Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
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2016
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Kristol De StefaniL’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo
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2016
Lorenzo Filipponio
vox7510014
Vox Romanica 75 (2016): 14-58 L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 1 Résumé: Toutes les variétés du daco-roman montrent une tendance remarquable d’influences exercées entre sons contigus à l’intérieur du mot. Parmi ces phénomènes, les effets de la vibrante intense sur la voyelle tonique suivante ont donné lieu à des incertitudes de classification dues à la diversité des résultats. D’ailleurs, tous les chercheurs n’ont pas délimité clairement les contextes dans lesquels ce phénomène a lieu. En généralisant, il serait possible de formuler une règle selon laquelle les voyelles antérieures et la diphtongue a perdent leurs traits palataux et se centralisent après une vibrante intense. C’est le cas p.ex. après une vibrante en début de mot, après une géminée interne ou lorsque la vibrante constitue le second élément du groupe consonantique muta cum liquida: V[+ant] → V[-ant]/ #r, -rr-, Cr__. L’analyse détaillée de 81 mots (noms, adjectifs, adverbes et verbes) montre que cette centralisation est systématique dans le cas de #r-, -rr- + i, et probable dans le cas de #r-, -rr- + e, a et, après muta cum liquida, favorisée davantage par (-)trque par les autres groupes. Par ailleurs, la présence d’une voyelle post-tonique antérieure peut bloquer la centralisation de e et a ainsi que de i précédé de Cr, tandis qu’une consonne nasale après voyelle tonique la favorise. L’ensemble des données indique qu’il s’agit d’une tendance phonétique existant depuis longtemps (à partir du roumain commun, jusqu’à la simplification de la vibrante géminée - avant la fin du XVII e siècle); elle se manifeste le plus souvent lorsque le contraste entre l’articulation de la vibrante intense, vélarisée comme dans d’autres langues du Sprachbund balkanique, et l’articulation palatale de la voyelle tonique (ou, en termes acoustiques, entre la gravité et l’acuité) était maximale. Dans ce cas, les formes avec centralisation ont été lexicalisées et ont pénétré dans le standard. Dans tous les autres cas, on observe une variation diatopique qui montre que les régions de la branche banato-transcarpatine (selon la définition de Philippide) attestent un plus grand nombre de formes centralisées que la Munténie. Keywords: Daco-Roman, Variation, Rhotics, Coarticulation, Sound change, Etymology, Verb morphology 1 Ringrazio Vincenzo Faraoni e Alberto Giudici per l’aiuto nel reperimento di alcuni materiali bibliografici e Daniele Baglioni, Martin Maiden, Lori Repetti e Gianfranco Schirru per i loro commenti a una versione preliminare di questo saggio, nonché l’anonimo estensore del giudizio per la Vox Romanica per i suoi preziosi suggerimenti ed emendamenti. Resto ovviamente l’unico responsabile di sviste e imprecisioni. Farò uso, a partire dal §1, delle seguenti abbreviazioni, che si aggiungono a quelle consuete: [(daco)]rum[eno], ar[omuno], megl[enorumeno], istr[orumeno]; m[aschile], f[emminile], neu[tro], sing[olare], pl[urale]; agg[ettivo], avv[erbio] sost[antivo]; ant[ico], dial[ettale], dis[usato], mod[erno], pop[olare], rar[o], reg[ionale], trad[uzione], var[iante]; alb[anese], b[ul]g[aro], cast[igliano], fr[ancese], gr[eco], s[er]b[o], sl[avo]; merid[ionale], occ[identale], or[ientale], sett[entrionale]; le abbreviazioni delle opere di consultazione sono sciolte in bibliografia. Salvo necessità, non ricorrerò a trascrizioni fonetiche: valgono dunque le corrispondenze , ş . = [ ʃ ], , ţ . = [ts], , ă . = [ ǝ ]; per [ ɨ ], cui corrispondono nella grafia odierna , â . in posizione interna e , î . in posizione iniziale di parola, generalizzerò il ricorso a , î . per rimanere aderente alle consuetudini della maggior parte delle fonti cui ho attinto. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 15 2 Fonti utilizzate per questo paragrafo: Rosetti 1964-66, iv-vi: 37-62; Vasiliu 1968: 36-71; Sala 1976. 3 Alcuni studiosi ricostruiscono anche per la serie posteriore una fase dittongante: tra questi, Petrovici 1957: 100 e anche Lausberg 1971: §197. 4 Cf. Barbato 2013: 322 N7. Introduzione Volendo fare nostra un’immagine nota, resa recentissimamente ancor più vivace dalla descrizione di Metzeltin 2016, si può ben dire che il dacoromanzo, ovvero il gruppo delle varietà orientali formato da (daco)rumeno, aromuno, meglenorumeno e istrorumeno, ha sviluppato il fondo latino in modo spesso peculiare rispetto alle altre lingue romanze, in virtù anche, se non soprattutto, del suo precoce isolamento e del contatto con le altre lingue balcaniche, nonché della sua persistente basilettalità in un regime diglossico in cui si sono avvicendate varie lingue, dallo slavo ecclesiastico in poi. Tali peculiarità riguardano anche il vocalismo tonico, in cui da una parte è possibile riconoscere fenomeni comuni allo spazio linguistico romanzo, mentre dall’altra si individuano tendenze originali (si pensi all’inserimento delle vocali centrali toniche nel sistema fonologico), vieppiù caratterizzanti. In questo saggio cercherò di fare il punto della situazione sulla centralizzazione di vocale tonica anteriore preceduta da vibrante intensa, uno dei tanti fenomeni di interazione tra foni adiacenti tipici del dacoromanzo (e come tali già notati da Mussafia 1868: 123). Per fare ciò, imposterò prima di tutto una cronologia sintetica del vocalismo tonico (§1); passerò poi in rassegna le definizioni proposte dagli studiosi per il fenomeno che qui si intende analizzare (§2); proporrò una riconsiderazione dei dati, corredata di alcune proposte etimologiche (§3) e, infine, cercherò di stilare un bilancio (§4). 1. Minima phonetica dacoromanica 2 Come è noto, il vocalismo tonico dacoromanzo è asimmetrico, secondo lo schema (1) latino ī ĭ ē ĕ a ŏ ō ŭ ū dacoromanzo i e ɛ a o u Tale asimmetria fa sì che solo la serie anteriore presenti le condizioni idonee all’insorgenza della dittongazione romanza (cf. Fischer 1969: 31) 3 , intesa, già a partire da Voretzsch 1900: 631-32 4 e poi da Wartburg 1950: 80-81, Castellani 1962 e altri fino a Loporcaro 2015: 29-30, fenomeno posteriore ai primi sommovimenti meta- Lorenzo Filipponio 16 5 L’ipotesi alternativa, altrettanto nota, è quella di matrice schürriana (cf. Schürr 1970: 5-6) che considera la dittongazione ascendente di ĕ ed ŏ toniche in origine solo un frutto della metafonia da ī e ŭ poi estesosi ad altri contesti. 6 DCECH, rispettivamente s. ayer e piel. 7 T-L, AW 4: 1285; 7: 576. 8 Cf. Filipponio 2016: 78-80. 9 Cf. Rosetti 1964-66, iv-vi: 47. 10 Cf. Densusianu 1914: 66, Iv ă nescu 1980: 403. Avram 2000 ha rivisto questa affermazione, mostrando che in alcuni contesti i documenti del XVI secolo presentano un processo non ancora concluso. 11 La palatalizzazione rimane produttiva solo come marca morfologica di plurale, come mostrano i francesismi e gli italianismi entrati in rumeno a partire dalla fine del XVIII secolo (per esempio bandit, -ţ i). 12 Cf. Lausberg 1971: §231. Su , gn . [ ŋ n] cf. Baglioni 2014. fonetici e da essi svincolato 5 . Come in castigliano e in friulano, e a differenza della lingua d’oïl e del toscano, il fenomeno è insensibile alla struttura sillabica. (2) latino cast. ant. 6 fr. ant. 7 toscano friulano rumeno h ĕ ri yer ier ieri îr , *ieri 8 ieri *p ĕ lle piel pel pelle piel piele Il glide del dittongo lascia in rumeno tracce palatalizzanti anche sulle dentali (d ĕ cem . *dje- . zece; t ĕ xo . *tje- . ţ es), come del resto fa la vocale i (d ī c ĕ re . a zice; *acut ī tus . cu ţ it 9 ), estese anche alle labiali in aromuno (*p ĕ ctu . *pje- . keptu; *f ĕ rru . *fje- . her) e in alcuni dialetti (daco)rumeni della Muntenia (cf. Vasiliu 1968: 160-61). La presenza della nasale postonica n e di m in posizione (da qui in poi, per semplicità: nasale) blocca la dittongazione, come è mostrato dall’assenza di intacco delle dentali pretoniche in *t ĕ mpu . timp e *d ĕ nte . dinte. Le vocali toniche mediobasse davanti a nasale passano infatti subito a medioalte (*t[e]mp, *d[e]nt); in una seconda fase, con ogni probabilità anteriore al XV secolo 10 ma ovviamente posteriore all’esaurimento della spinta palatalizzante di i, come è evidente dagli esempi appena visti 11 , esse si innalzano completamente. L’innalzamento dovuto a nasale postonica interessa anche la vocale centrale bassa a, che passa in una prima fase a centrale ă e successivamente, solo in rumeno e in parte dell’aromuno, a centrale alta î (lana . megl. l ǫ n ă , con ă tonico regolarmente . ǫ ; . istr. l ă r ę , con regolare rotacismo di -ne ă . ę ; rum. e ar. lîn ă ). Non provocano questo effetto n geminata e il nesso mn ( , lat. [ ŋ n] , gn . ) 12 . Diversamente da quanto accade per le altre lingue neolatine, solo dopo l’emergere della dittongazione romanza si assiste a un fenomeno che possiamo definire metafonetico. Una seconda dittongazione, infatti, che qui definisco dacoromanza, interessa tutte le vocali medie, comprese quelle dei dittonghi romanzi, non seguite L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 17 13 La maggior parte degli studiosi (cf. la rassegna in Sánchez Miret 2011: 99-101; cf. anche Sánchez Miret 2013) considera la dittongazione dacoromanza frutto di una metafonia indotta da una vocale postonica non alta (su questa linea anche Lausberg 1971: §197), ribaltando i termini in cui essa è presentata qui, che si rifanno a Meyer-Lübke 1914: 6-7 (cf. Avram 2005: 24) e sono ripresi tra gli altri da Loporcaro 2011: 129. Casi come b ĭ bit . bea, stet, det . stea, dea e anche magiarismi della prima ora (XI secolo) come neam ‘popolo’ ( , nem), dove la dittongazione dacoromanza è incondizionata, lasciano piuttosto supporre che, come nelle altre lingue romanze, i perni della metafonia siano le vocali alte postoniche; con l’unica differenza, a parte la cronologia più tarda, che in questo caso la metafonia non innesca, ma blocca un mutamento. 14 Cf. Vasiliu 1968: 70-71. 15 Secondo Densusianu 1914: 62-63, che si rifà a Tiktin 1884: 83, la persistenza di a ( , ѣ . ) dopo labiale nei testi del XVI secolo sarebbe dovuta solo a consuetudine grafica. La prova sarebbe data dal fatto che il plurale *m ase non ha, al contrario del singolare, subito il monottongamento *m as ă ( , mensa) . mas ă , verificatosi in epoca predocumentale (cf. Rosetti 1964-66, iv-vi: dalle vocali postoniche alte -i e -u (andate poi incontro, specialmente in rumeno, a riduzione e/ o a caduta) 13 . Dobbiamo dunque immaginare che, dopo la dittongazione romanza, si creino due serie di vocali medie il cui timbro varia in funzione della vocale postonica: *tj ę rra vs. *fj ẹ rru; *s ę ra vs. *l ẹ mnu; *fl ǫ re vs. *fl ọ ri. A quel punto, la nuova serie di mediobasse dittonga: j ę . j a, ę . a, ǫ . a. Il trittongo j a viene solitamente risolto in ja (p ĕ tra . piatr ă ), a meno che j non sia divenuta nel frattempo un’appendice palatale della consonante precedente, come nel caso di t ĕ sta . ţ east ă 14 . Soltanto in rumeno a rientra a e quando seguito da e, secondo un processo di riarmonizzazione (*v ę rde . ar. v arde; rum. v arde . verde). All’altezza dei primi monumenti scritti (XVI secolo, cf. sotto §2.2) questo fenomeno è ancora in corso. Oltre agli influssi sulla vocale tonica determinati dalle nasali vi sono, come detto in apertura, molti altri casi di interazione tra foni all’interno della parola. In (daco-) rumeno, una consonante labiale precedente provoca il passaggio di a ad a e di e (anche atono, cf. Pu ş cariu 1931-33: 49-50) ad ă quando non seguite da vocale postonica anteriore. In termini di tratti acustici, il fenomeno può essere spiegato come una sorta di allineamento di gravità, secondo lo schema: (3) C[labiale] a, e [...]V[+anteriore] [+grave] [+acuto] [+acuto] C[labiale] a, ă [...]V[-anteriore], Ø [+grave] [-acuto] [-acuto], Ø Si creano così allomorfie radicali come quella del sostantivo con mozione di genere *f ē tu/ -a/ -i/ -e ‘ragazzo, -a, -i, -e’, che, attraverso gli stadi *fetu, *f ata, *feti, *f ate, approda regolarmente in rumeno al quadriforme f ă t, fat ă , fe ţ i, fete (cf. Mussafia 1868: 150) 15 . La ă così formatasi, quando seguita da nasale, viene intercettata dall’in- Lorenzo Filipponio 18 234). Visto che non si dà la forma **mase, ma solo quella mese, sarebbe dunque legittimo supporre che il rientro m ase . mese si sia compiuto prima del monottongamento di *m as ă , e che quindi sia anch’esso un fenomeno predocumentario. Rosetti loc. cit. risolve la questione sostenendo che il dittongamento in *m as ă è dovuto all’influenza assimilatrice della sillaba seguente. In verità, molto più banalmente, l’alternanza mas ă / mese è dovuta alla regola esposta in (3): il monottongamento al singolare è dovuto all’influsso di labiale pretonica concomitante con vocale postonica non anteriore; al plurale esso è bloccato dalla vocale postonica anteriore. La persistenza nei testi del XVI secolo di forme del tipo m ase, leage ecc. accanto a mese, lege ecc. testimonia dunque soltanto la riarmonizzazione in corso. 16 Esiti standard come *s ĕ pte . ş apte e *s ĕ rpe . ş arpe fanno presumere che l’assorbimento del glide del dittongo a sia anteriore alla sua riarmonizzazione dovuta a -e finale (Rosetti 1964- 66, iv-vi: 234; cf. la nota precedente). 17 L’espressione è esplicitamente usata da Iv ă nescu 1980: 207-08. nalzamento, allineandosi all’esito delle a etimologiche (cf. sopra): v ē na . vîna; *v ĕ ntu . vînt (cf. Rosetti 1964-66, iv-vi: 79). L’assenza del fenomeno nelle varietà suddanubiane lo fa ritenere posteriore alla fase dacoromanza comune (Sala 1969: 192), conclusasi entro il X secolo (Kramer 1986: 120; Dahmen 2003: 735). Anche le sibilanti pretoniche (sia semplici sia secondo elemento di affricata) inducono un abbassamento delle seconde formanti delle vocali (le privano cioè del tratto di acutezza), colpendo, oltre a e e al dittongo a, anche i ( . î, cf. sotto §2.2), senza che qui la vocale postonica influisca sul processo (Maiden 1997: 35). Ma a condizioni più estese risponde una manifestazione del fenomeno molto più sporadica (t ĕ rra . *tj ę rra . *t ar ă . ţ ar ă di contro a s ē ra . s ar ă ) 16 e marcata diatopicamente, con centri di irradiazione in Oltenia, Banato, Moldavia e parte della Transilvania (cf. Rosetti 1964-66, iv-vi: 244-45; Ghe ţ ie/ Mare ş 1974: 169). Ma veniamo ora al fenomeno di interazione oggetto di questo lavoro, e cioè l’effetto determinato da r intensa sulla vocale tonica che la segue. 2. Gli effetti di r intensa pretonica Con r intensa 17 si intendono qui tutte le vibranti eccetto quelle postvocaliche interne di parola: dunque r geminata etimologica (cf. *horr ī re, horresco), r iniziale di parola (cf. *r ĕ u, *r ī vu) e r postconsonantica, tipicamente nel nesso muta cum liquida (cf. praeda, cr ĕ po). Questo fono agisce in due distinte fasi sulle vocali anteriori che la seguono. 2.1 Blocco del dittongo romanzo Abbiamo visto (§1) che la dittongazione romanza è bloccata in dacoromanzo da una nasale postonica. Lo stesso accade quando ĕ si trova dopo vibrante intensa: r ĕ a . rea; *pr ĕ tju . pre ţ (cf. oltre §3.1.1). Il dacoromanzo mostra dunque un fenomeno L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 19 18 Nella traduzione italiana «sulla vocale palatale chiusa , della sillaba . seguente» (? ? ), con , . = da espungere, data la versione dell’originale tedesco (Berlin 1956) «auf folgende geschlossene palatale Vokale». 19 Tranne la caduta di (-b- . ) -v-, cf. *caballu . cal. analogo (cf. Pu ş cariu 1927-28: 765) a quello che caratterizza ab origine il toscano occidentale (Castellani 2000: 287) e tra il XIV e il XVI secolo porta alla riduzione dei dittonghi in questo contesto anche in fiorentino (priego . prego, truovo . trovo; Manni 1979: 120-22). I dati dacoromanzi non ci permettono di sapere se la vibrante ha bloccato ab origine la dittongazione o l’ha riassorbita successivamente (come ipotizzava già Meyer-Lübke 1890: §165). Ad ogni modo, come vedremo (§2.2), questo fenomeno è spiegabile coerentemente con l’altro, cui da qui in poi dedicheremo la nostra attenzione, della centralizzazione della vocale tonica seguente. 2.2 Centralizzazione di vocale tonica: ipotesi di lavoro e status quaestionis Scrive Lausberg 1971: §229 che in rumeno «l’azione di apertura (o rispettivamente di velarizzazione) esercitata dalla Riniziale o dalla -RRinterna sulla vocale palatale chiusa [ , ... . ] 18 seguente è così notevole, che la I diventa una î e la E diventa una ă ... - In caso di nasale seguente, * ă passa a î»; ma omette di segnalare che l’effetto è dato anche da C+r e che è coinvolto nel processo anche il dittongo a, che passa ad a (cf. Sala 1976: 105-06): *r ĕ u . r ă u ‘cattivo’; *r ī vu . rîu ‘fiume’; *horr ī re . a urî ‘odiare’; horr ĕ sco . ur ă sc ‘(io) odio’; praeda . *pr ad ă . prad ă ‘preda, bottino’; cr ĕ po . cr ă p ‘(io) spacco’: motivo per cui è forse meglio, più che di apertura o di velarizzazione, parlare di deanteriorizzazione o centralizzazione, impostando la seguente, generalissima regola, valida per le vocali toniche: (4) ˈ V[+ant] → ˈ V[-ant]/ (#, r, C)r___ Il fenomeno interessa anche la vocale atona e, che passa ad ă (res ī na . r ăş in ă ‘resina’), ma il suo apparire sembra dovuto a una qualsiasi vibrante precedente (cf. i plurali dialettali del tipo picioar ă , picioare ‘gambe, piedi’, Pu ş cariu 1931-33: 46-47), anzi, secondo Pu ş cariu (loc. cit.; cf. anche 1927-28: 768), a una dentale tout court (*cruditate . crud ă tate, ibid.). È dunque opportuno, come del resto ricorda lo stesso Pu ş cariu 1931-33: 49, tenere separati gli esiti di vocale atona da quelli di vocale tonica, come faremo in questa sede concentrandoci, come da titolo del saggio, soltanto sui secondi. Il manifestarsi del fenomeno presuppone la persistenza di una variante geminata della vibrante: in effetti il dacoromanzo, caratterizzato nel panorama neolatino da presenza di degeminazione e assenza di lenizione 19 , attesta all’altezza dei primi documenti varianti forti di tutte le sonoranti esclusa m (Sala 1969: 201) in posizione Lorenzo Filipponio 20 20 Questo tratto sembra avvicinare il dacoromanzo alle varietà romanze occidentali, nell’ottica weinrichiana della fonologizzazione della variante forte in posizione iniziale (Weinrich 1958: 64- 81) che coinvolge anche le sonoranti (cf. Martinet 1955). Si tratta però di una somiglianza parziale: manca, infatti, in dacoromanzo, uno degli elementi scatenanti della variazione, e cioè la lenizione consonantica. L’alternanza forte/ debole è qui determinata solo dalle sacche di resistenza alla degeminazione, con la posizione iniziale di parola comunque fonosintatticamente marcata. Per quanto riguarda la pronuncia intensa di r iniziale, essa abbraccia(va) anche buona parte dell’italoromanzo peninsulare (cf. Rohlfs 1966: §164), territorio in cui la variazione non è stata fonologizzata. 21 Anche altre varietà galloitaliche mostrano casi di degeminazione tardiva delle sonoranti intense (Loporcaro 2011: 152), con la solita eccezione di m che abitualmente invece si allinea sulla variante forte forzando il trattamento della tonica precedente come vocale di sillaba chiusa (cf. bolognese *m ū ru . mûr ≠ *f ū mu . fómm; Filipponio 2012: 41 e 168-69). 22 I primi tre noti anche come testi rotacizzanti, per la caratteristica di attestare l’esito -rdi -n- (come in istrorumeno - cf. sopra -, dato, questo, che forse può dare qualche indizio circa la provenienza dei parlanti di questa varietà suddanubiana). Nello Psaltirea Hurmuzachi si ricorre anche alla grafia , ρρ . ; così anche nelle glosse rumene del XVI secolo edite da Bogdan 1890 (cf. Rosetti 1964-66, iv-vi: 257). 23 Dove è il precipitato fonico di #r, -rr-, Cr e rC (Iv ă nescu 1980: 207-08). 24 Cf. Rohlfs 1966: §164 (cf. la N20) sulla i prostetica del lucchese, ad es. in diventa irosso. 25 Già in greco antico, peraltro, sono frequentissime le prostesi davanti a vibrante (Lejeune 2 1955: §134). 26 Le cui comunità sono situate nell’area di Vlahia Mare, in Epiro meridionale; nei dintorni di Volos, in Tessaglia sudorientale; presso il Monte Vermion, in Macedonia. 27 E, in effetti, la prostesi di ain aromuno viene attribuita da Recasens 2014: 52 proprio a un tratto velare della vibrante («tongue dorsum lowering and backing»). interna e unica opzione in posizione iniziale (Pu ş cariu 1931-33: 1) 20 , analogamente ad altre varietà romanze come il veneziano (cf. Zamboni 1976) e il friulano (Filipponio 2016: 71), in cui la degeminazione delle sonoranti è attardata rispetto a quella delle ostruenti 21 . Nel caso della vibrante geminata, i testi rumeni del XVI secolo di area settentrionale (collocabili tra nord della Transilvania, Maramure ş e Moldavia: Rosetti 1964-66, iv-vi: 154; Vasiliu 1968: 55), il Codicele Vorone ţ ean, lo Psaltirea Scheian ă , lo Psaltirea Hurmuzachi e lo Psaltirea Vorone ţ ean ă 22 , ricorrono al segno , σ . dell’alfabeto glagolitico per distinguerla dalla scempia (Densusianu 1914: 121-22; Rosetti 1964-66, iv-vi: 154, 257; Dimitrescu 1967: 95; Sala 1976: 76). Inoltre, la r intensa è ancora presente nel XX secolo in alcuni dialetti rumeni, nella Ţ ara Oa ş ului (in Cri ş ana) e nel limitrofo Maramure ş (Pu ş cariu 1927-28: 767; Rosetti 1964-66, iv-vi: 258-59; Dimitrescu 1967: 95; Sala 1976: 97) 23 . In aromuno la regolare prostesi di a- (*r ĕ u . ar ă u; *r ī vu . arîu) è indizio dell’intensità di r iniziale di parola (cf. Sala 1976: 44) 24 , conservatasi in alcuni parlari aromuni d’Albania (Iv ă nescu 1980: 590), in solido coi limitrofi albanese e greco (Lejeune 2 1955: §101) 25 . Nell’aromuno farseriotico 26 all’opposizione rr ~ r è subentrata quella [r] ~ r (Sala 1976: 95; Iv ă nescu 1980: 590): ciò permette di ipotizzare che il tratto dell’uvularità o velarità di r intensa 27 , qui divenuto distintivo, fosse presente almeno in una parte dello spazio linguistico dacoromanzo; e non sarà da escludere a priori l’effetto del prolungato contatto col greco, in cui la vibrante iniziale in fase antica aveva pro- L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 21 28 Forse anche più delle spiegazioni articolatorie fornite rispettivamente da Pu ş cariu 1931-33: 12, che si basa sulla difficile compatibilità tra le dinamiche linguocoronali di una vibrante intensa e di una vocale anteriore seguente, e da Rosetti 1964-66, iv-vi: 79, che individua nel mantenimento della posizione innalzata del dorso della lingua durante la vibrante la causa della centralizzazione. Sul rapporto tra vibrante intensa e vocali circostanti, si ricordi l’esempio addotto da Martinet 1955: 278, menzionato anche da Sala 1976: 80, dei parigini barrage [ ˈbɑʀaːʒ ] e parage [ ˈpaʀaːʒ ], in cui la a pretonica velarizzata del primo è l’unica traccia della precedente intensità della vibrante (lì) seguente. 29 Vasiliu 1968: 146 individua nella situazione dei testi rotacizzanti (cf. sopra la N22) un punto di partenza che ancora una volta accomuna i dialetti rumeni settentrionali e l’istrorumeno (dove i dopo r intensa è passata a ă , cf. oltre §3.1.1 e 3.2.1). 30 In ambo le sedi viene istituito il collegamento con l’istrorumeno * rĕu . rev (cf. Pu ş cariu 1926: §20c e §3.1.1.C), ma la situazione in questo caso è più articolata (cf. oltre §3.1.1 e 3.2.1) rispetto a quella della varietà indagata da Ș andru. Pu ş cariu 1927-28: 774 spiega l’esito istrorumeno o per rifacimento sul femminile r ę (cf. §3.1.1.B) o per il passaggio ă . ę tipico di questa varietà. nuncia sorda (Lejeune 2 1955: §127). Ciò motiverebbe in termini articolatori (ripresi anche da Sala 1976: 80) e acustici l’effetto deanteriorizzante sulla vocale tonica seguente 28 , e anche l’effetto diserbante sullo jod del dittongo romanzo. Verificati i presupposti fonetici, bisognerebbe determinare la cronologia del fenomeno. In termini relativi, alla luce di quanto visto finora, se il terminus post quem è certamente la dittongazione dacoromanza, quello ante quem è la definitiva degeminazione delle sonoranti, che può essere collocata in un periodo anteriore all’inizio del dominio fanariotico sulla Moldavia e sulla Valacchia (dal 1711), dal momento che i turcismi, entrati in massa in quest’epoca, non attestano, al contrario degli slavismi (cf. §3.1.3) e dei magiarismi della prima ora (Sala 1976: 90, cf. §3.1.3), i segni della centralizzazione delle vocali toniche anteriori, indice di intensità della vibrante precedente (Sala 1976: 95-96; cf. turco rengy . rum. renghi ‘farsa’, DER 7147). D’altra parte, sappiamo che proprio i succitati testi che usano ancora un segno grafico distinto per la r intensa attestano anche, se non prevalentemente, forme non centralizzate (reu, riu, ecc., cf. Densusianu 1914: 55, 70) 29 ; al contempo, però, il fenomeno è presente anche nelle varietà suddanubiane, e in virtù di ciò viene fatto risalire da Pu ş cariu 1910: 31-32 al dacoromanzo comune, con qualche scetticismo, data la situazione, sulla sua unitarietà. Ma proprio per lo stesso motivo, corroborato dal fatto che l’inchiesta condotta a L ă pugiu de Sus da Ș andru 1935: 123 aveva mostrato che nei dialetti del distretto di Hunedoara, in Transilvania sudoccidentale, si è conservato il vocalismo originario (*r ĕ u . rew, rey), Vasiliu 1968: 55 e Sala 1969: 192; 1976: 190 30 escludono che la centralizzazione dopo r intensa possa essere così antica, confortati anche dalla recenziorità della degeminazione di questo fono (cf. Sala 1976: 233). Quella cronologico-areale è una delle difficoltà: l’altra è quella di circoscrivere l’ambito d’azione del fenomeno, riflessa nelle trattazioni dedicategli da romanisti e dacoromanisti. Uno dei primi a occuparsi del problema fu Mussafia 1868: 144-50, che distingue tra effetti della vibrante precedente - di cui non vengono specificate Lorenzo Filipponio 22 31 Il segno di lunga sulla vibrante sparisce proditoriamente nella ristampa del 1938 (p. 78). 32 Lo spunto del saggio in questione (o, meglio, della parte di esso che tratta di r intensa) è la confutazione di un’ipotesi di Giuglea 1924-26, che faceva risalire la centralizzazione di e ed a dopo (qualsiasi) vibrante alla palatalizzazione subita dalla stessa vibrante in seguito al dittongamento di ĕ (cf. sopra §1 e 2.1). le caratteristiche - incondizionati su i e condizionati dalla vocale postonica su e ed en (cf. qui le condizioni tratteggiate in (3)), che passano rispettivamente ad ă e în solo in assenza di vocale postonica anteriore (praedo, -as . *pr ẹ du, -i . pr ă d ma prezi, cf. §3.2.1.C; frenu . frî(n)u, ma anche - analogicamente - il plurale frî- (n)e, cf. §3.1.1.C), e su a, che passa ad a solo in presenza di ă postonico (praedat . *pr ę da . *pr ad ă . prad ă , cf. §3.2.1.C). Anche Meyer-Lübke 1890: §41 non specifica quali caratteristiche deve avere la vibrante, limitandosi a indicare che la i passa in rumeno a î dopo r e che e ed a possono venire gutturalizzate allo stesso modo, anche se il processo è molto meno sistematico che nel caso di i (1890: §165). Allo stesso modo, Philippide 1894: §21.f e 22.b non dà indicazioni sulla tipologia di vibrante e considera il fenomeno alla stessa stregua per vocali toniche e atone, e in nessun caso dipendente dal timbro delle vocali seguenti, salvo rilevare numerose eccezioni di difficile spiegazione (1894: §21.f). Da un punto di vista cronologicoareale, lo studioso considera la deanteriorizzazione comune a tutte le varietà (1927: §238.29 e 238.43) ma sviluppatasi parallelamente in ciascuna di esse dopo le prime separazioni tra i gruppi dacoromanzi (§268.3; cf. §4), da lui peraltro fatte risalire già agli inizi del VII secolo d.C. (1927: §274.2). I summentovati dubbi di Pu ş cariu circa l’omogeneità del dacoromanzo comune erano stati suscitati da quelli che egli definiva gli esiti di e, i (1910: 32) 31 , non meglio precisamente classificati; qualche lustro dopo, lo studioso torna sull’argomento (1927-28: 763-77), sostenendo che nella fase comune la centralizzazione di e, a, i dopo era avvenuta senza condizionamenti dovuti a vocale postonica e che solo dopo il distacco degli aromuni e dei meglenorumeni, ma prima di quello degli istrorumeni (quindi all’incirca tra X e XV secolo, cf. Dahmen 2003: 736), gli esiti ă e a (rispettivamente di e ed a) sono stati riportati a e da una e postonica, insieme ad alcune a etimologiche: quindi r ĕ cens . *reace . ar. ra ţ e, megl. ra ţ i (ma anche istr. rå ţ e! ), rum. *race . rece e così anche *rap ĭ du . *rapede . repede (cf. §3.1.2 e Pu ş cariu 1931-33: 50). Gli esiti di vocale tonica dopo Cr vengono classificati assieme a quelli dopo r scempia (1927- 28: 768) 32 . Anche Densusianu e Rosetti non considerano Cr assieme a -rre #r. Il primo (Densusianu 1914: 18-24) sostiene addirittura che r ă u sia analogico su r ă utate (contestato da Pu ş cariu 1927-28: 773-74) e che l’appena visto rece dimostri il mancato passaggio di a ad a dopo #r-, riconosciuto invece dopo -rr-; i due contesti sono invece accomunati nell’innescare il passaggio da i a î. Rosetti 1964-66, iv-vi: 38) considera tardi sviluppi come cr ĕ po . cr ă p (cf. sotto §3.2.1.C) e rubrica la centralizzazione di i ed e dopo vibrante, riportata senza ulteriori specificazioni, tra le innovazioni parallele posteriori al dacoromanzo comune (entro il XIII secolo, 1964-66, iv-vi: 79-80). Dimitrescu 1967: 59 riconosce anche a Cr la facoltà di cen- L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 23 tralizzare la e seguente (ma non distingue tra tonica e atona) e inserisce (p. 66) -rre #r tra i responsabili del passaggio di i a î, senza tematizzare ulteriormente il fenomeno. Vasiliu 1968: 55, 125 torna a più riprese sulla centralizzazione di e ed i determinata da -rre #r precedenti, senza chiamare in causa il dittongo a da una parte, né Cr dall’altra. La prevalenza di forme non centralizzate nei testi settentrionali del XVI secolo (cf. sopra) lo porta a supporre (p. 130) che il fenomeno si sia manifestato prima nei dialetti munteni e in un secondo momento in quelli moldavi (ma cf. sotto il §4). Iv ă nescu 1980: 331, che non distingue chiaramente tra effetto sotto e fuori accento, ricorre a una formulazione assai generica, secondo cui e (che comprende anche a) e i preceduti da r (anche Cr) e rr sono passati a ă (a) e î «în unele cuvinte». Il fenomeno viene considerato caratteristico dell’aromuno, del meglenorumeno, dei dialetti rumeni della Muntenia e di parte della Transilvania. Malgrado la prevalenza nei dialetti del Maramure ş di forme non centralizzate, Iv ă nescu 1980: 314 lo colloca avanti la separazione definitiva tra le parlate di quest’area e l’aromuno (quindi prima del X secolo, cf. sopra). Si giunge infine a Sala, cui abbiamo fatto più volte riferimento nel corso di questo paragrafo. Sala 1969: 206 scrive che dopo -rre #rle vocali anteriori passano alla serie posteriore, ma se r è il secondo elemento di muta cum liquida tale passaggio avviene solo in assenza di vocale postonica anteriore, e anche in questo caso non è sistematico (N6). La stessa cosa, sfumata in termini sia strutturali sia areali, viene ripetuta pochi anni dopo (1976: 81), nel volume in cui, come si è visto (cf. sopra la premessa a (4)), sia i ed e che a vengono finalmente (dopo Pu ş cariu, cf. sopra) considerati allo stesso modo come bersagli dell’effetto velarizzante (o centralizzante) di r intensa. Come si può vedere, la definizione del fenomeno, anche in quest’ultimo caso, non riesce mai ad essere netta: ciò, ovviamente, è dovuto alla difficoltà di razionalizzare dei dati molto articolati. Dati ai quali ora ci rivolgiamo, per provare a (ri)fare il punto della situazione. 3. Riconsiderazione dei dati Dato il livello di solidarietà intere intraparadigmatica delle forme della coniugazione verbale, vieppiù amplificato in varietà, come quelle dacoromanze, che fanno dell’allomorfia radicale un elemento fondante dei paradigmi (cf. Avram 1995, Maiden 1997), ho ritenuto opportuno creare due serie di tabelle, dividendo l’analisi dei verbi da quella delle altre classi di parole, con cui inizio. 3.1 Nomi, aggettivi, avverbi Per avere un quadro sufficientemente esplicativo della situazione, sono stati messi assieme 59 casi con vibrante intensa pretonica utilizzando gli indici degli etimi di origine latina e slava antica del DER e del DDA ed escludendo ovviamente tutte Lorenzo Filipponio 24 33 Cf. crem ă ‘crema’ (DER 2555), crep ‘crêpe’ (DER 2560), ecc. È stato escluso anche rege ‘re’, latinismo entrato soltanto nel XIX secolo accanto a rig ă , di officina neogreca (DER 7141). 34 Cf. *granu . grâu ‘frumento’ (REW 3846, DER 3888, Pu ş cariu 740; griu nel nord del Banato, cf. Pu ş cariu 1910: 32, che rimanda alle inchieste dialettali di Gustav Weigand); *prandju . prânz ‘pranzo’ (REW 6730, Pu ş cariu 1389, DER 6845); *ranc ĭ du . rînced ‘rancido’ (REW 7040, Pu ş cariu 1464, DER 7191), con la variante arcaica r ă nced (DLR); *brandju . brîu ‘fusciacca, catena montuosa, cornice’ (DER 1110, etimologia sconosciuta in DLR) e forse *brandja . brânz ă ‘formaggio’ (DER 1106, se REW 1296 «Brienz» è fuori strada); *grand ĭ ne normalmente dà grindin ă ‘grandine’ (REW 3843, Pu ş cariu 738), ma il DER 3883 riporta anche la variante grîndin ă , presente anche in aromuno, in cui si ha anche strîmbu ‘storto’ da στραβός , strambus (DDA: 1124-25). Pu ş cariu 1927-28: 765 riporta anche un caso di vocale tonica deanteriorizzata che non sembra innescato da r intensa, il dialettale cer ăş , cera şă , *cer ĕ sju, cer ĕ sja. Ma la base di partenza per questo esito transilvano è cerasea (REW 1823.1), non cer ĕ sea (REW 1823.2), da cui invece cirea şă (per a tonica anziché ĕ in questa base, cf. albanese cerasu . qersí (Landi 1989: 158), da rapportare col gr. κεράσιον , mod. κεράσι ). Bisogna però ammettere, con Pu ş cariu 1927- 28: 768, che la variante del nome dell’albero cer ăş non si spiega partendo da *cerasju: tenendo conto delle solidarietà allomorfiche del dacoromanzo cui si è accennato sopra (§3), l’ipotesi di un’estensione dell’alternanza a/ ă della vocale radicale non mi sembra del tutto peregrina. le parole di ingresso recente, come per esempio i francesismi importati a partire dalla fine del XVIII secolo 33 , cioè dall’inizio della fase di riromanizzazione del lessico rumeno propugnata dalla Scoal ă Ardelean ă (cf. Dahmen 2003: 740-42). Dato questo orizzonte, è possibile tabulare i casi analizzati raggruppandoli a seconda che: (1) non vi siano attestazioni di centralizzazione (gruppo A); (2) vi siano attestazioni di centralizzazione marcate diatopicamente, diastraticamente o diacronicamente in rumeno e/ o marcate o no nelle varietà suddanubiane (gruppo B); (3) l’esito standard in rumeno e nelle varietà suddanubiane sia quello centralizzato (gruppo C). Le tabelle mostrano nella colonna di sinistra l’etimo, con riferimento ai dizionari, e a destra, disposti su due righe, gli esiti rumeni con le eventuali varianti attestate nelle fonti utilizzate e quelli suddanubiani con eventuali varianti. La virgola divide due forme di una stessa variante (di norma, singolare e plurale); le varianti sono separate da punti e virgola. Dizionari e altre fonti sono indicati tra parentesi quadre. Gli esiti centralizzati sono evidenziati in grassetto. 3.1.1 Parole di origine latina In questo paragrafo sono raggruppate le parole di diretta trasmissione latina con vocale anteriore etimologica preceduta da r intensa. Sono ovviamente escluse le parole con r intensa pretonica in cui l’odierna î tonica è esito di a per influsso della nasale seguente (cf. sopra §1) 34 . Va escluso dalla tabulazione anche l’aggettivo drept, dreapt ă ‘dritto, -a’ ( , *der ĕ ctu, REW 2648, Pu ş cariu 550, DER 3058), di cui sono attestate forme non sincopate del tipo ˹ derept ˺ ancora all’altezza dei primi testi (cf. gli spogli di Densusianu 1914). L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 25 35 Il DLR s.v. considera l’etimo sconosciuto. 36 In alternativa si ipotizza una derivazione dacoromanza con suffisso -ea ţă aggiunto a *negru. 37 Secondo Graur 1937: 23 da *grilliolus. 3.1.1.A pr ī vus? [DER 6870] rum. priu ‘maculato di bianco’ - pr ĕ ssula? [DER 6802] 35 rum. presur ă ‘passero’ - pr ĕ tium [REW 6746, Pu ş cariu 1377, DER 6803] rum. pre ţ , pre ţ uri ‘prezzo, -i’ - *crebru , c ĕ r ĕ brum [REW 1827, DER 2552, DLR] rum. creier ‘cervello’; var. créiri; críiri; creri; criili; cr(i)ei; cleeri; clei; clii (Maramure ş ); créiere; crier (Banato); críel; crel; gréier; créier [DLR] ar. críer; megl. críel (c(e)rebellum) [DDA: 386] secr ē tum [REW 7765, Pu ş cariu 1575, DER 7660] rum. secret ‘desolato, solitario’ (dis., pop.); var. sicret; s ă cret [DLR, s. secret 3 ] - graecus [REW 3832, Pu ş cariu 733, DER 3874] rum. grec, greac ă ‘greco, -a’ - *nigr ĭ tia? [DLR] 36 rum. negrea ţă ‘macchia nera’ - nutr ĭ cium [REW 6004, Pu ş cariu 1210, DER 5739] rum. nutre ţ ‘biada, mangime’; var. n ă tre ţ ; notre ţ ; nutre ţă ; nitre ţ ; notrie ţ ; notri ţ ; motrie ţ [DLR] - cr ĭ sta [REW 2330, Pu ş cariu 410, DER 2549] rum. creast ă , creste ‘cresta, -e’ ar. creast ă , -e; var. cri ̯ ast ă ‘cresta di monte’ [Pu ş cariu, Codex Dimonic 103b / 1 ] gryllus [REW 3900, Pu ş cariu 744, DER 3875] 37 rum. greier ‘grillo’; var. gréir; gréiere; gr í er(e); gréore; gr í ore; grel [DLR] - fr ī gus [REW 3515, Pu ş cariu 649, DER 3485] rum. frig ‘freddo’ ar. frig *tr ī stus [REW 8918.2, Pu ş cariu 1764, DER 8919] rum. trist, trist ă , tri ş ti, triste ‘triste, cupo, infausto, -a, -i, -e’ Lorenzo Filipponio 26 38 Cf. l ĕ vis. 39 Cf. Pu ş cariu 1926: §28 a ; 1927-28: 768. 40 Che lemmatizza int ĕ ger. 41 Cf. *contr ĕ mulare (DER 2744) . cutremur. 42 Cf. cutream(b)ur, cutrem(b)ur, cutrem , contr ĕ m ŭ lus ((*)-are) (DDA: 425). 43 Che però considera l’etimo sconosciuto. 44 DDA (p. 785; etimi diversi ivi citati: *tarmitea , tarmes; *matar (gr. μαδαρός ) + itia); cf. Pu ş cariu 1927-28: 768. 3.1.1.B *ad-r ĕ ctu [REW 8308.2, DER 8265] rum. aret (dis.), în aretul ‘di fronte a, incontro a, intorno a’; var. ar ă t [Barcianu 1900: s.v.; DLR] - fr ĕ m ĭ tus [REW 3493, Pu ş cariu 645, DER 3479] rum. fream ă t, -e ‘fremito, -i’; var. hrémet (bacino del Jiu, Oltenia); rémet (distretto di Mehedin ţ i, Oltenia-Banato); rám ă t (Muntenia) [DLR] ar. freamit, -e? *gr ĕ vis 38 [REW 3855.2, Pu ş cariu 735, DER 3878] rum. greu, grea, grei, grele ‘difficile, pesante, arduo, -a, -i, -e’; var. †gr ă i (Codicele Vorone ţ ean) [DLR] ar. gre ŭ , greáu ă , grei, greále; var. greao (f.sing.); istr. grev, gr ę l ę ; gr ă u, gr ă l ę [Pu ş cariu] 39 *int grum [REW 4479 40 , Pu ş cariu 892, DER 4450] rum. întreg, întreag ă ‘intero, -a’; var. întrag ă ( Ţ ara Oa ş ului, Cri ş ana) [Pu ş cariu 1927-28: 769] ar. ntreg; megl. antreg; istr. ă ntre γ [Pu ş cariu] *tr ĕ m ŭ lus [DDA: 1193] , (a) tremura [DER 8888] 41 rum. tremur ‘sussulto, brivido’; var. tr ắ mur (rar.) [DLR] ar. treambur, - 42 tr ĕ p ĭ dus [REW 8882] , (a) trep ă da [Pu ş cariu 1755, DER 8890, Graur 1937: 38] rum. treap ă d ‘trotto, andirivieni’; var. tr(e)ap ă t [DER]; trap ă t (reg.); tráp ă d; trép ă d (ant., reg.) [DLR] - trai ĕ cta [DER 8881] , traicere [REW 8842] , *tr ĕ cta , tra[j]ecta [Pu ş cariu 1756] rum. treapt ă , trepte ‘gradino, -i’; var. (f. salvo quando indicato) trépte, -te/ ţ i (m.); trep ţ , -i (m.); treapte, -te; trépten, -e (neu.); trápt ă , trepte (Banato, conf. Oltenia, cf. trápt ă , tr p ćĕ [ALR 2 c272 p2]; Hodac, Mure ş , Transilvania); tráft ă , trefte (Fundata, Bra ş ov, Transilvania); treápc ă ; treáps ă , -e/ trepse; treáp ţă , -e; streáp ţă , strep ţ e/ -i; dreápt ă ; preápt ă ; prápt ă , -e (Ro ş ia, Cri ş ana, cf. prápt ă , prapt k’ i [ALR II c272 p310]) [DLR]; pr apt ă [ALR 2 c272, passim] - *matr ĭ cia? [DLR] 43 rum. m ă trea ţă ‘forfora’; var. metrea ţă (rar., dis.); metrice (reg., dis.) [DLR] ar. m ă tra ţă 44 L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 27 45 Cf. anche Pu ş cariu 1926: §28, che specifica la regolare derivazione da *r ace (la riarmonizzazione a . e si verifica, come abbiamo visto al §1, solo in (daco)rumeno, in una fase - il XVI secolo - in cui il distacco dell’istrorumeno era già avvenuto, cf. §2.2) con deanteriorizzazione e seguente passaggio di a tonica ad å (cf. sopra §2.2). 46 Non a caso, il DLR indica questa variante come «foarte r ă spândit ă » (s.v.). 47 Cf. *stimularia . str ă murare (REW 8261, DER 8237); l’inserzione di r è probabilmente seguente al regolare rotacismo di -l- (*stemuru . *stremuru). str ī ga [REW 8308.2, Pu ş cariu 1657, DER 8265] rum. strig ă ‘strega’; var. str ă g ă (reg.) [DLR]; strîg ă (Moldavia, Banato) [Sala 1976: 111] ar. strig ă alb. repëtë , rap ĭ dus [REW 7054] *rap ĭ dis [Pu ş cariu 1455] *rap ĭ dus + *r ī p ĭ dus [DER 7149] rap ĭ dus [Graur 1937: 34, Pu ş cariu 1927-28: 763-77] rum. repede, repezi ‘rapido, lesto, scosceso/ a, -i/ e’; var. r ắ pede (avv.; ant.); r ắ pide (agg./ avv.; ant.) [DLR]; r ă pede (Moldavia); rap ă d (Transilvania occ.) [DER] istr. r ă pede [Pu ş cariu, DER] r ĕ c ĕ ns [REW 7109, Pu ş cariu 1454, DER 7128] rum. rece, reci ‘freddo/ a, -i/ e’; var. rrece (sost. neu. ‘vergogna’, Psaltirea Hurmuzachi) [DLR, Densusianu 1914: 121]; reace (‘id.’, Coresi); r ă ce (ant.) [DLR]; r ă ce (Moldavia) [DER] ar. ara ţ e, ar ăţ i [cf. ALiA c222]; megl. ratsi; istr. rå ţ e [Pu ş cariu 45 , DER]. corr ĭ gia [REW 2253, DER 2704] *cor ĕ lla , corium [Pu ş cariu 459] rum. cureà, curele ‘fascia, cintura, -e’; var. cur ắ , cur ă le/ -i (Oltenia, Cri ş ana, Maramure ş centro-or., Transilvania, Moldavia) [ALR 2 SN IV c1172] 46 ar. curau ă , cur ă i; var. curao (sett.) [DDA, Pu ş cariu]; megl. curau ă [Pu ş cariu] r ĕ us [REW 7274, Pu ş cariu 1452, DER 7116] rum. r ă u, rea, rei, rele ‘cattivo, -a, -i, -e’; var. reu (ant.) [DLR, Densusianu 1914: 55]; rew, rey (distretto di Hunedoara, Transilvania) [ Ș andru 1935: 123] ar. ar ă u, arau ă , ar ă i, arale; var. arao (f.sing.) [DDA, Pu ş cariu]; megl. r ǫ u, rau ă ; istr. rewu [Pu ş cariu]; rev [Pu ş cariu 1926: 77]; rev (r ę v), r ę [Pu ş cariu 1927-28: 774] 3.1.1.C *in-de-retro [REW 2582, Pu ş cariu 828, DER 4389, DLR] rum. înd ă r ă t ‘indietro’; var. înder ă t (Coresi, Palia de la Or ăş tie); înderret; înderretu (Psaltirea Hurmuzachi) [Densusianu 1914: 81 e 124] - *st ĭ m ŭ lus [DER 8237] rum. str ă mur 47 ‘frustino’ [Pu ş cariu 1927-28: 769] - Lorenzo Filipponio 28 48 Il DER 8535 rimanda al serbo carina e classifica il lemma ţarină senza centralizzazione della vocale tonica. La forma ţ îrn ă è considerabile deanteriorizzata solo se si ammette una metatesi. 49 Secondo Graur 1937: 34 impossibile. 50 Si tratta di un testo dove di norma prevale in quel contesto î. praeda [REW 6714, Pu ş cariu 1367, DER 6741] rum. prad ă , pr ă zi ‘bottino, preda, -e’; var. prade (plur., ant.) [DLR] ar. prad ă , pr ă dz fr ē num [REW 3496, Pu ş cariu 655, DER 3492] rum. frîu, frîuri/ frîne ‘morso, briglia, -e’ ar. frîn, frîne; var. af ắ r; f ă rnu; fîrnu [DDA]; fr ă nu; f ă rnu; megl. fr ǫ n [Pu ş cariu, DER] *str ĭ (n)ctus [REW 8305, Pu ş cariu 1659, DER 8270] rum. strîmt, ă ‘stretto, angusto, -a’; var. strimt (dis., pop.); strîmpt (dis.); strint (reg.); str ă mt; str ă mpt; strimpt [DLR] ar. strintu, astimtu, stimtu [DDA]; ar., megl., istr. strimt [DER] terr ī na [Pu ş cariu 1714, DLR] terr ē nus [REW 8672] 48 rum. ţă rîn ă ‘terra, terreno’; var. ţ errina, ţ erîn ă (Psaltirea Hurmuzachi) [Densusianu 1914: 124 e 70]; ţă rin ă (dis., reg); ţ erin ă ; ţ arn ă ; ţ ern ă (reg.); ţ arn ă ; ţ earn ă (rar.); ţ îrn ă (reg.) [DLR] - r ē n [REW 7206, Pu ş cariu 1462, DER 7187] 49 rum. rîn ă ‘fianco’; var. rîl ă ; rîmn ă ; rîg ă ; rîzn ă ; run ă [DLR] ar. nire , *rine [DDA: 896] , (a) rîma , r ī mare [REW 7320, Pu ş cariu 1461, DER 7185] rum. rîma, rîme ‘lombrico, -chi’; var. rim ă (Psaltirea Coresi 50 ) [Densusianu 1914: 70]; rum ă ; arim ă [DLR] - r ī pa [REW 7328, Pu ş cariu 1467, DER 7206] rum. rîpa, rîpe e rîpi ‘burrone, -i’; var. rip ă [DLR], (Transilvania merid.) [DER] ar. arîpa, arîki (arîpi); rîp ă [DDA]; megl. r ǫ p ă ; istr. ă rp ă [Pu ş cariu]; istr. ă rp ę [DER] r ī sus [REW 7336, Pu ş cariu 1468, DER 7208] rum. rîs, rîsuri (rîsete) ‘riso, -i’; var. ris (ant., reg.) [DLR] ar. arîs, arîsute r ī us [REW 7341.2, Pu ş cariu 1469, DER 7217] rum. rîu, rîuri ‘fiume, -i’; var. rriu (Psaltirea Hurmuzachi); riu (Psaltirea Scheian ă ) [Densusianu 1914: 70], (ant. reg.); , reu . ; r ă ur ă (f.sing. su plur.) [DLR] ar. arîu, arîuri; megl. r ǫ u [Pu ş cariu]; rou [DER] 3.1.2 Osservazioni e proposte etimologiche Pur trattandosi di numeri complessivamente ridotti, non sarà inutile ordinare i dati in una tabella riassuntiva che tenga conto della tipologia di vibrante intensa (in colonna), del timbro della vocale tonica (in riga) e del gruppo di appartenenza (segnalato nella cella) della parola analizzata, indicato secondo i parametri esposti in precedenza (§3.1.1) e qui usato come criterio per disporre le celle: L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 29 51 Nel caso del munteno rám ă t (rumeno fream ă t) si potrebbe anche ipotizzare una centralizzazione di a posteriore a fr- . hr- . r-. 52 Fatto spiegato da Sala 1976: 165 ipotizzando un iniziale dittongamento i di ī che sarebbe responsabile anche degli intacchi consonantici del tipo d ī c ĕ re . a zice (cf. sopra §1), assai estesi in alcuni dialetti rumeni. Una volta però che si accetti la facoltà palatalizzante di una semplice i, questa ricostruzione, invero assai brillante, non sembra essere indispensabile. #r- -rr- (-)tr- (-)fr- (-)pr- (-)gr- (-)crdacorom. i C C C C C° C sC°sB- A- C°- A- A- Adacorom. e B* B B C B sC- B- B- -A- A- A- B- A- A- -Adacorom. a B B- -B- -B- B- 51 C- -A- A- La tabulazione mostra in maniera ancora più chiara un dato già evidente dai raggruppamenti. La centralizzazione è sistematica solo nei casi di i preceduta da #r-; in generale, #re -rrsi mostrano come i contesti di innesco più forti; man mano che si procede verso Cr i casi di deanteriorizzazione sono via via più sporadici: ciò sembra rendere giustizia alle incertezze degli studiosi viste al §2.2 quando si è trattato di individuare gli ambiti di manifestazione del fenomeno. Sono necessarie però alcune precisazioni. r ē n è stato qui tabulato sub «dacorom. i» (notato con C°) ammettendo che il passaggio e . i davanti a nasale possa aver preceduto la deanteriorizzazione (dunque *ren ă . *rin ă . rîn ă anziché *ren ă . *r ă n ă con deanteriorizzazione e poi innalzamento da centrale a centrale alta davanti a nasale), ipotesi che sembra corroborata dall’esito metatetico dell’aromuno, che parte da *rine. Questa ipotesi, tra l’altro, indurrebbe a ipotizzare che la ricostruzione vista al §1 per vîn ă e vînt possa essere rivista: le sequenze v ē na . *vin ă . vîn ă e *v ĕ ntu . *vint . vînt non erano infatti state prese in considerazione perché di norma una consonante labiale non agisce su i 52 . Ma se, nella prospettiva proposta in (3), si considerasse la presenza di una nasale in postonia un ulteriore elemento (insieme alla labiale pretonica e all’assenza di vocali postoniche anteriori) centralizzante, si potrebbe allora immaginare che questa concomitanza di fattori intercetti, oltre a e ed a, anche le i secondarie antenasali. Con questa spiegazione saremmo in grado di inquadrare meglio da una parte il caso di *str ĭ (n)ctus . strîmt, rispetto a str ī ga . strig ă , con (s)trpretonico che comunque innesca fuori dallo standard casi di centralizzazione (su (-)trcf. oltre in questo paragrafo), dall’altra, soprattutto, quello di fr ē num . frîu, con sistematica centralizzazione della vocale tonica, rispetto a fr ī gus . frig, che condivide col precedente il nesso frpretonico e sulla carta vanterebbe una i etimologica. Se l’ipotesi proposta fosse valida, potremmo allora considerare l’effetto centralizzante di r intensa pretonica ancora attivo all’epoca del definitivo innalzamento delle vocali medie antenasali (ad ogni modo, anche strîmt e frîu sono stati tabulati sub «dacorom. i» e notati con C°). Lorenzo Filipponio 30 53 Cf. sopra la N30. 54 Assolutamente ad hoc e quindi da scartare la ricostruzione di Iv ă nescu 1980: 208, che ipotizza un intacco di r limitato a questa parola che avrebbe innescato il dittongamento a e la successiva riarmonizzazione per e postonica (*rapide . * ŕ apide . *reapede . repede). Per quanto riguarda rece, Iv ă nescu 1980: 471 propende per una forma muntena ( , *reace) affermatasi nella lingua letteraria a scapito di r ă ce. 55 La spiegazione alternativa sarebbe che nella maggior parte dei dialetti rumeni (e nello standard) non sia successo nulla, fermo restando il potere inibitorio che una vocale postonica anteriore esercita sulla centralizzazione della tonica postvibrante. r ĕ us è stato inserito nel gruppo B anziché C (notato nella tabella con B*) a causa delle forme del femminile e del plurale rumeni. Pu ş cariu 1927-28: 774 considera le forme del plurale regolari in virtù dell’influsso della vocale postonica anteriore e quella del femminile singolare rea analogica sul plurale rele 53 . Come abbiamo visto (§2.2), lo studioso utilizza il dispositivo del timbro della vocale postonica per ricostruire un rientro dalla centralizzazione nel rumeno *race . rece che avrebbe intercettato anche *rapede . repede 54 . Se l’esito istrorumeno rå ţ e ( , *race, cf. sopra §3.1.1.B) sembra, assieme agli esiti delle altre varietà suddanubiane, corroborare questa ricostruzione 55 , quello r ă pede lascia aperta la possibilità che la base di partenza sia ab origine con e tonica, escludendo quindi una derivazione da rap ĭ dus. Dato il significato di ‘rapido, scosceso’ dell’aggettivo, una volta scartata la commistione tra rap ĭ dus e *r ī p ĭ dus proposta dal DER in virtù dell’officina totalmente italiana del secondo elemento (per commistione tra rapido e ripa, cf. DELI s.v.), se ne potrebbe allora proporre una tra rap ĭ dus e r ĭ g ĭ dus, che non porrebbe problemi di ordine fonetico ( ĭ . e) e semantico, visto che il significato primario di r ĭ g ĭ dus è proprio ‘scosceso’, conservato per esempio nel succedaneo francese raide (FEW 10, 402a). L’esito, caduto in disuso, ar ă t da *ad-r ĕ ctum è stato tabulato sub -rrpartendo da *arr- (cf. oltre il verbo (a) ar ă ta, §3.2.1.C); cionondimeno, è legittimo ipotizzare la circolazione di un *r ă t da r ĕ ctum senza prefisso con regolare deanteriorizzazione da #r-, mancando oltretutto l’eventuale elemento di disturbo dato da una vocale postonica anteriore. Le stesse considerazioni possono valere per *retro nella sequenza *in-de-retro alla base di înd ă r ă t (così Pu ş cariu 1927-28: 766); in questo caso, però, la tabulazione sub -rrè garantita dalle attestazioni înderret(u) presenti nello Psaltirea Hurmuzachi (cf. Tabella). Oltre al già visto frîu, l’altro caso classificato nel gruppo C in presenza di nesso Cr è quello di prad ă , una delle pochissime centralizzazioni di a a non mostrare eccezioni sul territorio (cf. Maiden 1997: 36), dato ancora più significativo se si considera la distanza fonica dal contesto privilegiato di innesco #r+i. Non sarà qui da escludere l’influsso del verbo corrispondente (a) pr ă da, di cui tratteremo al §3.2.1.C. Al di là dunque dei due casi, per certi versi eccezionali, di frîu e prad ă , l’unico nesso di muta cum liquida a mostrare una certa capacità centralizzante, in partico- L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 31 56 Si tratta, tra l’altro, dell’unico nesso capace di innescare un caso di deanteriorizzazione pur non essendo in posizione iniziale di parola, se l’etimo qui ricostruito per ar. matra ţă è corretto. 57 Un altro indizio romanzo della peculiarità fonetica di (-)tr- (e (-)dr-) rispetto agli altri nessi di muta cum liquida potrebbe essere il fatto che in francese esso è l’unico che in posizione interna, dopo dittongo ascendente e in pretonia (cf. Scheer 2014), viene risolto con un’assimilazione regressiva, passando a -rr- (p ĕ tra . pierre, *latr ō ne . larron, ecc.; cf. Bourciez/ Bourciez 1967: §144.2 di contro a §132 e 168). 58 Il verbo a cure ha aggiunto una g alla sua radice (cf. il gerundio curgând) in virtù dell’influenza reciproca con a merge ‘andare’ e uscendo così dalla collisione di paradigmi con a cura (‘colare, pulire’, cf. oltre §3.2.2) causata proprio dagli effetti di -rr- (così Lombard 1954-55: 1044-49). lare a livello regionale, è (-)tr- 56 . Una possibile spiegazione di ciò è che la sostanziale omorganicità del nesso dia maggiore intensità allo stesso, che per questo gradiente andrebbe a collocarsi tra -rre gli altri gruppi Cr, esattamente come accade, alla luce dei dati, nella tabella 57 . Infine, due notazioni etimologiche a margine che fanno tesoro delle conoscenze qui acquisite circa gli effetti di r intensa pretonica. La proposta del DER 2707 per l’avverbio curînd ‘presto’, che viene fatto risalire a un *currando, è superflua, perché l’esito centrale alto sarà dovuto a deanteriorizzazione di e dopo -rre innalzamento davanti a nasale o viceversa, secondo quanto detto poco sopra riguardo a rîn ă : basta dunque ipotizzare una normale derivazione da currendo (come fa, tra gli altri, Lausberg 1971: §229) 58 . Sulla falsariga di ar. curau ă (§3.1.2.B), si potrebbero ricondurre per via fonetica i due sostantivi aromuni arau ă ‘ricciolo, basetta’ (DDA: 185) e rau ă ‘scriminatura’ (DDA: 1038), per i quali non si danno proposte etimologiche, a una base *r ĕ gcontinuatrice del significato originario latino di ‘linea dritta’ (cf. r ĕ go, ĕ re; r ĕ gio). 3.1.3 Slavismi antichi Il quadro offerto dagli slavismi non muta in maniera significativa la situazione delineatasi attraverso l’analisi delle parole di origine latina. Si tenga conto dei seguenti mutamenti fonetici nel passaggio dallo slavo al dacoromanzo (cf. Rosetti 1964-66, III: 88-105): - sl. a e o atone finali . dacorom. ă ; - sl. ĕ . dacorom. a (in presenza di ŭ , che equivale a Ø, cf. sotto), e (in presenza di vocale palatale finale); - sl. y (* ū ), che può essere breve [ ʏ ], lungo [y ː ] o dittongato, passa a i o î in base a criteri non sempre spiegabili secondo Rosetti 1964-6, III: 91 per via interna dacoromanza. In presenza di r pretonica (come sempre non ulteriormente specificata, cf. sopra §2.2), ovviamente sì; - sl. ŭ , ĭ sono vocali ultrabrevi. In posizione intensa vengono vocalizzate rispettivamente in o ed e, altrimenti spariscono; Lorenzo Filipponio 32 59 Gli esiti aromuni in en si spiegherebbero attraverso la mediazione bulgaro-macedone. Si osserverà, per inciso, che la presenza di vocali postoniche palatali, fattore determinante per la centralizzazione o meno di a e a toniche dopo consonante labiale (cf. (3) al §1) e forse implicato nella mancata deanteriorizzazione di e in rece e repede (§3.1.1.B e 3.1.2), dirime anche il passaggio di sl. ĕ . dacorom. e e di sl. ẽ . dacorom. in (cf. Densusianu 1901: 270-71). 60 Che lo mette in relazione con il neogr. ἀράδα ‘riga, fila, ordine, turno’, presente anche in aromuno (ma DDA: 182-83 non propone collegamenti con lo slavo). La parola greca deriva dal veneziano arada ‘solco dell’aratro’ (Andriotis 1951 s.v.) e dal greco deve essere passata all’aromuno, dove ha preso anche il significato di ‘mestruazioni’: in questo quadro, i collegamenti con lo slavo appaiono piuttosto labili. 61 Di cui è attestata anche una variante meridionale r ă nz ă . L’etimo è discusso e va messo in relazione con bg. r ĕ sa e sb. resa, così come con l’albanese rrëndës. Il DER chiama in causa anche l’aromuno arîs ă (var. arînz ă ) ‘tipo di fungo col cappello sfrangiato’. 62 Ma Rosetti 1964-66, III: 100 riporta numerose eccezioni a questa regola, che coinvolgono in protonia l, ţ e anche gr- (grind ă , da sl. gr ẽ da), di contro ai regolari pamânt ‘terra, mondo’ (sl. pam ẽ t ĭ , se con Rosetti si rifiuta pavimentum, REW 6312), sfând ‘santo’ (sl. sv ẽ t ŭ ) e il già visto rînd (che si oppone a grind ă , non centralizzato, con nesso Cr), dove sono all’opera in pretonia delle labiali e una #rche potrebbero aver favorito il processo (cf. (3) al §1 e §2.2). 63 Cf. d rŭg ati . drîglu ‘attizzatoio’ (DER 3063), dr ŭ mbla . drîmb ă ‘scacciapensieri’ (DER 3065), ecc. Vanno dunque esclusi dalla tabulazione anche i succedanei di sl. kr ĭ st ŭ (‘croce’ DER 2582, DLR s. crâsnic) . rum. crâsnic ‘diacono’ (var. cr ă snic; cr ă znic (Moldavia); crâ ş nic; c ă rsnic; cârstnic; c ă rstnic [DLR]). 64 Secondo DER 7216 e Sala 1976: 90 magiarismo da rét, che però dovrebbe dare re- (Rosetti 1964-66, IV: 111) o tutt’al più r ă -, con centralizzazione. 65 Con le var. rîmn ă (dis., reg.); r ă hn ă (dis.); rîvne (reg.); r ă vn ă (reg.); r ă pn ă (reg.); rîhn ă ; rîgn ă ; ramn ă ; rahn ă ; rehn ă . Da questo sostantivo deriva il verbo a rîvni; il DLR s.v. propone, al contrario, l’origine deverbale di rîvn ă . - sl. õ, ẽ entrano in dacoromanzo con elemento nasale: ẽ . in se seguita da vocale palatale, altrimenti . în 59 . Casi dunque come sl. r ẽ du . rum. rînd ‘fila, riga, ordine’ (DER 7193) 60 e r ẽ sa? . rum. rînz ă ‘stomaco (pop.)’ (se ha ragione DER 7203) 61 non dovrebbero essere considerati come deanteriorizzazioni dovute a #r, e in effetti non sono state inserite nelle tabelle sottostanti 62 ; - sl. C + r ŭ , l ŭ , r ĭ , l ĭ , infine, vengono trattati in virtù dell’evanescenza di ĭ e ŭ (cf. sopra) come C+sonante e si riflettono in rumeno con C+r+î, con la vocale centrale alta che andrà considerata risoluzione di sonante sillabica e non dovuta al nesso precedente 63 . Dato questo quadro, si potrebbero interpretare allo stesso modo casi di #r ŭ -, #r ĭ iniziali come sl. r ŭ t ŭ . rum. rît ‘grugno, muso’ 64 e sl. r ĭ v ĭ nije, r ĭ v ĭ n ĭ . rum. rîvn ă ‘impegno, ardore’ (DER 7218) 65 , nei quali, data la base di partenza, pare più verosimile ipotizzare una risoluzione di sonante che una deanteriorizzazione con esito î, poco probabile partendo da una ĭ (tutt’al più . e . ă ), impossibile partendo da una ŭ . I criteri di raggruppamento sono analoghi a quelli usati per le parole di origine latina. Data l’assenza in aromuno di molti di questi slavismi (cf. Dahmen 2003: 735), la cella di destra dei singoli lemmi non è stata divisa in due righe: gli eventuali esiti aromuni (o generalmente suddanubiani) si trovano quindi immediatamente dopo quelli rumeni. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 33 66 Secondo Rosetti 1964-66, III: 68 dallo sl. kremen ĭ . 67 Secondo il DLR s.v. proveniente dal ruteno. 68 Che DER 6858 ricollega a uno sl. prisno. 69 Secondo il DLR s.v. attraverso il bulgaro. 3.1.3.A sl. tr ĕ zv ŭ [DER 8882] rum. treaz ‘desto, vigile’; var. treazv sl. tr ĕ m ŭ [DDA] ar. tream ‘tettoia’ sl. prea [DLR] rum. prea ‘molto, troppo’ sl. drevo [DER 3054] rum. dreav ă ‘bastone per battere la lana, sbarra’ sl. tretii [DER 8895] rum. treti ‘terzo’ (dis.) [DLR] sl. gres ĭ , kres ĭ [DER 3877] alb. gëresë [DLR] rum. gresie ‘arenaria’ sl. kremy [DER 2556] bg. kremenj [DDA] 66 rum. cremene ‘selce’; var. cremine; cremen ă ; cremin ă ; cremen; creme [DLR]; ar. crémine sl. kri ž m ă [DER 2571] 67 rum. crijm ă ‘panno battesimale’ sl. krilo [DER 2572] rum. cril ă ‘parte centrale della rete da pesca’ sl. krinica , krina [DER 2577] bg. krina [DDA] rum. crint ă ‘recipiente di legno per il caglio’; ar. crin ă bg. krivec , sl. kriv ŭ [DER 2590] rum. criv ăţ ‘vento freddo di nord-est’ bg. gri ž a , sl. gri ž a [DER 3880] rum. grij ă ‘premura, cura’ bg. griv , sl. griva [DER 3889] rum. griv ‘pezzato (di cani, uccelli)’ 3.1.3.B sl. pris ĭ n ŭ [DER 6859] rum. prisne ‘completamente’ (reg., dis.), ‘pulito, vero’ (Moldavia, Bucovina e Transilvania nord-occ.); var. prisn ă (avv. e sost.) 68 ; prízne (avv. e agg.inv.); pr ă sni (avv.) [DLR] sl. br ĕ z ŭ [DER 1087] 69 rum. breaz; var. braz ‘con una macchia bianca sulla fronte (di animali), acuto, ingegnoso’ (Câmpur ĭ , distretto di Putna, Moldavia) [DLR, cf. Weigand 1902: 207 e 224]; megl. breaz [DER] sl. mr ĕž a [DER 5458, DLR] rum. mreaj ă ‘rete (da pesca), trappola’; var. mrej ă (dis., reg.); mrej (neu.; dis.); e inoltre (tutti reg.) mregie; mraj ă ; merej ă ; mirej ă ; îmbreaj ă ; îmbrej ă ; umbrej ă [DLR] sl. str ĕš ina [DLR] rum. strea ş in ă ‘grondaia’; var. stra ş in ă ; stre ş in ă ; e inoltre (tutti reg., dis.) strea şă n ă ; strea ş n ă ; streajn ă ; stre şă n ă ; stre ş în ă ; stre ş n ă ; stre ş tin ă ; stra ş în ă ; stra ş n ă ; str ăş in ă ; str ăş în ă ; sta ş in ă ; stea ş în ă ; ster ş in ă ; ş tre ş in ă [DLR] Lorenzo Filipponio 34 70 Che riporta anche le var. stra ş in ă e mraj ă (cf. sopra). 71 Il DDA dà come etimo la forma ris ŭ (s.v. arîs ă ). sl. tr ĕ ba [DER 8878] rum. treab ă ‘affare, faccenda’; var. trab ă (dis., reg.) [DER] (area di Ha ţ eg, distretto di Hunedoara, Transilvania) [Pu ş cariu 1927-28: 769] 70 ; tr ă b ă (Petrila, distretto di Hunedoara, Transilvania) [DLR] sl. r ĕ dy [DER 7135] rum. rediu ‘boschetto’; var. r ă diu; redie [DLR, DER]; red; radiu; read (neu.); reade (f.) [DLR]; redi ş ; r ă diac [DER] 3.1.3.C sl. stri žĭ nik ŭ [DER 8267, Philippide 1894: §22.b] rum. strîjnic, ă ‘cavallo/ -a (non addestrato/ -a) di età tra uno e i tre anni’; var. strijnic (dis., reg.); str ắ jnic (f. stréjnic ă ); str ắ jiác (dis.); str ắ jnec; strîjiác; strîjîi á c (reg.); str jni ţă (f.); strîjnec; strînjic (Timi ş oara); strîsnic; strî ş nic (Cluj, Transilvania; Bac ă u, Ia ş i, Moldavia); strájnic; strá ş nic ă (f.); str ă jîi á c (Maramure ş ); str ă juiác (Maramure ş ); str ắş nic; strijnec; strujîiác (Maramure ş ); stru ş nic; tr ú jnic ă (f., Bra ş ov, Transilvania) [DLR] sl. riza [DER 7220] rum. rîz ă ‘straccio’ sl. rys ĭ [DER 7209] 71 rum. rîs ‘lince’; var. ris (dis.) [DLR]; ar. arîs sl. ryžd ĭ [DER 7213] rum. rî ş cov ‘sanguinaccio (lactarius deliciosus)’; var. rî ş cog; rî ş cuv; r ăş cov; ri ş cov; ro ş cov; hri ş cov; rîscugi [DLR] 3.1.4 Osservazioni Anche a fronte di una messe piuttosto ridotta di dati presi in esame, è qui ancora più nettamente definita la situazione vista nella tabella al §3.1.2, i cui criteri sono ripresi in quella sottostante. #r- (-)tr- (-)br- (-)mr- (-)pr- (-)dr- (-)gr- (-)crdacorom. i C- C- CsC- B- A- A- A- A- A- Adacorom. e B- A- A- Adacorom. a sB- B- A- A- B- B- A- A- Tutte e quattro le parole inizianti per #rinnescano deanteriorizzazione: a livello regionale nell’unico caso qui preso in esame in cui la vocale tonica è e (da sl. ĕ con vocale postonica palatale); affermatasi nello standard negli altri tre casi, in cui la vocale tonica è i (sl. i e y). L’unico altro caso di deanteriorizzazione entrato nello standard interessa il nesso (-)tr-, ancora seguito da i. #r-+i si conferma dun- L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 35 que come il contesto più favorevole all’innesco su larga scala del fenomeno, che su scala regionale coinvolge anche quattro casi con nesso di muta cum liquida iniziale (due dei quali con (-)tr-) e uno con il nesso di officina patentemente slava mr-, a fronte di quattordici in cui non pare accadere nulla. Cinque dei sei casi del gruppo B riguardano parole con a ( , sl. ĕ ) tonico: in quest’ottica, la forma streaj ă per straj ă ‘guardia’ (Pu ş cariu 1927-28: 769; DLR s.v.) da sl. stra ž a potrebbe essere considerata un ipercorrettismo. Da osservare, infine, che proprio dal distretto transilvano di Hunedoara, di cui si era parlato in relazione alla presenza di numerose forme prive di deanteriorizzazione (cf. sopra i §2.2 e 3.1.1.B), provengono qui due varianti di treab ă che attestano il fenomeno. Forti di questi dati, veniamo ora ai verbi. 3.2 Morfologia verbale Per la scelta delle forme si è fatto ricorso agli indici del DER e del DDA e alla poderosa monografia dedicata al verbo rumeno da Lombard 1954-55; sono stati esaminati soltanto verbi di provenienza diretta dal latino, oltre a un magiarismo. La modalità di presentazione dei dati è ovviamente differente rispetto a quella adottata per le altre classi di parole: si prende qui in esame un gruppo di celle del paradigma della coniugazione rilevante in considerazione delle potenzialità allomorfiche della radice verbale dacoromanza. La griglia di partenza è quella rappresentata qui sotto: ‘verbo’ forme numerazione forme (Lombard 1954-55) V = V bersaglio _[. . .] V = V postonica R_ = esito di ˈ V atteso var. [fonti] ar., megl., istr. [fonti] etimo [fonti] infinito 0 (1) indicativo presente 1 1 (2) 2 2 (3) 3 3 (4) 6 1 o 3 (8) congiuntivo presente 1 1 (-) 2 2 (-) 3 4 (5) 6 4 (5) imperativo 2 3 o 2 (9) Da sinistra verso destra, sono elencati: l’etimo del verbo; le forme rizotoniche della coniugazione verbale più l’infinito; il timbro della vocale radicale avanti la cen- Lorenzo Filipponio 36 72 Si osservi, per inciso, che, come rileva Ernst 1989: 336, il dittongamento a atteso nei verbi con vocale radicale e in assenza di blocco metafonetico (cf. sopra §1) innescato dalla desinenza (*-u di prima persona indicativo presente - e sesta nelle coniugazioni II, III, IV -, *-i di seconda persona indicativo presente) caratterizza soltanto i verbi di antica immissione nel sistema, primi fra tutti quelli di diretta derivazione latina. I verbi entrati in epoca moderna non attestano questa allomorfia radicale: cf. a pleca ‘partire’ ( , pl ĭ care, REW 6601.1): prima persona presente indicativo plec, terza pleac ă ; a spera ‘sperare’ ( , it. sperare): prima persona sper, terza sper ă . 73 In aromuno ndreádzire, ndridzeáre (DDA: 868). tralizzazione (V) 72 ; il timbro della vocale postonica (_[. . .]V, di norma il morfema flessionale della coniugazione); il timbro atteso della vocale radicale centralizzata (R_); le forme effettive del rumeno; eventuali varianti marcate diatopicamente o diastraticamente del rumeno; le forme suddanubiane. In queste ultime tre colonne, secondo la convenzione grafica adottata ai §3.1.1 e 3.1.3, le forme effettivamente centralizzate (e quindi conformi alle aspettative tabulate nella colonna R_) sono rilevate in grassetto; per le varianti del rumeno e per gli esiti suddanubiani si indicano le fonti, con Lombard 1954-55 abbreviato in LVR. Come si può vedere, la numerazione delle celle tiene conto delle uguaglianze tra forme del paradigma: la sesta persona dell’indicativo presente, per esempio, è uguale alla terza (I coniugazione) o alla prima (II, III, IV); le prime due persone del congiuntivo presente sono uguali a quelle dell’indicativo; ecc. Questa modalità di etichettatura era già stata utilizzata da Lombard con una numerazione (qui tra parentesi) che era stata concepita per essere valida per tutte le forme lì prese in esame; qui saranno sufficienti l’infinito (0), le tre persone singolari dell’indicativo presente (1, 2, 3) e la terza/ sesta del congiuntivo presente (4), cui da qui in poi si farà riferimento usando il numero corrispondente, mentre le altre forme rizotoniche, indicate in grigio, non verranno più prese in considerazione. 3.2.1 Analisi e raggruppamenti I verbi (a) îndrepta ‘indirizzare, raddrizzare’ (DER 4398) e (a) drege ‘sistemare, rattoppare’ (DER 3055, Pu ş cariu 548) 73 non sono stati tabulati perché esito di sincope ( , in+directare, dirigere), peraltro assente nelle varianti arcaiche e regionali înderepta, îndirepta (cf. DLR, s.v., cf. derept al §3.1.1). Gli altri verbi sono stati suddivisi in quattro gruppi: (1) verbi che non attestano, nelle fonti consultate, alcun caso di centralizzazione della vocale tonica (gruppo A); (2) verbi che attestano casi di centralizzazione marcati diatopicamente, diastraticamente o diacronicamente in rumeno e/ o marcati o no nelle varietà suddanubiane (gruppo B); (3) verbi che attestano alcune forme centralizzate come esito regolare in rumeno (gruppo C); (4) verbi le cui forme prese in esame sono in rumeno tutte centralizzate (gruppo D). Data la maggiore complessità della tabulazione, si troveranno commenti puntuali in calce alle singole tabelle o ai singoli gruppi, mentre le osservazioni generali saranno raccolte al §3.2.2. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 37 74 Nella Ţ ara Oa ş ului (cf. Pu ş cariu 1927-28: 769), dove, come si è visto (§2.2), persiste ancora una variante intensa della vibrante, è attestata la forma della terza/ sesta persona del congiuntivo presente del verbo a acri ‘rendere aspro’ (IV coniugazione con ampliamento, cf. sotto a urî e a hot ă rî, §3.2.1.D) acrasc ă anziché acreasc ă . 3.2.1.A ‘credere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. cr ē d ĕ re [REW 2307] [Pu ş cariu 411] [DER 2550] [DDA: 385] 0 e *-e ǝ (a) crede (credea) [LVR] creadire/ crideare [DDA] 1 e *-u ǝ cred cri’ (c ă ...) (Crivobara, Banato) [DLR] 2 e *-i ǝ crezi 3 a ( . e) *-e ǝ crede cr[e]eade (ant.) [Densusianu 1914: 63] 4 a *-a a cr ad ă cr az ă (ant.) [Densusianu 1914: 211] ‘crescere’ forme V _[. . .]V R_ rum. ar. cr ē scere [REW 2317] [Pu ş cariu 414] [DER 2562] [DDA: 386] 0 e *-e ǝ (a) cre ş te crea ş tire/ cri ş teare [DDA]; crea ş tire [DER] 1 e *-u ǝ cresc 2 e *-i ǝ cre ş ti 3 a ( . e) *-e ǝ cre ş te 4 a *-a a cr asc ă 74 I verbi (a) crede e (a) cre ş te, appartenenti alla terza coniugazione e quindi a infinito rizotonico con vocale postonica anteriore, sono accomunati dal fatto che il nesso Cr precedente e/ a toniche non innesca alcuna centralizzazione. Le forme dell’infinito aromune crideare e cri ş teare attestano il regolare passaggio di e protonico a i (presente anche in meglenorumeno) quando preceduta da dentale (Pu ş cariu 1931-33: 47), che rivedremo anche in seguito. Lorenzo Filipponio 38 75 Forma caratteristica della Muntenia, ancora accettata da alcune grammatiche (LVR: 1019). ‘prendere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. prehend ĕ re [REW 6736] [Pu ş cariu 1328] [DER 6842] 0 i *-e ɨ (a) prinde prindea (reg.); prende (dis.) [DLR]; prinzare (dis.) [LVR] 1 i *-u ɨ prind prinz (dis., reg.) [LVR, DLR]; pring [DLR], (distretto di N ă s ă ud, Transilvania) [LVR] 2 i *-i ɨ prinzi 3 i *-e ɨ prinde 4 i *-a ɨ prind ă ; prinz ă 75 prind; prinz (dis., reg.) [DLR] In (a) prinde (e nei composti aprinde, cuprinde, deprinde, LVR: 999) la vocale radicale e è regolarmente salita a i davanti a nasale (§1). Anche in questo caso troviamo una situazione con nesso pretonico Cr e infinito rizotonico con vocale postonica anteriore, e anche questa volta non vi sono tracce di centralizzazione. ‘scrivere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl. scr ī b ĕ re [REW 7745] [Pu ş cariu 1564] [DER 7610] 0 i *-e ɨ (a) scrie scri (pop.) [DLR, LVR]; scria (dis., reg.) [DLR, LVR, Densusianu 1914: 198] scriare [DDA], scriari 1 i *-u ɨ scriu scriez (dis., reg.) [DLR] 2 i *-i ɨ scrii 3 i *-e ɨ scrie 4 i *-a ɨ scrie ‘friggere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. fr ī g ĕ re [REW 3510] [Pu ş cariu 648] [DER 3487] [DDA: 562] 0 i *-e ɨ (a) frige (frigea) [LVR] 1 i *-u ɨ frig 2 i *-i ɨ frigi 3 i *-e ɨ frige 4 i *-a ɨ frig ă Anche i verbi (a) scrie e (a) frige, che si differenziano dal precedente solo perché la vocale radicale i è etimologica, non mostrano segni di deanteriorizzazione. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 39 ‘strofinare’ forme V _[. . .]V R_ rum. ar., megl. fr ĭ care [REW 3501] [Pu ş cariu 647] [DER 3480] [DDA: 561] 0 e - ǝ (a) freca ar. fricare [DDA, DER]; megl. fricari [DER] 1 e *-u ǝ frec 2 e *-i ǝ freci 3 a *-a a fr ac ă 4 a ( . e) *-e ǝ frece Con (a) freca si passa a un verbo della prima coniugazione, quindi con infinito rizoatono. Il nesso Cr non causa alcun mutamento della vocale radicale, salvo il già visto passaggio e atono . i degli infiniti aromuno e meglenorumeno, su cui non mi soffermerò oltre. ‘chiedere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl. interrogare [REW 4496] [DER 4449] [DDA: 909] *interguare [Pu ş cariu 891] *intreguare [LVR] 0 e - ǝ (a) întreba într ă ba (dial.) [DLR]; întriba (ant., Moldavia) [Densusianu 1914: 84] ar. ntribare [DER, DDA]; megl. antribare [DER] 1 e *-u ǝ întreb 2 e *-i ǝ întrebi 3 a *-a a întreab ă 4 a ( . e) *-e ǝ întrebe Il verbo (a) întreba viene preso in considerazione perché si suppone che la metatesi di r sia avvenuta in tempo utile per rendere la vocale radicale disponibile alla centralizzazione; entra poi in questo gruppo perché l’unica forma centralizzata che ho trovato nelle fonti interessa la vocale radicale atona dell’infinito: si tratta di un esempio del passaggio e atono . ă dopo dentale tipico del rumeno, qui visto al §2.2. La differenza rispetto ad (a) freca potrebbe essere dovuta alla maggiore intensità del nesso (-)trrispetto a quello (-)fr-, su cui abbiamo raccolto qualche indizio al §3.1.2 e di cui avremo qualche conferma nel prossimo paragrafo. Si sarà peraltro notato che al gruppo A appartengono solo verbi in cui r intensa si manifesta come secondo elemento del nesso muta cum liquida. Lorenzo Filipponio 40 3.2.1.B ‘passare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. traicere [REW 8842] [Pu ş cariu 1757] [DER 8883] [DDA: 1193] 0 a ( . e) *-e ǝ (a) trece trea ţ ire/ tri ţ eare [DDA], trea ţ ire [DER] 1 e *-u ǝ trec 2 e *-i ǝ treci 3 a ( . e) *-e ǝ trece treace (ant.) [Densusianu 1914: 62] trea ţ e [DDA] 4 a *-a a tr ac ă trac ă (distretto di Vâlcea, Oltenia) [Pu ş cariu 1927-28: 769] (A) trece, verbo della terza coniugazione con nesso Cr e infinito rizotonico con vocale postonica anteriore, esattamente come i visti sopra (a) crede e (a) cre ş te, entra in questo gruppo in virtù di una variante oltena della forma 4. Per quanto piccolo, si tratta di un ulteriore indizio della maggiore intensità di (-)trrispetto agli altri nessi di muta cum liquida. ‘scassare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. *str ī care [DER 8261] [DDA: 1122] 0 i - ɨ (a) strica strîca [LVR] 1 i *-u ɨ stric strîc (Moldavia, Banato) [Sala 1976: 111; Meyer-Lübke 1890: §41]; strac (reg.) [Pu ş cariu 1927-28: 769] 2 i *-i ɨ strici 3 i *-a ɨ stric ă stric (dis.) [DLR] 4 i *-e ɨ strice ‘gridare, chiamare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl. str ī x [REW 8319] *strigare [Pu ş cariu 1657] [DER 8266] *stridulare [DDA: 1122] 0 i - ɨ (a) striga strigarea (ant.) [Densusianu 1914: 236]; strîga [LVR] ar. strigare [DDA] 1 i *-u ɨ strig strîng (reg.) [Pu ş cariu 1927-28: 769] 2 i *-i ɨ strigi 3 i *-a ɨ strig ă strîg (dis.) [DLR] 4 i *-e ɨ strige L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 41 76 Cf. sopra la N55. 77 Riportato anche da Mussafia 1868: 147, con la notazione che si tratta di una variante meno frequente di tremur. I verbi della prima coniugazione (a) strica e (a) striga condividono il nesso pretonico stre la vocale radicale i e mostrano un quadro di forme centralizzate non dissimile, la cui diffusione territoriale può essere dedotta dalle carte dell’ALR 2 SN riportanti i participi passati strîcat (I c149, V c1341) e strîgat (VI c1727), evidentemente costruiti a partire dalle forme d’infinito deanteriorizzate riportate da Lombard, che risultano presenti su tutto il territorio rumeno a esclusione della Muntenia (e della Dobrugia). A parità di vocale tonica, la situazione appare quindi piuttosto diversa rispetto a quella dei verbi (a) scrie e (a) frige, visti nel gruppo A: il differente nesso pretonico (cf. i §3.1.2 e 3.1.4) e la rizotonia dell’infinito, con la postonica anteriore (cf. il §2.2) 76 caratteristica della terza coniugazione, possono avere in quel caso funto da inibitori della deanteriorizzazione. ‘agitarsi’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. tr ĕ p ĭ dare [REW 8881] [Pu ş cariu 1755] [DER 8890] 0 e - ǝ (a) trep ă da trepeda (rar.); tr ă peda (ant., reg.); tr ă p ă da (reg.); trep ă ta; tr ă b ă da [DLR]; tr ă p ă da (Transilvania) [DER] 1 a -e- . ă a trep ă d tr ap ă d [DLR, Pu ş cariu 1927-28: 766]; trap ă d [LVR] 2 a ( . e) -eǝ trepezi trapezi [LVR] 3 a -e- . ă a tr ap ă d ă trap ă d ă [LVR] 4 a ( . e) -eǝ trepede trapede [LVR] ‘tremare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. tr ĕ m ŭ lare [REW 8879] [Pu ş cariu 1760] [DER 8888] [DDA: 1193] 0 e - ǝ (a) tremura tr ă mura (ant.); trembura; tr ă mbura; trîm(b)ura; trim(b)ura (reg.) [DLR, ALRM I,i c139]; tr ă murá (Banato, Transilvania) [DER, LVR] trimburare [DDA] 1 e -uǝ tremur tr ă mur [LVR] 77 (Banato, Transilvania, Maramure ş ); trîmur (Banato) [ALR SN VII c1899] treambur [DDA, Pu ş cariu, DER] 2 e -uǝ tremuri tr ă muri [LVR] (Banato, Transilvania, Maramure ş ); trîmur (Banato) [ALR SN VII c1899] Lorenzo Filipponio 42 78 Lombard 1954-55: 86 non elenca tutte le forme ma, riportando la variante dell’infinito a tr ă mura, segnala che essa si ripercuote sull’intera flessione. 3 e -uǝ tremur ă tr ă mur ă [LVR] 4 e -uǝ tremure tr ă mure [LVR] 78 I verbi (a) trep ă da e (a) tremura presentano, in virtù della loro struttura sillabica, una vocale postonica interna, dirimente per lo svolgersi della dittongazione dacoromanza (cf. sopra §1). Nel caso di (a) tremura la postonica alta blocca tutto, regolarmente; in quello di (a) trep ă da la forma 1 normativa è senza dittongo, ma quella dittongata è attestata come variante. Entrambi i verbi mostrano in rumeno una ricca messe di varianti: degne di nota in (a) trep ă da le forme non standard 2 e 4, la cui a tonica, foneticamente immotivata (e per questo non in grassetto), è probabilmente analogica sulle forme non standard 1 e 3, con deanteriorizzazione di a, e 0, in cui la vocale centrale atona risultante dal già visto effetto di dentale su e confluisce con l’esito regolare di a atona, mettendo il parlante di fronte all’indecidibilità del corrispettivo tonico (come già osservò Mussafia 1868: 151) e esponendolo dunque alla possibilità di una ricostruzione anetimologica, fatto salvo l’appoggio del sostantivo corrispondente treap ă d (visto, come tremur, al §3.1.1.B). ‘volere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. *v ŏ l ē re [REW 9180.2] 0 a - a (a) vrea vra (Moldavia) [LVR] 1 e *-u ǝ vreau vreu; vrau (Moldavia) [LVR, Pu ş cariu 1927-28: 769] 2 e *-i ǝ vrei vrai (Moldavia); vreai (Banato) [LVR] 3 a *-e a vrea vra (Moldavia) [LVR, Pu ş cariu 1927-28: 769] 4 a *-a a vrea vreie (Moldavia) [LVR] Il verbo (a) vrea è l’unico del gruppo B a non essere caratterizzato dal nesso (-)trprima di vocale radicale: le forme centralizzate, tipiche del moldavo moderno (LVR: 960), muovono da quelle dittongate, analogiche e no, e ancora non circolavano all’altezza del XVI secolo, come confermano gli spogli di Densusianu 1914. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 43 79 Che riporta (p. 121) anche rrebda dallo Psaltirea Hurmuzachi. 80 Rifiuta *re-obdurare, r ĭ g ĭ dare, r ĕ g ĕ re, *rab-/ rubidare, rep ĕ dare. 3.2.1.C ‘resistere, sopportare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. - [REW] [Pu ş cariu] ? [DLR] *re-e(n)mendare (*remda . *r ă mbda) [DER 7000] 80 *rabidare? [DDA: 185] *r ĭ g ĭ dare [Herzog 1927-28] 0 e? - ǝ (a) r ă bda rebda (ant., reg.) [DLR] [ALR 2 SN VII c1865, c2039], (ant.) [Densusianu 1914: 82] 79 , (Transilvania) [DER, LVR, cf. Ș andru 1935: 123] aravdare [DDA] 1 e? *-u ǝ rabd r ă bd (pop.) [DLR], (Moldavia, Banato) [LVR], (ant.) [Densusianu 1914: 205], (Oltenia, Banato, Cri ş ana, Maramure ş , Transilvania sett., Moldavia) [ALR 2 SN VII c1865]; rebd (Transilvania) [LVR] aravdu [DER, DDA] 2 e? *-i ǝ rabzi r ă bzi (Moldavia); r ă bdzi (Banato) [LVR], (Oltenia, Banato merid., Transilvania sett., Moldavia) [ALR 2 SN VII c1865]; rebzi (Transilvania) [LVR], (Cri ş ana, Maramure ş , Transilvania centr.) [ALR 2 SN VII c1865] 3 a? *-a a rabd ă reabd ă (Transilvania) [LVR] 4 a ( . e) *-e ǝ rabde r ă bde (Moldavia) [LVR], (Oltenia, Banato merid., Transilvania sett., Moldavia sett.) [ALR 2 SN VII c2039]; rebde (Transilvania) [LVR], (Cri ş ana, Maramure ş ) [ALR 2 SN VII c2039], (ant.) [Densusianu 1914: 210] Quanto detto al §3.2.1.B riguardo a (a) trep ă da vale a maggior ragione nel caso di (a) r ă bda, dove l’allineamento su a della vocale radicale delle forme rizotoniche, di officina muntena e transilvana meridionale stando all’ALR 2 SN (VII c1865, Lorenzo Filipponio 44 c2039), complica ulteriormente la già difficoltosa ricostruzione etimologica. Esso, infatti, sarebbe foneticamente motivato solo partendo da ra-, passato a r ă nelle forme rizoatone; in aromuno anche queste ultime si presentano con a, fatto che si ripercuote sulla proposta etimologica del DDA. Ammesso che si tratti della stessa base, le forme transilvane rimandano però chiaramente a un etimo con re-; le numerose attestazioni di rebda nei testi del XVI secolo portano Densusianu (cf. tabella) alla stessa conclusione. Dato questo quadro, Banato e Moldavia sono quindi le aree in cui le celle rizotoniche mostrano gli effetti della centralizzazione senza interferenze di tipo morfologico. La ă radicale dell’infinito va invece ascritta al solito effetto su e atona di dentale precedente. Questa forma, insieme alla 3 (cioè la terza/ sesta persona dell’indicativo presente della prima coniugazione), rappresenta evidentemente il perno sul quale il parlante tende ad articolare l’allomorfia radicale, finendo talvolta per prescindere dagli esiti foneticamente regolari, specialmente in casi, come questo, in cui manca l’appoggio di un sostantivo corrispondente. ‘depredare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. praedare [REW 6715] [Pu ş cariu 1366] [DDA: 1007] , prad ă [DER 6741] 0 e - ǝ (a) pr ă da 1 e *-u ǝ prad pr ă d [Pu ş cariu, DLR, LVR, Mussafia 1868: 147], (Banato, Transilvania, Moldavia) [ALR 2 SN VII c1864] 2 e *-i ǝ prazi pr ă zi [LVR]; prezi [LVR, Mussafia, loc. cit.] 3 a *-a a prad ă 4 a ( . e) *-e ǝ prade pr ă de [DLR, LVR], (Moldavia) [Philippide 1894: §21.f]; préde (reg.) [DLR, LVR, Mussafia, loc. cit.] Quanto detto per (a) r ă bda vale sostanzialmente anche per (a) pr ă da, con una differenza fondamentale, e cioè che la variazione diatopica sembra essere molto meno forte. Accanto alle forme non standard con regolare centralizzazione, l’affermazione delle forme con a ha beneficiato, oltre che dei perni interni alla coniugazione, dell’interazione con il sostantivo (visto al §3.1.1.C), da cui il DER fa addirittura derivare il verbo. Mussafia (cf. tabella) dà, oltre a pr ă d, le forme prezi, prede come regolari, coerentemente con la sua idea che una vocale postonica anteriore blocchi sempre la deanteriorizzazione di e (cf. sopra §2.2), e ritiene (1868: 147 N55) prad, prazi spiegabili solo attraverso l’analogia con prad ă , non considerando l’importanza dell’allomorfia radicale anetimologica tra ă atono e a tonico innescata da e . ă nell’infinito. L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 45 81 L’etimo *arr ē ctare è da considerarsi regolare, perché -ct- . -ptprima si riduce in protonia, poi si estende alle forme rizotoniche [DLR]. 82 Rifiuta *adrectare, ad-reputare, *ar-ratare ( , ratus) e considera plausibile elatare anche se semanticamente problematico. 83 Rifiuta *ad reiterare . arretrare (semanticamente problematico), *arr ē ctare (foneticamente inaccettabile - ma cf. sopra la N81), *elatare (REW 2837, poi espunto nella terza edizione, cui faccio riferimento), *ad reputare (ritenuto impossibile), *erettare ( , erectus) (considerato privo di senso). ‘mostrare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl., istr. arr ē ctus 81 [REW 677] *elatare [Pu ş cariu] 82 (*)r ă t ā re ‘determinare’ . *arratare [DER 369] 83 *(ad-)retare? *ad-reiterare? [DDA: 185] 0 e - ǝ (a) ar ă ta arata (Moldavia) [DLR]; areta (Transilvania merid.) [DER, cf. Ș andru 1935: 123]; arreta; arr ă ta (ant.) [Densusianu 1914: 83] 1 e *-u ǝ ar ă t arat [DLR, LVR]; aret (ant.) [LVR]; arît (Banato sett., Cri ş ana) [ALR 2 SN VII c1859] ar. arat [DDA]; r ă t [Pu ş cariu, DER]; istr. ar ǫ tu [Pu ş cariu, DER] 2 e *-i ǝ ar ăţ i ara ţ i [DLR]; are ţ i [DLR], (Transilvania, Maramure ş ); arî ţ (Banato sett., Cri ş ana) [ALR 2 SN VII c1859] 3 a *-a a arat ă areat ă (ant.) [LVR]; arît ă (Cri ş ana) [ALR 2 SN VII c1860] istr. (a)råt ę [Pu ş cariu 1926: §33d] 4 a ( . e) *-e ǝ arate ar ă te [DLR], (Muntenia nordor., Oltenia) [ALR 2 SN VII c2037]; arr ă te (ant.) [Densusianu 1914: 210]; arete [DLR], (ant.) [Densusianu 1914: 59 e 210], (Transilvania, Maramure ş ); arîte (Banato sett., Cri ş ana) [ALR 2 SN VII c2037] Lorenzo Filipponio 46 84 Secondo Turcule ţ 2002: 148 queste forme transilvane con il mantenimento della vocale tonica e vanno interpretate come forme conservative lessicalizzate. Nel caso di (a) ar ă ta, invece, hanno prevalso nello standard le forme centralizzate, quindi né rifatte partendo dall’infinito, né riallineate sulla forma 3, a fronte comunque di una variazione molto marcata; l’unica forma rizotonica standard foneticamente non motivata è la 4, con vocale radicale a (accanto alle forme alternative con e e ă ). Mussafia 1868: 147 N57 usa la forma ar ăţ i per rifiutare l’etimo ad-recto proposto già da Diez 1836-44, I: 337 perché come al solito presuppone che la presenza di una vocale postonica anteriore avrebbe bloccato la deanteriorizzazione di e (dando quindi solo are ţ i), invocando così il fattore che Sala considera dirimente solo in caso di nesso Cr (cf. sopra §2.2) pretonico. Pu ş cariu 1931-33: 50 considera invece are ţ i (qui variante di 2) analogica sulla regolare allomorfia radicale ap ă s ape ş i di (a) ap ă sa ( , *appensare, DER 324); considera inoltre ar ă t (1) rifatto sul sostantivo ar ă tare (1927-28: 772) e ar ă te (variante di 4) a sua volta su ar ă t (1927-28: 775-116 N2). Queste acrobazie si rendono necessarie se non si accetta l’etimo *arr ē ctare e con esso la variazione innescata dalla pressione della vibrante intensa pretonica. Che questo etimo sia corretto pare confermato anche dalle numerose forme antiche con notazione di vibrante intensa (in particolare nello Psaltirea Hurmuzachi), che rimandano, come sottolinea Densusianu (cf. tabella), a una base *arr-. ‘crepare, spaccare’ forme V _[. . .] V R_ rum. varianti ar., megl., istr. cr ĕ pare [REW 2313] [Pu ş cariu 408] [DER 2538] [DDA 385] 0 e - ǝ (a) cr ă pa crepa [DLR, LVR] ar. cripare [DDA] 1 e *-u ǝ cr ă p crap [DLR, LVR]; crep [DLR, LVR] (Banato, Cri ş ana, Transilvania) [ALR 2 SN VII c1855] ar. crep [DDA, Pu ş cariu, DER] megl. crep [Pu ş cariu, DER] istr. crepu [Pu ş cariu, DER] 2 e *-i ǝ cr ă pi crapi [DLR, LVR]; ˹ crepi ˺ [DLR, LVR] (Banato, Cri ş ana, Transilvania) 84 [ALR 2 SN VII c1855] ar. crek ĭ [DDA] 3 a *-a a crap ă creap ă [DLR, LVR], (Banato, Cri ş ana, Transilvania) [ALR 2 SN VII c1856] ar. creap ă [DDA] 4 a ( . e) *-e ǝ crape cr ă pe [DLR, LVR], (Moldavia) [Philippide 1894: §21.f]; crepe [DLR, LVR]; creape [LVR] L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 47 85 Sulla base della quale sono state rifatte analogicamente anche le varianti di 1 e 2 crap crapi, come osserva Lombard 1954-55: 86 e 825. 86 Ma Pu ş cariu (1927-28: 775-76 N2) preferisce vedere in cr ă pe (variante di 4) un allineamento su cr ă p cr ă pi (1 e 2). Inoltre, crep (considerato regolare perché lo studioso non considera la centralizzazione dopo Cr, cf. sopra §2.2) avrebbe influito su a crepa (variante di 0) e sul sostantivo crepatur ă , mentre cr ă p (considerato irregolare per lo stesso motivo) sarebbe orientato su a cr ă pa (1927-28: 773). Il quadro mostrato da (a) cr ă pa è pressoché analogo a quello visto con (a) ar ă ta. Insieme i due verbi fanno parte del ristrettissimo lotto di forme che presentano regolare centralizzazione di e ed a passate nello standard (cf. Maiden 1997: 36). Quello che accomuna (a) cr ă pa e (a) ar ă ta ai precedenti (a) pr ă da e (a) r ă bda è la forma standard 4, con vocale radicale tonica a. Nel caso di questi ultimi due verbi, essa si inserisce in un quadro di allineamento delle celle rizotoniche su cui hanno influito da una parte la forma 3, della cui «puissance» è ben consapevole anche Lombard 1954-55: 1045, dall’altra l’infinito rizoatono per i motivi sopraesposti; nel caso di (a) cr ă pa e (a) ar ă ta, invece, si può ipotizzare che la forma 4, cioè il congiuntivo presente di terza/ sesta persona, sia stata rifatta semplicemente sulla base della corrispondente terza/ sesta persona dell’indicativo presente 85 . L’altra spiegazione possibile è che l’effetto centralizzante della vibrante pretonica intensa si sia manifestato prima del riassorbimento del dittongo a, che, come abbiamo visto, era in corso all’altezza dei primi testi (§1). L’altissimo grado di variazione attestato dalle forme 4 dei verbi del gruppo C induce però a cercare una spiegazione basata su una concomitanza di fattori: l’influsso della forma 3 (e dell’infinito) sulla forma 4 è fuor di dubbio, così come lo è anche il fatto che la pressione centralizzante della vibrante intensa pretonica si sia manifestata prima della riarmonizzazione a . e in presenza di e postonica del rumeno. A questi elementi andrà allora aggiunto proprio il timbro della vocale postonica, che nel caso delle forme 4 della prima coniugazione è la desinenza e, che può aver prima bloccato la centralizzazione (cf. sopra quanto detto su (a) ar ă ta) e successivamente riarmonizzato il dittongo: al di là dunque di fatti analogici, il quartetto di esiti tra standard e varianti attestati per la forma 4 di (a) cr ă pa può essere spiegato in linea teorica in termini tutti fonetici: crape come centralizzazione di a non ancora rientrato a e; cr ă pe come centralizzazione di e rientrato da a; crepe come e rientrato da a senza centralizzazione; creape come a non rientrato e non centralizzato. La coscienza della possibilità di queste combinazioni, sommata a quella della solidarietà morfologica intraparadigmatica imperniata sulle forme 0 e 3 86 , aiuta così a districarsi, anche nella ricostruzione etimologica, nella selva di varianti mostrata dai quattro verbi del gruppo C (per una visione d’insieme, cf. Lombard 1954-55: 81-87). Lorenzo Filipponio 48 87 LVR (cf. p. 1017, 1060, 1069, 1075, 1076) considera stringe una forma equipollente a strînge. 88 Considerata una «form ă nordic ă rar ă » (DDA: 1125). 89 Forma ricostruita secondo LVR (p. 128). 3.2.1.D ‘stringere, raccogliere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl. str ĭ ngere [REW 8315] [Pu ş cariu 1661] [DER 8271] 0 i *-e ɨ (a) strînge stringe (dis.) [DLR], (ant.) [Densusianu 1914: 69] 87 ; strenge (dis., rar.) [DLR] ar. stríndzire, strindzeare [DDA] 1 i *-u ɨ strîng ar. stringu [DDA, Pu ş cariu 1927-28: 769]; strîngu [DDA] 88 ; megl. string(u) [Pu ş cariu, ibid.] 2 i *-i ɨ strîngi 3 i *-e ɨ strînge 4 i *-a ɨ strîng ă La coniugazione standard del verbo (a) strînge prevede, come l’aggettivo originato dalla forma arcaica (oggi strîns) del suo participio strîmt (visto al §3.1.1.C), tutte forme con la vocale radicale i (per innalzamento davanti a nasale) centralizzata. Se il nesso pretonico è lo stesso di (a) strica e (a) striga (visti al §3.2.1.B), a determinare la differenza di trattamento di i è con ogni probabilità, più della rizotonia dell’infinito, la compresenza di una nasale seguente, secondo il principio per cui la concomitanza di fattori, vista all’opera proprio nel caso di strîmt e in quello di frîu (cf. §3.1.2), innesca il processo centralizzante anche a fronte di un nesso pretonico Cr - anche se (s)tr-, tra i nessi di muta cum liquida, si è rivelato essere quello più intenso, e, forse non a caso, il discorso appena fatto non funziona per (a) prinde (§3.2.1.A). ‘rivoltare la terra (detto dei maiali)’ forme V _[. . .]V R_ rum. ar. r ī mare [REW 7320] 89 0 i - ɨ (a) rîma arîmare [DDA] 1 i *-u ɨ rîm arîm [DDA] 3 i *-a ɨ rîm ă 4 i *-e ɨ rîme L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 49 90 Da r ă du ( , rîdu, cf. Iv ă nescu 1980: 471). 91 Cf. r ă s ă ri , resal ī re o muri , *mor ī re. 92 Come a urî si comporta a borî ( , *abhorrire, REW 23, DER 1030), per cui il DLR riporta anche una variante caduta in disuso a bori. ‘ridere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar., megl., istr. r ī d ē re [REW 7302] [Pu ş cariu 1459] [DER 7176] 0 i *-e ɨ (a) rîde ride (dis., reg.) [DLR], (ant.) [Densusianu 1914: 70]; rîdea (reg.); rede (dis.) [DLR], (ant.); rride (ant.) [Densusianu 1914: 70] 1 i *-u ɨ rîd rîz (reg.); rid (dis.) [DLR] ar. arîd; megl. r ǫ d; istr. ă rdu 90 [DER]; megl. r ǫ d ę [Iv ă nescu 1980: 471] Osservando le forme dei verbi (a) rîma e (a) rîde appare evidente che la rizotonia o meno dell’infinito non abbia qui nessuna influenza: come nel caso delle altre classi di parole (§3.1.1.C e 3.1.3.C), il nesso #r+i è il terreno ideale per il dispiegarsi degli effetti centralizzanti di r intensa pretonica. ‘odiare’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. horr ē sco [REW 4185] [Pu ş cariu 1823] . *horrire [DER 9085] [DDA: 241] 0 i - ɨ (a) urî uri (ant.) [LVR, Densusianu 1914: 70]; urri (ant.) [Densusianu 1914: 124] 1 e *-u ǝ ur ă sc uresc (ant.) [LVR], (distretto di Hunedoara, Transilvania) [ Ș andru 1935: 123]; urescu (ant.) [Densusianu 1914: 58] ur ă sc [Iv ă nescu 1980: 471] 2 e *-i ǝ ur ăş ti 3 a ( . e) *-e ǝ ur ăş te ura ş te (Muntenia) [Iv ă nescu 1980: 471]; urea ş te (ant.) [LVR, Densusianu 1914: 61] ur ăş te [Iv ă nescu 1980: 471] 4 a *-a a urasc ă ureasc ă (ant.) [Densusianu 1914: 59] Nel verbo della quarta coniugazione con ampliamento (a) urî il nesso -rrpretonico interno 91 agisce sistematicamente su tutta la coniugazione 92 . Le molte forme anti- Lorenzo Filipponio 50 93 Come osserva Lombard 1954-55: 490, -rragisce sistematicamente sui verbi della IV coniugazione con ampliamento a vocale tonica i/ e ma non intacca le e/ a dei verbi della I coniugazione con ampliamento -id o (il tipo lucrez lucrezi lucreaz ă ecc. da a lucra ‘lavorare’) come încura (*incurr-), înfiera (da fier , *f ĕ rru, cf. §1), ecc. Si tratta, a mio modo di vedere, di un fatto puramente morfologico, che per questo motivo non ho tematizzato in questa sede. 94 I verbi con i radicale secondaria dovuta a nasale postonica a strînge e a prinde sono stati inseriti sub i e notati rispettivamente con sD°e A°analogamente a quanto fatto al §3.1.2 per rîn ă , frîu e strîmt. che senza centralizzazione lasciano presumere una convergenza nello standard tra fattori fonetici e analogici, sicuramente aiutata dal fatto che in questa coniugazione confluiscono anche verbi di origine slava e magiara la cui radice termina con una r che è stata trattata come intensa 93 , come mostra qui, a titolo di esempio, il magiarismo (a) hotarî, denominale da hotar ‘confine, frontiera’. In questo caso, l’intensità della vibrante è dimostrata, oltre che dalla sistematica centralizzazione della vocale tonica seguente, dalla trascrizione hotarr caratteristica dei testi del XVI secolo (Densusianu 1914: 121 e 162). ‘decidere’ forme V _[. . .]V R_ rum. var. ar. , hotar, -re (ung. hotár) [DER 4174] 0 i - ɨ (a) hot ă rî hot ă ri (ant.) [LVR] 1 e *-u ǝ hot ă r ă sc hot ă resc (ant.) [LVR] hot ă r ă sc [Iv ă nescu 1980: 471] 2 e *-i ǝ hot ă r ăş ti hotare ş ti (ant.) [LVR] 3 a a ( . e) *-e ǝ hot ă r ăş te hot ă ra ş te (Muntenia) [Iv ă nescu 1980: 471], (ant.) [LVR]; hot ă rea ş te; hot ă re ş te (ant.) [LVR] hot ă r ăş te [Iv ă nescu 1980: 471] 4 a a *-a a hot ă rasc ă Anche in questo caso le forme antiche mostrano che la centralizzazione è ancora un processo in fieri all’altezza del XVI secolo. 3.2.2 Osservazioni e proposte etimologiche Se proviamo a tabulare gli esiti secondo i criteri adottati al §3.1.2, opportunamente modificati tenendo conto della rizotonia o meno dell’infinito (ovvero della coniugazione d’appartenenza), otteniamo quanto segue 94 : L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 51 95 Cf. le forme (1 2 3 4) attese dal DLR per a ar ă ta: ar ă t aré ţ i arát ă aréte (cf. §3.2.1.C), come se vigessero le stesse condizioni. coniugazione #r- -rr- (-)tr- (-)vr- (-)pr- (-)cr- (-)frdacorom. i/ e IV D D dacorom. i III D sD°- A°sA- A- I D sBsBdacorom. e III B- A- A- I C C B- B- -A- C- C- Adacorom. a II B- La situazione è forse meno nitida rispetto a quella vista in precedenza: ma questo era prevedibile, in virtù delle interferenze morfologiche che caratterizzano i paradigmi verbali, qui molto attive specialmente nel gruppo C, i cui membri vanno infatti a disporsi ortogonalmente rispetto alla ratio della tabella, che vorrebbe gli esiti centralizzati convergere (in alto) a sinistra. Cionondimeno, come nei §3.1.2 e 3.1.4 #r+i si mostra essere il terreno privilegiato della centralizzazione, e il nesso (-)trconferma la sua buona predisposizione a innescare il fenomeno. Alla luce di quanto visto, vale la pena di vedere, prima di concludere, ancora due paradigmi. Il primo è quello di (a) înv ăţ a, che mostra, regolarissimi, gli esiti fonetici della vocale radicale preceduta da una consonante labiale, oscillanti in base alla vocale postonica seguente (come mostrato in (3) al §1) 95 . ‘imparare, insegnare’ forme V _[. . .]V C[lab]_ rum. var. ar., megl., istr. *in-v ĭ tiare [REW 4536.2] [Pu ş cariu 898] [DER 4456] [DDA: 919] 0 e - ǝ (a) înv ăţ a înva ţ a (ant.) [Densusianu 1914: 104] ar. nvi ţ are [DDA] 1 e *-u ǝ înv ăţ înve ţ u [Densusianu 1914: 58] ar. nve ţ u [DDA, Pu ş cariu]; (a) nve ţ [DER]; megl. anve ţ [Pu ş cariu, DER]; istr. (an)me ţ u [Pu ş cariu, DER] 2 e *-i e înve ţ i ar. nve ţ [DDA] 3 a *-a a învat ă ar. nvea ţă [DDA] 4 a ( . e) *-e e înve ţ e Con l’unica eccezione della forma 3, l’allomorfia radicale ricalca quella del verbo (a) cur ăţ a, il cui paradigma è mostrato qui sotto: si tratta però, in questo secondo Lorenzo Filipponio 52 96 Altro da REW 2412 curare . a cura ‘dissodare’. caso, di esiti totalmente inattesi, dato che si dovrebbe partire da un verbo della prima coniugazione latina suffissato, con la a tematica che viene integrata nella radice; ulteriore aggravante, il paradigma mostra forme rizotoniche insolitamente proparossitone. Tutto ciò ne fa, come osserva Lombard 1954-55: 163 un verbo «seul en son genre». ‘pulire, espellere, purificare’ forme V _[. . .]V C_ rum. var. I var. II var. III , curat , colare [Pu ş cariu 454] [REW 2035a] 96 , (a) cura , curare [DER 2694] *curat ĭ are [LVR: 338] 0 a *-u ǝ (a) cur ăţ a/ (a) cur ăţ i 1 a *-u ǝ cúr ăţ cur ăţ eaz ă (ant.) [Densusianu 1914: 202] cur ăţ esc [DLR]; cur ăţ escu (ant.) [Densusianu 1914: 203] 2 a *-i ǝ cúre ţ i cúr ăţ i [LVR] cur ăţ e ş ti [DLR] 3 a *-a ǝ cúr ăţă cur ăţ este [DLR]; cure ţ este (ant.) [Densusianu 1914: 104] 4 a *-e ǝ cúre ţ e cúr ăţ e [LVR] cur ăţ eze (ant.) [Densusianu 1914: 208] cur ăţ easc ă [DLR] Una spiegazione possibile è che, partendo dalla regolare ă dell’infinito, la vocale postonica interna resti tale o passi a e a seconda del timbro della vocale della desinenza, secondo un processo qui visto in molte altre occasioni. Una seconda spiegazione, che chiama in causa l’etimologia, è che dietro (a) cur ăţ a si celi una confusione tra un tipo ˹ (a) cura ˺ e una base *correctda corr ĭ go ‘mettere sulla giusta direzione’, compatibile con il significato di ‘purificare’ del verbo, che, alla luce del negativo (a) necur ăţ i ‘vivere nel peccato’, potrebbe non essere secondario: questa ipotesi sarebbe foneticamente plausibile indipendentemente dalla posizione originaria dell’accento nella coniugazione. Più in generale, l’angolo visuale dell’analisi dell’effetto di r pretonica intensa nei verbi permette di spiegare in modo unitario e piuttosto economico una serie di fenomeni altrimenti difficilmente razionalizzabili. Tra questi, emerge la rilevanza della forma dell’infinito per la gestione delle allomorfie radicali, in un’ottica di L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 53 autonomia morfologica nella strutturazione dei paradigmi già lumeggiata da Lombard e sviluppata a partire da Maiden 1992 e Aronoff 1994; fatto non stupefacente, data la prominenza del nome del verbo all’interno del paradigma, come, altrove nel panorama romanzo, dimostra il confronto tra le forme del presente indicativo da infiniti rispettivamente rizoatoni e rizotonici del bolognese: se, infatti, in a mûd (‘cambio’), a sûd (‘sudo’), dagli infiniti rizoatoni mudèr ( , m ū tare), sudèr ( , s ū dare), si ha regolare vocale tonica lunga in sillaba aperta di parossitono etimologico, in a rédd (‘rido’), a cradd (‘credo’) la vocale tonica breve anziché l’attesa lunga (r ī do . **rîd, cr ē do . **crai ̯ d) è spiegabile solo partendo dalla radice degli infiniti rizotonici rédder, cradder ( , r ī d ĕ re, cr ē d ĕ re), in cui la brevità di essa è l’esito regolarissimo della riduzione in proparossitonia etimologica (cf. Filipponio 2012: 57-67), proiettatosi poi sulla coniugazione. 4. Conclusioni Dopo questa lunga carrellata, è evidente che la regola proposta in (4) al §1 è troppo generale: bisogna dunque dare atto agli studiosi che le difficoltà definitorie sono dovute a un quadro empirico estremamente articolato. Cionondimeno, si tratta di un quadro razionalizzabile, come mostra la tabella sottostante, in cui confluiscono quelle presentate ai §3.1.2, 3.1.4 e 3.2.2 e che adotta i seguenti accorgimenti: il numero di quadrati per cella corrisponde al numero dei casi effettivamente registrati; i casi confluiti nei gruppi A (§3.1.1.A, 3.1.3.A, 3.2.1.A) sono in bianco; quelli confluiti nei gruppi B (§3.1.1.B, 3.1.3.B, 3.2.1.B) sono in grigio chiaro; quelli confluiti nel gruppo C dei verbi (§3.2.1.C) sono in grigio intermedio; quelli confluiti nel gruppo D dei verbi e nei gruppi C delle altre classi di parole (§3.1.1.C, 3.1.3.C, 3.2.1.D) sono in grigio scuro; i casi con vocale postonica anteriore (per i verbi fa fede l’eventuale infinito rizotonico) sono contrassegnati con un +; quelli con nasale postonica con un °; i due verbi della IV coniugazione con ampliamento considerati al §3.2.1.D, che alternanto dopo vibrante i (forma 0) ed e (forme 1 2 3 4), sono stati inseriti nella riga di i tonica in virtù della prominenza accordata all’infinito. t #r- -rr- (-)tr- (-)pr- (-)fr- (-)br- (-)vr- (-)mr- (-)cr- (-)gri + ° ° °+ ° °+ ° + + ° e + + + + + + + + a Lorenzo Filipponio 54 Di fronte a questa evidenza grafica, gli 81 casi complessivamente analizzati mostrano che: - la centralizzazione è sistematica e senza condizionamenti di sorta solo in presenza di #r e -rrseguite da i; - non si danno casi di #r e -rrpretoniche che non inneschino, almeno a livello substandard, un processo di centralizzazione; - una vocale postonica anteriore tende a inibire la centralizzazione di i tonica quando è preceduta da un nesso Cr e quella di e ed a a prescindere dalla tipologia di r intensa; - la presenza di una nasale dopo la vocale tonica favorisce la centralizzazione dopo Cr; - con riferimento a quanto appena detto, i casi di (a) strînge e (a) prinde, in cui convivono un elemento favorevole e uno sfavorevole alla centralizzazione, sono regolati dalla tipologia del nesso Cr: in generale, tr, per i motivi esposti al §3.1.2, è il più disponibile alla centralizzazione, mentre i nessi con velare sono quelli meno favorevoli; - nelle coniugazioni verbali bisogna ovviamente tenere conto dei fattori morfologici, e in particolare del perno costituito dalle forme dell’infinito e della terza persona dell’indicativo singolare per l’eventuale allineamento delle celle rizotoniche del paradigma (cf. Lombard 1954-55: 109). Si può quindi concludere che la centralizzazione di vocale tonica è sistematica con #r, -rr- + i e probabile con #r, -rr- + e, a e in generale con (-)tr-: in questi due casi una vocale postonica anteriore può inibire il processo, ma sovraordinata a essa è la presenza di una nasale seguente, che lo favorisce. La centralizzazione, inoltre, può verificarsi con C[labiale]r, inibita da una vocale postonica anteriore anche in presenza di nasale; infine, è sporadica con C[velare]r. Anche se queste osservazioni si fondano su una base di dati talvolta assai scarna, non sfuggirà la progressività del quadro d’insieme. Per quanto concerne la distribuzione areale del fenomeno, la prima, fondamentale, osservazione è che esso è presente, come si è visto, in tutte le varietà dacoromanze. Attraverso le cursorie informazioni raccolte nelle tabulazioni qui presentate, è possibile per il (daco)rumeno individuare nella Moldavia e nel Banato le aree in cui la centralizzazione si è manifestata con maggiore intensità: questo quadro sembra trovare qualche corrispondenza con quello prospettato da Philippide 1927: §274, che, alla luce di una comparazione generalizzata dei fenomeni fonetici dacoromanzi, aveva individuato un troncone migratorio banato-transcarpatino, che, procedendo da ovest verso est, sarebbe andato a coprire, partendo dal Banato, la Cri ş ana, il Maramure ş , la Transilvania settentrionale, la Bucovina e la Moldavia, con l’Oltenia che avrebbe occupato una posizione intermedia tra questo e l’altro troncone transilvano meridionale e munteno, da cui invece provengono molte delle forme non deanteriorizzate passate nello L’influsso della vibrante intensa pretonica in dacoromanzo 55 97 A conclusioni non dissimili arriva anche Vasiliu 1968: 140-41, che individua all’interno del (daco)rumeno un gruppo munteno e uno nordoccidentale, definito moldavo. Per inciso, l’area di espansione della deanteriorizzazione innescata dalla vibrante intensa corrisponde grosso modo a quella in cui lo stesso effetto è indotto dalle sibilanti (cf. sopra §1). standard 97 . Ad ogni modo, la ricostruzione qui proposta dei fattori articolatori e acustici che hanno innescato il processo (§2.2) proietta r intensa in un contesto pienamente balcanico. La possibilità che il fenomeno abbia intercettato le i secondarie antenasali, ma soprattutto la situazione che ci è mostrata dai testi del XVI secolo, in cui la deanteriorizzazione non si è ancora pienamente affermata, indicano che l’effetto della vibrante intensa sulla vocale tonica seguente è un fenomeno fonetico che si è protratto per secoli senza mai essere stabilmente fonologizzato. Come mostra l’ultima tabella, soltanto nei contesti di massima distanza tra vibrante (cioè massimo di intensità, e contestualmente di velarità) e vocale (massimo di palatalità e dunque di acutezza), vale a dire #r-, -rr- + i, la deanteriorizzazione è sistematicamente entrata nel lessico, perdurante per il resto un regime di notevolissima variazione per il quale spero di aver fornito in queste pagine una chiave di lettura efficace. Zurigo Lorenzo Filipponio Bibliografia T-L, AW = Tobler, A./ Lommatzsch, E., 1925-2002: Altfranzösisches Wörterbuch, Berlin ALiA = Dahmen, W./ Kramer, J. 1985-94: Aromunischer Sprachatlas - Atlasul Linguistic Aromân, vol. 1, Hamburg; vol. 2, Veitshöchheim bei Würzburg ALR 2 = Petrovici, E. 1940: Atlasul linguistic român. Partea 2, vol. 1, Sibiu/ Leipzig ALR 2 SN = Petrovici, E. (ed) 1956-72: Atlasul linguistic român. Partea 2, serie nou ă , 7 vol., Bucure ş ti ALRM 1 = Pop, S. 1938-42: Micul atlas linguistic român. 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