eJournals Vox Romanica 72/1

Vox Romanica
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Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2013
721 Kristol De Stefani

Mario Botero García, Les Rois dans le Tristan en prose. (Ré)écritures du personnage arthurien, Paris (Honoré Champion) 2011, 463 p.

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2013
Lisa  Pericoli
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Mario Botero García, Les Rois dans le Tristan en prose. (Ré)écritures du personnage arthurien, Paris (Honoré Champion) 2011, 463 p. Il professor Mario Botero García è docente di letteratura medievale presso l’Universidad de Antioquia (Medellín) in Colombia. I suoi ambiti di studio sono, prevalentemente, la traduzione di testi medievali e la letteratura arturiana. Nel 2011 è stato edito il suo ultimo lavoro in merito alla figura del roi e della regalità nel Tristan en prose. Il volume è costituito da otto capitoli in cui vengono messi in luce i maggiori aspetti della ricerca condotta («Signes distinctifs»; «Des rois et des fonctions»; «Les reprises des Tristan en vers»; «Interférences arthuriennes»; «Les données ‹historiques›»; «Les nouvelles figures royales»; «Arthur ou le roi idéal»; «Marc: le roi felon et desloial»), seguiti dalla conclusione al lavoro («Conclusion»), da una bibliografia ragionata che, essendo divisa in varie sezioni («Œuvres littéraires médiévales», «Ouvrages de référence», «Études critiques sur le Tristan en prose et le roman arthurien», «Autres études de littérature médiévale», «Études historiques»), permette al lettore di poterne usufruire in maniera chiara e funzionale; chiude il volume l’indice dei personaggi e degli autori medievali. Li rois s’en ist hors de sa cambre, sa couronne d’or en son cief, vestus des dras roiaus u il avoit esté sacrés. Il fait devant lui porter s’espee et son septre. vi, 94, 4 Cette scène, dans laquelle on retrouve trois symboles de l’image même de la royauté, c’est-à-dire la couronne, le sceptre, et l’épée, est une création de l’auteur du Tristan et, d’une certaine manière, elle renvoie à la conception qu’il se fait de la figure royale, en effet, cette image idéale du roi nous permet de faire le rapprochement entre le statut symbolique de la figure royale et de sa fonction concrète; il s’agit là d’objets symboliques qui renvoient à deux dimensions importantes du roi: la puissance royale (représentée par la couronne et le sceptre) et la concrétisation de ce pouvoir (représentée par l’épée). En conférant une couronne et une épée au roi Arthur dans ce passage, l’auteur de Tristan ne suggérait-il pas que le roi idéal dans le roman est celui qui combine le pouvoir que la couronne représente avec la prouesse, c’est-à-dire le maniement pratique de l’épée? (9) Le edizioni di cui disponiamo finora sono quella di Curtis, Le roman de Tristan en prose (Cambridge 1985), e quelle di Ménard, Le roman de Tristan en prose (Parigi 1987-97), e Le roman de Tristan en prose, version du manuscrit fr. 757 de la Bibliothèque Nationale de Paris (Parigi 1997-2007), senza dimenticare gli studi di Blanchard in merito alla versione ridotta presente nel ms. B.N.f.fr. 757 e lo studio che sta conducendo Richard Trachsler sulla «continuazione» del romanzo presente nel ms. B.N.f.fr. 24400. Dopo una breve introduzione al testo ed alla tradizione del Tristan en prose, l’autore delinea l’obiettivo della ricerca, ed inizia a tratteggiare i segni caratteristici delle figure denominate nell’opera come roi. Il romanzo in esame presenta ben 67 personaggi che sono definiti con questo titolo. Nello studio di Botero García vengono presi in considerazione solo le figure che ricoprono un maggiore interesse sia a livello narrativo, sia in rapporto alla tradizione romanzesca medievale arturiana e tristaniana. I personaggi, oltre agli ovvi re Artù e Marco, a cui viene dedicato un capitolo specifico, sono dei re appartenenti al Tristan en vers come Anguin d’Irlande, Méliadus de Leonois e Hoël de la Petite Bretagne, oppure i re del mondo arturiano come Uterpendragon et Bohort de Gaunes, Baudemagu, Galehaut et Galehondin, Horiaus li Aspres, Aguisant d’Escosse e Caradoc, ed infine le figure regali innovative quali Faramon de Gaule, Armant de la Cité Vermeille, Morhaut/ Morholt, Héliant e quelle dei re pagani, Canor, Pelias, Apollo l’Aventures, Cicoriades e Candace. Per poter designare un personaggio come roi esso deve essere contraddistinto da segni distintivi che lo caratterizzino rispetto agli altri. Innanzitutto l’appellativo, oltre a roi, può anche essere sire, seigneur o prince; ma qualunque esso sia, serve a sottolineare la deten- 331 Besprechungen - Comptes rendus zione e l’esercizio del potere, a cui bisogna aggiungere le insegne regali come la corona, innanzitutto, e la spada, considerate come «les seules preuves incontestables du statut royal, comme les symboles per excellence de la royauté» (21), senza dimenticare anche l’effettivo possesso e la sovranità di un regno. Nel Tristan en prose si vede però come siano presenti anche dei re caratterizzati sans royaume, in merito ai quali però: on peut se demander si cette absence de royaume, d’une terre et des sujets à gouverner (éléments indispensables à l’exercice même et la royauté) ne renvoie pas à une sorte de négation de la figure royale. En effet, chez les rois «sans terre» les plus connus, Caradoc, le roi des Cent Chevaliers, ou Brangorre, l’aspect que le romancier met en avant est leur statut de chevalier. De ce point de vue, la royauté ne serait qu’un nom, un élément qui sert à renforcer le prestige de Caradoc ou de Brangorre en tant que chevaliers. Quant au roi des Cent Chevaliers, cette quasi double absence de nom et de royaume - même s’il possède un nom, Horiaus li Aspres, il est identifié la plupart du temps par son pseudonyme - soulignée dans la périphrase qui sert à l’identifier, montrerait la dialectique existante entre le roi et le chevalier . . . Mais cela n’empêche pas que, dans notre roman, ces rois ne sont pas identifiés à des souverains en tant que tels; si ce n’est la fonction chevaleresque, ils n’exercent aucune autre fonction royale. (32) Dopo aver chiarito i segni che permettono di individuare la figura del roi, lo studioso analizza, prima di iniziare nello specifico lo studio dei singoli personaggi, le funzioni e le caratteristiche che un roi dovrebbe avere e ricoprire per poter essere così definito, riassumendole in sagesse, come sovranità magica e giuridica, prouesse, come forza fisica e relativa alla forza in battaglia, e largesse, come abbondanza tranquilla e feconda. In questa distinzione segue le definizioni presenti nello studio di Grisward (35). Accettando queste categorizzazioni, il roi detentore della sagesse è colui che deve amministrare la giustizia, decidendo e tenendo solo per sé la gestione della giurisdizione, oppure condividendo questo onere con i suoi fedeli baroni che fanno parte del suo consilium. Allo stesso tempo però il roi è investito di prouesse, che si rispecchia nelle doti guerriere e in quelle cavalleresche, anche se: l’assimilation entre la fonction royale et l’exercice de la prouesse chevaleresque commence à être problématique, d’autant plus dans un roman en prose comme le Lancelot ou le Tristan où l’exercice de la chevalerie constitue la valeur suprême: de ce fait, le chevalier occupe le devant de la scène tandis que le roi est d’emblée condamné à rester au second plan. (59) Nei romanzi in prosa del XIII secolo si vede come i rois siano caratterizzati da una quasi immobilità e fissità nel racconto, in contrapposizione alla mobilità e dinamicità del cavaliere; in fondo il roi, detentore del potere, diviene un osservatore della prodezza cavalleresca senza però parteciparne. Al contrario, nel Tristan en prose è evidente come la figura regale cerchi di essere più partecipe della prodezza cavalleresca, avvicinandosene ed a volte anche appropriandosene; per questa via gli stessi re divenendo dei cavalieri. Si coglie un chiaro esempio di questa dinamica nella figura di Hoël e del suo comportamento, nel momento in cui: le roi est prêt à renoncer au pouvoir royal au profit de Tristan, tout simplement parce que Tristan est un excellent chevalier dont la prouesse est synonyme de pouvoir. Curieusement, le héros semble accepter cette haute dignité. (72-73) l’exercice de la chevalerie n’est pas l’apanage du seul chevalier mais il constitue aussi une caractéristique de la figure royale. (73) E proprio per queste caratteristiche il roi viene anche definito dux bellorum e difensore del proprio regno, poiché esso partecipa attivamente ai tornei che indice scegliendo i propri cavalieri e, a volte, duellando egli stesso. Oltre a questi fattori nel Tristan en prose vi è una 332 Besprechungen - Comptes rendus novità abbastanza rilevante: a volte i rois vengono caratterizzati come roi-chevalier errant, ossia quando «il s’agit en effet des rois qui partent, sinon en quête d’aventures, du moins pour accomplir une mission sous les traits du chevalier errant» (97). Questa dualità tra lo status di roi e quello di chevalier errant è ben presente nel Tristan en prose. Con ciò è messo in luce la compenetrazione, nella figura del re, di queste due caratteristiche, proprio perché la figura del cavaliere e la cavalleria stessa non vengono né condannate né ostacolate dalla figura del re, quanto succede invece in alcuni contesti, come, appunto, quello della quête. L’autore ribadisce che questa compresenza di ideali non serve affatto a ridimensionare la figura regale, ma al contrario ha lo scopo, in questa maniera, di idealizzare il roi ed il suo ruolo, che in alcuni tratti coincide con quello del cavaliere, figura maggiormente idealizzata nel romanzo, e renderlo così il maggior rappresentante della cavalleria stessa. I personaggi che Botero García analizza con più dovizia di dettagli sono i due re sicuramente meglio conosciuti: Artù e Marco. Re Artù è il personaggio positivo per eccellenza, in cui sono presenti le caratteristiche positive del personaggio roi e del personaggio chevalier, preso ad esempio da tutti e modello per ogni figura non solo del Tristan en prose, ma anche per gli altri romanzi cavallereschi. D’altra parte vediamo come la figura del re Marco sia da un punto di vista dell’immagine regale l’anti-Artù, in quanto mancante di regalità, nobiltà, cortesia e prodezza, e al contempo anche un anti-Tristano rispetto all’immagine e alla funzione cavalleresca: non a caso Marco è definito come «fratricide, incestueux, assassin, lâche, traître, déloyal» (327). L’analisi della figura del re Marco è molto ampia e ben strutturata: dallo studio svolto dall’autore risulta che il roi non è solo felon et méchant, ma si presenta con una forte dualità interna, in cui emergono la haine e l’admiration. Purtroppo, nella sua caratterizzazione, e nonostante siano presenti fattori positivi che lo avvicinano alla figura arturiana, i tratti fondamentali che lo distinguono dagli altri sono proprio la fellonia e la slealtà, caratteristiche che lo portano ad essere inserito tra i protagonisti negativi e tra coloro che ostacolano lo svolgimento della storia verso un lieto fine. Si Marc arrive à ébranler, ne serait-ce qu’un court instant, la puissance chevaleresque du monde arthurien, à travers la défaite de son représentant suprême, c’est-à-dire le roi Arthur, cette volonté de nuire à l’idéal arthurien est en fait presque une constante du personnage de Marc, ce «roi Renart» attiré par la prouesse chevaleresque mais qui est pourtant dans l’impossibilité de l’incarner comme il se doit. (409) Le parfait chevalier est un mélange de force, de beauté et de passion . . . il devient un modèle de comportement en incarnant les qualités fondamentales de la chevalerie: vaillance, loyauté et courtoisie. (409) Le roi Marc est en effet toujours mis en question en ce qui concerne la prouesse chevaleresque, . . . mais il est montré par la suite comme un chevalier actif, notamment lors de l’épisode de la femme de Segurade . . . (409) Pour Marc, les armes et la couronne sont les attributs essentiels de la figure royale; certes, une telle donnée annoncée par le pôle négatif de la figure royale laisse quelque peu perplexe, mais elle annonce pourtant un des traits caractéristiques du roi Marc dans le Tristan en prose: sa pratique de la fonction chevaleresque. (410) L’analisi dei personaggi che ricoprono il ruolo di roi o sire o seigneur o prince nel Tristan en prose mette in luce, nel suo insieme, come il romanzo sia incentrato sì sulla figura regale, ma con una forte connotazione cavalleresca, che permette di studiare in parallelo tutti i protagonisti del roman senza che una delle differenze fondamentali sia il ruolo sociale e politico svolto all’interno della storia, ma anzi mettendo al centro dei modelli positivi proprio quello del cavaliere errante. 333 Besprechungen - Comptes rendus Botero García propone uno studio innovativo ed importante in merito al Tristan en prose perché riesce a mettere in luce un aspetto che fino ad ora non era stato analizzato in modo così approfondito e dettagliato: lo studio della figura del roi e del suo ruolo nei confronti della cavalleria e del cavaliere evidenzia la forte compenetrazione tra le due sfere ed una chiara dipendenza dei due ambiti, sia a livello narrativo sia in merito alle funzioni che ricoprono i rappresentanti. Sicuramente le caratterizzazioni dei re Marco e Artù sono strutturate in modo tale da fornire un quadro completo e complesso delle due figure. Nei capitoli rispettivi vengono evidenziati molti aspetti dei due protagonisti, in parte già noti, in parte invece meno conosciuti. Essi sono interessanti sia per gli studiosi del settore, sia per chi decida di affrontare un nuovo argomento di studio. I capitoli nei quali vengono trattati i personaggi minori non sono meno interessanti di quelli in cui lo studioso tratteggia Artù e Marco, perché ci permettono comunque di capire il mondo in cui sono nati e si sono sviluppati questi romans e i suoi protagonisti. Lisa Pericoli ★ Sophie Albert, «Ensemble ou par pieces». Guiron le Courtois (XIII e -XV e siècles): la cohérence en question, Paris (Champion) 2010, 642 p. Guiron le Courtois ist ein alt- und mittelfranzösischer Prosaroman, eine Art roman fleuve wie der Tristan en prose oder der Lancelot-Graal-Zyklus. Es existiert eine Fülle von Manuskripten, von denen jedoch keines mit irgend einem andern identisch ist 1 . Es gibt auch keine Gesamtausgabe des Textes, weder von der kritischen Sorte noch als Abdruck eines einzigen Manuskripts. Eine kritische Ausgabe wäre bei der gegebenen Überlieferungslage mit variablem Kern und unterschiedlichen Vortexten (Enfances) und Fortsetzungen ein Ding der Unmöglichkeit. Immerhin sind wir nicht ganz ohne gedruckte Texte: die Anthologie von Richard Trachsler kann als eine Art von Ersatzvornahme gelten 2 . Ziel der Studie von Sophie Albert ist es, die Einheit oder Vielheit, die Homogenität oder Heterogenität des Textes zu untersuchen, nachzuweisen und darzustellen: «Je voudrais interroger la cohérence des textes réunis sous le titre de Guiron le Courtois, afin de déterminer dans quelle mesure ils ont pu être lus, copiés ou composés ‹ensemble ou par pieces›». In der Introduction (9 s.) diskutiert Albert zuerst einmal die außerordentlich komplizierte und schwierige Manuskriptsituation, die Dokumente von 1235/ 40 bis zum Beginn des 16. Jahrhunderts umfasst. Die Namengebung für den Text ist widersprüchlich: Bald heißt er Palamedes, bald Meliadus de Leonois, bald Guiron le Courtois; dominant ist jedoch die letzte dieser Bezeichnungen. Inhaltlich gehört Guiron le Courtois eindeutig zur matière de Bretagne, doch stehen hier Personen im Vordergrund, die in andern Texten kaum eine Rolle spielen oder überhaupt nicht vorkommen; die wichtigsten sind Guiron le Courtois, Meliadus de Leonois und der Bon Chevalier sans Peur. Die Handlung spielt vor der Herrschaft von König Artus, d. h. wir haben es mit der Zeit der Väter der eigentlichen Artushelden zu tun. Für die Darstellung des Stoffes folgt Albert der Paragraphengliederung von Roger Lathuillère in dessen richtungsweisenden Untersuchung aus den 60er Jahren 3 . Wie dieser 334 Besprechungen - Comptes rendus 1 Cf. hierzu Albert 2010: 553 s., 577 s., 633-35. 2 R. Trachsler (ed.) 2004: «Guiron le Courtois». Une anthologie, Alexandria. 3 R. Lathuillère 1966, «Guiron le Courtois». Étude de la tradition manuscrite et analyse critique, Genève.