Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
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2013
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Kristol De StefaniHans Goebl (ed.), ALD-II. Atlant linguistich dl ladin dolomitich y di dialec vejins, 2a pert. Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi, 2a parte. Sprachatlas des Dolomitenladinischen und angrenzender Dialekte, 2.Teil, 7 vol., Strasbourg (Éditions de Linguistique et de Philologie) 2012
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2013
Riccardo Regis
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ruscelliana, come dimostra l’esemplificazione addotta dallo studioso, aguzza le sue armi attraverso toni colloquiali, escursioni demotiche e gergali nonché frequenti richiami a un lessico satirico-burlesco che ne fanno un esempio di critica antipendatesca e brillante, in opposizione allo «stereotipo prettamente pieno-cinquecentesco del grammatico umanista» (38). Nel secondo capitolo (Grammatica e lingua fino ai «Tre discorsi», 39-75) Telve illustra i principî che stanno alla base della linguistica ruscelliana, con osservazioni puntuali sull’atteggiamento del viterbese nei confronti delle voci non toscane e sull’opposizione tra lingua parlata e lingua scritta (60-61). Il terzo capitolo (Il Dolce «ruscellato»: grammatica e traduzione, 77-129) infine verifica puntualmente l’impatto delle critiche ruscelliane sulle successive edizioni delle opere del Dolce, in particolare le Osservationi alla volgar lingua (riproposte nel 1554) e le Trasformationi, ristampate nuovamente nello stesso 1553, ma che già prendono tacitamente in considerazione alcune osservazioni del viterbese (è quindi da correggere quanto impropriamente ho scritto sulla seriorità della seconda edizione delle Trasformationi rispetto ai Tre discorsi a p. 113 del mio «Meraviglioso diletto». La traduzione poetica del Cinquecento e le «Metamorfosi d’Ovidio» di Giovanni Andrea dell’Anguillara, Pisa 2011). Sul piano linguistico-stilistico le correzioni del Ruscelli alla traduzione vanno secondo Telve nella direzione di una «normalizzazione di ispirazione classicista» (121) intesa a espungere dalle ottave del Dolce le numerose forme municipali e le espressioni corrive (oltre che francamente errate, come le rime imperfette). In questa direzione non andavano peraltro solo le acide osservazioni del Ruscelli, bensì anche quelle più amichevoli di un altro grande grammatico del Cinquecento, Benedetto Varchi, sollecitato dallo stesso Dolce a rivedere la veste linguistica della traduzione ovidiana nell’imminenza della seconda stampa. Attraverso un puntuale confronto tra le correzioni accolte e quelle rifiutate dal Dolce, Telve dimostra che il richiamo del Ruscelli, per quanto aspro e non privo di dileggio, a «una più severa osservanza del modello linguistico tosco-fiorentino» (133) andò sostanzialmente a segno, costringendo il rivale a compiere un’attenta revisione non solo linguistica, ma anche traduttivo-interpretativa del suo poema (pubblicato con sempre nuovi interventi fino al 1561). Il volume riproduce in appendice (135-48) i testi legati alla polemica sul Decameron, necessari a comprendere il clima da cui nacquero i Tre discorsi, e offre un utile indice delle parole e delle forme discusse nelle opere esaminate. Gabriele Bucchi ★ Hans Goebl (ed.), ALD-II. Atlant linguistich dl ladin dolomitich y di dialec vejins, 2 a pert. Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi, 2 a parte. Sprachatlas des Dolomitenladinischen und angrenzender Dialekte, 2. Teil, 7 vol., Strasbourg (Éditions de Linguistique et de Philologie) 2012 Chiunque lavori all’interno di un cantiere geolinguistico sa quanto sia difficile portare a termine, in tempi ragionevoli, un atlante; i cantieri restano tali, a volte, per decenni, senza che si approdi ad una pubblicazione, anche soltanto parziale, dell’opera. Non nascondo dunque la mia ammirazione di fronte alla recente uscita della seconda ed ultima parte dell’Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi (d’ora in poi, ALD-II; con la forma abbreviata ALD-I indicherò la prima parte del progetto 1 ). 317 Besprechungen - Comptes rendus 1 H. Goebl (ed.), Atlant linguistich dl ladin dolomitich y di dialec vejins, 1 a pert. Atlante linguistico del ladino dolomitico e dei dialetti limitrofi, 1 a parte. Sprachatlas des Dolomitenladinischen und angrenzender Dialekte, 1. Teil, 7 vol., Wiesbaden 2008 (3 CD-ROM, Salzburg 1999; 1 DVD, Salzburg 2002). Diretto, in tutto il suo percorso, da Hans Goebl dell’Università di Salisburgo, l’atlante si propone, com’è noto, di indagare i «dati esclusivamente geolinguistici (cioè basilettali [= dialettali]) dell’area centrale del ladino/ retoromanzo, ivi compresi i dialetti limitrofi dell’Italia settentrionale» (ALD-I, «Introductio», vii; corsivo nel testo, integrazione tra parentesi quadre mia); dei 217 punti della rete d’inchiesta dell’ALD, i 21 della Ladinia dolomitica (brissino-tirolese), i 12 dell’Engadina e i 33 del Friuli costituiscono il nucleo, a cui fanno da corona, come termine di raffronto imprescindibile, 161 località dell’Italia del nord (35 situate in Lombardia, 60 in Trentino, 66 in Veneto). Se l’ALD-I era dedicato soprattutto alla presentazione di dati dialettali di interesse fonetico, con l’aggiunta di alcuni fatti elementari di morfologia nominale e aggettivale, l’ALD-II prevedeva ab origine l’investigazione, nello stesso tempo, di lessico, morfologia complessa e sintassi. Al fine di indagare questi aspetti, è stato approntato da Paul Videsott, negli anni 1999-2001, un questionario di 1063 domande, distribuite tematicamente secondo gli argomenti della vita quotidiana: un’organizzazione degli «stimoli» che ricalca, con ogni evidenza, quella dei questionari dell’AIS 2 e dell’ALI 3 , discostandosi dall’ordinamento alfabetico che era invece stato scelto, sul modello dell’ALF 4 , per il questionario dell’ALD-I. Le domande sono state somministrate, tra il 2001 e il 2007, a 833 informatori da parte di 10 raccoglitori (leggermente inferiori i numeri dell’ALD-I: 806 domande poste a 488 informatori da 5 raccoglitori; periodo delle inchieste: 1985-1992). Il risultato di questo strenuo lavoro d’équipe è ora sotto gli occhi di tutti: cinque volumi in formato A3, nei quali sono raccolte le 1066 carte (erano 884 nei quattro volumi dell’ALD-I) che rappresentano l’oggetto-atlante stricto sensu, e due volumi in formato B5, uno di materiali di complemento (Volumen supplementarium), l’altro di indici (Index generalis). La distribuzione delle carte linguistiche riproduce la scansione tematica delle domande del questionario: mappae 1-202, da «Parentela» a «Difetti, qualità morali e sentimenti» nel primo volume; 203-420, da «Rapporti umani» a «La stanza», nel secondo; 421-635, da «I mobili» a «Numeri», nel terzo; 636-850 da «L’anno, le stagioni, i mesi ed il giorno» a «Animali domestici»; 851-1066, da «Pollicultura» a «stare», nel quinto. In apertura a ciascuno dei tomi vengono riproposte le sezioni («Abbreviazioni e segni convenzionali ALD-II»), β («Sistema di trascrizione ALD-II»), γ («Elenco abbreviato delle località esplorate e degli informatori intervistati»), δ («Elenco alfabetico delle località esplorate») e ε («Concordanza tra le località dell’ALD con quelle di AIS, ALI; ASLEF e ETTMAYER 1902»), nonché la «Parte generale» di cartografia (fuori numerazione), relativa a A. «Nomi ufficiali delle località esplorate» e B. «Esploratori»; a questo apparato di base, il primo volume aggiunge una «Introductio» trilingue (ladino dolomitico/ italiano/ tedesco) firmata dal direttore H. Goebl (vii-xxii) e, alla «Parte generale», tre carte (sempre fuori numerazione) dedicate a C. «Nome dialettale del paese», D. «Nome dialettale degli abitanti» e E. «Nome dialettale delle parlate». L’indice delle carte, situato all’inizio di ogni volume, prevede una simbologia volta a chiarire al lettore se la carta in questione disponga di materiali o illustrazioni di accompagnamento (consultabili nel Volumen supplementarium, i primi, nel Volumen supplementarium e nell’Index generalis, le seconde). Quanto alla strutturazione delle carte linguistiche, essa risulta la medesima dell’ALD-I: le mappae sono disposte su due fogli A3 e recano il titolo (in italiano) sul secondo foglio, in alto a destra; nello stesso riquadro del titolo compaiono 318 Besprechungen - Comptes rendus 2 K. Jaberg/ J. Jud (ed.), Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz, 8 vol., Zofingen 1928-40. 3 M. G. Bartoli/ G. Vidossi/ B. A. Terracini/ G. Bonfante et al. (ed.), Atlante linguistico italiano, 7 vol., Roma 1995-. 4 J. Gilliéron/ E. Edmont (ed.), Atlas Linguistique de la France, 9 vol., Paris 1902-10. eventuali precisazioni sul senso dello stimolo (sotto il titolo della carta 29 La zitella si legge ad esempio, tra parentesi, l’indicazione donna ancora nubile) e sull’occorrenza di stimoli uguali o simili negli atlanti o in altre opere di riferimento (AIS, ALI, ASLEF 5 , K. von Ettmayer 6 , con la possibilità di rimandi, ovviamente, anche alla prima parte del progetto ALD). Una presenza quasi costante nelle carte dell’ALD-II è la Leggenda (primo foglio A3, in alto a desta), in cui vengono fatti confluire i dati, dialettali o di corredo, che per ragioni di spazio non hanno trovato posto sulla carta; l’esistenza di questi dati aggiuntivi è segnalata in carta da una freccia, in corrispondenza del punto d’inchiesta interessato. Saltuaria, ma preziosa, è la presenza del riquadro destinato ai commenti (secondo foglio A3, in alto a sinistra), che indirizzano il lettore nell’interpretazione dei dati cartografati: ad esempio, a corollario della carta 760 Il gufo reale, si osserva che «[n]on è stata fatta ovunque una precisa differenziazione concettuale e terminologica tra il gufo (reale), la civetta, l’allocco ed il barbagianni» (ciò che dà conto, tra l’altro, di una sovrapposizione ben nota nella tassonomia popolare). Esistono, come già nell’ALD-I, carte singole e carte doppie, ovvero destinate alla rappresentazione di due concetti semanticamente o grammaticalmente correlati (cf. le carte 5 il loro zio/ la loro zia, 7 il padrino/ la madrina, 870 il burro/ la panna etc.); e, considerata la natura dei materiali dialettali raccolti nell’ALD-II, non stupisce che l’espediente della carta doppia si sia «rivelato particolarmente utile nell’ambito della morfologia verbale» («Introductio», xviii) (cf. le carte 372 abbiamo/ hanno (6m), 373 avevi/ aveva (3m), 484 mangiavo/ mangiavamo etc.). Se, nelle carte doppie, i contenuti derivanti da due domande del questionario dànno luogo ad un’unica carta (ad esempio, le domande 4 il loro zio e 5 la loro zia generano la carta 5 il loro zio / la loro zia), nell’ALD-II avviene non di rado - una novità rispetto all’ALD-I - che i contenuti derivanti da un’unica domanda sintatticamente molto complessa compaiano spalmati su più carte: i risultati dialettali ottenuti alla domanda 20 Si è sposato il 28 luglio alle nove e mezza di mattina sono così suddivisi tra le mappae 24 Si è sposato . . ., 25 . . . il ventotto luglio . . ., 26 . . . alle nove e mezza . . . e 27 . . . di mattina. Le carte dell’ALD-II non andrebbero consultate senza il supporto del già citato Volumen supplementarium, che raduna i materiali dialettali che, a causa del limitato spazio a disposizione, non sono stati cartografati né inclusi nella Leggenda; la presentazione di tali «trascrizioni eccedenti» («Introductio», x) segue l’ordine delle 1066 carte dei cinque volumi in-folio. Esposta per sommi capi l’organizzazione dei materiali dell’ALD-II, è ora opportuno porsi una domanda essenziale: che tipo di atlante è l’atlante diretto da Hans Goebl? L’ALD-II è, in buona sostanza, un solido atlante tradizionale, per impostazione generale ed obiettivi. È lo stesso Goebl a rivendicare la normalità, in tal senso, dell’ALD: una posizione senza dubbio coraggiosa, se si pone mente ai vorticosi mutamenti scientifici e metodologici che hanno investito la geografia linguistica negli ultimi venticinque anni, e che sembravano volerla rifondare e radicibus. Così evidentemente non è stato, e Goebl ha buon gioco nell’affermare che «va sottolineato energicamente in questa sede che il progetto integrale dell’ALD, quanto ai principi rispettati per il rilevamento dei dati e la loro successiva pubblicazione, si inserisce completamente nella tradizione della geografia linguistica (ovvero géographie linguistique) quale veniva praticata da Jules Gilliéron (per l’ALF) nonché da Karl Jaberg e Jakob Jud (per l’AIS)» («Introductio», viii). Più avanti nel testo, il concetto viene ribadito in modo ancora più esplicito: «[t]anto l’ALD-I quanto l’ALD-II si basano sul 319 Besprechungen - Comptes rendus 5 G. B. Pellegrini (ed.), Atlante storico-linguistico-etnografico del friulano, 6 vol., Padova/ Udine 1972-86. 6 «Lombardisch-Ladinisches aus Südtirol. Ein Beitrag zum oberitalienischen Vokalismus», RF 13 (1902): 321-673. principio del rilevamento selettivo e nello stesso tempo standardizzato di materiale esclusivamente basilettale [= dialettale]. Le due parti del progetto non hanno dunque niente a che fare con l’idea dell’atlante repertorio, proposta da molti geolinguisti negli ultimi decenni, ma da nessuna parte realizzata con successo» (ix; corsivo nel testo, integrazione tra parentesi quadre mia). Mi sembra di cogliere, nell’«Introductio» dell’ALD-II, una rivendicazione della validità dell’approccio geolinguistico tradizionale che mancava nell’ALD-I, dove, nella stessa «Introductio», si leggeva più l’ammissione di un difetto, prodotto dalla mancanza di risorse umane e finanziarie, che non la difesa consapevole di una scelta di campo: «[n]on sono stati, sin dall’inizio, presi in considerazione fattori sociolinguistici, anche perché la loro inclusione avrebbe comportato un maggiore impiego di risorse, cioè di collaboratori, di tempo e quindi un aumento di costi» (ALD-I, «Introductio», viii). Ci si potrebbe interrogare su che cosa sia successo tra il 1998, anno di pubblicazione dell’ALD-I, e il 2012, anno di pubblicazione dell’ALD-II; negli ultimi tre lustri, a mio parere, ci si è resi conto che l’apporto della sociolinguistica alla geolinguistica può sì condurre a risultati potenzialmente interessanti, ma soprattutto a prodotti che con la «geolinguistica fatta di carte linguistiche» hanno poco o punto a che spartire; si può tutt’al più pervenire ad una sociolinguistica spaziale (i.e. una ricerca sociolinguistica condotta sulla base della rete d’inchiesta di un atlante), non già a quelli che, un po’ troppo ottimisticamente, erano stati da taluni denominati «atlanti di terza generazione». Il legame tra l’ALD-II (e l’ALD in generale) e la grande tradizione geolinguistica viene mantenuto, e potrei dire corroborato, grazie ad un amplissimo ricorso alla tecnologia informatica. Alle orecchie di chi si occupa di geolinguistica in Italia, l’accostamento fra «tradizione» e «informatica» può forse suonare anomalo, quando non ossimorico, perché si tende, assai spesso, a confondere l’evoluzione tecnologica con l’avanzamento teorico-metodologico; ragione per cui l’etichetta di «atlante tradizionale» viene di norma applicata a quelle imprese che non sono informatizzate tout court, o che, perlomeno, non sono state concepite ab initio in forma elettronica. Trovo che sia invece molto giusta ed equilibrata la posizione di Goebl, che, da un lato, insiste sulla continuità dell’ALD rispetto alla tradizione geolinguistica («Introductio», viii-ix), i principi della quale sono ancora oggi validi e proficui, dall’altro, pone l’accento sui prodigi che le nuove tecnologie consentono («Introductio», xiv-xvi). Mette conto ricordare che l’architettura dell’ALD si fonda sul dispositivo informatico Dialect Map Generator (DMG), pensato, in primo luogo, per la digitazione e l’elaborazione delle trascrizioni, in secondo luogo, per l’«inserimento delle stesse in una banca dati complessiva con lo scopo di svolgere i passi della produzione delle cartine e degli indici, iniziando con le prime cartine di prova fino ai PDF pronti per la pubblicazione» («Introductio», xiv). E sempre per restare ai doni che le scienze informatiche offrono alla geolinguistica, e che l’ALD-II ha saputo accettare e valorizzare appieno, non si può non rimandare al sito web dell’atlante (http: / / ald2.sbg.ac.at/ a/ index.php/ it/ ), che è da consultarsi congiuntamente alla pagina dedicata alla prima parte del progetto (http: / / ald1.sbg.ac.at/ a/ index.php/ it/ ). Oltre a permettere di visualizzare (in formato PDF) e stampare, selezionato il titolo di una carta, la carta medesima e i dati in essa contenuti (in base alla località, in ordine alfabetico e in ordine alfabetico inverso), la pagina web dell’ALD-II è anche e soprattutto un benvenuto prolungamento dell’opera in volume, dove vengono ospitate, ad esempio, due importanti chiavi di accesso ai dati dell’atlante, la Sound-Datenbank (SDB) e l’Index Retrieval System (IRS2). La SBD, come dice il nome stesso, è una banca dati acustica, dal 2009 nota col nome di SBD2, che concede all’utente l’occasione di immedesimarsi nella situazione-intervista, «tramite il semplice inserimento dei numeri corrispondenti della località e della domanda» («Introductio», xvi); mi corre però l’obbligo di aggiungere che, nonostante i ripetuti tentativi da me effettuati tra maggio e giugno 2013 (con elaboratori e browser differenti - Google Chrome, Internet Explorer, Mozilla Firefox, Safari - e con la versione 7.21 di Java in- 320 Besprechungen - Comptes rendus stallata), la pagina della banca dati sonora ha sempre rifiutato di aprirsi («Page not found» il poco consolante messaggio di dialogo). Quanto all’IRS2, si tratta di un motore di ricerca e indicizzazione (lo stesso ruolo era svolto, nell’ALD-I, dall’IRS1) che consente, per un verso, la ricerca «a testo pieno» di parole dialettali (o di parti di esse), per l’altro, la (rapidissima) generazione dei due indici alfabetici, progressivo ed inverso, delle forme dialettali contenute in archivio. A séguito della ricerca di una forma (completa o parziale), i risultati vengono restituiti in trascrizione ALD-Light (una grafia fonetica semplificata, più «leggera», rispetto a quella in uso nelle carte, denominata ALD-Standard), completi del numero di occorrenze; evidenziato uno dei risultati, è possibile visualizzare il numero e il titolo della carta in cui il dato compare, la località in cui è stato raccolto nonché, al passaggio del mouse, la sua resa in grafia ALD-standard con eventuale contestualizzazione (le «concordanze» tra i due sistemi di trascrizione, ALD-Light e ALD-Standard, sono fornite nell’Index generalis: cf. oltre). All’IRS2 si deve anche, come si diceva poc’anzi, la produzione degli indici alfabetici (progressivo ed inverso) delle voci dialettali, a cui, nell’ALD-I, erano dedicati due volumi cartacei appositi, l’Index alphabeticus omnium vocum e l’Index alphabeticus inversus omnium vocum. L’excursus sul rapporto tra ALD-II e tecnologia informatica mi ha portato a toccare il terreno dell’indicizzazione dei dati, che ora affronterò più distesamente. Pur nello sforzo di mantenere la seconda parte del progetto il più possibile vicina all’ALD-I, financo nella veste tipografica, è nella scelta dell’apparato di indici che l’ALD-II più si allontana dal predecessore. Ricordiamo che, di là dai succitati indici alfabetici, l’ALD-I disponeva anche di tre ulteriori indici etimologici, Index etymologicus thematicus, Index etymologicus alphabeticus, Index etymologicus inversus, raccolti in un unico volume (Tres indices etymologici omnium mapparum titolorum); l’ALD-II presenta, per contro, un solo indice cartaceo, l’Index generalis (che mancava all’ALD-I). In realtà, va detto, non è grave l’assenza degli Indices etymologici, perché si trattava, abbastanza curiosamente, di indici volti a fornire la base etimologica dello stimolo, non delle risposte; la qual cosa risultava utile al lettore solo nel caso, non sempre maggioritario, di risposte coetimologiche rispetto allo stimolo originario. L’Index generalis dell’ALD-II comprende, ad ogni buon conto, la già menzionata «Concordanza dei sistemi di trascrizione ALD» (6-7), il «Questionario dell’ALD-II» (8-77) (peraltro scaricabile, nella forma usata in sede d’inchiesta, alla pagina web dell’ALD-II), la «Concordanza tra volumi in folio e questionario» (78-101), il «Contenuto dei volumi in folio» (102-13), gli «Indici alfabetici delle voci dei titoli delle cartine ALD-II» (114-46) e infine gli «Indici grammaticali» (148-213). Se gli ultimi due indici si rivelano uno strumento indispensabile alla consultazione dei materiali dell’atlante, la «Concordanza tra volumi . . .» e il «Contento dei volumi . . .» avrebbero forse potuto confluire in un unico repertorio, in quanto il secondo differisce dalla prima soltanto per l’indicazione del volume e dell’area tematica a cui le voci appartengono. Per concludere, due questioni generali e una questione terminologica. La prima riguarda la scelta dell’italiano come lingua principale dell’atlante: ad eccezione della denominazione trilingue ladino dolomitico/ italiano/ tedesco dell’opera e della «Introductio», parimenti trilingue, l’italiano diventa, nel prosieguo, l’unica lingua impiegata (anche nel titolo delle carte, nei commenti, ecc.). Non posso che rallegrarmi, in quanto italiano, di questo orientamento dell’ALD, ma mi chiedo, nel contempo, se sia questo il modo migliore per rendere fruibile l’opera. Nell’«Introductio» dell’ALD-I (xvi), quando si giustificava il perché della scelta di un sistema di trascrizione diverso dall’IPA, si poneva in luce lo stretto legame tra l’atlante e il territorio, e la necessità conseguente di garantire l’accessibilità ai dati da parte dei «non addetti ai lavori»: una politica di restituzione alla comunità davvero encomiabile, e purtroppo spesso negletta dai responsabili delle imprese geolinguistiche, che hanno così finito per relegare la consultazione degli atlanti all’Accademia e 321 Besprechungen - Comptes rendus ad un pubblico di soli specialisti. Ebbene, a me sembra che, proprio per la possibile utenza non specialistica e per il carattere estremamente composito dell’area indagata dall’ALD, il mantenimento di un apparato bilingue (italiano/ tedesco), o addirittura trilingue (italiano/ tedesco/ ladino dolomitico), avrebbe contribuito a rinsaldare ulteriormente le relazioni col territorio. Devono essere del resto state considerazioni di questo tipo ad aver consigliato l’adozione, durante le inchieste, di un questionario trilingue italiano/ ladino dolomitico/ tedesco (che è poi quello oggi messo a disposizione dei lettori); e proprio il breve cappello introduttivo al testo del questionario dell’ALD-II fornisce un’indicazione preziosa circa il rapporto tra area geografica e lingua usata per i rilevamenti: «[g]li equivalenti in tedesco e in ladino (marebbano, gardenese, ecc.) sono serviti rispettivamente per le esplorazioni nei Grigioni (tutte svolte in tedesco) e nella Ladinia brissino-tirolese (svolte in ladino tranne che nei PP.-ALD 93 [Colle S. Lucia] e 101 [Moena]» (Index generalis, 9; integrazioni tra parentesi quadre mie). Al questionario trilingue avrebbe dovuto a mio avviso corrispondere, almeno, una titolazione trilingue delle carte (rammento en passant che l’AIS offre il titolo della carta in italiano, tedesco e francese, pur a fronte di una Legende soltanto in tedesco). La seconda questione attiene al diverso criterio di selezione degli informatori rispetto all’ALD-I: se là, in ognuno dei 217 punti d’inchiesta, erano stati intervistati «due informatori con caratteristiche sociali leggermente differenti», qui «il questionario è stato presentato una sola volta, ma sempre ricorrendo a più di un informatore» («Introductio», viii). È ragionevole pensare che questo cambiamento sia stato dettato dalla natura di certe aree tematiche dell’ALD-II (alludo alle sezioni dedicate agli animali, agli alberi e alla silvicultura, alla lavorazione del latte, alla fienagione, ecc.), e dalla necessità conseguente di scegliere informatori con competenze mirate; la mia rimane tuttavia un’ipotesi, perché questo aspetto, non irrilevante, è completamente trascurato nella peraltro ricca e dettagliata «Introductio». La terza ed ultima osservazione concerne l’uso di basiletto e varietà basilettali con valore sinonimico rispetto a dialetto e varietà dialettali, che fa capolino qua e là nell’«Introductio» (ad esempio, a p. 1: «dati diao basilettali»). Il termine basiletto, così come acroletto e mesoletto, è assai raro che venga utilizzato in settori delle scienze del linguaggio diversi dalla creolistica; si può riscontrare, è vero, l’impiego di basiletto (unitamente ad acroletto e mesoletto) nella descrizione dei repertori linguistici di ambito europeo, ma si tratta di un uso del tutto sporadico e marginale. Ora, è possibile che, specie in Italia, il ricorso al termine basiletto permetta di uscire con eleganza dalle strettoie della dicotomia dialetto/ lingua (particolarmente avvertita nelle comunità presso le quali è stata di recente introdotta una varietà standard pianificata), ma ne farei comunque un uso molto parco, limitandolo, se è il caso, alla descrizione dei repertori linguistici; non direi quindi che l’ALD prevede «il rilevamento di basiletti autoctoni . . . di una determinata zona» («Introductio», viii; corsivo mio), bensì che l’ALD prevede «il rilevamento di dialetti autoctoni di una determinata zona, costituenti il livello basilettale di un repertorio formato da una koinè regionale (mesoletto) e da una lingua standard di riferimento (acroletto)». Questo era del resto il senso di basiletto nella «Introductio» dell’ALD-I, che avrebbe certamente giovato riprendere nella «Introductio» dell’ALD-II: «Da varie reazioni e spiegazioni di gran parte degli intervistati risultava che essi concepivano la loro competenza (e performanza) linguistica come triplice sistema gerarchico, contenente basiletto, mesoletto (lingua regionale, koinè) e acroletto (italiano o romancio secondo lo standard scolastico)» (ALD-I, «Introductio», xi; corsivo nel testo). Le nozioni di dialetto e basiletto sono senza dubbio entrambe relazionali, ma c’è una differenza di merito che è bene non sottovalutare: dialetto è termine oggi a tal punto acclimatato, nella linguistica italiana e romanza, da poter essere usato senza riferimenti espliciti alla lingua, mentre basiletto, per essere impiegato al di fuori del contesto che gli è proprio (quello dei continua post-creoli), richiede la presenza almeno di un secundum comparationis 322 Besprechungen - Comptes rendus (acroletto), se non di un tertium (mesoletto). Non è scontato che un dialetto sia anche il basiletto di un repertorio, e perché lo diventi è necessario attribuire ad altre varietà o sistemi il ruolo di acroletto (e di mesoletto), come si faceva correttamente nella «Introductio» dell’ALD-I. Queste considerazioni finali non vogliono minimamente scalfire l’elevata qualità complessiva dell’opera di Hans Goebl e dei suoi numerosi e valenti collaboratori, che si conferma un’importante pietra di paragone per la geolinguistica europea. Mi sembra opportuno sottolineare, in particolare e da ultimo, l’esempio offerto dall’ALD di «tradizione nell’innovazione» o di «innovazione nella tradizione», a seconda che si voglia porre l’accento più sul legame tra l’ALD e la geolinguistica di K. Jaberg, J. Jud e J. Gilliéron ovvero più sull’importanza che la tecnologia ha avuto nell’elaborazione del progetto, e sta avendo oggi nella fruizione dei dati; e proprio in questo armonioso connubio tra «tradizione» e «innovazione» sta la lezione dell’ALD, alla quale i molti cantieri atlantistici ancora aperti, in Italia e altrove, dovrebbero guardare e adeguarsi. Riccardo Regis Galloromania Aurelio Roncaglia, Epica francese medievale, a cura di Anna Ferrari e Madeleine Tyssens, Roma (Edizioni di storia e letteratura) 2012, xxi + 282 p. (Storia e letteratura. Raccolta di studi e testi 245) Cinquante ans de questionnements autour de la chanson de geste, entre la dense étude de 1946-47 sur le contexte historique du Roland (§2) et l’enquête de géographie épique publiée en 1997 (§12), sont réunis ici, suivant l’agencement qu’A. Roncaglia lui-même avait prévu avant de disparaître, en 2001. En parcourant ce volet majeur de son activité, centré sur le Roland d’Oxford 1 , c’est indubitablement «la ferme articulation de la pensée, l’énergie persuasive du discours» qui frappent le plus, ainsi que l’avance M. Tyssens dans sa belle préface (vii-xvi [xvi]). Mais l’enseignement le plus durable vient de la démarche, animée par une foi inébranlable en l’éclairage qu’une recherche historique sérieuse peut jeter sur les textes, et soutenue par l’étendue des sources et des travaux critiques mis à contribution et par le traitement toujours prudent et respectueux des données et des opinions. Lorsqu’en 1984, la question épineuse de l’inceste de Charlemagne, dont Roland serait le fruit, est abordée aussi bien dans les textes que dans les faits (§5), A. Roncaglia énonce formellement les présupposés de sa démarche: «Il filologo - che non è un mistico - dovrà riconoscere che, alla radice, tale problema non è meramente letterario, ma storico. E la storia ha una sua razionalità, vichianamente perseguibile» (82). La suite, avec l’exploitation du travail de B. Jarcho rédigé en russe (1926), donc resté jusque là inconnu des romanistes, et la formulation de conclusions à la fois audacieuses et pondérées, illustre bien sa méthode et son style. Certes, nombre de questions débattues ici paraissent aujourd’hui quelque peu surannées, et largement délaissées par les contemporains: la datation du Roland et ses origines, le 323 Besprechungen - Comptes rendus 1 À la lecture de ce recueil, on conclut que la qualité et la cohérence de cette production scientifique n’ont pas reçu l’attention escomptée dans A. Varvaro, «Bilan des études épiques en Italie et des recherches sur l’épopée franco-italienne menées depuis 1955», in: N. Henrard (ed.), Cinquante ans d’études épiques, Genève 2008: 183-97 (187). Des analyses ciblées de la contribution du maître dans les différents domaines d’études ont été présentées lors d’une journée dédiée à Aurelio Roncaglia e la filologia romanza par l’Accademia Nazionale dei Lincei (Rome, 8 mars 2012).
