Vox Romanica
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0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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Kristol De StefaniAndrew W. Lewis (ed.), The Chronicle and Historical Notes of Bernard Itier, Oxford (Clarendon Press) 2012, lxxvi + 305 p.
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Gerardo Larghi
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Besprechungen - Comptes rendus 334 Il volume quindi risulterà certamente utile per tutti coloro che vorranno, da qui in avanti, intervenire in uno dei più appassionanti dibattiti che interessano i medievisti, quello relativo alla autenticità di queste Epistole e allo scopo per cui esse furono scritte e raccolte. Gerardo Larghi H Andrew W. Lewis (ed.), The Chronicle and Historical Notes of Bernard Itier, Oxford (Clarendon Press) 2012, lxxvi + 305 p. Una delle domande che i medievisti si pongono con periodicità inversamente proporzionale ai risultati ottenuti, riguarda la quasi assoluta carenza di cronache storiche redatte in Occitania tra XII e XIII secolo. Tale analisi andrebbe comunque almeno parzialmente corretta, giacché ci è noto un gruppo, non numeroso ma non per questo meno significativo, di cronache redatte nell’ambiente monastico di San Marziale a Limoges, e frutto del lavoro di tre intellettuali di notevole levatura: Ademaro di Chabannes, Goffredo di Vigeois e Bernardo Itier. Tralasciando i problemi relativi ai primi due storici, vale la pena di ricordare che quest’ultimo fu bibliotecario del suo monastero dal 1195 fino alla sua morte nel 1225, e che compose non tanto una cronaca quanto una serie di note disperse nei margini dei codici che componevano l’armarium del suo monastero e che sono state vergate in una dozzina circa di codici. Le più importanti tra esse si rinvengono però nei margini del manoscritto Paris B.N.f.lat. 1338. Il caos e lo stato di dispersione in cui si trova questo materiale, hanno reso assai complesso ogni tentativo di organizzazione e, conseguentemente, ne hanno grandemente intralciato l’iter editoriale. Fatte finora oggetto di due edizioni, quella di Henri Duplès-Agier nel 1874 e quella più recente di Jean-Loup Lemaître nel 1998, che organizzarono il materiale disperso su base cronologica, le disjecta membra della cronaca di Bernardo sono state invece ora oggetto di un ripensamento e di un approccio esegetico del tutto nuovo. L’edizione che qui recensiamo, infatti, di Andrew Lewis ripudiando quel criterio, ha preferito considerare i materiali testuali accumulati nel codice B.N.f.lat. 1338 come una entità distinta e autonoma, relegando le note accumulate negli altri codici in una serie di appendici e considerandole dunque come un corpo a sé. Di volta in volta Bernardo è stato definito poligrafo, cronista, storico, compilatore, annalista: in realtà appare davvero difficile distinguere quale tra questi titoli gli si attagli meglio, quando si consideri la concezione che della storia ebbero i secoli di mezzo. Egli fu tutto questo ma fu anche altro: bibliotecario, autodidatta, liturgista, appassionato di medicina, viticultore, ma anzitutto monaco. La sua cronaca è dunque anzitutto il giornale di un uomo dotto, interessato agli avvenimenti relativi alla vita della sua comunità monastica, nella quale entrò a 14 anni e dove fu ordinato diacono e prete a 26: Bernardo comperò libri, li compilò, li munì di indici, tavole, li rilegò, li copiò e soprattutto li catalogò. Abbiamo identificato la sua mano in almeno 95 manufatti. È per noi decisivo, però, soprattutto il ms. B.N.f.lat. 1338, autografo, nel quale ci lasciò l’originale di una cronaca scritta in un latino fortemente tinteggiato di espressioni limosine. Molte sono le novità interessanti che rendono davvero importante questa edizione. Anzitutto la sua introduzione, nella quale, oltre a trovare posto il profilo biografico dell’autore, si rinvengono una disamina precisa e chiara della situazione manoscritta (xxxv-xli), un completo elenco dei testimoni nei quali si rintracciano copie della Cronaca (lv-lxv), un esame approfondito delle precedenti edizioni e della data di composizione del testo bernardiano. Ogni parte di questa introduzione però è inserita in un più generale quadro storico-sociale, entro una cornice composta di eventi locali puntualmente ricostruiti e di avvenimenti che, Besprechungen - Comptes rendus 335 1 Tanto più che le considerazioni antiche ma sempre attuali di M.-Th. d’Alverny, «L’écriture de Bernard Itier et son évolution», Medievalia et humanistica 14 (1962): 47-54, ci hanno messo in guardia dall’affidarci alla sola paleografia nel tentativo di datazione progressiva di note autografe. per quanto lontani almeno un paio di secoli, non mancano di richiamare alla memoria le storie narrate da Ademaro di Chabannes o Rodolfo il Glabro. L’edizione di Lewis è completata da un ricco apparato di note, da una fascia testuale nella quale sono segnalate le varianti espunte, dalla edizione delle note storiche autografe contenute in altri manoscritti che non il codice B.N.f.lat. 1338, e da quattro appendici nelle quali trovano posto rispettivamente una lista dei monaci di San Marziale, una ricostruzione dell’albero genealogico di Bernardo Itier, una riflessione sulla data di morte di Ademaro V di Limoges, e una considerazione sulla nota con cui Bernardo segnalò la morte di Riccardo Cuor di Leone. Il testo presentato da Lewis risulta completo e consente quindi finalmente allo storico, ma anche al letterato e linguista, di accedere ad una serie di annotazioni che finora erano rimaste inedite. Inoltre il metodo seguito consente di distinguere nettamente la Cronaca vera e propria da ogni altra glossa e chiosa apposta dal monaco limosino. Questa opzione suscita però anche qualche dubbio, considerato che non possiamo essere sicuri né circa l’intenzione definitiva di Bernardo né è sempre chiaramente distinguibile ciò che egli intendeva inserire nella sua Storia dagli altri marginalia. L’aver poi sempre riordinato tutto il materiale depositato da Itier nei singoli manoscritti secondo uno stretto ordine cronologico costringe Lewis a non disperdere appunti che in origine invece il monaco radunò in singoli folii. Se quindi il procedimento dell’editore ci mette a disposizione l’insieme delle postille bernardiane, lo stesso criterio ci impedisce di poter sempre ricostruirne il cammino intellettuale. Al riguardo avrebbe certamente giovato che l’editore utilizzasse in modo più puntuale l’apparato e le note 1 . Per quanto attenta e precisa, la ricostruzione testuale operata da Lewis non manca di suscitare in alcuni punti perplessità e dubbi. In più casi, infatti, l’editore non ha rispettato il dettato del codice (così ad esempio riguardo ad una postilla relativa al 1213 (93-95)) o incorre in errori di trascrizione (p. 94, linea 1, «Monfort» per Monforti, come invece legge correttamente Lemaître). In generale una maggior quantità di note avrebbe aiutato il lettore a far luce su singoli aspetti del testo che invece è costretto, in più punti, a confidare nell’edizione di Jean-Loup Lemaître ovvero a ricorrere ai testi di storia locale: così è, ad esempio, per quanto riguarda la Guitburgis (cioè Guiberga/ Guiburga di Chalais) citata alle p. 160 e 222 e ben nota ad ogni cultore della poesia occitanica. Nella medesima p. 160 suscita stupore anche il silenzio in merito al Willelmus dux Aquitanorum qui construxit Borguol e Malazes. Un capitolo particolarmente interessante è quello invece nel quale Lewis propone le sue riflessioni in merito alla lingua di Bernardo ed alla commistione tra il suo latino e l’originario dialetto limosino (xlii-lii). Per quanto, però, in queste pagine siano presenti considerazioni di sicuro interesse, non di meno non è possibile notare come l’analisi sia condotta con criteri che non sempre risultano pienamente convincenti (non persuade, ad esempio, la scelta di separare l’analisi ortografica da quella linguistica, ovvero il rinvio agli usi linguistici della cronaca di Geoffroy di Villehardouin per giustificare il ricorso da parte di Bernardo a tempi verbali diversi nel corso di una medesima nota), e come in qualche punto l’editore non sembri aver presente la bibliografia relativa alle interferenze delle lingue volgari nei testi mediolatini del XII e XIII secolo. Non resta che augurarsi che anche altre cronache coeve redatte nella Francia meridionale trovino presto un editore. Gerardo Larghi H
