Vox Romanica
vox
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Francke Verlag Tübingen
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2013
721
Kristol De StefaniPersistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale
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2013
Tania Paciaroni
Graziella Nolè
Michele Loporcaro
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Vox Romanica 72 (2013): 88-137 Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale* Abstract: A widely-held tenet of Romance historical linguistics has it that the tripartite gender system of Latin shrunk to a binary system (masculine vs. feminine) very early. We argue that the evidence from several modern central-southern Italo-Romance dialects is at odds with this reconstruction, since they display a four-gender system, featuring also two distinct successors of the Latin neuter: one is a target gender (selecting dedicated agreement forms), which has a neat semantic correlate as it only hosts mass nouns; the other is a controller gender with no dedicated targets, hosting the local counterparts of Italian nouns like il braccio/ le braccia. Focusing on first-hand data from dialects of Marche and Lucania, and drawing on evidence available from literature on other central-southern varieties, we demonstrate that these nouns have a different status than in Italian. Within the framework of canonical typology, we show that they are best analysed as belonging to a non-autonomous gender. Special attention will be paid to the inflectional classes these nouns belong to and to the agreement patterns they select - particularly under resolution, with reciprocal and distributive pronominal expressions, and when modified through evaluative suffixes. Keywords: grammatical gender (target vs. controller), neuter, inflectional class, language change, dialect variation, canonical typology. * Benché il lavoro sia stato concepito e redatto congiuntamente, a fini accademici a TP vanno attribuiti i §3.2, 4.1.1, 4.1.3, 4.2-4.2.1, 4.3.2, 4.3.4, 4.4.2, 7; a GN i §4.1.2, 4.2.2, 4.3.3, 4.4.3; a ML i §1-3.1, 4.3.1, 6; infine, il §4.4.1 è da attribuire a ML e TP, il §5a GN e ML. Della materia esposta in questo lavoro abbiamo trattato in diverse occasioni (a Pescara nel luglio 2008, a Procida nel giugno 2009, a Venezia nel giugno 2012). Ringraziamo Anna Cardinaletti, Elisa Di Domenico, Giuliana Giusti, Guido Mensching, Nicola Munaro, Davide Ricca, Mario Saltarelli. La forma qui assunta dalla discussione sul genere neutro non autonomo ha beneficiato delle costruttive discussioni di TP con Matthew Baerman, Greville Corbett e Anna Thornton, e dei commenti di Rachele Delucchi, Vincenzo Faraoni, Martin Maiden, Heike Necker e un anonimo giudice per la Vox a precedenti versioni del testo. Il ringraziamento non li coinvolge, ovviamente, nella responsabilità di quanto qui sosteniamo. Grazie anche a tutti coloro che si sono prestati a rispondere alle nostre domande: Enzo Bartoloni, Luigi Emili, Fabio Macedoni, Andrea Nolè, Incoronata Nolè, Ernesto Paciaroni, Luigi Pelatelli, Ugo Testa. In assenza di indicazione di fonte i dati dialettali provengono da inchieste sul campo condotte da GN per l’aviglianese e da TP per il treiese, e sono presentati in trascrizione fonetica IPA semplificata, con ripetizione del simbolo delle consonanti a notare la geminazione e con indicazione dell’accento (come anziché ˈ V) soltanto sulle parole non piane. Nella stessa trascrizione sono riportati anche i dati da fonti in cui si impieghi un sistema di notazione diverso. Gli esempi sono seguiti da glosse che seguono le Leipzig Glossing Rules (cf. http: / / www.eva.mpg.de/ lingua/ files/ morpheme.html), rispetto alle quali, per alcuni aspetti, ci si è presa qualche libertà. Nel corso del lavoro si farà uso delle seguenti abbreviazioni: aux ‘ausiliare’ av. ‘aviglianese’, cf ‘classe flessiva’, clex ‘classe lessicale’, cong ‘congiuntivo’, def ‘definito’, dat ‘dativo’, dim ‘dimostrativo’, du ‘duale’, (aux) E ‘(ausiliare) essere o copula’, f ‘femminile’, fut ‘futuro’, gen ‘genitivo’, aux H ‘(ausiliare) avere’, impf ‘imperfetto’, impv ‘imperativo’, indef ‘indefinito’, lat. ‘latino’, loc ‘locativo’, m ‘maschile’, sg ‘singolare’, pl ‘plurale’, n ‘neutro di materia’, nna ‘neutro non autonomo’, od ‘oggetto diretto’, oi ‘oggetto indiretto’, pl ‘plurale’, prs ‘presente’, perf ‘perfetto’, prep ‘preposizione’, ptp ‘participio passato’, RF ‘raddoppiamento fonosintattico’, rur. ‘rurale’, SN ‘sintagma nominale’, scf ‘sottoclasse flessiva’, sfn ‘schema fonologico’, sg ‘singolare’, tr. ‘treiese’. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 89 1. Introduzione In questo lavoro si riconsidererà un aspetto della sorte del sistema trigenere ereditato dal latino in alcune varietà italo-romanze centro-meridionali, inserendolo nel contesto romanzo che gli è proprio. L’attenzione si concentrerà sui nomi che hanno il loro corrispettivo nell’italiano standard il braccio/ le braccia, la cui analisi è a tutt’oggi controversa pur dopo intenso dibattito. Muovendo da un approccio canonico al sistema delle categorie morfosintattiche (Corbett 2008, 2011), si dimostrerà che questi nomi si collocano alla periferia dello spazio teorico definito per la categoria di genere, e si proporrà di analizzarli come costituenti un genere neutro non autonomo (nna). Il saggio è così articolato. Alle conoscenze acquisite circa le varietà italo-romanze centro-meridionali, e al più ampio orizzonte neolatino, è dedicato il §2. Il §3 introduce gli strumenti di morfologia teorica che legittimano, a partire da una rilettura dei dati, l’ipotesi che nelle varietà in esame (dell’area mediana e alto-meridionale) il neutro (latino) persista, scisso in due generi distinti, neutro di materia e neutro non autonomo. Il §4, che costituisce il nucleo principale del lavoro, passa a considerare in dettaglio le prove a sostegno dell’ipotesi avanzata evinte dallo studio sul campo di due varietà dialettali: il dialetto di Treia (prov. Macerata; AIS, pt. 558), nell’area mediana, e quello di Avigliano (prov. Potenza), nell’area altomeridionale, fornendo al contempo una confutazione delle opinioni alternative correnti; l’ipotesi sarà dimostrata attraverso l’analisi della morfologia flessiva (§4.1), del meccanismo di accordo (§§4.2-4.3) e del comportamento delle forme alterate (§4.4) dei nomi in esame. Al §5 si amplia la prospettiva a considerare altre varietà del Centro-Meridione, attingendo alla letteratura esistente. Al §6 si presenta una rapida ricognizione della documentazione antica, che mostra come il sistema di genere qui descritto ricorra nei volgari centro-meridionali sin dalle prime attestazioni. 2. La sorte del sistema trigenere latino nelle lingue romanze: idee ricevute Nella maggior parte delle varietà neolatine, come noto, i nomi appartengono o al genere maschile o al genere femminile, mentre i nomi neutri latini risultano riassegnati per lo più al maschile, ed in parte reinterpretati come femminili 1 . In questo quadro rappresentano eccezioni riconosciute le varietà con un terzo genere rimontante al neutro latino. 1 Il passaggio da un sistema di genere trimembre a uno bimembre è comune a molte lingue indoeuropee; per i riferimenti bibliografici e la discussione cf. Loporcaro/ Paciaroni 2011. Per la sorte del neutro latino nelle lingue romanze cf. almeno Spitzer 1941, Väanänen 2 1967: 107-11, Lausberg 2 1976: 26-33; per la messa a fuoco sull’italo-romanzo cf. Rohlfs 1966-69: §383-85, Tekav Č i Ć 1972: 92-100, Maiden 1998: 118-19. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 90 2.1 Il neutro di materia 2 Presentano un genere neutro (n), distinto dal maschile (m) e dal femminile (f), i dialetti italiani dell’area mediana e di gran parte dell’alto Meridione 3 . La distinzione ha origine nel sistema dell’articolo 4 e si realizza in modi diversi nelle due aree. Lo documentano gli esempi in (1), che mostrano l’accordo al singolare dell’articolo con i nomi ‘pane’, ‘cane’ e ‘mano’ in treiese (area mediana, 1a) e in aviglianese (area alto-meridionale, 1b): (1) a. Treia b. Avigliano n o pa ru/ rə 5 ppwanə ‘il pane’ def.n.sg pane(n) def.n.sg pane(n) m u ka l-u kwanə ‘il cane’ def.m.sg cane(m) def-m.sg cane(m) f a ma l-a manə ‘la mano’ def.f.sg mano(f) def-f.sg mano(f) In area mediana la distinzione n ≠ m è affidata al mantenimento dell’opposizione fra -o e -u finali latine; nell’alto Meridione, invece, ove le vocali finali atone sono neutralizzate in [ə] , la medesima distinzione è normalmente veicolata dalla presenza o meno di raddoppiamento fonosintattico indotto dall’articolo determinativo, nonché in alcuni dialetti, come l’aviglianese, dalla diversa forma di quest’ultimo 6 . 2 Su questa caratteristica dei dialetti centro-meridionali si è scritto moltissimo, sia in sede di documentazione sia in sede di analisi. Si ricordino almeno Campanelli 1896; Merlo 1906-07; Camilli 1929; Rohlfs 1966-69; Vignuzzi 1988; Avolio 1996; Haase 2000; Russo 2002, 2009; Sornicola 2010. Per questo valore di genere sono correnti in letteratura anche le denominazioni di «(neo)neutro», «neutro romanzo» (ad es. Lorenzetti 2011), «neutro centro-meridionale» (ad es. Russo 2002), «neutro collettivo», «neutro di massa» (mass neuter, cf. ad es. Harmon 1999) tutte ugualmente tese a sottolinearne la soluzione di continuità con il neutro latino. Difforme è la sua estensione nei dialetti delle diverse aree: ovunque marcata sulle parole funzionali (articolo determinativo, dimostrativi), ove è etimologica, in diversi dialetti dell’area mediana tale distinzione di genere si è poi estesa alle parole lessicali, aggettivo, participio e - più di rado - nome (cf. Paciaroni/ Loporcaro 2010: 498). 3 Questo valore di genere è presente e a tutt’oggi produttivo nell’area (se ne veda una delimitazione in Vignuzzi/ Avolio 1994: 649 s.) che si estende dal Tevere, a nord, sino ad una linea che attraversa la Campania meridionale, la Lucania e la Puglia centrale (con Bari e Matera incluse), a sud (cf. l’isoglossa di Lüdtke 1979: 66, carta n° 10, p. 96, con la precisazione, per l’area a sud di Matera, in Loporcaro 2011: 192). 4 Alla base dell’opposizione nell’articolo stanno le forme *illoc n ≠ illum m. Per i riferimenti bibliografici e la discussione di questa ricostruzione cf. Paciaroni/ Loporcaro (2010). 5 La forma [ru] con mantenimento della vocale finale ricorre in pronuncia accurata, con le parole in isolamento, mentre [r ə ], con vocale finale neutralizzata, tende a ricorrere nel parlato spontaneo. 6 In ru ppwanə e lu kwanə si ha propagginazione, cioè assimilazione progressiva di / u/ protonica che provoca epentesi dell’approssimante labiovelare [w] davanti alla vocale protonica / a/ e davanti a / a/ , / ɛ/ , / e/ , / i/ tonica. Questo processo assimilativo si applica, in forme parzialmente diverse, in vari dialetti dagli Abruzzi e dal Lazio meridionale alla Sicilia. Per una più accurata descrizione Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 91 L’opposizione di genere n ≠ m ha un correlato semantico: al neutro sono assegnati i nomi non numerabili (designanti la «materia indeterminata e presa in generale»), al maschile i nomi numerabili (che designano la «materia attualizzata», Contini 1961-62: 366) 7 . Su scala romanza, la situazione italiana è stata confrontata con quella asturiana (per il dibattito e i riferimenti cf. ad es. Fernández-Ordóñez 2006-07; 2009; Loporcaro 2009, Maiden 2011: 170-72) 8 . 2.2 Il neutro non autonomo 2.2.1 Rumeno Ciò detto, brevemente, del neutro (di materia), passiamo ad analizzare il nna, muovendo da un altro ramo della famiglia linguistica neolatina in cui una tale categoria si presenta in forme chiaramente riconoscibili. Un’altra classe di nomi che, nonostante le caratteristiche affatto diverse rispetto ai nomi discussi al §2.1, parimenti ha origine nel neutro latino è quella dei nomi rumeni che richiedono forme di accordo identiche alle maschili al singolare ed alle femminili al plurale (cf. Corbett 1991: 150-52; 2011: 459-60). Si considerino i dati in (2), tratti da Mallinson 1984: del fenomeno in aviglianese cf. Nolè 2004-05: 19-21; per una panoramica nel più ampio orizzonte italo-romanzo centro-meridionale cf. Tuttle 1985; Loporcaro 1988: 185-94; Savoia/ Rizzi 1987, Rizzi/ Savoia 1993. 7 Ne deriva, per i nomi assegnati al neutro di materia, l’ovvia restrizione semantica di non avere opposizione di numero. Cf. infra, §4.2.1-4.2.2. L’influenza della numerabilità non è un monstrum tipologico, bensì un dato ricorrente nel sistema di genere di diverse lingue. Paralleli interessanti offrono le lingue germaniche: cf. l’analisi dell’uso dei pronomi nei dialetti inglesi a cura di Siemund 2008 e il saggio di Audring 2009 sul sistema di genere nei dialetti olandesi. 8 Sulla natura di genere di quello che qui denominiamo «neutro di materia» non tutti concordano. Ricorrente è l’obiezione secondo cui esso sarebbe piuttosto un valore di una diversa categoria semantica: «Oltre alla canonica opposizione tra singolare e plurale, il napoletano grammaticalizza in certi casi un’opposizione tra un singolare maschile [+num.] e un singolare maschile [-num.] (o collettivo), distinzione tradizionalmente, ma erroneamente, definita ‹neutro›» (Ledgeway 2009: 150; simile formulazione in Maiden 2011: 170). Sulla stessa linea già Hall 1968: 480, muovendo dal confronto con il neutro asturiano, sosteneva che l’opposizione di numerabilità di questa classe non fosse il riflesso di una innovazione nel sistema di genere, ma l’esito rifunzionalizzato di un’originaria distinzione di caso: «the ‹neutro de materia› . . . is not a neuter in the traditional sense of the term, but represents, instead, a grammatical category which has hitherto been unrecognized in Romance, the mass-noun, which is to be traced to an (also unsuspected) survival of the Latin ablative». Così anche, più di recente, Haase 2000 o Posner 1996: 63: «The similarities and differences between the Asturian and Southern Italian cases suggest a marginal and independent survival of an inherited case distinction, functioning as a mass/ count noun distinction, rather than an innovation within the gender system». Per gli argomenti in risposta a questa obiezione si rinvia a Loporcaro 2009, Loporcaro/ Paciaroni 2011, Paciaroni 2012a; 2012b. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 92 441, che mostrano l’accordo dell’articolo determinativo posposto e dell’aggettivo predicativo della I classe bun ‘buono’ coi nomi b ă rbat ‘uomo’, scaun ‘sedia’, fat ă ‘ragazza’: (2) Rumeno (Mallinson 1984: 441) singolare plurale m b ă rbat-ul e bun b ă rba ţ i-i sînt bun-i uomo(m)[sg]- E.3sg buono[m.sg] student(m).pl- E.3pl buono-m.pl def.m.sg def.m.pl n scaun-ul e bun scaune-le sînt bun-e sedia(n)[sg]- E.3sg buono[m.sg] sedia(n).pl- E.3pl buono-f.pl def.m.sg def.f.pl f fată e bună fete-le sînt bun-e ragazza(f)[sg]- E.3sg buonoragazza(f).pl- E.3pl buono-f.pl def.m.sg f.sg def.f.pl ‘L’uomo/ la sedia/ la ragazza è ‘Gli uomini/ le sedie/ le ragazze sono buono/ buona’ buoni/ buone’ Il nome scaun/ scaune, evoluzione del neutro latino di seconda declinazione scamnum/ scamna 9 , si comporta quanto all’accordo come il maschile b ă rbat al singolare, ma come il femminile fat ă al plurale. Alla medesima classe, numericamente consistente e relativamente produttiva, appartengono pure i nomi in -Ø/ -uri come timp/ timpuri (3), che hanno invece origine nei neutri latini di terza declinazione come tempus/ tempora: (3) singolare plurale n timp-ul e bun timpuri-le sînt bun-e tempo(n)[sg]- E.3sg buono[m.sg] tempo(n).pl- E.3pl buono-f.pl def.m.sg def.f.pl ‘Il tempo è buono’ ‘I tempi sono buoni’ L’analisi del meccanismo di accordo in (3) è stata ampiamente dibattuta, come mostra tra l’altro il ventaglio di etichette proposte in bibliografia per renderne conto - né la questione è solo nomenclatoria. In questa sede si sottoscrive la posizione che individua, sulla base dello schema di accordo in (3), i sostantivi quali timp come costituenti un terzo genere. Tale genere, tradizionalmente definito «neutro» 10 , è stato ulteriormente qualificato come «dependent target gender», «controller gen- 9 Cf. Sala 2004: 206. Il suffisso flessivo plurale -e è adeguato analogicamente a quello dei femminili di prima declinazione a sostituire un precedente ă -a. 10 Tra quanti adottano quest’etichetta si ricordino almeno Graur 1928, Jakobson 1971: 187- 89, Mallinson 1984, Schulte 2008. Diverse sono le motivazioni per questa preferenza: innanzitutto il termine neutro «does not smack so much of making one suit out of two» (Mallinson 1984: 442); inoltre con esso si allude alla preponderanza, in questa classe, di nomi designanti entità inanimate, proprietà che era già del neutro latino. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 93 der» (Corbett 1991: 164-65), mentre i nomi ad esso assegnati sono stati qualificati come nomi «ambigeneri», nomi di «genere misto». Tutte queste scelte terminologiche hanno in comune di sottolineare la realizzazione dell’accordo esemplificata in (3) attraverso forme sincretiche ora con le maschili ora con le femminili, mentre dalla tradizione indoeuropeistica viene l’etichetta di «genus alternans», assegnata ai nomi del tocario e del rumeno che esibiscono accordo alternante (cf. Schmidt 1972; Igartua 2006: 61). Recentemente, inoltre, in un saggio che mira a analizzare la «zona grigia» (o «penombra», come recita il titolo) delle categorie morfosintattiche, Corbett 2011: 459-60 ha proposto (seguendo Zaliznjak 1973) l’etichetta di «valore di genere non autonomo» («non-autonomous gender value») che, come i termini precedenti, rinvia ad una situazione diversa rispetto a quella di lingue a tre generi come il latino, il tedesco o il russo, in cui ogni valore ha forme di accordo esclusive, mentre i nomi rumeni come scaun e timp, sebbene costituiscano una terza classe di nomi («neutri») controllori d’accordo, non richiedono tuttavia anche una (terza) classe di forme di accordo distinte (cf. infra, §3.1) 2.2.2 Italiano In italiano richiedono lo stesso tipo di accordo i nomi come il braccio/ le braccia, che ugualmente hanno origine nei neutri di II declinazione latina in -um/ -a, tipo brachium/ brachia 11 . Fra questi nomi e quelli rumeni esistono differenze rilevanti. Innanzitutto, diversamente dai nomi presentanti lo schema di accordo esemplificato in (2) con scaunul/ scaunele, che sono centinaia e appartengono a più classi flessive (alcune delle quali produttive), i nomi come il braccio/ le braccia costituiscono una ben più sparuta pattuglia (circa una ventina) ed appartengono tutti all’unica classe flessiva in -o/ -a, da tempo non più produttiva. Il secondo elemento di differenza è dato dalla disponibilità, per molti di essi, di una forma alternativa di plurale regolare maschile in -i 12 , più o meno accettabile secondo i differenti registri e idioletti 13 . Laddove compresenti, i due plurali possono esser distinti per 11 Negli studi di morfologia teorica e nelle grammatiche dell’italiano su questa classe si è scritto molto. Cf. almeno Serianni 2 1997: 121-26, Schwarze 2009: 44-45, Maiden/ Robustelli 2000: 25- 28, Acquaviva 2002, 2008: 125-61, Thornton 2013. 12 Cf. Brunet 1978: 30 N38: «Les grammaires historiques expliquent l’origine de ces deux pluriels par une confusion, en bas-latin, quand les flexions disparaissent, entre le masculin (pluriel en -i) et le neutre (pluriel en -a)». 13 Tutte le grammatiche concordano nel riconoscere una gradualità nella disponibilità delle forme in -i, benché la lista vari secondo le singole trattazioni. In base al medesimo criterio è costruito l’elenco seguente: (i) a. nomi che hanno anche il plurale maschile in -i (spesso con semantica differente): il braccio/ le braccia, il budello/ le budella, il calcagno/ le calcagna, il cervello/ le cervella, il ciglio/ le ciglia, il corno/ le corna, il cuoio/ le cuoia, il dito/ le dita, il filo/ le fila, il fondamento/ le fondamenta,il fuso/ le fusa,il grido/ le grida,il labbro/ le labbra,il lenzuolo/ le lenzuola, il membro/ le membra, il muro/ le mura, l’osso/ le ossa, lo staio/ le staia, l’urlo/ le urla; Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 94 significato, con quello in -a tradizionalmente detto «collettivo» e quello in -i variamente etichettato in bibliografia («distributivo» ad es. in Ojeda 1995: 213, Thornton 2013: 446; «singolativo» in Regula/ Jernej 1965: 87, Santangelo 1981: 106) 14 . Terzo elemento di differenza è il fatto che in italiano, diversamente dal rumeno, i plurali in -a sono un caso a sé rispetto all’intero sistema della formazione del plurale; infine, l’accordo sintattico coi nomi come il braccio/ le braccia produce (si vedrà al §4.3.1) perturbazioni inattese che non si osservano coi corrispettivi nomi rumeni. Dalla valutazione di questi dati procedono le diverse interpretazioni che dei nomi italiani in -o/ -a sono state proposte, riepilogate in (4): (4) a. flessione: Dressler/ Merlini Barbaresi 1994; Dressler/ Thornton 1996; D’Achille/ Thornton 2003; Dressler/ Thornton 1996: 5: «Traditionally, phonological shape is the primary classifying criterion of nouns.This gives the following classes (or, often, microclasses): . . . v. gender-combined: masc. il bracci-o - Pl. femm. le bracci-a ‘arm’». b. derivazione: Ojeda 1995; Acquaviva 2002; 2008: 159: «I will argue instead that plurals in -a do not belong to the inflectional system at all . . . My proposal is that they are lexical plurals . . . related to the base noun by a word-formation process». c. numero (? ): Hall 1956, Magni 1995. d. genere senza quorum: Posner 1996: 63-64; Igartua 2006: 60. e. genere: Merlo 1952; Bonfante 1961, 1964, 1977. Bonfante 1973: 165: «Ci troviamo di fronte a un vero neutro». b. nomi per cui il plurale in -i non è uniformemente disponibile per tutti i parlanti, dialetti e registri: il ginocchio/ le ginocchia, il midollo/ le midolla, il moggio/ le moggia, il sopracciglio/ le sopracciglia; c. nomi per cui il plurale in -i non è disponibile: il centinaio/ le centinaia, il migliaio/ le migliaia, il miglio/ le miglia, il paio/ le paia (arc., dial. il paro/ le para), il riso/ le risa, lo strido/ le strida, l’uovo/ le uova; d. pluralia tantum (in -a): le interiora, le vestigia (sg. il vestigio, meno corrente), le gesta. 14 «Singolativo» appare particolarmente infelice come qualificazione di un plurale (cf. la discussione in Thornton, 2013: 50 N31) in quanto negli studi tipologici sul numero grammaticale il termine denota una «singular form» la quale è «derived from some other form, typically a collective or general form, and carries a number marker» (Corbett 2000: 17). Quanto a «distributivo», una tale categoria morfosintattica, distinta dal numero secondo Corbett 2000: 116, viene postulata per descrivere la morfologia nominale di varie lingue amerindie e d’altro canto «plurali distributivi» vengono talvolta detti i sintagmi quantificati del tipo tutti gli uomini. Non soggetta a simili inconvenienti - benché non affermatasi (ma cf. Lorenzetti 1995: 111) - è la terminologia proposta da Belardi 1950: 207 s., che definisce «‹collettivi› i nomi in cui linguisticamente si riscontra giustapposizione oppure sintesi, ‹quantitativi› i restanti»: «la differenza sta nel fatto - così ancora Belardi 1950: 208 N1 - che la quantità indicata dal collettivo è indeterminabile ed estensiva, mentre l’altra è determinabile ed ordinata». Per Belardi, la distinzione tra «collettivi» e «quantitativi» pertiene al piano delle funzioni, mentre i termini (e i valori) di «singolare» e «plurale» pertengono a quello della forma: in tale quadro si può dunque parlare, per un plurale come ad es. frutti di «plurale quantitativo» (o «quantitativo plurale», Belardi 1950: 220). Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 95 L’interpretazione tradizionale (4a) vede nel tipo il braccio/ le braccia una classe flessiva irregolare, variante marcata della classe in -o/ -i (cf. almeno Dressler/ Thornton 1996). Si passa dalla flessione alla derivazione con Ojeda 1995 e Acquaviva 2002, 2008 (4b), che hanno proposto di intendere come formazione derivativa il tipo braccia, il quale d’altra parte è definito «duale marcato» - pur senza spingersi a considerarlo un vero e proprio valore della categoria di numero - da Hall 1956 (4c) 15 . Sull’esiguità numerica dei nomi con accordo alternante come il braccio/ le braccia poggia l’interpretazione avanzata da Posner 1996 e Igartua 2006 (4d) di tale schema di accordo come caratterizzante un «genere senza quorum» 16 , mentre non pare aver più séguito, et pour cause, la categorizzazione come genere a pieno titolo (4e), pur proposta in passato ad esempio da Merlo 1952 e Bonfante 1961, 1964, 1977 17 . Storicamente connessi con il tipo braccio/ -a del toscano, ma presentanti - come vedremo - interessanti peculiarità, sono i dati centro-meridionali alla cui analisi ora passiamo. 3. Il quadro descrittivo 3.1 Definizione di genere e classe flessiva Per il genere si assume la definizione fornita da Hockett 1958 e adottata da Corbett 1991: 1: «Genders are classes of nouns reflected in the behavior of associated words» (Hockett 1958: 231). Per determinare la presenza della categoria morfosintattica di genere e il numero di generi in una lingua, dunque, fa testo l’accordo, definito come «systematic covariance between a semantic or formal property of one element and a formal property of another» (Steele 1978: 610). L’accento è posto sulla covariazione. Si riprendano gli esempi in (1): al di là della diversa fenomenologia, la distinzione di genere dei nomi n ≠ m è manifestata, sia in treiese sia in aviglianese (come atteso trattandosi di varietà romanze), dalla flessione dell’articolo determinata dal meccanismo sintattico dell’accordo. La covaria- 15 Hall 1956: 140 parla di «significato duale» e anche Magni 1995, che pure definisce braccia un «duale», intende sotto tale etichetta, come argomenta persuasivamente Thornton 2013: 444, «la categoria cognitiva della doppiezza più che quella linguistica del duale». 16 Corbett 2012: 84 definisce «senza quorum» (inquorate) i generi «which comprise a small number of nouns, and whose agreements can be readily specified as an unusual combination of forms available for agreement with nouns with the normal gender values». (Cf. già al riguardo Corbett 1991: 170-75). 17 Per la discussione dei resti di accordo alternante in altre varietà romanze (francese, romancio) si rinvia a Loporcaro et al. 2014. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 96 zione sistematica articolo-nome riflette la distinzione formulata da Hockett 1958: 230 s. tra il genere come «categoria flessiva» («inflectional category»), visibile sugli articoli (e sulle altre parole accordate), e il genere come «categoria selettiva» («selective category»), propria dei nomi 18 . Come visto supra, §2.2.1, il rumeno presenta tre generi, tradizionalmente denominati maschile, femminile e neutro, ma le parole accordate con nomi neutri non manifestano forme proprie, contemporaneamente distinte da tutte le altre del sistema. Corbett 1991: 151 ne conclude che «[w]e should therefore differentiate controller genders, the genders into which the nouns are divided, from target genders, the genders which are marked on adjectives, verbs and so on». Tale distinzione è illustrata nello schema seguente (6), tratto da Corbett 1991: 152, ove i numeri romani indicano i «generi del controllore» e le desinenze degli aggettivi della I classe i «generi del bersaglio»: (6) singular plural Sistema trigenere del rumeno (Corbett 1991: 152) Ø I i III ă II e In correlazione con la categoria di genere sta la classe flessiva, che nel presente lavoro sarà stabilita seguendo la definizione di Aronoff 1994 qui di seguito riportata: (7) «An inflectional class is a set of lexemes whose members each select the same set of inflectional realizations» (Aronoff 1994: 182) 19 . Mentre è chiaro che tra le categorie di genere e di classe flessiva vi è interrelazione, pure è chiaro che si tratta di categorie differenti, e che l’individuazione dell’una deve prescindere da quella dell’altra. Nomi con i medesimi suffissi flessivi per il singolare e il plurale rientrano nella stessa classe anche se sono di genere diverso. Lo esemplifica lo schema in (8): 18 Rispondendo ad una questione sollevata da un giudice anonimo che ci invita ad «includere . . . la nozione di sottogenere», sottolineiamo che nei sistemi (italo-)romanzi in esame non si può parlare di sottogeneri, cioè di classi di nomi che controllano accordi diversi solo per un sottoinsieme limitato delle forme morfosintattiche di ciascuno dei bersagli di accordo (per il sottogenere cf. la definizione in Corbett 1991: 163); i sottogeneri possono infatti ricorrere in lingue, come quelle slave che, disponendo della categoria di caso, hanno una morfologia nominale ricca e consentono una classificazione stratificata delle marche di accordo (cf. tra gli altri Comrie/ Corbett 1993: 16; Brown 1998; Corbett 2012: 4, 160-62); di contro, come già osservato in Loporcaro/ Paciaroni 2011: 421-22, nei dialetti italo-romanzi centro-meridionali la morfologia nominale non è abbastanza ricca da permettere una strutturazione della distinzione di genere e sottogenere. 19 All’interno di una classe flessiva, verranno poi distinte sottoclassi più piccole, qualora sia possibile individuare sottoinsiemi di nomi che seguano lo stesso schema generale e siano definiti inoltre da una precisa distinzione (mor)fonologica. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 97 (8) il/ i libr-o/ libr-i cf -o/ -i m il/ i fior-e/ fior-i cf -e/ -i la/ le siep-e/ siep-i f la/ le cas-a/ cas-e cf -a/ -e il/ le bracci-o/ -a cf -o/ -a m.sg/ f.pl Flessione → 4 cf Accordo → 2 gen Ad es., i due lessemi fiore/ fiori e siepe/ siepi appartengono alla stessa classe flessiva, ma a due generi diversi, m il fiore (pl i fiori) ≠ f la siepe (pl le siepi). La situazione diventa più complessa coi nomi come il braccio/ le braccia (in grigio), che manifestano aspetti di irregolarità sia rispetto alla flessione sia rispetto all’accordo di genere. Per gettar luce su questi aspetti, si procederà ad un esame dei dati pertinenti usando metodi diversi (tra cui l’elicitazione diretta dei dati con parlanti nativi e l’esame di testi dialettali) e si spoglierà (per quanto possibile) la vasta letteratura sul tema. Gli strumenti di cui ci si avvarrà sono quelli messi a disposizione dalla «tipologia canonica». 3.2 Approccio canonico 20 Nell’approccio canonico all’analisi delle categorie morfosintattiche si hanno alcune aspettative sulle proprietà di un valore di genere. Ad esempio, ci si attende che un valore canonico possa essere identificato in modo esclusivo in opposizione agli altri, in tutti i contesti (Corbett 2011: 461): «Criterion 2: Canonical features and their values are uniquely distinguished across other logically compatible features and their values». Ne deriva che, ad esempio, in lingue come il tedesco o il russo l’espressione del genere non è canonica perché i suoi valori non si distinguono date entrambe le specificazioni della categoria del numero, bensì nel singolare soltanto. Parallelamente vi sono aspettative sulle proprietà delle categorie morfologiche (cf. Corbett 2005, 2007, 2009). Ad esempio, ci si attende che un paradigma canonico abbia la proprietà della «completezza», ovvero che, stabilite le categorie morfosintattiche ed i loro valori, tutte le celle che li realizzano siano occupate. A tale schema si farà riferimento per illustrare la non canonicità flessiva dei nomi di genere nna. 20 Una bibliografia di questa direttrice di ricerca è consultabile al seguente indirizzo: http: / / www.surrey.ac.uk/ LIS/ SMG/ CanonicalTypology/ index.htm. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 98 4. Il genere neutro non autonomo nelle varietà centro-meridionali Le diverse condizioni morfofonologiche di verificabilità dell’accordo richiedono l’esposizione separata dei dati rilevanti per ciascuna delle due varietà. Attraverso la comparazione si dimostrerà che dietro tale fenomenologia multiforme è possibile cogliere un’unitarietà strutturale. 4.1 Pluralità di classi flessive dei nomi di genere NNA 4.1.1 Il dialetto di Treia (pt. 558 dell’AIS) 21 Si consideri innanzitutto la distribuzione dei nomi in classi flessive nella varietà di Treia. Siamo all’interno dell’Italia mediana caratterizzata dalla metafonia sabina e dal mantenimento della distinzione tra -u e -o finali 22 . Il sistema di flessione nominale del treiese è dunque caratterizzato dalla compresenza di morfologia affissale e di flessione interna metafonetica (cf. figura 1) per l’innalzamento delle vocali toniche metafonizzabili ( / e/ , / ɛ/ , / o/ , / ɔ/ ) in presenza di -i e -u finali 23 : base del lessema base di singolare base di plurale + + suffisso flessivo di singolare suffisso flessivo di plurale Figura 1. Flessione affissale e flessione interna (metafonetica) nel sistema nominale del dialetto di Treia Si ha qui una deviazione dalla flessione canonica, in base a cui ci si attende che la forma fonologica della base rimanga la stessa nelle diverse celle del paradigma di un lessema. Lo schema in (9) propone una classificazione dei nomi del treiese odierno che distingue a partire dalla morfologia affissale le classi flessive (indicate con numeri romani) e sulla base della morfologia non affissale le sottoclassi flessive (segnalate 21 Cf. AIS I 144 um ráć u , lu vráću ‘il braccio’, 145 le vráća ‘le due braccia’, 102 e ć íyya ‘le sopracciglia’, 153 un ntǫ , e ð dta , u dtọ ‘il dito, le dita’, 105 u l b b ro, i l bbri ‘il labbro, le labbra’, 90 l ssa, un ss ọ ‘le ossa, (rodere) un osso’, 103 rr e, ùna rr a ‘le orecchie, l’orecchio’, 162 u ẹnọọ , i ẹnọi ‘il ginocchio, le ginocchia’, VI 1132 un , l a ‘l’uovo, le uova’, 1145 nn te l a ‘hai venduto le uova? ’, 1054 krna , uŋ krnu ‘le corna della vacca’. I dati forniti dall’AIS non bastano a ricavare un quadro esauriente della flessione di questi nomi, ma suggeriscono di definire recente e analogica la classe in -u/ -e che non vi è documentata. 22 Per un’illustrazione del tipo mediano si rinvia a Vignuzzi 1988. 23 Di qui le alternanze morfonologiche ( / e/ →/ i/ , / ɛ/ →/ e/ , / o/ →/ u/ , / ɔ/ →/ o/ ). Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 99 24 Le lettere minuscole in corsivo indicano il fonema che realizza il suffisso flessivo, mentre s’impiegano i simboli generici - e -V ad indicare una qualunque vocale, rispettivamente accentata e atona, ricorrente invariabilmente nel singolare e nel plurale. Trattandosi di una descrizione sincronica, si registrano indifferentemente sia nomi appartenenti al lessico patrimoniale sia prestiti recenti. da lettere minuscole) 24 . Entro le celle, lettere maiuscole identiche stanno per basi fonologicamente identiche e lettere distinte per basi fonologicamente differenti; tra parentesi sono le forme di accordo dell’articolo determinativo, su cui si tornerà infra, §4.2.1.1. I paradigmi flessivi dei nomi di genere nna sono evidenziati in grigio. Il confronto con il paradigma degli altri nomi mostra che abbiamo a che fare con lessemi altamente devianti rispetto al comportamento flessivo canonico: (9) Treia: principali classi flessive del nome (nomi di genere nna in grigio) cf scf sg pl esempio glossa genere i. A-a A-e (a) kasa (e) kase ‘(la) casa/ (le) case’ f ii. A-u A-i (u) nasu (i) nasi ‘(il) naso/ (i) nasi’ m (u) vrattʃu (i) vrattʃi ‘(il) braccio/ (i) bracci’ m iii. a. A-e A-i (u) ʒornale (i) ʒornali ‘(il) giornale/ (i) giornali’ m b. A-e B-i (u) fjore (i) fjuri ‘(il) fiore/ (i) fiori’ m A-e (o) tʃetʃe - ‘(il) cece’ [-numerabile] n iv. a. A-a A-i (u) variʃta (i) variʃti ‘(il) barista/ (i) baristi’ m b. A-a B-i (u) poɛta (i) poeti ‘(il) poeta/ (i) poeti’ m v. a. A-u A-a (u) vrattʃu (e) vrattʃa ‘(il) braccio/ (le) braccia’ nna b. A-u B-a (l) ou (l) ɔa ‘(l’)uovo/ (le) uova’ nna vi. a. A-u A-e (u) vrattʃu (e) vrattʃe ‘(il) braccio/ (le) braccia’ nna b. A-u B-e (l) ou (l) ɔe ‘(l’)uovo/ (le) uova’ (rur.) nna vii. A-o (o) kaʃo - ‘(il) formaggio’ [-numerabile] n viii. a. A- (a) tʃittá (e) tʃittá ‘(la/ le) città’ f, m (u) ka (i) ka ‘(il) cane/ (i) cani’ m, f, n b. A-V (a) matre (e) matre ‘(la) madre/ (le) madri’ f (a) moto (e) moto ‘(la) moto/ (le) moto’ f (u) vittere (i) vittere ‘(il) bitter/ (i) bitter’ m Le classi flessive in -u/ -a (v) e -u/ -e (vi) sono univocamente associate al genere nna. All’interno di ciascuna di esse i nomi si distribuiscono in due sottoclassi distinte dall’assenza (a) o presenza (b) di flessione interna. La tabella in (10) mostra i diversi schemi fonologici (sfn) della base dei nomi di genere nna con vocale tonica metafonizzabile (classi v.b. e vi.b. dello schema (9)): (10) Schemi fonologici della base nei nomi di genere nna con vocale tonica metafonizzabile cf scf sg pl sfn esempio glossa v. b. A-u B-a ó (l) ou (l) ɔa ‘(l’)uovo/ (le) uova’ é (u) vuðellu (e) vuðɛlla ‘(il) budello/ (le) budella’ í é (u) ðitu (e) ðeta ‘(il) dito/ (le) dita’ vi. b. A-u B-e ó (l) ou (l) ɔe ‘(l’)uovo/ (le) uova’ (rur.) é (u) vuðellu (e) vuðɛlle ‘(il) budello/ (le) budella’ í é (u) ðitu (e) ðete ‘(il) dito/ (le) dita’ (rur.) Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 100 Mentre in treiese i nomi generalmente distinguono una forma di sg da una forma di pl, la maggior parte dei nomi di genere nna ha due forme di plurale ed è corradicale di nomi di genere maschile. Si prenda ad es. il lessema ‘braccio’: mentre la cella del singolare ha un’unica realizzazione, vrattʃu - con la stessa -u dei nomi di ii. classe -, la cella del plurale ospita tre possibili forme: vrattʃa , vrattʃe , vrattʃi. La questione, lo si è visto, non è nuova negli studi di grammatica italiana, ove a nomi come braccio è tradizionalmente assegnata l’etichetta di sovrabbondanti. Il dialetto di Treia si differenzia dallo standard perché accanto alle uscite -a e -i ne presenta una terza, -e, risultato di due spinte analogiche: l’una, sintagmatica, dal plurale femminile e dall’articolo determinativo, l’altra, paradigmatica, dal plurale femminile nominale kas-e della classe (9i) 25 . La forma di plurale in -e è disponibile per la maggior parte dei nomi con singolare in -u e plurale in -a, mentre non è vero l’inverso, in quanto numerosi sostantivi di genere nna hanno il plurale in -e ma non più quello in -a. Inoltre, analogamente a quanto avviene nello standard, per molti dei nomi con singolare in -u e plurale in -a è disponibile anche una forma di plurale in -i. Si pone ora la questione del rapporto fra le diverse forme di plurale, laddove coesistenti. Per i lessemi italiani come braccio Thornton 2013 esamina tre possibilità: (11) It. braccio: (a) Un’entrata lessicale e sovrabbondanza sg. braccio pl. bracci/ braccia (b) Un’entrata lessicale e sovradifferenziazione sg. braccio pl.1 bracci pl.2 braccia (c) Due entrate lessicali e difettività (cf. Acquaviva 2002, 2008) 1) Regolare braccio sg. braccio pl. bracci 2) Difettivo braccia sg. - pl. braccia Le interpretazioni (a) e (b) chiamano in causa due fenomeni di deviazione dalla composizione canonica di un paradigma flessivo, la sovrabbondanza e la sovradifferenziazione 26 . Secondo (a), bracci e braccia occupano la stessa cella di pl del les- 25 Per l’estensione del fenomeno cf. Rohlfs 1966-69: §369. 26 Thornton 2011 indaga la sovrabbondanza adottando l’approccio canonico e caratterizzandola come «the general phenomenon of having two or more forms that compete to realize the same cell in an inflectional paradigm» (Thornton 2011: 360); in italiano, i casi di sovrabbondanza si affollano soprattutto nei paradigmi verbali, che Thornton esamina in diversi suoi lavori, tra cui, appunto, Thornton 2011. Corbett 2007 definisce sovradifferenziati i lessemi nel cui paradigma una forma realizza «an additional value of an already attested feature in the class or subclass of the items in question» (Corbett 2007: 31). Ad esemplificazione di questo tipo di lessemi, che hanno una cella supplementare nel loro paradigma, Corbett fornisce, tra gli altri, il caso del duale maltese, presente come «minor number» accanto al singolare e al plurale, in circa trenta nomi (Corbett 2000: 96). Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 101 sema braccio; secondo (b), bracci e braccia sono forme relative a due diverse celle di pl dello stesso lessema braccio. Diversamente, secondo l’interpretazione (c), avanzata da Acquaviva 2002, 2008, le due forme di plurale vanno ricondotte a due lessemi diversi: bracci è il pl flessivo del regolare braccio/ bracci, mentre braccia è un lessema difettivo. A queste possibili interpretazioni Thornton commisura la variazione delle forme del paradigma dei nomi tipo braccio che ricorrono nel corpus Repubblica 1985-2000. Dopo aver mostrato che l’opzione analitica (11b) non può essere adottata perché la differenza tra i due pl bracci e braccia non soddisfa i criteri della sovradifferenziazione, la studiosa conclude che un’analisi unitaria per tutti i nomi non è possibile, e che la scelta tra le due ipotesi (11a) e (11c), insieme con il riconoscimento di uno o due lessemi, deve essere operata caso per caso. Si dà però, logicamente, una quarta possibilità, quella cioè che braccio/ bracci e braccio/ braccia siano due lessemi formalmente distinti, con forme omoradicali, omofone nel singolare. È questo tipo di analisi - di cui rinunciamo qui ad esporre i dettagli per l’italiano standard - che proponiamo per i nostri dialetti centro-meridionali esemplificando in (12) con dati treiesi: (12) Treiese vrattʃu : due entrate lessicali corradicali non difettive 1) sg. (u) vrattʃu pl. (i) vrattʃi ‘(il) braccio/ (i) bracci’ 2) sg. (u) vrattʃu pl. (e) vrattʃa/ vrattʃe ‘(il) braccio/ (le) braccia’ Si distinguono due entrate lessicali corradicali e non difettive: (u) vrattʃu / (i) vrattʃi e (u) vrattʃu / / (e) vrattʃa/ vrattʃe ; quest’ultimo sovrabbondante. La tabella (13) offre - sempre con dati treiesi - un prospetto delle diverse distribuzioni possibili delle forme di plurale alla luce della sovrabbondanza di realizzazione e della differenza di significato: (13) Interazione di sovrabbondanza e differenza di significato (in grigio) nei nomi nna sg pl sovrabbondanza differenza di significato -u -a e i i. ‘miglio’ u miʝʝu e miʝʝa ii. ‘muro’ u muru e mura i muri iii. ‘osso’ l ossu l ɔssa l ɔsse (rur.) l ossi iv. ‘uovo’ l ou l ɔa l ɔe (rur.) l ɔ(v)i Si possono isolare quattro tipi diversi: i) il tipo ‘miglio’, che soddisfa l’aspettativa canonica dell’unicità di realizzazione, non presentando né una forma di plurale in -e né una forma di plurale in -i; ii) il tipo ‘muro’ che ha due plurali flessivi, in -a e in -i, con significato diverso: e mura ‘le mura (di cinta)’ ~ i muri ‘i muri (di un’abitazione)’; Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 102 iii) il tipo ‘osso’, con tre forme di plurale e la possibilità di distinguere due significati diversi, l’uno per le forme in -a ed in -e ‘le ossa (del corpo di una persona)’, l’altro per la forma in -i ‘gli ossi (p.e. rosicchiati dal cane)’; iv) il tipo ‘uovo’, in cui fra le tre forme di plurale non si dà alcuna differenza di significato 27 . 27 Si propone in (i) una lista dei lessemi di genere nna con l’indicazione della grammaticalità/ agrammaticalità delle tre forme di plurale in competizione: il simbolo ‘*’ indica agrammaticalità, il simbolo ‘ % ’ accettabilità per una parte dei parlanti, il simbolo ‘ ? ’ incertezza nel giudizio. La lista distingue tre gruppi: a) i nomi in cui alle diverse forme di plurale si accompagna una differenza di significato (non sempre unanimemente condivisa) tra un plurale «collettivo» in -a/ -e e uno - nei termini di Belardi 1950 (cf. supra, N14) - «quantitativo» in -i, segnalato dal grigio; b) i nomi in cui alla forma flessa in -i non si accompagna alcuna differenza di significato; c) i nomi per cui una forma di plurale in -i non è disponibile: (i) Forme flesse dei nomi di genere nna (in grigio pl in -i con differenza semantica) singolare plurale glossa cf -a -e -i a. u muru e mura *e mure i muri ‘muro’ v.a., ii. u tʃiʝʝu e tʃiʝʝa % e tʃiʝʝe i tʃiʝʝi ‘ciglio’ v.a., vi.a., ii. u vuðellu e vuðɛlla e vuðɛlle i vuðelli ‘budello’ v.b., vi.b., ii. u miðollu e meðɔlla e meðɔlle i miðolli ‘midollo’ v.b., vi.b., ii. u vrattʃu e vrattʃa e vrattʃe i vrattʃi ‘braccio’ v.a., vi.a., ii. (rur.) u ðitu e ðeta % e ðete (rur.) i ðiti ‘dito’ v.a., vi.b., ii. l ossu l ɔssa l ɔsse (rur.) l ossi ‘osso’ v.b., vi.b., ii. u lentsolu e lentsɔla % e lentsɔle i lentsoli ‘lenzuolo’ v.b., vi.b., ii. (rur.) b. u fonnamentu e fonnamenta *e fonnamente i fonnamenti ‘fondamento’ v.a, ii. l urlu % l urla *l urle l urli ‘urlo’ v.a, ii. u paru e para *e pare i pari ‘paio’ vi.a., i. u soprattʃiʝʝu e soprattʃiʝʝa e soprattʃiʝʝe i soprattʃiʝʝi ‘sopracciglio’ v.a., vi.a., ii. (rur.) l ou l ɔa l ɔe l ovi / ɔvi ‘uovo’ v.a., vi.b., ii. u kornu e kɔrna e kɔrne % i korni ‘corno’ v.a., vi.b., ii. u ʒinoccu % e ʒenɔcca ? e ʒenɔcce i ʒenocci ‘ginocchio’ vi.b., i. u tʃervellu e tʃervɛlla e tʃervɛlle i tʃervelli ‘cervello’ v.a., vi.b., ii. c. u miʝʝaru e miʝʝara *e miʝʝare *i miʝʝari ‘migliaio’ v.a. u liɲɲu e leɲɲa e leɲɲe (rur.) *i liɲɲi ‘legno’ v.b. u miʝʝu e miʝʝa *e miʝʝe *i miʝʝi ‘miglio’ v.a., vi.a. u tʃentinaru e tʃentinara *e tʃentinare *i tʃentinari ‘centinaio’ v.a., vi.b., ii. I nomi sono distribuiti nei diversi insiemi in modi che non corrispondono ad alcuna classe semantica naturale; così ‘braccio’ (i.a.), con le sue tre forme di plurale (in -a, in -e in -i) in competi- Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 103 Dall’osservazione dei dati le forme in -e emergono come esempio di sovrabbondanza soggetta a condizioni di variazione diacronica (diagenerazionale) e diatopica: la classe in -u/ -a è conservata specialmente nel dialetto degli anziani e del centro urbano, mentre i giovani e gli abitanti del contado innovano instaurando nella flessione nominale la classe -u/ -e 28 . Non è infrequente, specialmente tra i cinquantenni e i sessantenni, la coesistenza dei due schemi di flessione anche nella competenza di un singolo parlante. Quanto alla competizione con le forme in -i, disponibili anch’esse per la maggior parte dei nomi di genere nna, laddove tali forme (maschili) siano distinte per significato da quelle in -a/ -e (nna), si ha opposizione semantica per cui il plurale -i ha valore «quantitativo», quello in -a/ -e valore «collettivo» 29 . Va detto che la classe dei nomi a cui si applica quest’analisi è in via di svuotamento lessicale: nel treiese del Duemila la forma l ossi indica non solo gli ossi del cane o il referente ‘ossi’ come parte di disiecta membra, ma anche, sempre più spesso, le ossa di una persona 30 . Nella misura in cui, ad ogni modo, tale classe persiste, il confronto con il paradigma degli altri nomi mostra che abbiamo a che fare con lessemi altamente devianti rispetto al comportamento flessivo canonico 31 . Concludendo, da questi dati è legittimo inferire che in treiese il trattamento dei nomi di genere nna come (un’unica) classe flessiva è impraticabile: essi appartengono a due classi flessive distinte tra loro dalla diversa morfologia affissale (in -u/ -a (9v) e in -u/ -e (9vi)), e ulteriormente articolate in sottoclassi per l’assenza (a) o presenza (b) di flessione interna. Inoltre, come ci fa notare Martin Maiden (comunicazione personale), la componente sintagmatica dell’influsso analogico che ha portato all’estensione della -e di f.pl è un argomento forte a sostegno dell’analisi di -a come suffisso flessivo (anziché derivativo, diversamente da quanto si propone per l’italiano in (4b)). zione, ha un comportamento diverso rispetto a ‘ginocchio’ (i.b.), il cui plurale in -a (pur normativo dell’italiano) non è unanimemente accettato e il cui plurale in -e è dubbio. Tale restrizione è semplicemente una proprietà idiosincratica di questi lessemi. 28 Thornton 2011: 360 definisce questo tipo di sovrabbondanza non canonico, in quanto soggetto a condizioni, sulla base del criterio 1 della sovrabbondanza canonica: assenza di condizione presenza di condizioni ( = più canonico di). 29 Non pare dunque praticabile una distinzione di tali formazioni plurali in termini di valori della categoria di numero («plurale» ≠ «duale», comunque definito quest’ultimo) quale suggerita per l’italiano da Hall 1956 o Magni 1995 (cf. supra, (4c) e N15). 30 Che le forme in -i siano forme in espansione dice anche la fonetica del plurale l ɔ(v)i che non mostra innalzamento metafonetico della vocale tonica e viene spesso realizzato con la fricativa labiodentale sonora (mentre -voriginaria è caduta, nel regolare sviluppo fonetico), segno di un mutamento in fieri. 31 Un ulteriore elemento di differenziazione rispetto agli altri nomi è dato dal rapporto di marcatezza tra i due valori di numero. Laddove tipicamente il valore non marcato è il singolare, nei lessemi tipo bratt ʃ u diversi indizi inducono a considerare come non marcato il plurale. Per i riferimenti e la discussione sulla marcatezza dei valori di numero cf. almeno Tiersma 1982, Corbett 2000: 154 s., Schulte 2008. Così Tiersma 1982: 835: «When the referent of a noun naturally occurs in pairs or groups, and/ or when it is generally referred to collectively, such a noun is locally unmarked in the plural». Per i dati comparabili da altri dialetti italo-romanzi cf. Maiden 1991: 198 s., 209 s. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 104 32 Questa voce sembra avere come etimo l’accusativo del nome base unguem, da cui vengono anche l’altamurano [ ɔɲː ] (Loporcaro 1988: 230), il cerign. óñe/ pl. úñe, e forse il mesolcinese (Roveredo) ójža , compatibile, quest’ultimo, anche con ungulam (Salvioni 1912: 156-7; Faré 1972: 9070a). 33 Poiché questa classe non ospita sostantivi nna, rinunciamo a descriverne l’articolazione in scf. Passiamo ora all’analisi del sistema flessivo nel dialetto alto-meridionale di Avigliano. 4.1.2 Il dialetto di Avigliano L’aviglianese, pur recando le tracce di un originario strato gallo-italico (cf. Nolè 2004-05), rientra nelle varietà alto-meridionali in cui l’instaurazione, ove foneticamente possibile, del sistema di flessione interna opponente esiti metafonizzati e non metafonizzati della vocale tonica viene a supplire alla perdita di distinzioni nella morfologia flessiva, dovuta alla neutralizzazione in ə delle vocali finali. Lo schema in (14) presenta un quadro semplificato del sistema flessivo sincronico dei nomi in aviglianese assumendo la presenza o assenza di flessione interna come criterio per la distinzione in classi diverse: (14) Avigliano (PZ): principali classi flessive del nome (nomi di genere nna in grigio) cf sg pl esempio glossa genere i. A A (l) urtə (ʎ) urtə ‘(l’)orto/ (gli) orti’ m (lu) kwanə (i/ ʎʎi) kanə ‘(il) cane/ (i) cani’ m (la) manə (rə) mmanə ‘(la) mano/ (le) mani’ f (lu) wrattsə (rə) bbrattsə ‘(il) braccio/ (le) braccia’ nna (ru/ rə) ppepə - ‘(il) pepe’ n ii. A B (lu) mwesə (i/ ʎʎi) misə ‘(il) mese/ (i) mesi’ m, f iii. A B (lu) ɣúvətə (rə) ggóvətə ‘(il) gomito/ (i) gomiti’ nna iv. A Blə (l) urtə (ɖɖ) rtələ ‘(l’)orto/ (gli) orti’ nna v. A Btə (lu) trunə (rə) ttrnətə ‘(il) tuono/ (i) tuoni’ nna Diversamente dall’italiano e dal treiese, nel dialetto di Avigliano l’appartenenza al genere nna non può essere dedotta dalla classe flessiva. Nomi nna sono, infatti, presenti in quattro delle cinque classi principali di cui si compone il sistema. La prima classe (14i) comprende i nomi con sg e pl identici la cui forma di pl non ha alcuna distinzione flessiva rispetto a quella di sg; vi rientrano tutti i nomi la cui vocale tonica non è metafonizzabile ed i nomi che non hanno pl a suffissazione. Ne fanno parte sostantivi di tutti e quattro i generi; tra quelli di genere nna si registra, oltre a vrattsə ‘braccio/ braccia’, anche oɲɲə ‘unghia/ unghie’ 32 . La seconda classe (14ii) è definita dal fatto di presentare al sg e al pl due allomorfi distinti dalla vocale tonica che, passibile di metafonesi, non è metafonizzata al sg ma lo è al pl; ne fanno parte nomi di genere m come lu mwesə/ i, ʎʎi misə ‘il mese/ i mesi’ e di genere f come la pɛɖɖʐə/ rə ppiə̯ɖɖʐə ‘la pelle/ le pelli’ 33 . Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 105 La terza classe (14iii) comprende tutti i nomi con vocale tonica metafonizzabile, che presentano la forma metafonizzata al sg in -ə -u, ma non al pl in -ə -a. Al suo interno si può operare un’ulteriore distinzione in sottoclassi, in base alle specifiche alternanze morfonologiche coinvolte; a partire da questo criterio lo schema in (15) distingue: a) nomi con alternanza ú ≠ ó (15a): lu ɣú vətə/ rə ggó vətə ‘il gomito/ i gomiti’, lu ʃənuccə/ rə ʃʃənoccə, ddʒənoccə ‘il ginocchio/ le ginocchia’; b) nomi con alternanza ú ≠ (15b): l ussə/ ɖɖʐ ɔssə ; c) nomi con alternanza í ≠ é (15c): lu rwištə/ rə ddeʃtə ‘il dito/ le dita’, lu mulwiɖɖʐə/ rə mmulweɖɖʐə ‘la mela/ le mele’, lu pwirə/ rə pperə ‘la pera/ le pere’; d) nomi con alternanza íə̯ ≠ (15d): l aniɖɖʐə/ r anɛɖɖʐə ‘l’anello/ gli anelli’: (15) Avigliano: sottoclassi dei nomi della cf iii di genere nna con vocale tonica metafonizzabile cf scf sg pl sfn esempio glossa iii. a. A B u o (lu) ɣúvətə (rə) ggóvətə ‘(il) gomito/ (i) gomiti’ b. u ɔ (l) ussə (ɖɖʐ) ɔssə ‘(l’)osso/ (le) ossa’ c. i e (lu) pwirə (rə) pperə ‘(la) pera/ (le) pere’ d. i ɛ (l) aniɖɖʐə (r) anɛɖɖʐə ‘(l’)anello/ (gli) anelli’ Nel tipo (14iv) ( l urtə/ ɖɖʐ rtələ ‘l’orto/ gli orti’) la forma di pl è duplicemente distinta da quella di sg, con il meccanismo morfonologico della metafonesi ( ≠ ) e con un elemento suffissale ələ -ulu, che replica lo schema imparisillabo della classe di pl in -ora, qui dissoltosi ma regolare nei dialetti vicini di Lucania e di Puglia 34 . La quinta classe (14v) consiste anch’essa di un solo sostantivo, lu trunə/ rə ttrnətə ‘il tuono/ i tuoni’, in cui pure si osservano l’alternanza metafonetica ( ≠ ) e lo stesso schema imparisillabo replicato attraverso la fusione in un unico lessema di due voci originariamente sinonime, il deverbale ‘tuono’ retroformato da tonare e il continuatore di tonitrus (REW 8780). Secondo la stessa variazione osservabile in italiano standard e già descritta per il treiese, accanto ai f.pl in ə -a, in aviglianese sono presenti anche forme concorrenti di plurale in -ə -i, come ʎ urtə luŋgə ‘gli orti lunghi’ (14i), di nuovo senza alcuna prevedibilità semantica: si hanno, infatti, anche i ʃənuccə strittə/ strində ‘i.m.pl ginocchi stretti.m.pl’, i ɣú vətə luŋgə ‘i.m.pl gomiti lunghi.m.pl’. I dati empirici relativi alle classi flessive che l’aviglianese presenta, dunque, in nessun modo si possono ricondurre ad un solo paradigma flessivo. 34 Cf. ad esempio Loporcaro 1988: 234 per il dialetto di Altamura: «Il plur. in -ora si è enormemente esteso e lo si ritrova anche in voci dal fonetismo non del tutto dialettale e dunque penetrate dall’italiano e non originarie: p.es. [ pɪatːr ] ‘piatti’». Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 106 4.1.3 Sintesi delle caratteristiche non canoniche della flessione dei nomi di genere nna In base alle analisi ai §4.1.1-4.1.2, possiamo affermare che nei sistemi flessivi del treiese e dell’aviglianese i nomi di genere nna esibiscono proprietà di cui l’interpretazione come classe flessiva non rende conto. Proprio dal punto di vista flessivo essi presentano diverse caratteristiche non canoniche. Contro l’aspettativa che all’interno di un sistema la composizione e la struttura del paradigma di un lessema sia identica in tutte le classi, i nomi di genere nna appartengono a classi che possiedono, sole nel sistema, forme di plurale sovrabbondanti. Contro l’aspettativa che ogni lessema abbia una forma distinta da quella degli altri nomi nel sistema, molti di essi sono corradicali di nomi m appartenenti alla cf esito della II declinazione latina. Contro l’aspettativa di invariabilità della forma fonologica della base, molti di essi presentano forme differenti al singolare e al plurale. 4.2 Accordo canonico di genere Dimostrato che nelle varietà centro-meridionali i nomi di genere non autonomo del tipo il braccio/ le braccia non possono essere analizzati nei termini di un’unica classe flessiva, passiamo ora all’esame dei meccanismi di accordo per vedere se essi sostengano l’ipotesi che a tali sostantivi sia da assegnare un valore di genere distinto da m e f. Iniziamo dai casi canonici. 4.2.1 Il dialetto di Treia 4.2.1.1 Accordo canonico dell’articolo e dell’aggettivo all’interno del SN Quando si postulano una categoria ed i suoi valori, la prima prova che ci si attende di avere è la presenza di almeno una forma flessa che possa essere spiegata solo in termini della categoria e del valore in questione. È quanto espresso dal Criterio 1 della canonicità di una categoria morfosintattica (Corbett 2008: 8): Criterio 1: Categorie e valori canonici hanno forme dedicate (sono ‘autonomi’) Lo si può esemplificare con gli esempi già addotti in (1a), riprodotti in (16) con l’aggiunta di un nome di genere nna ( vrattʃu ‘braccio’) e mostrando anche l’accordo dell’aggettivo (‘grosso’) 35 : 35 Nelle forme dell’aggettivo in (16), la variazione della consonante iniziale è allofonica, avendosi gg geminata per RF dopo le vocali toniche dei sostantivi monosillabici precedenti. Quanto alla glossa, essa fa uso di informazioni sintagmatiche (non è dunque una glossa puramente morfologica, nei termini di Baerman et al. 2005: 11-12): infatti, in ɡross-u ‘grande\m-m.sg’ di contro a Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 107 (16) singolare plurale n o pa ɡɡross-o def.n.sg pane(n) grande\n-n.sg Ø m u ka ɡɡross-u i ka ɡɡross-i def.m.sg cane(m) grande\m-m.sg def.m.pl cane(m) grande\mm.pl nna u vrattʃ-u ɣross-u e vrattʃ-a ɣrɔss-e def.m.sg braccio (nna)-sg grande\m-m.sg def.f.pl braccio (nna)-pl grande\f-f.pl f a ma ɡɡrɔss-a e ma ɡɡrɔss-e def.f.sg mano(f) grande\f-f.sg def.f.pl mano(f) grande\f-f.pl ‘il pane/ il cane/ il braccio/ la mano grande’ ‘i cani/ le braccia/ le mani grandi’ Si tratta di esempi che ci si attende siano canonici dal punto di vista dell’accordo 36 . Ed effettivamente, gli esempi in (16) mostrano diversi aspetti di canonicità; se ne richiamano qui alcuni: il controllore è presente e seleziona sui diversi bersagli i medesimi valori di accordo; i bersagli esprimono l’accordo (anche) su suffissi legati, obbligatori e regolari; il dominio è asimmetrico (il genere dell’articolo e dell’aggettivo dipende dal genere del nome) ed è locale. D’altro canto, essi disattendono l’aspettativa che ciascun valore di genere abbia forme proprie di accordo. Nel singolare vi sono tre classi di accordo: una prima classe include nomi come pa , una seconda nomi come ka e vrattʃu , una terza nomi come ma . Diversamente nel plurale si distinguono due classi di accordo: una prima include nomi come ka , una seconda nomi come vrattʃu e ma , mentre nomi come pa mancano della forma di plurale 37 . I generi esemplificati da nomi come pa, ka, ma sono autonomi perché sulle parole loro associate per ciascuno di essi vi sono forme flesse di accordo esclusive. Diversamente, non c’è nessuna forma che marchi esclusivamente l’accordo con nomi come vrattʃu , così come accade per il rumeno scaun e l’italiano braccio. Tuttavia, il complesso delle forme di accordo selezionate oppone vrattʃu ai nomi maschili, ai femminili e ai neutri. In termini di classi di accordo, si distinguono chiaramente quattro classi di nomi controllori tanto sull’articolo quanto sull’aggettivo. ɡross-o ‘grande\n-n.sg’, solo l’opposizione manifestata dall’affisso desinenziale è univocamente visibile sul piano paradigmatico, mentre entro il paradigma l’alternante metafonizzato del morfema lessicale ( ɡross- ) è, a rigore, solo [-femminile], ed è possibile distinguerlo in ‘\n’ ≠ ‘\m’ solo grazie all’informazione coricorrente sintagmaticamente, proveniente dalla desinenza e dal controllore. 36 Si rinvia a Corbett 2006: 8-27 per una presentazione dell’approccio canonico ai fenomeni di accordo. 37 Per un’introduzione alla (tipologia e diacronia della) difettività cf. Baerman/ Corbett 2010. Interessa qui sottolineare che il n è chiaramente un valore di genere autonomo (Criterio 1), ma meno canonico del m e del f, perché la sua espressione è limitata al solo sg (Criterio 2). Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 108 4.2.1.2 Accordo dei clitici pronominali Le stesse quattro classi vengono isolate quando si consideri il marcamento dell’accordo sui clitici pronominali (17): (17) a. singolare n o pa o=ropp-o ‘il pane, lo rompo’ def.n.sg pane(n) 3od.n.sg=rompere: prs-1sg m u vas-u u=ropp-o ‘il vaso, lo rompo’ def.m.sg vaso(m)-sg 3od.m.sg=rompere: prs-1sg nna u vrattʃ-u u=ropp-o ‘il braccio, lo rompo’ def.m.sg braccio(nna)-sg 3od.m.sg=rompere: prs-1sg f a ma a=ropp-o ‘la mano, la rompo’ def.f.sg mano(f) 3od.f.sg=rompere: prs-1sg b. plurale m i vas-i i=ropp-o ‘i vasi, li rompo’ def.m.pl vaso(m)-pl 3od.m.pl=rompere: prs-1sg nna e vrattʃ-a e=ropp-o ‘le braccia, le rompo’ def.f.pl braccio(nna)-pl 3od.f.pl=rompere: prs-1sg f e ma e=ropp-o ‘le mani, le rompo’ def.f.pl mano(f) 3od.f.pl=rompere: prs-1sg Nel singolare (17a) ci sono tre classi di accordo: I pa ~ II vasu = vrattʃu ~ III ma ; nel plurale invece se ne distinguono due: I vasi ~ II vrattʃa e ma . Sebbene non ci sia nessuna forma che ricorra esclusivamente con nomi come vrattʃu/ vrattʃa , attribuire loro un valore di genere consente di mantenere regole sintattiche semplici. 4.2.1.3 Accordo participiale Il marcamento dell’accordo sul participio passato, esemplificato con ‘rotto’ 38 (18) permette di determinare le stesse quattro classi di nomi controllori individuate dal marcamento sull’articolo, sull’aggettivo e sul clitico: (18) a. singolare n o pa l=aɟɟ-o rutt-o def.n.sg pane(n) 3od=H-1sg rompere: ptp\n-n.sg m u vas-u l=aɟɟ-o rutt-u def.m.sg vaso(m)-sg 3od=H-1sg rompere: ptp\m-m.sg nna u vrattʃ-u l=aɟɟ-o rutt-u def.m.sg braccio(nna)-sg 3od=H-1sg rompere: ptp\m-m.sg f a ma l=aɟɟ-o rott-a def.f.sg mano(f) 3od=H-1sg rompere: ptp\f-f.sg ‘Il pane/ il vaso/ il lenzuolo/ la mano, l’ho rotto/ rotta’ 38 La regola di accordo del ptp nel dialetto di Treia ha forma identica a quella del serviglianese determinata da Loporcaro 1998: 103-08. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 109 b. plurale m i vas-i l= aɟɟ-o rutt-i def.m.pl vaso(m)-pl 3od=H-1sg rompere: ptp\m-m.pl nna e vrattʃ-a l= aɟɟ-o rott-e def.f.pl braccio(nna)-pl 3od=H-1sg rompere: ptp\f -f.pl f e ma l= aɟɟ-o rott-e def.f.pl mano(f) 3od=H-1sg rompere: ptp\f-f.pl ‘I vasi/ le lenzuola/ le mani, li ho rotti/ le ho rotte’ pa, vasu, ma hanno forme di accordo participiale esclusive ( rutto segnala solo l’accordo con nomi come pa , rotta solo con nomi come ma , rutti solo con nomi come vasi ), mentre non c’è nessuna forma che segnali esclusivamente l’accordo con vrattʃu/ vrattʃa . Nondimeno, vrattʃu/ vrattʃa appartiene ad una classe di accordo distinta dalle altre. 4.2.1.4 Sintesi dei test di accordo canonico Lo schema in (19) sintetizza i risultati dei test d’accordo condotti 39 : (19) a. sg pl b. sg pl c. sg pl n o Ø grosso Ø rutto Ø m u i grossu grossi ruttu rutti nna u e grossu grɔsse ruttu rotte f a e grɔssa grɔsse rotta rotte articolo deter., clitico aggettivo ‘grosso’ participio ‘rotto’ Mentre al singolare la forma flessa (-)o ricorre solo come forma di accordo dei nomi n, la forma (-)a solo come forma di accordo dei nomi f, la forma m (-)u è richiesta sia da nomi di genere maschile sia da nomi di genere nna; al plurale la forma (-)i è esclusiva dei nomi maschili, la forma (-)e è selezionata sia dai nomi femminili sia dai nomi di genere nna. Ne consegue che i nomi che controllano l’accordo si distribuiscono in quattro classi distinte, quattro diversi generi del controllore, come mostra lo schema in (20) 40 : (20) sistema quadrigenere singolare plurale (-)o n Ø (-)u m (-)i nna (-)a f (-)e 39 Come già notato supra, §1.1, N2 e 4, negli articoli, nei clitici e nei pronomi dimostrativi (19a) la distinzione di -u ≠ -o finali come marche flessive di genere m.sg ≠ n è etimologica mentre negli aggettivi (19b) e nei participi (19c) la stessa distinzione si è estesa analogicamente. 40 Per un sistema quadrigenere simile si rinvia alla descrizione dell’albanese offerta da Breu 2011: 54 N39. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 110 In tutte le parti del discorso che esibiscono marcamento flessivo di genere si riconoscono tre forme diverse al singolare, due al plurale. Per quest’aspetto, dunque, il treiese è altamente canonico rispetto al criterio 3 della canonicità di una categoria morfosintattica (Corbett 2008: 8): Criterio 3: Categorie e valori canonici sono distinti in tutte le categorie lessicali pertinenti. 4.2.2 Il dialetto di Avigliano 4.2.2.1 Accordo dell’articolo e dell’aggettivo all’interno del SN Riconsideriamo ora i dati in (1b) aggiungendovi il nna vrattsə ‘braccio’ e illustrando l’accordo anche con l’aggettivo ‘grosso’: (21) singolare plurale n ru/ rə ppwanə ɣrussə Ø def.n.sg pane(n) grande\n m l-u kwanə ɣrussə i/ ʎʎi kanə ɣrussə def-m.sg cane(m) grande\m def.m.pl cane(m) grande\m nna l-u vrattsə ɣrussə rə bbrattsə ɣrɔssə def-m.sg braccio (nna) grande\m def.f.pl braccio (nna) grande\f f l-a manə ɣrɔssə rə mmanə ɣrɔssə def-f.sg mano(f) grande\f def.f.pl mano(f) grande\f ‘il pane/ il cane/ il braccio/ la mano grande’ ‘i cani/ le braccia/ le mani grandi’ Di nuovo si osserva un sincretismo alternante dei nomi di genere nna: al singolare lu wrattsə è ɣrussə ‘grande\m’ come lu kwanə , ma al plurale rə bbrattsə sono ɣrɔssə ‘grande\f’ come rə mmanə . La verificabilità dei quattro valori di genere è limitata all’articolo, mentre sull’aggettivo l’opposizione di genere è binaria, a causa del sincretismo delle forme di m.sg e n: ɣrussə ‘grande\m’ come ɣrussə ‘grande\n’. 4.2.2.2 Accordo dei clitici pronominali e accordo principale L’aviglianese non permette di testare l’accordo fra antecedente e pronome anaforico clitico OD; al plurale, infatti, la forma del pronome oggettivo di terza persona è sempre [ rə] senza distinzione di genere; omonima della forma dell’articolo determinativo f.pl, produce come quest’ultima il raddoppiamento della consonante iniziale seguente ( rə ddeʃtə tə rə rrombə ‘le dita te le rompo’, i vasə tə rə rrombə ‘i vasi te li rompo’, rə ssɛddʒə tə rə rrombə ‘le sedie te le rompo’), mentre si realizza come [r] prima di vocale ( r addʒə vasatə ‘li ho baciati/ le ho baciate’). Il medesimo sincretismo si ritrova anche nell’accordo del participio passato nei tempi composti. Lo mostrano le forme in (22), dove il genere nna è esemplificato da lu rwiʃtə ‘il dito’ che è ruttə ‘rotto’ come lu wasə ‘il vaso’ e ru ppwanə ‘il pane’ mentre rə ddeʃtə ‘le dita’ sono rottə ‘rotte’ come rə ssɛddʒə ‘le sedie’: Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 111 (22) a. singolare n ru/ rə ppwanə r=addʒə ruttə def.n.sg pane(n)\sg 3od.n=H.1sg rompere: ptp\n m l-u wasə l=addʒə ruttə def-m.sg vaso(m) 3od=H.1sg rompere: ptp\m nna l-u rwiʃtə l=addʒə ruttə def-m.sg dito(nna)\sg 3od=H.1sg rompere: ptp\m f l-a sɛddʒə l=addʒə rottə def-f.sg sedia(f) 3od=H.1sg rompere: ptp\f ‘Il pane/ il vaso/ il dito/ la sedia, l’ho rotto/ rotta’ b. plurale m i/ ʎʎi vasə r=addʒə ruttə def.m.pl vaso(m) 3od=H.1sg rompere: ptp\m nna rə ddeʃtə r=addʒə rottə def.f.pl dito(nna)\pl 3od=H.1sg rompere: ptp\f f rə ssɛddʒə r=addʒə rottə def.f.pl sedia(f) 3od=H.1sg rompere: ptp\f ‘I vasi/ le dita/ le sedie, li ho rotti/ le ho rotte’ 4.2.2.3 Sintesi dei test di accordo canonico In (23) si sintetizza quanto finora illustrato per le diverse parti del discorso: (23) a. sg pl b. sg pl c. sg pl n ru/ rə Ø n ɣrussə Ø n ruttə Ø m lu i/ ʎʎi m ɣrussə ɣruə̯ssə m ruttə ruttə nna lu rə nna ɣrussə ɣrɔssə nna ruttə rottə f la rə f ɣrɔssə ɣrɔssə f rottə rottə articolo aggettivo ‘grosso’ participio ‘rotto’ determinativo In aviglianese la manifestazione piena delle opposizioni di genere è confinata all’articolo, che distingue tre forme diverse al singolare ( ru/ rə ≠ lu ≠ la ) e due al plurale ( i/ ʎʎi ≠ rə ) (23a), mentre negli aggettivi e nei participi, a causa del sincretismo al sg tra la forma del n e quella del m, si distinguono solo due forme diverse al sg (aggettivi: ɣrussə ‘grande\m/ n’ ≠ ɣrɔssə ‘grande\f’; participi: ruttə ‘rotto\m/ n’ ≠ rottə ‘rotto\f’) e due al pl ( ɣrussə ‘grande\m’ ≠ ɣrɔssə ‘grande\f’; ruttə ‘rotto\m’ ≠ rottə ‘rotto\f’) 41 ; a partire da queste parti del discorso, dunque, sarebbero identificabili solo tre classi di accordo: 41 In queste glosse fuori contesto - diversamente da quelle entro frase (cf. la N35) - si adotta un criterio strettamente morfologico (cf. Baerman et al. 2005: 11-12), indicando i diversi potenziali valori di genere, in alternativa paradigmatica, separati dalla barra obliqua: ad es. ɣrussə ‘grande\m/ n’. Negli esempi in contesto, al contrario, dato che quest’ultimo disambigua il valore di genere, se ne indica uno soltanto: ad es., in (21), ɣrussə ‘grande\n’ oppure ‘grande\m’ secondo, appunto, il contesto. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 112 (24) singolare plurale sistema quadrigenere ru/ rə n Ø articolo determinativo lu m i/ ʎʎi nna la f rə È evidente che treiese e aviglianese hanno entrambi quattro valori di genere. In treiese ne abbiamo manifestazione negli articoli, negli aggettivi e nei participi. In aviglianese la prova è limitata agli articoli. Il criterio 3 (v. supra, §4.2.1.4) distingue i due sistemi del treiese e dell’aviglianese e individua il treiese come maggiormente canonico dell’aviglianese per quest’aspetto. Fin qui i meccanismi di accordo sono comparabili con quelli esibiti dai nomi tipo il braccio/ le braccia dell’italiano standard. Una situazione diversa si osserva quando si passi all’analisi dei casi in cui le informazioni realizzate dal bersaglio non concordano con quelle del controllore di genere nna (cf. §4.3). 4.3 Accordo non canonico al genere neutro non autonomo ( NNA ). Esempi di discordanza 4.3.1 Italiano Gli studi sull’italiano standard hanno preso atto dell’esistenza di realizzazioni inattese del valore di genere quando tra i controllori di genere nna ed i loro bersagli vi sia divergenza nel valore di numero, ad esempio quando il controllore abbia valore plurale e il bersaglio valore singolare (cf., tra gli altri, Brunet 1978: 95 s., Lepschy/ Lepschy 1981: 100, Posner 1996: 63-4, Maiden/ Robustelli 2000: 28, Maiden 2011: 702 N39). Il tema è tutt’altro che un oggetto di analisi recente per la tradizione grammaticale italiana. Pietro Bembo ( 2 1966 [1530]), nelle sue Prose, all’interno della sezione di morfologia nominale del III libro dedica il VI capitolo ( 2 1966 [1530]: 192-94) alle voci «che sono del neutro nel latino» e che prendono in volgare «l’articolo e il fine di quelle del maschio . . . nel numero del meno», mentre «[i]n quello del più, usano con l’articolo della femina un proprio e particolare loro fine, che è in A sempre, e altramente non giammai». Per esemplificare l’applicazione di questa regola Bembo cita Boccaccio: «Messo il capo per la bocca del doglio, che molto grande non era, e, oltre a quello, l’uno delle braccia con tutta la spalla» (Decameron VII, 2, 32); poi aggiunge: «e non disse l’una delle braccia o altramente» 42 . Dunque un’espressione pronominale singolare connessa ad un sostantivo nna plu- 42 La nota di Carlo Dionisotti all’edizione dell’opera mostra bene la complessità della questione: «il Bembo qui tende a risolvere di forza, con una affermazione perentoria, la difficoltà di stabilire una regola, che non sia riconoscimento storico di strati diversi dell’uso. Già dubbio è l’esempio che subito segue del Boccaccio. Ma il tono perentorio del Bembo è in funzione an- Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 113 rale compare con la stessa marca di accordo che avrebbe il determinante singolare entro un sintagma nominale (lo braccio). La situazione nell’italiano standard è però oggi mutata, come documenta Brunet 1978: 95-96 che ha estratto da testi novecenteschi diversi esempi illustranti la selezione categorica del f.sg sul bersaglio da parte di nomi controllori plurali di genere nna. Se ne riportano alcuni (corsivi aggiunti) 43 : (25) a. «lo zio ti aveva regalato dodici uova . . . avvoltolate ciascuna in un foglio da dieci lire» (Pratolini, Cronaca familiare, 31) b. «Ida suonava spesso al cancello della villetta, per fare acquisti di uova; ma da ultimo il loro prezzo era salito a venti lire l’una» (Morante, La Storia, 331) c. «Di sopra, a circa quattrocento metri, sopra un piccolo piazzale, stavano le ossa di Darrìo, una qui una lì, completamente sformate» (Buzzati, Bàrnabo delle montagne, 14) Il mantenimento, nel bersaglio al singolare (ciascuna (25a), l’una (25b), una . . . una (25c)), di accordo al medesimo genere femminile caratterizzante il plurale (uova (25a-b), ossa (25c)) segnala la presenza di un’informazione diversa da quella realizzata nei casi di accordo canonico. L’argomento è stato sviluppato da Acquaviva 2002: 299-301; 2008: 136 s., che ha testato con parlanti italofoni L1 (donde i giudizi di accettabilità in (26)-(28)) le possibilità di accordo in costrutti in cui il numero dell’elemento bersaglio diverga dal numero del SN controllore, o perché quest’ultimo consiste di due SN singolari coordinati (26) o perché esso è plurale, mentre il bersaglio è un’espressione pronominale singolare distributiva (27) o reciproca (28): (26) il dito e il braccio sono stati amputati/ *state amputate (27) le uova costano venti centesimi l’una/ *l’uno (28) le braccia di Ugo sono una più lunga dell’altra/ *uno più lungo dell’altro In tutti e tre i casi, dato il paradigma di accordo il braccio/ le braccia, ci si attenderebbe che, cambiando i valori della categoria di numero (in (26) singolare → plurale, in (27)-(28) plurale → singolare), cambiasse anche il valore della categoria di genere (in (26) maschile → femminile, in (27) e (28) femminile → maschile). La forma dei bersagli disattende però quest’aspettativa: al cambiare del numero, il geneche di una implicita polemica che in questo capitolo egli sviluppa contro il suo predecessore Fortunio» (Bembo 2 1966 [1530]: 192 N1). Per le peculiarità della classificazione bembiana, confrontata con quelle delle altre grammatiche rinascimentali, si rinvia al saggio di D’Achille 2001. 43 Posner 1996: 64 adduce questi esempi come prova del «marginal character of ambigenous nouns in modern Italian», e aggiunge: «[s]ome dialects appear to treat the dual form as a masculine singular (as in Tuscan) or as a masculine plural (as in Sicilian), while elsewhere (as in some South Central dialects and in Old Surselvan Rhaeto-Romance) adjectival agreement suggests feminine singular status». Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 114 re non cambia. Si pone dunque la questione del perché la forma dei bersagli manchi di segnalare l’informazione di accordo attesa. Di questa perturbazione Acquaviva 2002: 295 dà la seguente interpretazione: «se il mutamento di genere al plurale fosse una proprietà grammaticale integrata nel sistema flessionale . . ., il femminile comparirebbe automaticamente in tutti i contesti dove la struttura sintattica richiede un plurale. . . . braccia non è propriamente il plurale di braccio; è piuttosto un lessema distinto, derivato da bracce intrinsecamente plurale: un plurale lessicale e non flessionale». Concordando largamente nell’analisi con Acquaviva, Maiden 2011: 702 N39 si spinge sino a postulare un «vuoto di accettabilità»: «Italians usually experience difficulty in expressing ‘one of the broken eggs’: neither uno (M) delle uova rotte nor una (F) delle uova rotte seems acceptable». Ora, mentre è certo che per molti parlanti queste sono oggi costruzioni «difficili», gli esempi letterari contemporanei in (25) mostrano che almeno alcuni parlanti/ scriventi purtuttavia li producono, e in tal caso l’opzione di accordo ivi ricorrente è diversa da quella documentata in antico. I dati dialettali centro-meridionali possono esser qui messi a reagire, con risultati interessanti, con quelli dello standard. 4.3.2 Il dialetto di Treia 4.3.2.1 Sintagmi nominali congiunti In (29) si ripropone l’esempio della risoluzione del(l’accordo di) genere tra due SN che hanno per testa nomi singolari di genere nna: (29) nna + nna → m.pl u ðit-u e u vrattʃ-u aðέ ffirit-i / *ffirit-e def.m.sg dito(nna)-sg e def.m.sg braccio(nna)-sg E.3 feritom.pl / ferito-f.pl ‘Il dito e il braccio sono feriti’ Come in italiano, anche in treiese la risoluzione di genere richiede al plurale accordo al m 44 . Secondo Acquaviva, questo dimostrerebbe che ditu e vrattʃu sono nomi maschili e che dita e vrattʃa, femminili, sono lessemi difettivi distinti. Che questo dato in sé non rappresenti un solido argomento contro l’ipotesi di un genere nna può esser mostrato adducendo il parallelo dello sloveno, dove SN neutri coordinati richiedono accordo al maschile, non al neutro: 44 In treiese, come in italiano, il maschile rappresenta il genere di default. Per la discussione su questo tema in italiano si rinvia a Thornton 2009. Per dati e discussione su un sistema (maceratese) in cui vigono regole di risoluzione identiche alle treiesi cf. Paciaroni 2012a. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 115 (30) Sloveno: n + n → m.pl (Len Č ek 1972: 60; Corbett 2006: 238-9) t-o drev-o in gnezd-o na njem mi questo-n.sg albero(n)-sg e nido(n)-sg su 3sg.n.loc 1sg.dat bosta ostal-a v spomin-u aux.fut.3du rimanere-m.du in memoria-sg.loc ‘Quell’albero e il nido su di esso rimarranno nella mia memoria’ Corbett 2006: 238-39 ne deduce che una regola di risoluzione può esser richiesta anche in presenza di elementi coordinati dello stesso genere. Se ciò, in linea di principio, è possibile, l’argomento di Acquaviva, cadutone il presupposto, perde di efficacia 45 . 4.3.2.2 Costruzioni distributive Continuando nella comparazione si nota che i dati treiesi divergono da quelli dell’italiano standard. In (31) viene riproposto, con materiale treiese, l’accordo a distanza tra un nome nna.pl ( ɔa ‘uova’) e il pronome distributivo sg l unu ‘l’uno’: (31) Treia l ɔ-a/ ɔ-e kɔʃt-a kwínditʃi tʃentésim-i l un-u/ % un-a def uovo(nna)-pl costare.prs-3 quindici centesimo(m)-pl def uno-m.sg/ f.sg ‘Le uova costano quindici centesimi l’uno/ % l’una’ In treiese c’è variazione nell’uso del pronome; accanto alla forma f l una, facilmente spiegabile con l’influsso dello standard, è presente, e preferita, l’opzione m l unu, che si spiega solo alla luce del meccanismo di accordo «maschile singolare, femminile plurale» 46 . In (32) il bersaglio è il pronome dimostrativo kwillu ‘quello’, in cui il valore di numero deve essere espresso dalla morfologia flessiva; benché la distanza tra controllore e bersagli vada oltre i confini della proposizione, i parlanti non manifestano alcuna esitazione nella realizzazione del valore di genere m del bersaglio sg, mentre qualche esitazione è data dal valore del secondo bersaglio, di numero pl: (32) tʃe=ʃt-a parecc-e ɔ-a/ ɔ-e kwill-u loc=stare.prs-3 parecchio-f.pl uovo(nna)-pl dim\m-m.sg pjú ccar-u aðé ffriʃk-u più chiaro-m.sg E.3 fresco\m-m.sg kwell-e ʃkur-e að vvɛcc-e dim\f-f.pl scuro-f.pl E.3 vecchio\f-f.pl/ % kwill-i ʃkur-i aðé vvecc-i dim\m-m.pl scuro-m.pl E.3 vecchio\m-m.pl ‘Ci sono parecchie uova. Quello più chiaro è fresco, quelle scure sono vecchie’ 45 Grazie a Davide Ricca per averci segnalato la rilevanza di questo raffronto per l’analisi dei dati italo-romanzi. 46 Questi casi di discordanza esemplificano il criterio 19 dell’accordo canonico (Corbett 2006: 25): Criterio 19: nessuna scelta del valore della categoria scelta del valore della categoria. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 116 L’intuizione dei parlanti rispetto al comportamento sintattico di nomi di genere nna in costruzioni non distributive è confermata anche da esempi come (33): (33) kwiʃt o-u me=pare ɣross-u dim\m uovo(nna)-sg oi1sg=parere: prs-3 grosso\m-m.sg píʝʝa=ne un-u pjú ppíkkul-u prendere: impv.2sg=partitivo uno-m.sg più piccolo-m.sg l addr-e va vɛ def altro-f.pl andare: prs-3 bene ‘Quest’uovo mi pare grosso. Prendine uno più piccolo. Le altre vanno bene’ Sulla base di questi dati è evidente che un’analisi in termini di valore di genere della classe dei nomi tipo vrattʃu in treiese non solo non può essere esclusa - come fa Acquaviva per l’italiano standard - bensì risulta dimostrata. 4.3.2.3 Costruzioni reciproche Una divergenza rispetto all’italiano si coglie anche guardando alla costruzione in (34), che presenta contrasto del valore di numero tra il pronome reciproco bersaglio dell’accordo unu . . . ðell addru ‘un.m.sg . . . dell’altro.m.sg’ e l’antecedente controllore vrattʃa ‘braccia(nna).pl’. Pur in presenza di qualche incertezza nel risolvere i contrasti, riflessa dalle molteplici opzioni, non si può parlare di inaccettabilità dell’accordo di genere nna, ma piuttosto di una diversa accettabilità in dipendenza del grado di dialettofonia: (34) a. e vrattʃ-a ðe uɣo að un-a piú lloŋg-a def.f.pl braccio(nna)-pl di Ugo E.3 uno-f.sg più lungo\f-f.sg ðell addr-a / un-u piú lluŋɡ-u ðell addr-u dell’ altro-f.sg uno-m.sg più lungo\m-m.sg dell’ altro-m.sg b. i vrattʃ-i ðe uɣo að un-u piú lluŋɡ-u def.m.pl braccio(m)-pl di Ugo E.3 uno-m.sg più lungo\m-m.sg ðell addr-u / % un-a piú lloŋɡ-a ðell addr-a dell’ altro-m.sg uno-f.sg più lungo\f-f.sg dell’ altro-f.sg ‘Le braccia di Ugo sono una più lunga dell’altra’ Il numero e la natura delle opzioni rilevate conferma chiaramente che si tratta di una struttura che più delle altre crea insicurezza nei giudizi di accettabilità.Ad ogni modo, dato un controllore nna.pl il bersaglio unu . . . addru ‘uno.m.sg . . . altro.m.sg’ non risulta inaccettabile. In particolare, in presenza di un controllore antecedente f.pl sono gli informatori più solidamente dialettofoni a selezionare un bersaglio m.sg. Dalle perturbazioni che questi esempi manifestano non è lecito inferire che il rapporto flessivo «maschile singolare, femminile plurale» non esista. Lo conferma l’esempio (35) che illustra l’accordo del pronome distributivo reciproco con il controllore ɔ-a/ ɔ-e ‘uova’: Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 117 (35) tʃ=aí-a l ɔ-a/ ɔ-e su a βorts-a loc=H: impf-3 def uovo(nna)-pl su indef.f.sg borsa(f)-sg ŋkartat-e un-u vitʃino all addr-u/ incartare: ptp-f.pl uno-m.sg vicino prep altro-m.sg/ un-a vitʃino all addr-a uno-f.sg vicino prep altro-f.sg ‘Aveva le uova in borsa incartate l’uno vicino all’altro/ l’una vicino all’altra’ 4.3.3 Il dialetto di Avigliano 4.3.3.1 Sintagmi nominali congiunti L’aviglianese presenta un sistema di risoluzione misto estremamente interessante, benché per alcuni versi instabile e con tendenza ad evitare alcune combinazioni. Si considera in questa sede soltanto la coordinazione tra SN designanti inanimati 47 . In (36), le teste dei due SN coordinati sono entrambe di genere nna, lu wrattsə ‘il braccio’ e lu rwiʃtə ‘il dito’; diversamente da quel che avviene in italiano standard, in aviglianese la forma del bersaglio dell’accordo può essere tanto f.pl quanto m.pl (le opzioni sono date in ordine di preferenza secondo il responso dei nostri informatori: tale preferenza, come si vede, varia 48 ): (36) Avigliano: nna.sg + nna.sg. → f.pl/ m.pl a. l-u wrattsə a l-u rwiʃtə so llɔŋɡə / lluə̯ŋɡə def-m.sg braccio(nna)\sg e def-m.sg dito(nna)\sg E.3pl lunga\f lungo\m ‘Il braccio e il dito sono lunghi’ b. l-u rwiʃtə a l aniə̯ɖɖʐə r addʒ def-m.sg dito(nna)\sg e def-m.sg anello(nna)\sg od H.1sg akkuə̯vətə / akkɔvətə raccogliere: ptp\m raccogliere: ptp\f ‘Il dito e l’anello li ho raccolti’ c. l-u wrattsə a l-u ɣúvətə so rruttə/ def-m.sg braccio(nna)\sg e def-m.sg gomito(nna)\sg E.3pl rompere: ptp\m rrottə rompere: ptp\f ‘Il braccio e il gomito sono rotti’ Gli esempi in (37) mostrano la coordinazione tra un SN con testa nna.sg e uno con testa f.sg, per esempio lu rwiʃtə a la ɣammə ‘il dito e la gamba’. Di nuovo, come in (36), il bersaglio ha forma variabile, tanto f.pl quanto m.pl, indipendentemente dall’ordine lineare dei SN controllori: 47 Nella coordinazione tra SN designanti esseri animati valgono le seguenti regole: (a) SN dello stesso genere sintattico selezionano forme di accordo di quel genere; (b) SN di genere diverso selezionano forme maschili. 48 Si è qui probabilmente di fronte a fatti di esecuzione. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 118 (37) nna.sg + f.sg → f.pl/ m.pl; f.sg + nna.sg → m.pl/ f.pl a. l-u rwiʃtə a l-a ɣammə so stɔrtə / def-m.sg dito(nna) e def-f.sg gamba(f) E.3pl storcere: ptp\f stuə̯rtə; rrottə / rruttə storcere: ptp\m rompere: ptp\f rompere: ptp\m ‘Il dito e la gamba sono storti/ rotti’ b. l-a manə a l-u rwiʃtə so statə def-f.sg mano(f) e def-m.sg dito(nna) E.pl E.ptp ruttə / rottə rompere: ptp\m rompere: ptp\f ‘La mano e il dito sono stati rotti’ Il bersaglio si accorda invece obbligatoriamente al m quando uno dei SN coordinati ha per testa un nome m.sg 49 : (38) nna.sg + m.sg. → m.pl/ *f.pl a. l ussə a l-u pjwattə r addʒə def.m.sg osso(nna)\sg e def-m.sg piatto(m) od H.1sg ruttə/ *rottə rompere: ptp\m rompere: ptp\f ‘L’osso e il piatto li ho rotti’ b. l-u pjwattə a l-u wrattsə r addʒə def-m.sg piatto(m) e def-m.sg braccio od H.1sg (nna) ruttə/ *rottə rompere: ptp\m rompere: ptp\f ‘Il piatto e il braccio li ho rotti’ c. l-u rwiʃtə a l-u pɛrə ka so def-m.sg dito(nna) e def-m.sg piede(m) che E.3pl statə ruttə / *rottə E.ptp rompere: ptp\m rompere: ptp\f ‘Il braccio e il piede che sono stati rotti’ 49 In caso di risoluzione, il bersaglio si accorda, come in italiano standard, al m.pl anche quando la coordinazione è tra un SN con testa m.sg e uno con testa f.sg - indipendentemente dall’ordine lineare dei SN controllori: (i) f.sg + m.sg → m.pl/ *f.pl a. l-u pɛrə a l-a manə r addʒə ruttə / *rottə def-m.sg piede(m) e def-f.sg mano(f) od H.1sg rompere: / ptp\m rompere: ptp\f ‘Il piede e la mano li ho rotti’ b. l-a manə a l-u pɛrə ka so statə ruttə / def-f.sg mano(f) e def-m.sg piede(m) che E.3pl E.ptp rompere: ptp\m / *rottə rompere: ptp\f ‘La mano e il piede che sono stati rotti’ Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 119 Accordo obbligatorio al m si ha anche quando i SN coordinati sono di genere n o di genere n e nna: (39) n + n → m.pl/ *f.pl ru ppwanə a ru kkwasə so kkuttə / *kkɔttə def.n pane(n) e def.n formaggio(n) E.3pl cuocere: ptp\m/ cuocere: ptp\f ‘Il pane e il formaggio sono cotti’ (40) n + nna.sg → m.pl/ *f.pl ru ppwanə a l uvə so kkuttə / *kkɔttə def.n pane(n) e def uovo(nna)\sg E.3pl cuocere: ptp\m/ cuocere: ptp\f ‘Il pane e l’uovo sono cotti’ Infine, accordo variabile sia m sia f si ha quando le teste dei SN coordinati sono l’una di genere n e l’altra di genere f: (41) n + f.sg → f.pl/ m.pl ru ppwanə a l-a mənɛstrə so kkɔttə / kkuttə def.n pane(n) e def-f.sg minestra(f)\sg E.3pl cuocere: ptp\f cuocere: ptp\m ‘Il pane e la verdura sono cotti’ In aviglianese, le regole di risoluzione nel caso dei referenti inanimati sembrano, dunque, essere le seguenti: (42) a. se tutti i SN hanno per testa un nome f, l’accordo è f.pl; b. se i SN coordinati hanno per testa nomi nna, ovvero un nome neutro - n o nna - e uno f, l’accordo può essere variabilmente sia m.pl sia f.pl; c. altrimenti l’accordo è m.pl. Il sistema di risoluzione dell’aviglianese mostra alcuni punti in comune con quello rumeno, esemplificato in (43)-(46) (limitatamente alla coordinazione fra nomi denotanti inanimati), e può forse considerarsi uno stadio evolutivo successivo rispetto a quest’ultimo 50 : (43) rumeno: n.sg + n.sg. → f.pl frigider-ul şi televizor-ul e-le frigorifero(n)-def.m.sg e televisore(n)-def.m.sg esse-f.pl (44) n.sg + f.sg. → f.pl scaun-ul şi mas-a e-le sedia(n)-def.m.sg e tavolo(f)-def.f.sg esse-f.pl 50 Cf. Corbett 1991: 288-89.Anche il sistema di risoluzione del rumeno, al pari dell’aviglianese, presenta una situazione alquanto screziata. Si rinvia al proposito a Mallinson 1984: 449: «No two speakers achieved precisely the same results and only one speaker produced an agreement pattern that was in accord with the Academy grammar statement.» Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 120 (45) m.sg + n.sg. → f.pl perete-le şi scaun-ul e-le muro(m)-def.f.pl e sedia(n)-def.m.sg esse-f.pl (46) m.sg + m.sg. → m.pl nuc-ul şi prun-ul e-i noce(m)-def.m.sg e susino(m)-def.m.sg essi-m.pl In rumeno, se tutti i SN inanimati sono maschili, si usa il m, altrimenti il f, che svolge funzione di default. 4.3.3.2 Costruzioni distributive In aviglianese il test sul distributivo non si può replicare per ragioni morfofonologiche: unə ‘uno.m/ f’ è, infatti, invariabile. L’esempio in (47) testa l’accordo fuori dal SN col numerale ‘due’, che ha forme distinte per genere (f roi ≠ m rui ), e col participio (f rottə ≠ m ruttə ). Se i plurali in -a fossero lessicali, non integrati nel sistema flessivo, come sostiene Acquaviva nella sua analisi dell’italiano standard, ci aspetteremmo in (47) ruttə rui ‘rotti.m.pl due.m.pl’; in aviglianese invece l’accordo è al femminile: rottə roi ‘rotte.f.pl due.f.pl’, mentre l’accordo al m risulta qui inaccettabile; in (48), d’altro canto, il numerale è categoricamente accordato al f entro il SN ‘due uova’, mentre il participio può essere non solo f, come nello standard, bensì anche m: (47) Avigliano vulia rombə n uvə a n=addʒə rottə volevo rompere indef.sg uovo(nna)\sg e partitivo=H.1sg rompere: ptp\f roi/ % ruttə roi/ *rottə rui/ *ruttə rui due\f rompere: ptp\m due\f rompere: ptp\f due\m rompere: ptp\m due\m ‘Volevo rompere un uovo e ne ho rotte due’ (48) vulia rombə roi / *rui ɔvə a n=addʒə volevo rompere due\f due\m uovo(nna)\pl e partitivo=H.1sg rottə/ ruttə unə rompere: ptp\f rompere: ptp\m uno ‘Volevo rompere due uova e ne ho rotta/ rotto una/ uno’ 4.3.3.3 Costruzioni reciproche In aviglianese il regime di accordo di genere ora esemplificato mostra tuttavia anche segni di cedimento. In (49), l’accordo al maschile con il pronome reciproco, che sarebbe previsto dato un sistema stabile di genere includente un valore non autonomo nna, è giudicato come decisamente inaccettabile. (49) rə bbrattsə rə salvatorə so unə ccu llɔŋgə / def.f.pl braccio(nna)\pl di Salvatore E.3pl uno più lungo\f.sg *lluə̯ŋɡə rə l au̯tə lungo\m di def altro-m.sg ‘Le braccia di Salvatore sono una più lunga dell’altra/ *uno più lungo dell’altro.’ Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 121 4.3.4 Sintesi delle caratteristiche non canoniche del valore di genere NNA I tipi di deviazione dalla canonicità del valore nna sono sintetizzati nella tabella (50), che adatta ai nostri fini quella fornita da Corbett (2008: 29) (‘x’ indica comportamento non canonico, ‘(x)’ comportamento parzialmente non canonico): (50) Sintesi delle caratteristiche non canoniche del genere nna Principio Criterio (e breve descrizione) tr. av. I 1. forme dedicate (autonomo) x x 2. distinguibile in tutte le altre categorie e valori logicamente compatibili 3. distinto costantemente in tutte le clex pertinenti x 4. distinto coerentemente in tutte i lessemi di una clex (x) (x) II 5. obbligatorio 51 (x) (x) 6. assenza di condizioni sintattiche (x) (x) 7. assenza di condizioni semantiche 8. assenza di condizioni lessicali da parte del bersaglio 9. assenza di condizioni lessicali da parte del controllore 10. uso sufficiente (categorie/ valori indipendenti) È chiaro che i nomi nna delle varietà centro-meridionali, qui esemplificati con il treiese e l’aviglianese, sono non canonici in alto grado rispetto al I principio della canonicità dei valori morfosintattici (criteri 1-4).Tuttavia, si tratta di nomi che realizzano un valore ancora ben integrato nei sistemi descritti,necessario per mantenere regole sintattiche semplici come richiesto dal II principio (criteri 5-10) 52 .Lo conferma l’esame dei dati che vengono dal test dell’alterazione, di cui alla sezione seguente. Aggiungiamo ancora, per chiudere su questo punto, che i nostri dati dialettali sembrano restituire - quanto alla risoluzione ed all’accordo per genere delle espressioni pronominali distributive e reciproche coi nomi nna - una fase più conservativa rispetto all’italiano standard, e più vicina al toscano antico (v. §4.3.1). La tendenza, come si è visto, dei dialettofoni più innovativi verso un’uniformazione allo standard sta per cancellare questa specificità sintattica, già documentata in antico (v. oltre, §6.1, (65)). 51 Le perturbazioni riflesse dagli esempi (29)-(41), (47)-(49) rappresentano una deviazione rispetto al Criterio 5: «L’uso delle categorie e dei valori morfosintattici è obbligatorio». Per il fatto di essere inoltre limitate a particolari costruzioni sintattiche (sintagmi nominali congiunti, costruzioni distributive, costruzioni reciproche), tali deviazioni costituiscono un indebolimento del criterio 6: «L’uso canonico delle categorie e dei valori morfosintattici non ammette condizioni sintattiche». 52 La sintesi in tab. (50) consente di apprezzare la somiglianza strutturale dei due sistemi centro-meridionali sopra analizzati. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 122 4.4 La prova dell’alterazione 53 4.4.1 Italiano I suffissi alterativi (almeno i diminutivi e gli accrescitivi) 54 possiedono, secondo Dressler/ Merlini Barbaresi 1994: 94-95 e Merlini Barbaresi 2004: 272-73, due proprietà: i) di poter cambiare la classe flessiva della base, generalmente in direzione delle due classi più numerose e produttive, la classe in -o/ -i correlata al genere maschile, e la classe in -a/ -e correlata al genere femminile; ii) di formare la forma flessa di plurale seguendo il paradigma flessivo instaurato dal suffisso: sing. -o → plur. -i; sing. -a → plur. -e. Per effetto di queste proprietà, dalle basi il ginocchio → le ginocchia, il braccio → le braccia ci si attendono le forme alterate il ginocch-ino → i ginocch-ini, il braccino → i bracc-ini, con plurale in -i e selezione di marche di accordo maschili anziché femminili, mentre rappresenterebbero non più che una parziale violazione le varianti meno frequenti le ginocch-ine, le bracc-ine, con mantenimento delle marche di accordo femminili e sostituzione sul nome dell’uscita -a con il f.pl del suffisso diminutivo (-(in)e) 55 . L’inventario delle forme alterate curato da Alberti et al. (1991) conferma la proprietà regolarizzatrice dei suffissi alterativi. Sul totale di 13829 forme attestate, 107 sono gli alterati da 23 basi di genere nna; per questi alterati dal corpus di 5492 testi sono estratti 37 esempi di plurale così suddivisi: 32 plurali in -i e 5 in -e, mentre mancano del tutto ricorrenze di plurali in -a: (51) Italiano: alterati da basi di genere nna (Alberti et al. 1991) Numero di lessemi 107/ 13829 Forme flesse di pl nel corpus 37 = 32 in -i 5 in -e 0 in -a S’impone un caveat. Seppur ispirato al principio che non regole teoriche generali, ma l’uso governi la selezione degli alterati, Alberti et al. (1991) è «redatto sulla base delle indicazioni fornite dai più autorevoli vocabolari, arricchito e documen- 53 Per alterazione si intende la formazione di parole tramite suffissi alterativi (diminutivi, accrescitivi e dispregiativi) il cui significato corrisponde a «significato della base + significato del suffisso» (ad es. manina ‘piccola mano’); sono esclusi, invece, gli alterati lessicalizzati come manette. 54 È ben noto che i suffissi alterativi manifestano proprietà intermedie fra la morfologia flessiva e la derivazionale (cf. ad es. Rainer 1989, 1996; Stump 1993, 1998; Dressler/ Merlini Barbaresi 1994; Scalise 1994; Grandi 1998; Necker 2005, 2006). 55 Si veda inoltre Dressler/ Thornton 1996: 16: «In the regularized diminutive, however, il bracc-ino is pluralized to either i braccini or le bracc-ine, with the correct gender-dominated plural form». Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 123 tato da un vasto corpus di testi di letteratura contemporanea e di stampa periodica» 56 . L’uso che esso attesta è, dunque, rappresentativo degli stili più formali. Diversamente, quando si passi ad osservare l’uso concreto della lingua nei suoi stili più informali, di agrammaticalità del tipo le ginocch-ina non è più lecito parlare. Autorizzano a sostenerlo i dati empirici radunati tramite il motore di ricerca google da Rezzonico (2003), sintetizzati nella tabella in (52). Accanto alle forme in -i (1458) e in -e (857), la ricerca documenta la presenza di forme (substandard) in -a (227) come ad es. le braccina: (52) Italiano: alterati da basi di genere nna reperiti in google da Rezzonico 2003: Base Alterato m.sg. f.sg m.pl f.pl in -e f.pl in -a labbro -ino (3) 0 -ini (3) -ine (5) -ina (2) uovo -etto (ca 200) -etta (2) -etti (ca 1200) -ette (ca 100) 0 braccio -ino (ca 600) 0 -ini (ca 50) -ine (ca 600) -ina (25) ginocchio -ino (8) 0 -ini (5) -ine (2) 0 dito -ino (ca 1000) -ini (ca 200) -ine (ca 150) -ina (ca 200) Tot. 1011 2 1458 857 227 Il primo dato che emerge è la non marginale frequenza assoluta delle forme alterate di genere nna: i plurali che selezionano forme di accordo femminili sono, infatti, 1084 (= 857 + 227), in rapporto di 0,74: 1 rispetto a quelli che selezionano forme di accordo maschili (1084/ 1458); all’interno dei plurali che selezionano accordo femminile, poi, il rapporto tra le forme in -a e quelle in -e è di 1: 3,77. Si potrebbe obiettare che queste forme ricorrono in contesti, come quelli dei blog e delle chat, che prediligono i giochi linguistici, aventi per esito formazioni che per natura non appartengono al lessico mentale del parlante/ scrivente né rispettano le normali regole di formazione dei lessemi 57 . A questa possibile obiezione - con cui pure l’analisi deve confrontarsi - si può rispondere con i dati che vengono dalle discussioni tra gli stessi parlanti/ scriventi/ forumisti, di cui si riporta in (53) un excerptum 58 : (53) A. possono i sostantivi (maschili, sempre) con plurale in ‘a’ avere un diminutivo femminile? Io sostengo di no, in quanto va rispettato il genere del singolare: il plurale in ‘a’ è infatti un residuo del neutro latino, accompagnato tra l’altro da un articolo femminile (‘le’) che sta soltanto a testimoniare la confusione dei parlanti all’epoca in cui tale forma si cristallizzò. . . . 56 Chiariscono, infatti, Alberti et al. 1991: iv: «I contesti documentano l’uso, diffusione e varietà delle forme alterate e testimoniano come la naturalezza e duttilità del meccanismo alterativo lascino ampio spazio alla creatività soggettiva. Nei contesti compaiono infatti molte forme non riportate dalle fonti dizionaristiche che vanno ad arricchire l’inventario del lessico alterato». 57 Riguardo alla formazione degli alterati nella lingua dei blog si rinvia alla discussione condotta da Necker 2012. 58 Per altre discussioni sulla questione si veda almeno: http: / / forum.wordreference.com/ show thread. php? t=689017; http: / / forum.wordreference.com/ showthread.php? t=109451. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 124 59 Altri esempi di plurali in -i sono: i rəʃtiɖɖʐə ruttə ‘i mignoli rotti’, i ʃənucciɖɖʐə strittə ‘i ginocchietti stretti’, i ɣuvətəʃiɖɖʐə luə̯ŋɡə ‘i gomitini lunghi’ , ʎ anəɖɖʐiccə strittə ‘gli anellini stretti’ , ʎ urtətʃiɖɖʐə luŋɡə ‘gli orticini lunghi’. B. È possibile che dei nomi sovrabbondanti abbiano al plurale un diminutivo femminile. . . . Queste ultime [le ditina, le braccina, le cornetta, oppure, più spesso, plurali femminili in -e] non sono dunque da considerare né basse né colloquiali . . . (http: / / forum.word reference.com/ showthread.php? t=1556534). La coscienza metalinguistica degli scriventi riconosce le forme di plurale femminile in -a come substandard, non le rigetta come agrammaticali. Dati paralleli, anzi ancor più robusti, sono disponibili per i dialetti centro-meridionali. 4.4.2 Il dialetto di Treia Anche in treiese gli alterati conservano le proprietà delle rispettive basi sia rispetto alla flessione sia rispetto all’accordo di genere. Lo esemplifica lo schema in (54), che mostra quattro diverse classi flessive dei nomi alterati da basi di genere nna, una con plurali in -i, tre con mantenimento del genere della base: (54) Treia: classi flessive degli alterati da basi nna (in grigio alterati di genere nna) cf scf sg pl sfn suffisso esempio glossa i. A-u A-i -itt-u -itt-i (l) ussittu/ (l)ussitti ‘l’ossetto/ gli -i’ ii. A-u A-a -attʃ-u -attʃ-a (u) kornattʃu/ (e) kornattʃa ‘il cornaccio/ le -e’ iii. a. A-u A-e -attʃ-u -attʃ-e (l) ossattʃu/ (l) ossattʃe ‘l’ossaccio/ -e’ b. A-u B-e í é -itt-u -ett-e (u) vrattʃittu/ (e) vrattʃette ‘il braccetto/ le -e’ é -ill-u -ɛll-e (u) ditarellu/ (e) detarɛlle ‘il ditino/ le -e’ iv. A B-e -ó -ón-e (u) vrattʃó/ (e) vrattʃone ‘il braccione/ le -e’ La -a flessiva si segnala per la sua vitalità specialmente nel processo di formazione dei peggiorativi in -accio, che risultano gli alterati dal comportamento più conservativo. Interessanti sono inoltre gli accrescitivi formati con suffisso -one -one, che creano una classe di nomi come u vrattʃó / e vrattʃone (54iv), ove all’apocope nella forma del singolare consegue la perdita del suffisso flessivo, nonché di parte del suffisso derivativo, il che determina nell’uscita l’alternanza / vrattʃ ó / ~ / vrattʃ-ón-/ . In ultima istanza, dunque, i dati del treiese non sono affatto incompatibli con l’analisi delle forme in -a come semplici plurali flessivi. 4.4.3 Il dialetto di Avigliano In aviglianese i nomi di genere nna mantengono lo stesso comportamento già descritto ai §4.2.2-4.3.3 rispetto all’accordo anche quando subiscono alterazione (i suffissi alterativi esemplificati in (55) sono gli esiti locali di -ellum/ -(ic)ellum; -iculum): accanto ai m.pl con tonica metafonizzata 59 (55i, (i) rəʃtiɖɖʐə di- Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 125 git-elli), infatti, sono assolutamente vitali le forme alterate non metafonetiche con mantenimento del genere f (55ii) 60 . (55) Avigliano: classi flessive degli alterati da basi nna (in grigio alterati di genere nna) cf sg pl sfn suffisso esempio glossa i. A A -iɖɖʐə -iɖɖʐə (lu) rəʃtiɖɖʐə/ (i/ ʎʎi) rəʃtiɖɖʐə ‘(il) mignolo/ (i) -i’ ii. A B í é -iccə -eccə (lu) wrattsiccə/ (rə) brattseccə ‘(il) braccetto/ (le) -e’ í -iɖɖʐə -ɛɖɖʐə (l) oɲɲətʃiɖɖə/ (ɖɖʐ/ r) ‘(l’)unghietta/ (le) -e’ oɲɲətʃɛɖɖʐə Conclusa dunque l’analisi in dettaglio dei nomi di genere nna nei dialetti di Treia e di Avigliano, su cui abbiamo condotto inchieste in prima persona, passiamo ora a vedere, in base alla bibliografia disponibile, se altre varietà centro-meridionali offrano un quadro simile. 5. Comparazione Questo capitolo presenta ulteriore documentazione a partire dalle descrizioni già esistenti per diversi altri dialetti del Centro-Meridione. Benché condotte in altra prospettiva e molte non ad un sufficiente livello di dettaglio, queste descrizioni offrono comunque elementi di prova paralleli a quelli che nel presente lavoro sono stati riuniti per le varietà da noi indagate sul campo. Il §5.1 estrae i dati relativi ai dialetti dell’area mediana, il §5.2 quelli relativi alle varietà alto-meridionali. All’interno di ciascuna sezione si presentano prima i dati sulla flessione, poi quelli sulle condizioni di accordo dei nomi nna. 5.1 Il valore NNA in altre varietà mediane odierne Persistenza del genere nna si registra anche nel dialetto di Servigliano, come si evince dalla descrizione di Camilli (1929: 226 s.). In questa varietà l’analogia ha proceduto più velocemente che in varietà come quella di Treia, sì che al pl il suffisso -e ha sostituito affatto il suffisso -a già entro i primi del Novecento 61 : 60 Gli esempi presentati qui di séguito mostrano i nomi alterati in (55) e alcuni altri entro un contesto sintattico (determinante + nome + aggettivo) in cui l’accordo dell’aggettivo segnala il genere m.sg anche laddove l’articolo presenta forme prevocaliche non differenziate per genere: l oɲɲətʃiɖɖʐə luŋɡə/ / ɖɖʐ/ r oɲɲətʃɛɖɖʐə lɔŋgə ‘l’unghietta lunga/ le unghiette lunghe’; l ussətʃiɖɖʐə luŋɡə/ r ɔssətʃɛɖɖʐə lɔŋɡə ‘l’ossetto lungo/ le ossette lunghe’; lu rwiʃtiɖɖʐə ruttə/ rə rrəʃtɛɖɖʐə rottə ‘il ditino rotto/ le ditine rotte’; lu wratsətʃiɖɖʐə apirtə/ rə bbrattsətʃɛɖɖʐə apɛrtə ‘il braccetto aperto/ le braccette aperte’; lu ʃənucciɖɖʐə ruttə/ rə ʃʃənuccɛɖɖʐə rottə ‘il ginocchietto rotto/ le ginocchiette rotte’; lu ɣuvətətʃiɖɖʐə luŋgə/ rə ɡɡovətətʃɛɖɖʐə lɔŋgə ‘il gomitino lungo/ i gomitini lunghi’; l uərtətʃiɖɖʐə luŋɡə/ ɖɖʐ ɔrtələtʃɛɖɖʐə lɔŋɡə ‘l’orticello lungo/ gli orticelli lunghi’. 61 A Servigliano è attestata anche una classe di nomi che continua formalmente i plurali in -ora (ii), ma è correlata al genere femminile, ad es. la fico, le fícore ‘il fico, i fichi’. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 126 (56) Servigliano (FM): principali classi flessive dei nomi di genere nna cf scf sg pl esempio glossa i. a. A-u A-e (u) vrattʃu (u) vrattʃa ‘(il) braccio/ (le) braccia’ b. A-u B-e (u) jenoccu (e) jenɔcce ‘(il) ginocchio/ (le) ginocchia’ Il dialetto di Spoleto, in provincia di Perugia (Cuzzini Neri/ Gentili 2008), presenta una situazione analoga alla treiese: (57) Spoleto: principali classi flessive dei nomi di genere nna cf scf sg pl esempio glossa i. a. A-u A-a (u) labbru (e) labbra ‘(il) labbro/ (le) labbra’ b. A-u B-a (u) ditu (e) deta, dɛta (raro) ‘(il) dito/ (le) dita’ ii. A-u A-e (u) labbru (e) labbre ‘(il) labbro/ (le) labbra’ 5.2 Il valore NNA in altre varietà meridionali odierne La descrizione di Ruggieri/ Batinti 1992: 38 s. per il dialetto di Anzi (PZ) - passiamo all’alto Meridione - pur non offrendo un quadro dettagliato al riguardo fornisce comunque dati perfettamente compatibili con la panoramica tracciata al §4. Anche qui infatti i nomi di genere nna non si lasciano ridurre ad un unico schema flessivo: (58) Anzi (PZ): flessione dei nomi nna cl sg pl esempio glossa i. A Btə (u) trunə (i) ttrɔnətə ‘(il) tuono/ (i) tuoni’ ii. A Brə (l) ussə (l) ɔssərə ‘(l’)osso/ (le) ossa’ L’esemplificazione ivi raccolta consente inoltre di verificare le condizioni di accordo all’interno del SN: (59) Anzi (PZ): accordo dell’articolo determinativo singolare plurale n u mmelə Ø def.n.sg miele(n) m u lupə i lupə def.m.sg lupo(m) def.m.pl lupo(m) nna u trunə i ttrnətə def.m.sg tuono(nna)\sg def.f.pl tuono(nna)\pl f a fmmənə i ffmmənə def.f.sg donna(f) def.f.pl donna(f) ‘il miele/ il lupo/ il tuono/ la donna’ ‘i lupi/ i tuoni/ le donne’ Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 127 Al sg le forme dell’articolo m e n sono identiche segmentalmente ( / u/ ), ma distinte per il potere raddoppiante del n; analogamente al pl / i/ del f provoca RF, diversamente da / i/ del m (60i). Ne deriva la possibilità di riconoscere un sistema con quadruplice distinzione di genere (60ii): (60) Sistema quadrigenere del dialetto di Anzi: articolo determinativo (i) sg pl (ii) sg pl n u + RF Ø u +RF n Ø m u - RF i - RF u -RF m i -RF nna u - RF i + RF nna f a - RF i + RF a -RF f i +RF Un sistema di genere identico a quello aviglianese visto in §4.1.2; 4.2.2 risulta dal saggio di Merlo 1917 sulle forme dell’articolo nel dialetto di Molfetta. Lo mostrano gli esempi in (61): (61) Molfetta (BA): flessione dei nomi nna cf scf sg pl sfn esempio glossa i. A B í ɛ (u) pídətə (rə) ppdətə ‘(il) peto/ (i) -i’ i e (u) tʃiɟɟə (rə) ttʃeɟɟə ‘(il) ciglio/ (i) -i’ a i ɛ ə (u) pa i rə (rə) ppɛ ə rə ‘(il) pero/ (i) -i’ ú ó (u) ɡúmətə (rə) ɡɡómətə ‘(il) gomito/ (i) -i’ ii. a. A Arə (u) travə (rə) ttrávərə ‘(il) trave/ (i) -i’ (u) parɛ ə tə (rə) ppart ə rə ‘(la) parete/ (le) -i’ (u) fɔŋɡə (rə) ffŋɡərə ‘(il) cappellaccio/ (i) -i’ b. A Brə i e e (u) ti e mbə (rə) ttémbərə ‘(il) tempo/ (i) -i’ a i ɛ (u) fra i sə (rə) ffrsərə ‘(l’) orto/ (gli) -i’ i ɛ (u) dí ə tə (rə) ddʃ ə trə ‘(il) dito/ (i) -i’ u e ó (u) tru e nə (rə) ttrónərə ‘(il) tuono/ (i) -i’ u ɔ (u) nuttse (rə) nnttsərə ‘(il) nocciolo/ (i) -i’ a u ɔ (u) fa u sə (rə) ffsərə ‘(il) fuso/ (i) -i’ iii. A Brə a u ɔ (u) trata u rə (rə) ttratnərə ‘(il) cassetto/ (i) -i’ 62 La descrizione di Merlo fornisce inoltre un argomento cruciale a sostegno dell’ipotesi di un valore di genere nna, perché informa sulla numerosità dei nomi di questa classe. Merlo raduna esempi di «plurali femminili da neutri» in un elenco che, sebbene non abbia alcuna pretesa di esaustività, consiste di ben 91 lessemi, appartenenti a tre diverse classi flessive. La schema in (62) illustra il sistema di genere molfettese: 62 La parola ‘cassetto’, originariamente in -ora ( sg. a u rə ), mostra nella base un’alternanza particolare, dovuta a dissimilazione (n . . . r r . . . r) nella forma del plurale: cf. ad esempio l’altamurano ʊ tratʊ́ u̯r/ ɪ tratɔ́rr ‘il cassetto/ i cassetti’. Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 128 (62) Molfetta (BA): accordo dell’articolo singolare plurale n rə ffi e rrə Ø def.n.sg ferro(n) m u fi e rrə da stərà lə fi ə rrə da stərà def.m.sg ferro_da_stiro(m) def.m.pl ferro_da_stiro(m) nna u vit ə rə rə vvɛ́tərə def.m.sg vetro(nna)\sg def.f.pl vetro(nna).pl f la vɔ ə̯ ʃə rə vva ʃə def.f.sg voce(f) def.f.pl voce(f) ‘il ferro/ il ferro (da stiro)/ il vetro/ la voce’ ‘i ferri (da stiro)/ i vetri/ le voci’ Passando al Meridione estremo, non troviamo più il n di materia, ma quanto al nna una situazione qualitativamente analoga a quelle sin qui viste risulta ad esempio per il leccese da vari studi (dai quali pure non si evince, diversamente da quanto ora visto per Molfetta, la consistenza numerica della classe dei nomi nna; cf. Morosi 1878: 131; Merlo 1917: 89; Mancarella 1975: 32, 1998: 147): (63) Lecce: principali classi flessive dei nomi nna cf scf sg pl esempio glossa i. A A (lu) tíʃitu (le) tíʃite ‘(il) dito/ (le) dita’ (lu) rattsu (le) rattse ‘(il) braccio/ (le) braccia’ (lu) ʃenuccu (le) ʃenucce ‘(il) ginocchio/ (le) ginocchia’ ii. A B (w)ɛ ɔ (lu) (w)ɛu (l) ɔe ‘(l’)uovo/ (le) uova’ e ɔ (l) essu (l) ɔsse ‘(l’)osso/ (le) ossa’ iii. a. A Are (lu) nitu (le) níture ‘(il) nido/ (i) nidi’ b. A Bre (lu) fwɛku (le) fkare ‘(il) fuoco/ (i) fuochi’ iv. A Ate (lu) trɔnu (le) trnate ‘(il) tuono/ (i) tuoni’ Il leccese presenta inoltre i residui - non inclusi nella sintesi in (63) - di un’altra innovazione nel sistema di genere, che aveva creato in antico un ulteriore genere alternante, simmetrico rispetto al nna, poi riassorbito già (almeno) entro i primi del Novecento (cf. Merlo 1917: 89 e Formentin/ Loporcaro 2012: 261 s. N81). 6. Diacronia: attestazioni del genere neutro non autonomo in varietà centro-meridionali antiche Per collocare in diacronia i fatti sin qui discussi, presentiamo infine in questa sezione una sintesi dei dati relativi alla flessione dei nomi nna, e allo schema di accordo da essi selezionato nelle fasi passate delle varietà italo-romanze centro-meridionali. Si è già ricordato più volte che la principale difficoltà per l’ipotesi che i nomi tipo braccio/ braccia siano individuabili come costituenti una classe contrad- Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 129 distinta da un valore di genere viene dall’assenza di forme di accordo esclusive (cf. supra, §4.2.1.1, deviazione dal criterio 1 della canonicità di una categoria morfosintattica). I lavori di Formentin 1998 e Loporcaro 2012 hanno mostrato che tale stato di cose vale per le varietà italo-romanze odierne, non però per le antiche. Un riesame dei testi antichi mostra infatti che forme di plurale in -a erano presenti anche sui bersagli dell’accordo e rappresentavano forme di accordo esclusive dei nomi neutri i quali dunque, in questa fase antica, appartenevano a una classe di accordo (= genere) autonoma. Ciò si llustra qui di séguito con dati dall’antico maceratese per l’area mediana e dall’antico lucano per quella alto-meridionale. Per un’analisi più approfondita della flessione e dell’accordo dei nomi neutri/ nna nelle varietà antiche si rinvia a Formentin 1998, Loporcaro 2012, Faraoni 2012, Loporcaro/ Faraoni/ Gardani 2014, Faraoni/ Loporcaro/ Gardani 2013. 6.1 Antico maceratese Risalendo la documentazione in volgare dell’area marchigiana sino ai primi testi, si registra la continuità delle attestazioni di nomi con plurale in -a, mentre rarissimi sono i plurali in -ora 63 . Si consideri la testimonianza del Ritmo su Sant’Alessio 64 (ed. Formentin 2007: 129, 134): 63 Cf. Aebischer 1933: 31: «Dans les Marches, les traces que nous poursuivons sont peu nombreuses aussi: je n’y ai rencontré que deux mots en -ora analogique, dont fundora. Nous restons donc, dans ce centre nord-est de la péninsule, en ce qui concerne les pluriels, dans la catégorie sémantique des dénominations de terrains principalement. Ce fundora se retrouve deux fois: une première dans un texte de 1082, par lequel Adalbertus et sa femme font une donation à l’évêque d’Osimo . . . une seconde dans un acte de 1143, par lequel Ugo de Carito et Gicardo Carito cèdent à l’abbé Bernardus leurs biens situés à Monte Santo et ailleurs . . . Il faut, enfin, mentionner, pour cette région, un nouveau pluriel analogique, qui n’appartient pas à la catégorie des dénominations de terrains, mais qui n’en aura pas moins un gros succès plus au sud, ainsi que nous le verrons: modiora, qui surgit en 1152, dans deux documents différents, dans l’expression ‹modiori tres et estaria tres›». Cf. anche la successiva coerente documentazione offerta dagli Statuti di Ascoli Piceno (1377-1496), editi da Vignuzzi 1975-76 «bandimenta, braccia, le budella, le carvonara, le castella, cora, deta, le ferramenta, le fogla, graneta, le legna, miglia, migliara, le molina, le mura, (le) ossa, ova, poma, (le) stara, testamenta, (le) vasa, vestimenta, (le) pecora, le pegnora, le stortora»; cf. inoltre l’edizione delle Lettere di Gilio de Amoruso a cura di Bocchi 1991: 112: sotto la rubrica «Plurali neutri in -a» si trova solo cora bovine ‘cuoia di bue’. Come ci fa notare Vincenzo Faraoni, l’esiguità dei plurali in -ora nei testi marchigiani sembra accidentale, da ricondurre alla scarsezza della documentazione e alla conseguente mancata attestazione dei tipi lessicali che nelle altre varietà italo-romanze presentano pl in -ora. 64 La presenza, nel Ritmo, di elementi privi di riscontro con le condizioni linguistiche maceratesi può essere ricondotta alla diversa altezza cronologica e spiegata come riflesso di condizioni arcaiche (cf. Breschi 1992: 469). Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 130 (64) Ritmo su Sant’Alessio, XII sec. (Formentin 2007) a. l-e precepta de l-u patr-e observao v.160 def-f.pl precetto(nna)-pl di def-m.sg padre(m)-sg osservare: perf.3sg ‘Osservò i precetti del padre’ b. multu rick-e guarniment-a v. 229 molto ricco-f.pl guarnimento(nna)-pl ‘Guarnimenti molto ricchi’ I dati disponibili per l’antico maceratese rappresentano un’eccezione nel quadro delle varietà italo-romanze antiche: già dal XII secolo il neutro è qui divenuto senz’alcun residuo un genere non autonomo. La documentazione offre anche esempi di accordo non canonico ove le parole associate ai nomi di genere nna mostrano la configurazione di accordo attesa «maschile singolare, femminile plurale» 65 : (65) Documento maceratese, 1289 (Angelelli 1969-70: 84) Primo X lingn-arum pro tict-u palati-j qua anzitutto dieci legno(nna)-gen.pl prep tetto(m)-sg palazzo(m)-gen.sg rel sit grand-[e], / et long-e et basstevel-e, E.3 grande-[f.pl] e lungo-f.pl e sufficiente-f.pl qual-i siat ampl-i et gros-e [. . .] / quale-m.pl E.prs.cong.3 ampio-m.pl e grosso-f.pl [. . .] / L-e qual-e cossta XX libre unu v. 5-10 def-f.pl quale-f.pl costare.prs.ind.3 venti libbra(f)-pl uno-m.sg ‘Innanzitutto dieci legni per il tetto del palazzo, che siano grandi e lunghi e sufficienti, che siano ampi e grossi, i quali costano venti libbre l’uno’ Si ha qui un caso di accordo a distanza tra un controllore nna.pl e un bersaglio m.sg espresso da un pronome distributivo. Il nome che controlla l’accordo è lingn-arum ‘legno(nna)-g.pl’; ripreso dal relativo le quale che introduce la proposizione ove ricorre il distributivo unu ‘l’uno-m.sg’. Il dato, che sta qui in perfetta continuità con gli esempi treiesi odierni discussi in (31)-(35), è coerente con quello fornito per altra varietà coeva da Bembo (§4.4.1) e suggerisce l’ipotesi di una fase antica in cui l’accordo «maschile singolare, femminile plurale» doveva essere saldo nelle varietà mediane come in quelle toscane antiche. 65 Rinunciamo a differenziare, nelle glosse, le porzioni di testo latine. Si osservi ad ogni modo che le forme verbali, pur latine, sit e siat sono impiegate con sintassi romanza (anzi, italo-romanza centro-nord-orientale: cf. ad es. Loporcaro 2 2013: 106) in quanto calcano l’indistinzione fra terze persone singolari e plurali (di qui la glossa ‘3’ anziché ‘3sg’ in (65)) che si riscontra sul versante adriatico fra Veneto e Abruzzo centro-settentrionale. Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 131 6.2 Antico lucano Il ricettario lucano primo-cinquecentesco edito da Süthold 1994, come segnalato da Formentin 1998: 292 N844, presenta forme di accordo in -a esclusive dei nomi di genere nna. Lo illustrano i dati in (66) (con rimando alla riga): (66) Ricettario lucano, XVI sec. (Süthold 1994) piglia l-a cotogni-a et spacca=ll-a prendere: impv.2sg def-nna.pl cotogna(nna)-pl e spaccare: impv.2sg=od3-n.pl in quattro parte et monda=l-e bene 179 in quattro parti e mondare: impv.2sg=od3-f.pl bene piglia mela che non siano bene prendere: impv.2sg melo(nna)-pl che non E.prs.cong.3pl bene fatt-e, siano uno poco agrest-a 244 s. fare: ptp-f.pl E.prs.cong.3pl un po’ agro-nna.pl ‘Prendi le cotogne e lavale bene; prendi le mele che non siano del tutto mature, che siano un po’ acerbe’ La variazione sui bersagli delle forme di accordo pl in -a e -e sembra verificarsi in maniera casuale: ad esempio, essa non obbedisce alla Gerarchia di Accordo (attributo predicato relativo personale, Corbett 2006: 206-37), in quanto sia -a che -e ricorrono entro il sintagma nominale (nelle forme dell’articolo: cf. anche le cotogna 912) ma del pari, all’altro estremo della gerarchia, nell’accordo pronominale sui clitici (cf. spacca=ll-a accanto a monda=l-e). Benché a questo proposito uno studio approfondito resti ancora da condurre (in particolare, attraverso una quantificazione dei dati disponibili), sembra che la medesima situazione valga per l’antico napoletano, la più estesamente documentata delle varietà alto-meridionali antiche: anche qui, dalle Origini al Cinquecento, permane - come ha mostrato Formentin 1998: 292 - la forma dedicata in -a di accordo neutro plurale (cf. anche l’ulteriore documentazione radunata da Ledgeway 2009: 143-50), così che è possibile individuare un sistema quadrigenere in cui, accanto a m e f, si hanno due neutri (entrambi autonomi) tra loro in opposizione. 6.3 Nascita del genere NNA nelle varietà centro-meridionali I dati antichi ora passati in rassegna ai §6.1-6.2, combinati con quelli moderni discussi ai §1-4, permettono di ricostruire (come si è fatto in Loporcaro 2012; Loporcaro/ Paciaroni 2011) il processo evolutivo sintetizzato in (67) che, muovendo dal sistema trigenere latino, ha portato ai sistemi di genere centro-meridionali odierni: Tania Paciaroni / Graziella Nolè / Michele Loporcaro 132 (67) Ricostruzione delle manifestazioni di genere nelle varietà centro-meridionali (Loporcaro/ Paciaroni 2011: 424) i. latino ii. c.-merid. antico iii. c.-merid. moderno sg pl sg pl sg pl n -um -a n 2 llo n lo m -us -i m li m li f -a -ae n 1 lo la nna lu f la lle f la le Il latino (i) presentava tre generi autonomi, m ≠ f ≠ n; dalla disgregazione del n si è prodotto nelle varietà centro-meridionali antiche un sistema a quattro generi autonomi (ii), con due n, entrambi non canonici, in quanto l’uno, il (neo)neutro, (n 2 =n), è difettivo per numero, l’altro, n 1 (predecessore del nna), presenta sincretismo della forma di sg con quella di m, mentre forme specifiche di accordo n 1 persistono per il pl, sia pur in variazione con quelle f.pl. La situazione delle varietà centro-meridionali odierne qui investigata rappresenta lo stadio successivo alla perdita dei suffissi n 1 .pl (iii) sostituiti dai suffissi f.pl. Questo processo evolutivo può esser visto come marginalizzazione di un valore di genere (il n latino) che ab origine, essendo quantitativamente meno consistente, e disponendo di una minor ricchezza delle opposizioni morfologiche di caso, era contrassegnato da aspetti di minore canonicità rispetto al m e al f. 7. Conclusione In base alle analisi sviluppate ai §4-6, si presenta infine una sinossi delle caratteristiche non canoniche del genere nna italo-romanzo centro-meridionale rispetto ai Principi I e II della canonicità dei valori morfosintattici. Si tratta di una versione aggiornata dello schema (50), §4.3.4, completato con l’immissione del latino e delle varietà antiche analizzate nel §6: (68) Sintesi delle caratteristiche non canoniche del genere nna in diacronia Principio Criterio (e breve descrizione) lat. a.luc. a.mac. tr. av. I 1. forme dedicate (autonomo) x x x 2. distinguibile in tutte le altre categorie e valori logicamente compatibili 3. distinto costantemente in tutte le clex pertinenti x 4. distinto coerentemente in tutti i lessemi di una clex (x) (x) (x) (x) (x) II 5. obbligatorio (x) (x) 6. assenza di condizioni sintattiche (x) (x) 7. assenza di condizioni semantiche 8. assenza di condizioni lessicali da parte del bersaglio Persistenza del neutro nell’italo-romanzo centro-meridionale 133 9. assenza di condizioni lessicali supplementari da parte del controllore 10. uso sufficiente (categorie/ valori indipendenti) Da (68) è chiaro che la manifestazione del genere nna rientra in quella che Corbett 2011 ha definito «penombra» dei sistemi di tratti morfosintattici (§2.2.1): mentre, infatti, il n latino, benché morfologicamente meno canonico del m e del f, era un genere autonomo, disponeva di un numero robusto di nomi controllori ed era univocamente rispecchiato nell’accordo delle forme flesse di un ampio numero di bersagli, il suo esito n 1 , poi nna italo-romanzo centro-meridionale presenta diverse proprietà che deviano dalla canonicità di un valore di tratto morfosintattico. L’analisi della documentazione antica ha consentito di seguire la progressiva marginalizzazione di questo valore, descrivibile anche come progressiva deviazione dai singoli criteri della canonicità morfologica (principio I) delle categorie morfosintattiche. Nondimeno, i test dell’alterazione e dell’accordo hanno dimostrato che il nna dei dialetti centro-meridionali odierni è comunque ancor oggi un valore di genere ben integrato nel sistema. Konstanz Tania Paciaroni Lenzburg Graziella Nolè Zurigo Michele Loporcaro Bibliografia Acquaviva, P. 2002: «Il plurale in -a come derivazione lessicale», Lingue e linguaggio 2: 295-326 Acquaviva, P. 2008: Lexical Plurals, Oxford Aebischer, P. 1933: «Les pluriels analogiques en -ora dans les chartes latines de l’Italie», Archivum latinitatis Medii Aevi 8: 5-76 AIS: K. Jaberg/ J. Jud, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz. 8 vol., Zofingen, 1928- 40 Alberti, C. et al. 1991: La donzellétta vien dalla donzella. 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