, macaino e macaista, oppure i rari macedonesi e macedoniani da Macedonia, o l’hapax plozcano da Plock, ecc. 40 Sono attestate anche rare forme con altri suffissi, ma sono da considerarsi come frutto di scelte individuali di un autore o di un numero ristretto di autori, spesso con significati specialistici, p.es. le retroformazioni finlandi (DI 2,67,11), irlandi (ib. 2,528, 16), islandi (ib. 2, 534,44) o gli etnici finlandico (ib. 2,67,71), irlandico (ib. 2,528,18) e islandico (ib. 2,535,19). 41 Tranne in rari casi si prendono a riferimento gli etimi proposti dal GRADIT. Discussioni o precisazioni sul singolo caso porterebbero a dilungarsi troppo su questioni che non avrebbero alcuna pertinenza col tema trattato in queste pagine. Giorgio Marrapodi 50 latino femminile 1. bacca *bacca; 2. cacca cacare (probabile deverbale); 3. cedracca/ cetracca ‘piccola felce del genere Ceterach’ lat.mediev. ceterah ( forse dal pers. šī tarak); 4. cracca ‘vecciola’ cracca; 5. fiacca ‘strepito’ flaccum; 6. orbacca ‘bacca dell’alloro’ (centrosett.) lauri bacca; 7. patacca cf. patacco; 8. racca ‘plebaglia’ (merid.) probabilmente variante di raca a sua volta da un raca, gr. rhaká e poi aramaico rêq ā ’ ‘vuotezza’; 9. sacca saccum; 10. sand(a)racca ‘realgar (miner.)’ sandarac(h)a, dal gr. sandarák(h) ē di origine orientale; 11. vacca vacca. maschile 1. fiacco flaccum; 2. fracco da frac ‘mucchio’ (reg.sett. frac da fracà) *fragic Ā re; 3. lacco ‘avvallamento del terreno’ (merid.) lat. tardo laccum (dal gr. lákkos); 4. macco ‘minestra di fave cotte etc.’ (centro-merid.) lat.tardo maccum; 5. patacco ‘moneta’ lat.mediev. pataquus (di etimo ignoto); 6. rifracco ‘parte del telaio per tessere’ (reg.sett.) cf. fracco; 7. sacco saccum. latino scientifico femminile 1. fitolacca ‘pianta del genere fitolacca’ phytolacca; 2. portulacca variante di portulaca portulaca (di origine incerta); 3. tacca ‘pianta del genere Tacca’ tacca (forse da voce malese); 4. zalacca ‘palma del genere Zalacca’ zalacca. germanico femminile 1. biacca ‘pigmento bianco’ longob. *blaihha; 2. lacca ‘pozzanghera’ prob. germ. *lahha (cf. ted. Lache); 3. pacca ‘parte, pezzo di qc., anche di due pezzi di lardo del maiale, e soprattutto natica’ (centro-merid.) longob. *pakka; 4. tacca got. taikn. maschile 1. bracco germ.occ. *brakko. francese e occitano femminile 1. acca ‘lettera’ fr. hache; 2. giacca fr.a. jaque (da Jacques nel significato traslato di ‘contadino’, perché i contadini indossavano tale indumento); 3. guarnacca ‘ampia sopravveste con cappuccio’ oc.a. guarnaca, fr.a. guarnache ( forse lat. gaunaca, gr. gaunákes, di origine persiana); 4. petacc(hi)o ‘piccolo veliero’ fr. patache ar. bat āš ; 5. placca fr. plaque; 6. zambracca ‘cameriera trasandata’ zambra ‘camera’ ( fr. chambre) + -acca di baldracca. maschile 1. armagnacco ‘seguace di Bernardo VII conte di Armagnac nella guerra dei 100 anni’ toponimo Armagnac; 2. fracco ‘variante adattata di frac’ fr. frac ( ingl. frock, dal fr.a. froc); 3. scacco oc. escac ( ar. di orig. persiana šā hm ā t); 4. tombacco ‘lega di rame e zinco’ fr. tombac ( malese tambaga). inglese (e area) femminile 1. grovacca ‘tipo di roccia sedimentaria’ ingl. graywacke; 2. salacca (con la variante saraca) scozz. sillock con influsso di sale (da cui probabilmente anche scilacca ‘colpo dato di piatto con sciabola, mano, frusta, . . .’). It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 51 maschile 1. caia(c)co m. ‘tipo di barca’ ingl. kayak esch. qajaq; 2. pacco ingl. pack o oland. pak ‘balla di lana’oppure retroformazione da pacchetto ( fr. paquet) etnici 1. daiacco ingl. dayak o oland dajak orang. dajak ‘uomini dell’interno’ (probabilmente da una denominazione locale in lingua del Borneo). spagnolo femminile 1. baracca barraca (di orig. preromana); 2. caracca ‘crema per ripieni di caramelle’ toponimo Caracas; 3. patacca ‘batata’ (reg.sicil.) pataca; 4. risacca resaca; 5. taccamacca ‘oleoresina bruno giallastra’ tacamaca ( nahuatl tecomahiyac). maschile 1. acciacco acaque ( ar. a šš ak ā ); 2. vigliacco bellaco. portoghese maschile 1. macacco ‘variante di macaco’ macaco ( voce indigena africana). greco etnici 1. morlacco gr.biz. mauróblakhos. lingue slave femminile 1. casacca prob. dalla locuz. veste alla cosacca ( → cosacco); 2. polacca ‘tipo di danza’ polacco. etnici 1. cecoslovacco composto ceco + slovacco; 2. cosacco pol. kozak (dal turco kazak); 3. polacco pol. polak; 4. slovacco slovacco slovák; 5. valacco slavo vlach ŭ . arabo femminile 1. baldracca baldacco, voce antica per Baghdad 42 ; 2. cannacca ‘grande anello di corda che racchiude due bozzelli’ xann ā qa tramite sic. cannaca; 3. caracca ‘tipo di nave’ harr ā qa; 4. lacca lakk (tramite il lat.mediev. lacca) pers. l ā k; 5. sandracca ‘resina di colore giallo’ sandar ū s con influsso di sandracca. maschile 1. almanacco al-man ā x; 2. baldacco Baldacco, antico nome toscano della città di Baghdad; 3. sommacco ‘tipo di arbusto mediterraneo del genere’ variante di somaco da summ ā q; 4. tabacco tabb ā q/ tubb ā q (o dallo spagn. tabaco di origine amerindia). 42 Sulla banca dati dell’OVI si attestano anche forme Baldracca per il fior.a. (1348, GiovVillaniPorta; ante 1388, PucciCentiloquio). Giorgio Marrapodi 52 turco femminile 1. fusciacca → fusciacco maschile 1. talabalacco ‘antico strumento simile al timpano’ dümbelek; 2. sangiacco ‘governatore di un sangiaccato’ (nella forma sanzachi) turco sancak ‘bandiera’; 3. fusciacco ‘drappo ricamato’ fisak; 4. calpacco ‘copricapo, colbacco’ kalpak → colbacco nella variante antica carpacco che riprende direttamente il turco. La forma colbacco sarà dal fr. colback. malese (e area) femminile 1. giacca ‘albero del pane’ malese chakka (probabilmente con tramite inglese); 2. malacca ‘canna d’India usata per bastoni da passeggio’ dal toponimo Malacca 43 . lingue africane maschile 1. sciacco ‘degli Sciacco’ derivazione zero dalla voce indigena (tramite sconosciuto). retroformazioni deverbali maschili 1. ammacco ammaccare; 2. attacco attaccare; 3. attracco attraccare 4. distacco distaccare; 5. impacco impaccare; 6. insacco insaccare; 7. intacco intaccare; 8. racco ‘vomito’ raccare (gergo dei marinai); 9. smacco smaccare; 10. spacco spaccare; 11. stacco staccare; 12. svacco svaccare. desostantivali maschili 1. tacco taccone. incerte o sconosciute femminile 1. alpacca ‘lega di rame e nichel’ etimo sconosciuto ma prob. da collegare a tombacco; 2. boiacca/ buiacca ‘pasta di cemento molto fluida’ voce reg.sett.; 3. lacca ‘coscia, anca di quadrupede’ lacca ‘tumore delle gambe dei giumenti’; 4. macca ‘abbondanza’ voce reg.tosc.; 5. polacca ‘tipo di veliero mercantile’; 6. racca ‘graspo’ lomb. raca, prob. connesso con racchio; 7. sterlacca ‘allodola’; 8. stracca ‘stanchezza’ → stracco; 9. trabacca ‘tenda o baracca per riparo’ forse incrocio dell’ar. tabaq ‘tettoia, tavolato’ col lat. trabs. maschile 1. bislacco 44 ; 2. busbacco ‘impostore’ forse da busbo + -acco di bislacco; 3. ciacco ‘maiale, porco’ forse onomatopea; 4. guacco ‘tarabusino’ reg.tosc. antico guaco, forse origine onomatopeica; 5. macco → macca; 6. mastacco agg. ‘di corporatura tarchiata e robusta’; 7. recacco 43 Cf. DI 3,84,15 s. 44 L’etimo di bislacco potrebbe essere in qualche modo collegato a bisiacco, secondo un classico procedimento che prevede l’utilizzo di etnici connotati negativemente per la produzione di ingiurie (classico caso è proprio furlàn/ furlano, guarda caso della stessa area geografica di bisiacco; cf. DI 2, 170,20 s.). It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 53 ‘scricciolo’ reg.tosc.; 8. saracco etim. incerta ma sarà da collegare a serra; 9. stracco ‘molto stanco’ stracca ‘stanchezza’. etnici 1. bisiacco 45 . Senza approfondire troppo i singoli casi, si può notare immediatamente come la situazione dell’italiano sia del tutto simile al francese: la terminazione -acco/ -acca è quasi sempre il puro e semplice risultato di un adattamento alle condizioni grafofonetiche dell’italiano di parole di provenienza latina o da varie lingue per fenomeni di prestito distribuiti in un lasso di tempo di vari secoli (spesso con doppie trafile: lingue arabo-persiane → latino → italiano, lingua extraeuropea → lingua europea → italiano, . . .). Neanche per le forme settentrionali del tipo boiacca e fracco, di matrice dialettale, si può parlare di una derivazione da -accu(s). Si tratta infatti con maggior probabilità del risultato di nessi consonantici secondari creatisi con la caduta di vocali atone. Nel caso di fracco si tratta di una retroformazione partendo da un *fragicare con caduta di -ipretonica (da cui un *fragcare - con -gpalatale fraccare), mentre per boiacca/ buiacca (presente in maniera diffusa nei dialetti nord-occidentali) si deve ipotizzare una derivazione aggettivale - successivamente sostantivata - con suffisso -aticus da *bod(d)rius (LEI 8,607,35 s.) 46 . Forme con uguale terminazione, come il ligure fuiácu 47 ‘fogliame’ (VPL) attestano un’identica trafila (folia *foliaticus con successiva creazione di nesso secondario -tke assimilazione progressiva -kk-) 48 . Una forma analogica pare essere quella di zambracca su baldracca, nella quale si può forse individuare un tentativo di isolamento di una terminazione -acca, con valore dispregiativo. Non pare però che tale tentativo abbia avuto gran seguito e abbia portato alla creazione di un suffisso -acca vitale e produttivo. Di fatto solo nei casi di busbacco, di saracco 49 e volendo anche di zambracca si accenna alla possibilità di una suffissazione con -acco, più che altro pare per mancanza di alternative migliori. Un po’ poco per accertare la natura suffissale di -acco 50 . 45 Data la zona geografica dovrebbe trattarsi di un prestito dallo slavo del tipo beziak/ bisiak (simile ad altri etnici di origine slava), di cui rimangono ancora tracce nell’antroponimia (il cognome Bisiach). 46 Altre forme simili (nel ticinese) s. bullire (LEI 8,75,32). 47 Nonostante la resa grafica del VPL, bisogna considerare la pronuncia di -kcon un leggero intacco di geminazione, quasi una mezza geminata (se così mi posso esprimere), frutto per l’appunto di un rafforzamento dovuto all’assimilazione nel nesso consonantico secondario. 48 Ha torto quindi Rohlfs quando ritiene improbabile (senza peraltro addurre il minimo argomento) l’ipotesi di Grandgent di una derivazione da -aticus (cf. N2). 49 Sempre ammesso che non si tratti anche in questo caso di una forma settentrionale con suffisso -aticus. 50 A questo processo analogico sono probabilmente da ricondurre anche le forme donnaccola e donnacchera citate dalla Barbaresi, che inferiscono all’ambito semantico comune di ‘donna di poco valore’. Giorgio Marrapodi 54 In definitiva sembra quindi che l’esistenza stessa di un suffisso -acco in italiano sia da mettere seriamente in discussione. Non è sufficiente che esista una corrispondenza formale in sincronia tra una parola e un suo ipotetico derivato (p.es. il toponimo Polonia da un lato, gli etnici polacco o polaque o polaco dall’altro) per poter stabilire una catena derivativa diretta e quindi l’esistenza di un certo suffisso. In realtà si tratta di un problema etimologico prima ancora che morfologico, come già evidenziato da Sgroi in un articolo dal tenore simile a questo 51 , nel quale dimostra che i suffissi -oso, -ioso e -uoso sono in realtà molto meno produttivi di quanto si creda, e che la maggior parte dei presunti derivati con tali suffissi in realtà è da ricondurre a fenomeni di prestito o a discendenza diretta dal latino. Il problema è quello di fare confusione tra etimi diacronici ed etimi sincronici «da parte degli etimologisti e dei lessicografi che individuano neoformazioni, induzioni di morfi e allomorfi in epoche linguistiche (o in stati di lingua) in cui invece agisce il prestito, proponendo nel contempo etimologie sincroniche, anziché di tipo diacronico» (Sgroi 2000: 266). In questo senso dunque polacco, polaque e polaco non derivano da Polonia, ciascuno col rispettivo suffisso, ma dallo slavo polak, di cui sono prestiti adattati, così come alpacca e tombacco non sono il frutto di una catena derivativa alp- + -acca o tomb- + -acco. Polacco, alpacca, tombacco, sommacco, ecc. non attestano perciò l’esistenza di un suffisso -acco, né più né meno di quanto treno sia da ricondurre a un suffisso -eno, l’it. centro meridionale tramme (da tram) a un suffisso -ame con geminazione 52 , o acetozone (dall’ingl. acetozone, composto di acet(yl) ‘acetile’ + ozone ‘ozono’) a un suffisso -one. Non tutte le terminazioni sono suffissi, né debbono per forza essere considerati come tali. Saarbrücken Giorgio Marrapodi Bibliografia Almela Perez, R. 1998: «¿Sufijos pejorativos en español? », in: N. Delbecque/ C. de Paepe (ed.), Estudios en honor del Profesor Josse de Kock, Leuven, 1-11 Barbaresi, L. Merlini 2004: «Alterazione», in: M. Grossmann/ F. Rainer (ed.) 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It. -acco, fr. -ache/ -aque, spagn. -aco 55 Horning, A. 1895: «Die Suffixe ī ccus, ŏ ccus, ū ccus im Französischen», ZrPh. 19: 170-88 Horning, A. 1896: «Die Suffixe accus, iccus, occus, ucus (uccus) im Romanischen», ZrPh. 20: 335- 53 Hubschmid, J., 1965: Thesaurus Praeromanicus, Faszikel 2, Probleme der baskischen Lautlehre und baskisch-vorromanische Etymologien, Bern LEI: Pfister, M./ Schweickard, W. 1979-: Lessico Etimologico Italiano, 12 vol. (ab-katl), Wiesbaden LEIGerm: Morlicchio, E. 2008: Lessico Etimologico Italiano. Germanismi. Fasc. 5, Wiesbaden Leopold, S. A./ Mauritz, I. 4 1938: Traité de la formation des mots en français, Leyde Meyer-Lübke, W. 1890-94: Grammatik der romanischen Sprachen. 1. Romanische Lautlehre, 2. Romanische Formenlehre, Leipzig Pharies, D. 2002: Diccionario etimológico de los sufijos españoles y de otros elementos finales, Madrid Rainer, F. 1993: Spanische Wortbildungslehre, Tübingen Rainer, F. 1999: «La derivación adjectival», in: I. Bosque/ V. 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