Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniCarlos Alvar/Constance Carta (ed.), In Limine Romaniae. Chanson de geste et épopée européenne, Berne (Lang) 2012, 568 p.
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Paolo Gresti
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sa tutta l’opera e ne innerva lo sviluppo, e come la studiosa ripetutamente sottolinea, il fatto che «le translateur prépare l’allégorèse chrétienne en accordant la fable au dogme» (225). Pur nella difficoltà il volgarizzatore persegue con costanza un’operazione tesa tanto verso il «salut de ses lecteurs qui doivent purifier leur chair humaine» quanto verso la «purification des Métamorphoses païennes, converties, tournées vers Dieu par l’interprétation qu’il leur donne» (234). Luca Barbieri si china su Les Héroides dans l’Ovide moralisé: Léandre-Héro, Pâris-Hélène, Jason-Médée, cioè sui materiali, «altri» rispetto alle Metamorfosi, che furono utilizzati dal compilatore per completare e integrare le fonti principali, tanto quelle dovute alla penna del grande poeta latino (le Eroidi in particolare, ma anche l’Ars Amatoria), come le opere storiografiche e mitografiche medievali (236). Un esempio dell’utilità e dei risultati cui simili indagini possono condurre è offerto proprio dalle pagine nelle quali lo studioso italiano analizza le coppie di Leandro-Ero, di Paride ed Elena, di Giasone e Medea. L’ultimo contributo è offerto da Romaine Wolf-Bonvin, Temps de la fable, temps des images: Arachné contre Pallas, aspects iconographiques (XIV e -XV e siècles), nel quale s’indaga l’opera cui è dedicato questo bel volume dal rispetto iconografico e specificamente attraverso le stupende illustrazioni con cui furono raffigurate nei codici tra XIV e XV secolo, le metamorfosi di Aracne. Gerardo Larghi ★ Carlos Alvar/ Constance Carta (ed.), In Limine Romaniae. Chanson de geste et épopée européenne, Berne (Lang) 2012, 568 p. Il cospicuo volume raccoglie i trentuno interventi del XVIII Congresso Internazionale della Société Rencevals (Ginevra, 2009), il primo organizzato in Svizzera da quando la Société è stata fondata nel 1955 (si veda la Présentation di C. Alvar, 1). I temi proposti per il convegno erano quattro: l’epica franco-italiana, l’epica germanica in relazione con quella romanza, la posteriorità epica nel romanzo spagnolo, gli animali nelle chansons de geste (vedi la Présentation, 2). A ciascuno dei quattro temi è dedicata una delle relazioni in seduta plenaria: quella di Jean-Claude Vallecalle, Les chansons de geste franco-italiennes: héritage et réinterpretation d’une tradition littéraire (61-90); quella di Víctor Millet, Carolus and Theodoricus. Romance and Germanic Heroic Poetry: Differences and Points of Contacts (19-38); quella di Matthew Bailey, La evolución de la leyenda cidiana desde la «Historia Roderici» hasta nuestros días (7-18); e, per l’ultimo tema, quella di James Simpson, «Uns vers si mals»: H. R. Giger et les animaux de cour dans la «Chanson de Roland» (39-60). Particolarmente interessante il lungo saggio di Vallecalle sull’epica franco-italiana, argomento che ha attirato in modo definitivo l’attenzione degli studiosi solo a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo. Si sa che l’Italia del Nord del XIV secolo vede il fiorire di questa letteratura, soprattutto epica, espressa in una lingua mista, che «est toujours, dans une mesure variable mais nettement perceptible, le lieu d’une rencontre où se conjuguent identité et altérité» (65). Nella maggior parte dei casi gli scrittori franco-italiani riprendono e rivisitano opere già note in lingua d’oïl (per esempio la Chanson de Roland o quella d’Aspremont), ma non mancano, com’è noto, i poemi originali: su tutti spicca l’Entrée d’Espagne, chanson scritta da un Padovano che cela volutamente il proprio nome. Il fatto è, scrive Vallecalle, che gli autori di queste opere «ne peuvent résister à la fascination du modèle d’héroïsme venu de France, qui exalte la maîtrise des contraintes et une aspiration à dépasser les limitations ordinaires de l’humaine condition» (89). Il quadro tracciato dallo studioso è esaustivo, anche sul piano bibliografico; posteriori alla redazione dell’intervento 295 Besprechungen - Comptes rendus di Vallecalle, e dunque ovviamente non presenti in bibliografia, sono Anonimo Padovano, L’Entrée d’Espagne. Rolando da Pamplona all’Oriente, a cura di Marco Infurna (Roma 2011) e Duello tra Rolando e Feragu nell’Entrée d’Espagne, tradotto in prosa da Paolo Gresti (Mantova 2012): due anticipazioni della futura pubblicazione integrale della traduzione del grande poema del Patavian. A una chanson franco-italiana, l’Ogier le Danois, dedica il suo saggio Eva Simon (503- 18), che propone, in base all’analisi degli indizi topografici disseminati nell’opera, un nucleo catalano per la stessa. In particolare Besgora non sarebbe Brescia, come è stato supposto, bensì Besora, una località ispanica, mentre Marmora sarebbe Mora d’Ebre. La topografia è comunque sempre un argomento assai sdrucciolevole, e credo che un supplemento d’indagine si renderà necessario. Sull’epica franco-italiana verte anche l’interessante contributo di Giuseppina Brunetti, L’Antiquité partagée: la tente historiée du païen Agolant dans la «Chanson d’Aspremont» franco-italienne (151-71), che si occupa della versione trasmessa dal manoscritto di Chantilly (Musée Condé 470) della chanson de geste. In essa troviamo la descrizione della tenda di Agolant (lassa 146) e di quella di Carlo Magno (lassa 181): si tratta «d’une interpolation courtoise propre à la version italienne» (166), giacché nelle altre versioni «l’épisode et la description de la tente d’Agolant n’est pas présente» (164). L’interpolatore voleva così arricchire «en quelque sorte son texte épique, le truffant de traits courtois délicieux», facendo così in modo che l’epica si aprisse al nuovo genere che avrebbe portato, nei secoli seguenti, a Boiardo e Ariosto (169 s.). Nelle due tende, quella di Agolant e quella di Carlo Magno, sono rappresentati episodi legati alla guerra di Troia, e in quella del sovrano saraceno c’è anche «le vol du Palladion par le traître troyen Anténor qui, par le fait même de remettre aux Grecs le talisman, symbole de l’invicibilité des Troyens, en marquait la fin» (155). In effetti, mentre da una parte viene messa in rilievo la discendenza di Franchi e Bretoni dai troiani, per sottolineare una volta di più «la célèbre translatio imperii et studii de Troie à Rome, à la France» (158), dall’altra si stringe un legame tra i Saraceni e i Greci, attraverso Alessandro. In più punti della chanson questo rapporto è affermato con sicurezza, tanto che per l’autore dell’Aspremont «la lutte entre Chrétiens et Païens se transforme . . . en guerre entre Troyens (les Chrestïens occidentaux) et Grecs, donc les Sarrasins» (161). In altri termini, la versione franco-italiana della Chanson d’Aspremont propone una visione del passato europeo davvero singolare: l’Antichità viene divisa in due parti, la tradizione greca e alessandrina da una parte, che si trova rappresentata dai Saraceni, e quella troianacristiana occidentale dall’altra, incarnata da Carlo Magno e i suoi paladini. Molto ben sviluppato il tema relativo agli animali nella chanson de geste, che costituisce il nucleo, oltre che della relazione già citata di James Simpson, di sette altri interventi: Wilfrid Besnardeau, «Animalités sarrasines» ou portrait du Sarrasin en animal dans la «Geste Rainouart» (107-22); Delphine Dalens-Marekovic, Quelques remarques sur l’avifaune épique (195-208); Valérie Guyen Croquez, Les animaux dans les «Croniques et conquestes de Charlemaine» de David Aubert (229-39); Margarida Madudeira, Image et fonction du lion dans deux chansons de geste du XIV e siècle: la «Belle Hélène de Constantinople» et «Florent et Octavien» (325-40); David Pattison, Los animales en la tradición épica española (411-20); Paolo Rinoldi, Alexandre et la panthère marine (441-62); Claude Roussel, Les animaux secourables dans les chansons de geste tardives (463-76). Nel saggio di Delphine Dalens- Marekovic, per esempio, si parla della presenza degli uccelli nell’epica, mostrando come in molti casi questi animali non sono reali, quanto piuttosto simbolici: «dans la majorité des occurences», infatti, l’uccello epico «n’est . . . qu’une image, tour à tour élément de comparaison propre à renforcer et à imaginer une idée . . ., emblème . . . ou encore symbole . . .» (208). Ma persino quando è reale, l’uccello non perde, per certi aspetti, il suo status di simbolo, segno visibile a tutti del lusso e della nobiltà della classe cavalleresca. 296 Besprechungen - Comptes rendus Il tema del rapporto tra l’epica romanza e quella germanica è trattato dall’articolo citato di Víctor Millet e da Philipp Bennett, Les Avatars de Guibourc I: cycle de Guillaume, Wolfram, i «Narbonesi» (93-105); Mario Bonansea, Le «Waltharius» et l’épopée romane: réflexions sur la temporalité épique (123-40); Stephanie L. Hathaway, The Maligned Sister of Guillaume d’Orange: Blancheflor in «Aliscans» and Wolfram’s «Willehalm» (241-55); Dimitri Pétalas, La lutte entre le héros et la femme guerrière dans le «Nibelungenlied» et dans une chanson de geste byzantine (421-28). Infine, per i rapporti tra l’epica e la Penisola iberica segnalo, oltre alla relazione di Matthew Bailey, che peraltro apre il volume, i seguenti contributi: Santiago López Martínez-Morás, «Florence de Rome» y su versión española (307-24) e Juan Paredes, Épica y cine. En torno a la figura del Cid (399-409). In particolare, M. Bailey percorre la fortuna del più importante personaggio epico spagnolo, il Cid, appunto, quel Rodrigo Díaz de Vivar (1045-99) che da personaggio storico è diventato presto quasi un eroe mitologico. Attraverso l’analisi delle principali opere che vedono il Cid al centro della scena, l’autore percorre un tragitto che va dalla Historia Roderici (che risale più o meno al 1110) al film El Cid uscito nel 1961, che rappresenta un prodotto tipicamente hollywoodiano dell’epoca (i protagonisti, non dimentichiamolo, erano Charlton Heston e Sophia Loren); in mezzo si collocano il grande Poema de Mio Cid, massimo esempio dell’epica castigliana, che presenta Rodrigo come «un guerrero castellano ya maduro y mesurado» (8), le Mocedades de Rodrigo (circa del 1300), che invece portano alla ribalta un eroe ancor giovane e ribelle, e le Mocedades del Cid (1612) di Guillén de Castro, poema basato sul precedente, «pero mucho más temprado» (ib.). Al termine del percorso, Bailey, dopo aver constatato che «la leyenda del Cid ha sobrevivido casi mil años más que la persona histórica», conclude che il processo evolutivo del personaggio non è stato passivo nei testi presi in considerazione, perché si può notare «una secuencia de intervenciones o mutaciones hechas a propósito para crear un héroe relevante a circunstancia contemporanéas» (18). Nulla da stupirsi del resto - mi sento di aggiungere - se scrittori o cineasti non abbiano voluto procedere a una rappresentazione «storico-filologica» del Cid: l’arte, a qualunque livello, ha le sue esigenze e le sue prerogative. Il volume è chiuso dal resoconto di due tavole rotonde, nelle quali si annunciano altrettanti programmi di ricerca: l’informatizzazione del corpus epico francese per il progetto JONAS, Répertoire des textes et des manuscrits médiévaux d’oc et d’oïl (si veda http: / / jonas.irht.cnrs.fr/ ), a cura di Maria Careri, Anne-Françoise Leurquin, Paolo Rinoldi, Marie-Laure Savoye (521-31), e una nuova edizione del corpus francese della Chanson d’Aspremont, presentata da Giovanni Palumbo e Anna Constantinidis (533-51), alla quale partecipano studiosi italiani e belgi (tutte le informazioni sul progetto si trovano all’indirizzo http: / / www.chansondaspremont.eu/ ). Paolo Gresti ★ Sarah Lambert/ Helen Nicholson (ed.), Languages of Love and Hate. Conflict, Communication, and Identity in the Medieval Mediterranean,Turnhout (Brepols) 2012, xxx + 286 p. Ha ancora senso oggi, in un clima geopolitico problematico, attraversato da tensioni che originano, almeno nella loro motivazione apparente, da profondissime differenze religiose e sociali, investigare le Crociate e cioè il periodo che, almeno nell’immaginario collettivo, ha portato allo zenit tali conflitti? Probabilmente sì, se non altro per mostrare che anche all’epoca del loro più prolungato conflitto, due mondi tanto contrapposti seppero conoscersi, vollero reciprocamente indagarsi, traendo gli uni dagli altri suggerimenti, suggestioni e conoscenze e, in termini meno politici e più scientifici, seppero dar ragione al paradig- 297 Besprechungen - Comptes rendus
