eJournals Vox Romanica 75/1

Vox Romanica
vox
0042-899X
2941-0916
Francke Verlag Tübingen
Es handelt sich um einen Open-Access-Artikel, der unter den Bedingungen der Lizenz CC by 4.0 veröffentlicht wurde.http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/121
2016
751 Kristol De Stefani

Be’ in posizione iniziale dei turni di parola: una risorsa interazionale per l’organizzazione delle azioni, delle sequenze e dei topic

121
2016
Franco  Pauletto
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Vox Romanica 75 (2016): 73-98 Be’ in posizione iniziale dei turni di parola: una risorsa interazionale per l’organizzazione delle azioni, delle sequenze e dei topic Abstract: A partir de datos observados en conversaciones espontáneas, este artículo ofrece una descripción de algunos usos en la interacción del marcador del discurso italiano be’, una palabra que las gramáticas descriptivas del italiano definen como interjección. La perspectiva que este trabajo adopta es la de la lingüística interaccional, cuyos métodos y planteamientos científicos derivan del análisis de la conversación. Después de una breve introducción a la investigación existente en el ámbito pragmático-funcional, en el artículo se analizarán los turnos de palabra introducidos por be’, tanto en posición de respuesta como en otras. El análisis llevado a cabo nos permite caracterizar el marcador discursivo be’ como un recurso utilizado por el hablante tanto para la gestión de las acciones, como de las secuencias y de los tópicos conversacionales. Keywords: Discourse markers, Turn-taking, (Non) responsive turns, Projection, Evaluations, Conversation analysis 1. Introduzione Questo studio 1 si propone di documentare la ricorrenza di be’ 2 nella conversazione spontanea. L’articolo è incentrato in particolare sull’uso di be’ come prima componente del turno di parola e mira a integrare gli studi di impostazione discorsiva e pragmatica sin qui compiuti su questo segnale discorsivo (Bazzanella 1994). Adottando una prospettiva interazionale, radicata nell’analisi della conversazione e nella linguistica interazionale, questo contributo permetterà di riconoscere nell’elemento be’ una risorsa che i parlanti utilizzano nell’organizzazione dell’interazione sociale. Unanimemente descritto come interiezione dai dizionari e dalle principali grammatiche della lingua italiana (Serianni 1989, Prandi/ De Santis 2011, Dardano/ Trifone 1985, Trifone/ Palermo 2014, Patota 2006, Renzi/ Salvi/ Cardinaletti 1995), be’ assumerebbe «valori» che vanno dal concessivo, al conclusivo, all’avversativo e all’interrogativo 3 . In questo studio, be’ viene tuttavia ascritto a quella 1 Vorrei esprimere tutta la mia gratitudine a Elwys De Stefani per i preziosi commenti e l’incoraggiamento costante. Ringrazio anche gli anonimi revisori che, con le proprie osservazioni, mi hanno consentito di migliorare il manoscritto in alcuni aspetti cruciali. Errori e inesattezze sono da addebitare unicamente a me. 2 La grafia scelta in questa sede è be’, ma esistono anche altre attestazioni: tra queste beh, bhè, bè e bèh. Nella citazione di esempi tratti da altri studi, sarà tuttavia utilizzata la grafia originale. 3 Nello Zingarelli 2015: 258 be’ è così descritto: bèh / b ɛ : / o (fam.) be’ [da be(ne); av. 1400] inter. (colloq.) con valore discorsivo, in breve, insomma: ‘Che ne pensi? ’ ‘Beh, è un po’ presto per Franco Pauletto 74 dare un giudizio’ | con valore conclusivo o interr., ebbene, e così, e allora, dunque: beh! fate voi; beh! hai ragione tu! ; beh, andiamocene! ; beh, cosa vuoi? ; beh, cosa vogliamo fare? ; beh, che ve ne sembra? | con valore avversativo, però: beh (anche ripetuto: beh, beh), piano con certi discorsi! Anche nella loc. e beh: e beh, non mi pare una novità ... 4 Le convenzioni di trascrizione sono riportate in appendice a questo articolo. 5 Sono numerosi, poi, gli studi che analizzano i fenomeni di grammaticalizzazione dei segnali discorsivi, che si manifestano, tra l’altro, nella loro riduzione fonologica (evidente nel caso di be’ rispetto a bene); cf. Bazzanella 2010 e De Stefani 2016. categoria di parole ed espressioni che nel corso degli ultimi decenni sono state variamente denominate, in ambito italiano, come segnali discorsivi (Bazzanella 1994, Khachaturyan 2011), demarcativi (Berretta 1994), marcatori discorsivi (Contento 1994), marcatori della conversazione (Stame 1999) o particelle discorsive (Andorno 2003). Bazzanella 1994: 150 ha efficacemente descritto i segnali discorsivi come «quegli elementi che, svuotandosi in parte del loro significato originario, assumono dei valori aggiuntivi che servono a sottolineare la strutturazione del discorso, a connettere elementi frasali, interfrasali, extrafrasali e a esplicitare la collocazione dell’enunciato in una dimensione interpersonale, sottolineando la struttura interattiva della conversazione». A titolo di esempio, un frammento tratto dai dati sottoposti ad esame: (1) (InterIta, Paolo & Natale) 4 01 PA: .hhh e secondo te quali sono le, (.) 02 differenze principali fra questi due paesi. 03 (1.7) 04 NA: be’, (0.5) sono tante. (0.2) sono vera↑mente 05 tante. Questo estratto - che verrà discusso in dettaglio al §5 - illustra un’occorrenza di be’ nel turno di Natale (NA). In chiave pragmatico-funzionale, e seguendo il modello di Bazzanella 1994, 1995, il be’ della r. 04 potrebbe essere descritto come «segnale di presa di turno», poiché è l’elemento con cui il locutore avvia il proprio turno, ma anche come «demarcativo», ovvero come un elemento che permette al parlante di strutturare il proprio discorso. Tale «polifunzionalità» dei segnali discorsivi è, in effetti, uno dei perni della teoria avanzata da Bazzanella 1995. Benché non ci sia nessun accordo tra i linguisti sulla natura di questi elementi linguistici, alcune caratteristiche comuni ai segnali discorsivi sembrano emergere dalla letteratura: tra queste, l’assenza di un contenuto proposizionale autonomo, il fatto che talora si tratta di elementi non appartenenti a una categoria grammaticale tradizionale, l’integrazione sintattica debole rispetto all’enunciato che li ospita, una ricorrenza in posizione iniziale, mediana o finale del turno di parola (Bazzanella 1995), e la loro frequente realizzazione in unità prosodiche autonome (Heritage 2013, Bazzanella 2001, Bolden 2015) 5 . L’obiettivo di questo articolo è di andare oltre la prospettiva funzionale, predominante negli studi precedenti, e di analizzare be’ tenendo conto Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 75 delle contingenze interazionali e sequenziali in cui emerge. A questo scopo, ci si avvale degli strumenti metodologici offerti dall’analisi della conversazione e dalla linguistica interazionale. Ciò implica un allargamento del focus analitico dal singolo elemento morfologico alle azioni che i partecipanti all’interazione compiono servendosi della risorsa be’. Ampliamo pertanto lo sguardo al contesto sequenziale in cui queste azioni sono osservabili, per cercare di rispondere a una domanda che funge da cardine nella ricerca di stampo etnometodologico: why that now? (Schegloff/ Sacks 1973: 299, Fele 2007: 26). In altre parole, e in rapporto al fenomeno che ci interessa maggiormente in questo articolo, perché una persona dice be’ in un momento specifico? Il presente studio non si propone tanto di offrire una panoramica esaustiva degli usi in interazione di questa risorsa discorsiva, quanto di rispecificare e contestualizzare i risultati degli studi anteriori, aggiungendo nel contempo un nuovo tassello con la descrizione del marcatore in un contesto sequenziale e discorsivo in precedenza trascurato (cf. in particolare §6). Prima di procedere all’analisi, sarà utile riassumere alcuni risultati emersi dalla ricerca precedente su be’. 2. Studi precedenti su be’ Considerando l’alta frequenza di be’ nel parlato spontaneo, colpisce la scarsità di studi che i linguisti hanno dedicato a questo segnale discorsivo. Poggi 1981, 1995 annovera be’ (o beh, secondo l’autrice) tra le interiezioni, proponendone un’analisi in chiave pragmatica. L’autrice osserva che be’ può assumere due differenti funzioni - espositiva ed esercitiva - che in comune hanno l’espressione di perplessità del parlante di fronte a un problema pratico. Tuttavia, mentre con il be’ espositivo un parlante segnala indecisione, il be’ esercitivo è interrogativo e viene utilizzato in «situazioni di incomprensione o di disappunto» (Poggi 1995: 421). Vediamo alcuni esempi: (2) be’ espositivo (Poggi 1995: 421, es. 39) [A, indeciso davanti a un vassoio di paste: ] Beh ... prendo questa. (3) be’ esercitivo (Poggi 1995: 421, es. 43) [A, vedendo che B sta portando via tutte le sedie di una stanza (azione per A molto strana) chiede: ] Beh? Mentre nell’es. 3 l’incomprensione deriverebbe da un’aspettativa insoddisfatta, nel caso seguente il parlante risponde con un be’ a un’aspettativa violata, veicolando in tal modo stupore: (4) be’ esercitivo (Poggi 1995: 422, es. 46) [A è ansioso di vedere la partita, ma il televisore non si accende. Sgomento, A esclama: ] Beh? Come mai non s’accende? Franco Pauletto 76 6 Abbiamo adattato l’esempio sostituendo le convenzioni di trascrizione di Bazzanella 1994 con quelle usate per la trascrizione dei nostri dati (così anche per l’es. 7). Di primo acchito si può notare che, da un lato, la categorizzazione avanzata dall’autrice si basa sull’individuazione di possibili implicature soggiacenti (cf. Grice 1975); dall’altro, che la quantità di informazioni contestuali - non verbali - che si rivelano necessarie per l’interpretazione degli usi specifici è davvero considerevole. Inoltre, nei casi appena visti l’inquadramento sequenziale dei turni di parola riportati è del tutto assente. Il lavoro di Poggi 1981 è certamente pionieristico perché affronta in modo sistematico le interiezioni, elementi tradizionalmente ignorati nell’ambito della ricerca linguistica italiana (ma cf. già Spitzer 2007 [1922]). Le analisi sviluppate dall’autrice non permettono tuttavia di osservare il modo in cui i parlanti usano be’ nelle conversazioni spontanee, non solo perché in molti casi si basano su turni di parola isolati dal loro habitat conversazionale, ma anche perché non sempre viene attestata empiricamente la provenienza dei dati analizzati. Focalizzandosi sulle funzioni che be’ può assumere nell’interazione, Bazzanella 1994, 1995 lo descrive come una risorsa con cui i parlanti avviano un turno di parola. L’autrice osserva tale uso in particolare nei turni di parola con cui il parlante risponde a una domanda precedente. Avviando il turno con be’, il locutore rende riconoscibile la propria risposta come inadeguata o in qualche modo poco pertinente, come nel caso seguente, tratto dal noto romanzo di Giorgio Bassani: (5) (Bazzanella 1995: 234, es. 44) «Li hai disegnati tu i mobili? » «Beh no: li ho copiati un po’ da Domus e da Casabella e un po’ da Studio, sai, quella rivista inglese ...» (G. Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, Torino 1962: 105) Bazzanella 1994, 1995 ascrive un’ulteriore funzione a be’, ovvero quella di meccanismo di interruzione, che sottolinea nel contempo la parzialità dell’accordo con l’interlocutore (1994: 170). L’autrice illustra tale funzionamento con il frammento che segue, tratto da una trasmissione radiofonica. A e B sono i presentatori, mentre C è un ascoltatore che partecipa a un gioco il cui scopo è indovinare una frase misteriosa: (6) (Bazzanella 1994: 170, es. 67) 6 01 A: ti butti subito? 02 C: sì (.) [sì ] 03 B: [be’] in teoria non avresti diritto alle domande però, Sebbene l’autrice non fornisca un’analisi dettagliata dell’estratto, si può osservare come B avvii il proprio turno di parola in sovrapposizione con il turno dell’ascoltatore al telefono, esprimendo disaccordo (v. il «però» alla fine del turno) con il fatto che A ha appena fatto una domanda a C (a cui non avrebbe diritto «in teoria»). Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 77 In prospettiva comparativa, Magazzino 2007 ha poi confrontato l’uso dell’italiano be’ con lo spagnolo bueno, mettendone in luce differenze e punti in comune. In particolare, l’autore descrive be’ come un’interiezione dal valore finale, e riporta il seguente esempio: (7) (Magazzino 2007: 212, es. 24a) 01 AMB: eh certo che a Parigi (.) dev’essere tutt’un’altra cosa. 02 DED: a Parigi ho visto una mostra di Cézanne (..) beh (.) guardate 03 (.) per me (.) è stato un momento decisivo. Nel caso specifico, be’ affiorerebbe in un momento conversazionale in cui gli interattanti si stanno orientando verso la chiusura dell’argomento in corso o della conversazione intera. Anche in questo caso, tuttavia, il frammento riportato non permette di documentare con certezza questa funzione. Come emerge dalla breve carrellata attraverso la letteratura esistente, be’ è una risorsa frequente nel parlato spontaneo. Sebbene gli autori concordino nell’osservare che be’ svolge funzioni importanti nell’interazione, le analisi avanzate si limitano spesso a osservazioni basate più sulla competenza «da madrelingua» dell’analista che non sull’esame dettagliato dei dati riportati. Nel loro recente articolo, Pauletto/ Bardel 2016 percorrono una strada diversa: anziché tentare di offrire un quadro generale delle «funzioni» di be’, gli autori si limitano ad analizzare l’uso di be’ in turni di risposta. Gli autori mostrano che le risposte avviate con be’ tendono a mettere in questione le presupposizioni sui cui si basa la domanda, rendendo visibile, nel contempo, un problema di «domandabilità» (askability, cf. Stivers 2011). Si tratta, insomma, di azioni dispreferite (Schegloff 2007: 58-96, Pomerantz 1984) in quanto resistono alle aspettative che la domanda proietta sul turno successivo. 3. Fenomeno e metodo L’analisi della conversazione ha messo in evidenza i meccanismi di base delle interazioni spontanee, che procedono per «sequenze» (Sacks et al. 1974). Ciò significa che un turno di parola di un parlante A proietta sul turno successivo di B una serie di aspettative. Ad esempio, una domanda di A rende rilevante una risposta di B, un «grazie» proietta un «prego» ecc. Si tratta, in questi casi, di sequenze minime, o coppie adiacenti (Schegloff/ Sacks 1973), composte di un primo turno che rende condizionalmente rilevante un secondo turno. Nel contempo, formulando il secondo turno come una risposta, come un «prego», ecc., l’interlocutore dimostra di trattare il turno precedente rispettivamente come una domanda, come un ringraziamento, ecc. I turni di parola possono occupare, insomma, diverse posizioni sequenziali ed è proprio su questa osservazione che si fonda l’organizzazione della parte analitica di questo articolo. Analizzeremo, dapprima, i turni di parola in cui be’ compare all’inizio di un turno responsivo, ovvero di seconda posizione (§5). Ci focalizzeremo Franco Pauletto 78 7 A tale proposito, è interessante notare come già Spitzer avesse identificato in questa funzione prospettiva il carattere saliente delle interiezioni: «Agli squilli di tromba rassomigliano più da vicino le INTERIEZIONI: esse, prive di testo (parlato), sono come musica assoluta, come canti senza parole, riflesso melodico dei moti interiori, con cui si fanno presagire le sfumature del discorso e si prepara l’ascoltatore all’atmosfera di quanto sarà detto [...] prima ancora della formulazione del messaggio in quanto tale» (Spitzer 2007 (1922): 66-67). quindi sui turni non-responsivi nel senso che non sono proiettati da una domanda che precede (§6). Invero, ogni turno di parola esibisce un orientamento retrospettivo, in quanto «replica» a ciò che precede, e prospettivo, poiché prefigura azioni possibili nel turno successivo: la scelta operata ha dunque come unico scopo quello di differenziare i due fenomeni. Oltre alla posizione sequenziale del turno di parola, abbiamo usato un secondo criterio per costituire la collezione di frammenti su cui basare l’analisi: abbiamo, infatti, considerato unicamente i turni di parola in cui be’ occupa la posizione iniziale. Secondo Schegloff 1987: 71 la parte iniziale del turno si configura come una sorta di intersezione tra le dimensioni retrospettiva e prospettiva 7 , in quanto è qui che il parlante proietta la forma e il tipo di turno che sta per produrre. Gli oggetti linguistici (che l’autore etichetta non a caso come sequential markers; cf. Schegloff 1987: 72) che solitamente occupano questa posizione - parole come be’, eh, ah, sì, ma, a proposito ecc. - si trovano dunque a fare da cerniera tra ciò che precede e il tipo di azione che il turno in fieri sta per incarnare (Heritage 2002: 197). L’inizio del turno è tuttavia essenziale non solo per la proiezione della forma e del tipo di turno che sta per essere prodotto, ma anche perché dà indicazioni sull’atteggiamento del parlante nei confronti del turno precedente. In particolare, come fa notare Heritage 2013: 333, esso può proiettare una relazione di adiacenza non marcata (unmarked nextness) tra turni, in forza della quale il parlante in corso si allinea con la proiezione del turno precedente (ad es. A: «Vieni da noi stasera? », B: «Sì volentieri»). L’inizio del turno può però anche rendere visibile un allontanamento da tali aspettative (ad es. A: «Non uscirai mica senza giacca, no? », B: «Be’, veramente sì.»). La responsività al parlato precedente caratterizza dunque l’inizio del turno di parola e sembra essere una preoccupazione di primaria importanza per i partecipanti all’interazione (Deppermann 2013). La posizione iniziale di un turno rappresenta, insomma, un momento sensibile di un’interazione-in-corso in quanto offre al parlante l’opportunità di posizionarsi nei confronti di ciò che precede e di orientare il seguito della conversazione. Nei nostri dati, be’ è quanto mai frequente proprio in questa posizione. Le ricerche sulle risorse linguistiche di inizio turno che sono state condotte negli ultimi anni nell’ambito della linguistica interazionale hanno riguardato non solo l’inglese, ma anche lingue come l’olandese, il tedesco, il coreano, il giapponese, il finlandese e l’estone (per una rassegna cf. Kim/ Kuroshima 2013). Questi studi dimostrano l’importanza della posizione di inizio turno in lingue tipologicamente anche molto lontane. Di rilievo per la presente ricerca sono in particolare alcuni studi sulla particella inglese well (Heritage 2015, Schegloff/ Lerner Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 79 8 Per una descrizione del corpus InterIta, cf. Bardel et al. 2012. 2009) e su quella francese ben (Bruxelles/ Traverso 2003), che con be’ condividono aspetti posizionali (tendendo ad apparire ad inizio turno e in contesti sequenziali simili). Se nello studio di Schegloff/ Lerner 2009 well come prefazione a una risposta serve ad allertare il destinatario che la risposta che segue sarà in qualche modo indiretta (non-straightforward), l’analisi di well realizzata da Heritage 2015 mette in risalto come il denominatore comune osservabile nei diversi usi di questa particella sia l’atteggiamento in qualche modo autonomo e divergente che il turno del parlante in corso incarna, rispetto al turno precedente. Ritroviamo tratti simili anche nella descrizione di be’, come emergerà dalla parte analitica di questo articolo. Bruxelles/ Traverso 2001 mettono invece in evidenza la centralità dello «sganciamento» tematico, argomentativo ed enunciativo operato dal parlante con i turni avviati da ben: la funzione centrale della particella, che fa spesso da premessa agli apporti successivi di interlocutori diversi sullo stesso tema (2001: 44) è, secondo Bruxelles/ Traverso 2001, quella di contribuire alla costruzione interattiva del flusso discorsivo. Alcuni degli usi di ben descritti dalle autrici (ad esempio quello a prefazione di risposte reattive e, dunque, in qualche misura dispreferite) sono sovrapponibili a quelli di be’. Nelle analisi che seguono ci focalizzeremo, in particolare, sul modo in cui be’ viene utilizzato nell’organizzazione sequenziale e topicale della conversazione (per una discussione dei concetti di topic e sequenza cf. Schegloff 1990). Vedremo anche che la risorsa consistente nell’avvio di un turno di parola con be’ permette ai parlanti di compiere una serie di azioni interazionalmente rilevanti, come la manifestazione di un’opinione o di una valutazione in contrasto, l’organizzazione di un turno esteso, ecc. In questa analisi ci concentriamo solo su be’, mentre escludiamo i casi in cui esso è preceduto da altri segnali di risposta (Gardner 2001), come ad esempio sì, ah, oh, e occhei. Collocazioni ricorrenti - come va be’, e be’, ecc. - sono pure escluse, proprio perché i parlanti sembrano usarle nel compimento di azioni diverse: Bazzanella 1994: 196 N21 accenna ad esempio alle differenze d’uso tra va be’ e be’ (cf. anche Dardano 2012). 4. I dati I dati su cui questo studio si fonda provengono essenzialmente da due fonti: da un lato un corpus di 154 telefonate di durata compresa tra 30 secondi e 73 minuti tra parlanti che vivono maggioritariamente in provincia di Treviso; dall’altro lato, sei conversazioni diadiche della durata di circa trenta minuti l’una, registrate all’università di Stoccolma (corpus InterIta). Addizionalmente, sono state analizzate anche trenta interviste a studenti italiani Erasmus realizzate all’università di Stoccolma, tutte facenti parte del corpus InterIta 8 e aventi una durata media di ven- Franco Pauletto 80 9 La modalità prescelta dal ricercatore rispecchiava fedelmente le caratteristiche delle attività di produzione orale a coppie proposte all’interno del corso di argomentazione orale seguito dagli studenti quel semestre. ticinque minuti l’una. La prima raccolta comprende sia telefonate informali, sia chiamate di lavoro e di servizio (a ristoranti, a negozi, a servizi per l’impiego ecc.) che hanno luogo sia in italiano, sia in diverse varietà di dialetto trevigiano. Nel caso delle sei conversazioni diadiche, si tratta di dati ottenuti all’interno di un esperimento ecologico (ecological experiment, cf. Mondada 2013: 987) facente parte di un progetto di ricerca di ambito acquisizionale. I partecipanti, tutti compagni di corso presso l’università di Stoccolma, sono stati suddivisi in coppie composte da un parlante italiano nativo e da un apprendente svedese molto avanzato di italiano L2: a loro è stato poi chiesto di discutere una serie di argomenti proposti dal ricercatore, nell’ordine, nel modo e nel tempo desiderati 9 . Per l’analisi di be’, solo il parlato prodotto dai partecipanti nativi è stato preso in considerazione in questa sede. Infine, avendo constatato che il tipo di contesto sequenziale nel quale be’ appare è lo stesso sia per i dati in trevigiano, sia per quelli in italiano, si è deciso di presentare anche alcuni estratti in trevigiano. 5. Be’ nei turni responsivi Domande e risposte costituiscono ciò che conosciamo come coppie adiacenti (Schegloff/ Sacks 1973) o complementari (Fasulo/ Pontecorvo 1999). Una domanda proietta la rilevanza di una risposta come prossima azione, ma orienta il seguito della conversazione anche sotto altri profili: non solo il tema su cui verte la domanda, ma anche le presupposizioni che essa incarna devono infatti essere presi in considerazione nell’analisi (svolta dai partecipanti, ma anche dagli analisti). Chiedere «Quante volte vai al cinema? » presuppone ad esempio che il ricevente vada al cinema, mentre quando si domanda a qualcuno «Cosa pensi della politica italiana? » si presuppone che la persona a cui la domanda viene posta abbia un parere sull’argomento (cf. già Grice 1975). Inoltre, le domande possono proiettare un certo tipo di risposta come preferito (Pomerantz 1984, Sacks 1987): il concetto di preferenza (Pomerantz/ Heritage 2013), in questo caso, non va inteso in termini psicologici e individuali, bensì in termini sequenziali e dunque strutturali. In questo senso, una domanda come «Hai fame, vero? » proietta in modo preferito una risposta positiva; è orientata, cioè, verso l’ottenimento di una risposta positiva, che a sua volta - essendo allineata con il corso d’azione promosso da chi pone la domanda - favorisce la progressività dell’interazione. Le domande di tipo totale, quelle cioè che proiettano come risposta preferita un sì o un no, sono ancora più coercitive di quelle parziali (che spesso iniziano con chi, come, quando ecc.), in quanto presentano un’ipotesi che il destinatario è chiamato a confermare o smentire, scegliendo Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 81 tra un’opzione binaria che fa dell’accettazione o del rifiuto le sole risposte preferite (Raymond 2003). Una domanda indessicalizza inoltre il differente grado di accesso al sapere dei partecipanti. Secondo Heritage/ Raymond 2012 chi fa una domanda assume un posizionamento epistemico di tipo k- (knowledge-), ovvero esibisce di «non sapere», mentre si posiziona come k+ colui che dimostra di possedere un determinato sapere. Di riflesso, una risposta può essere in linea con quanto proiettato da una domanda, ma può anche esibire dispreferenza. Pauletto/ Bardel 2016 hanno documentato, per l’appunto, che i turni di risposta avviati da be’ di regola esibiscono un distacco da quanto proiettato dalla domanda precedente, oppure prefigurano un turno di parola esteso. Vediamo un esempio di un tale distacco nel seguente frammento, tratto da una conversazione telefonica: Barbara (BA) ha appena descritto a sua madre, Assunta (AS), una giacca che la sarta le ha confezionato. Siamo a primavera, e la giacca è piuttosto pesante. (8) Corpus Te.Pa, Barbara e Assunta (maglioncino) 01 BA: adesso è già [caldo.]^adesso è già caldo 02 [(per quello).] 03 AS: [eh ben ] no creno: : ↑: : : ↓: : : ,(avm: : : ) 04 no ti va via sensa giaca no? 05 (0.2) 06 BA: °be’ sì ormai: : : abbastanza° vquella 07 [lì è tro]ppo di la: na, 08 AS: [mhm. ] Prima dell’inizio di questo estratto, Assunta suggerisce a Barbara di mettere un maglione sotto la giacca, in modo da ovviare a un difetto del capo che quest’ultima ha messo in luce (delle maniche troppo corte). All’obiezione mossa da Barbara (r. 01-02) la madre esprime un marcato disaccordo (r. 03) e poi produce una domanda dalla polarità negativa (r. 04), che proietta un «no» come risposta preferita. Barbara risponde in maniera non conforme (ovvero in disaccordo con la polarità della domanda), smentendo le attese che il turno di Assunta proietta (r. 06): in questo caso il turno è avviato da be’, cui seguono la risposta dispreferita («sì») e un altro account, ovvero una spiegazione a sostegno di quest’ultima. Nelle tre sezioni che seguono, descriviamo alcune caratteristiche delle risposte con cui i parlanti esibiscono un distacco da quanto proiettato e che sono accomunate dalla presenza di be’ in apertura di turno. 5.1 Risposte dispreferite Il prossimo frammento è tratto da una telefonata informale tra due amici (in una variante settentrionale del dialetto trevigiano). Gianpaolo (GP) chiama Vanni (VA) per invitarlo a cena, ma apprende che quest’ultimo si trova - in maniera inattesa - in Spagna. Alle r. 01-03 Vanni finisce la sua narrazione sulle motivazioni Franco Pauletto 82 che lo hanno spinto a partire per l’estero. Data la sua momentanea indisponibilità, Gianpaolo gli propone di richiamarlo al suo ritorno (r. 05-06). (9) Corpus Te.Pa., Vanni & Gianpaolo (pasqua) 01 VA: in un paio de giorni ho: : prenotà ho trovà el 02 volo son partì e: : : così: torne prima de 03 pasqua: . 04 GP: ah bon hahaha .hhhh^h.^.hhhhh me racomando, 05 hhhh.^elóra: : : ^scolta dai co tu torna gh’en 06 parlón ah¿^te ciame: : : : : : , no so; quando te 07 cia(h)m(h)e? hhh. .hhhh 08 (0.5) 09 VA: (heheh^.hhhh) be’ a sto punto: : : : , vara: : (cioè) 10 apena dopo pasqua se sentón ah¿ 11 GP: eh^eh^eh dai va ben. Il turno di Gianpaolo si chiude con la domanda «quando te cia(h)m(h)e? », ‘quando ti chiamo? ’ (r. 06-07). Si noterà che la domanda è il risultato di un’auto-riparazione (sul concetto di repair cf. Schegloff et al. 1977): Gianpaolo avvia l’unità costitutiva di turno (TCU, turn-constructional unit; cf. Sacks et al. 1974) con «te ciame: : : : : : », ‘ti chiamo’ (r. 06) che proietta, a livello sintattico, una struttura dichiarativa; segue «no so», ‘non so’ - descritto come prefatory epistemic disclaimer da Schegloff 1996: 61-62 - che inizia l’auto-riparazione che permette a Gianpaolo di trasformare una struttura annunciata come dichiarativa in una struttura interrogativa. In questo modo, Gianpaolo esibisce la propria difficoltà nello stabilire con precisione quando Vanni sarà di ritorno, data la vaghezza dell’indicazione temporale offerta («prima de pasqua», r. 02-03). Nel contempo, demanda alla controparte il compito di definire con maggior precisione tale momento. Il silenzio che segue dopo la domanda di Gianpaolo (r. 08) rende visibile l’emergenza di una risposta dispreferita in quanto non contigua rispetto alla domanda (cf. Sacks 1987). In effetti, Vanni avvia la risposta ridendo: alla risata iniziale segue un be’ così come una serie di riformulazioni («a sto punto: : : : vara: : (cioè)»; r. 09). In questo modo, Vanni dilaziona la risposta effettiva («apena dopo pasqua se senton ah¿», ‘appena dopo pasqua ci sentiamo eh¿’, r. 10), contribuendo a esibire il carattere dispreferito della risposta. Si noterà, inoltre, che Vanni e Gianpaolo esibiscono orientamenti diversi: mentre Gianpaolo è orientato verso l’ottenimento di un appuntamento telefonico, Vanni offre, nella sua risposta, un’indicazione temporale vaga, mitigando in tal modo la propria disponibilità a impegnarsi per un appuntamento. Questa divergenza è visibile anche nelle scelte lessicali che i partecipanti operano: mentre Gianpaolo usa «te ciame», ‘ti chiamo’ (r. 06-07) - assumendo quindi agentività nella chiamata prospettata - Vanni dice «se sentón», ‘ci sentiamo’ (r. 11), una formulazione che non identifica nessun agente. Nel nostro corpus le risposte dispreferite si caratterizzano molto spesso per la presenza di più unità costitutive di turno, come i prossimi tre estratti metteranno in evidenza. Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 83 5.2 Risposte dispreferite costituite da più TCU Anche se non sempre la risposta dispreferita proiettata da be’ esibisce una resistenza del parlante nei confronti delle attese che la domanda precedente ha reso rilevanti, la sua composizione è spesso articolata e complessa. Nel frammento seguente, tratto dal corpus delle interviste Erasmus, i due partecipanti si sono appena presentati: Paolo (PA) ha chiesto alcune informazioni biografiche a Natale (NA) e ora procede con la prima domanda: (10) differenze (InterIta, Paolo & Natale) 01 PA: ecco l’Italia e la Svezia, visto che^hhhh. non è 02 la prima volta che^h. (0.5) vieni: vieni in 03 Svezia,^vieni a Stoccolma. 04 NA: mhm. 05 PA: .hhh e secondo te quali sono le, (.) 06 differenze principali fra questi due paesi. 07 (1.7) 08 NA: be’, (0.5) sono tante. (0.2) sono vera↑mente 09 tante. (0.5).hhhhhhhhhhh (0.3) 10 e: : : : : : : : h^m: : : ^hhhhhhhhhhh. (0.3) 11 probabilmente la Sveziahhsecondo molti 12 punti di vista, .hhhh (0.6) è l’esempio di come 13 l’Italia possa funzionare molto meglio^hhhhh. 14 tlk .hhh (0.2) ti faccio un esempio, (0.2) 15 banale che, (1.1) m: : : : : : : ho avuto modo di 16 parlarne anche con^eh .hhh con degli amici che 17 so stati proprio a Stoccolma, .hhhhhh i mezzi di 18 trasporto. (0.2) ((continua)) Il lungo turno di risposta di Natale (r. 08-18), qui riportato solo parzialmente per ragioni di spazio, presenta di nuovo alcune caratteristiche tipiche della dispreferenza. In particolare, la lunga pausa (r. 07) che intercorre tra la domanda e la risposta, la prefazione costituita da be’ (r. 08), nonché tutti gli elementi di esitazione (r. 09-10): se è infatti responsabilità di chi pone la domanda inquadrare quest’ultima in maniera tale che chi risponde possa fornire l’informazione richiesta in modo allineato e compatto, secondo la massima della quantità di Grice 1975, la prefazione costituita da be’ può essere vista come il segnale che la risposta sarà espansa oppure non allineata con quanto proiettato dalla domanda stessa. In questo caso la risposta è costituita da diverse TCU: Natale risponde in primo luogo a una domanda che non gli è stata formalmente posta, quantificando le differenze (r. 08-09), per poi fare una considerazione che può essere vista come una sorta di valutazione sommativa (r. 10-13) delle differenze tra Italia e Svezia. Natale esemplifica quindi menzionando un episodio dal valore paradigmatico (r. 14-18 e oltre), dopodiché esprime una valutazione positiva sui trasporti pubblici in Svezia, che contrappone al pessimo funzionamento degli stessi in Italia (non riprodotto). Nel caso specifico, Franco Pauletto 84 Natale avvia con be’ un turno di parola complesso: in altre parole, benché le TCU successive «sono tante.» (r. 08), «sono vera↑mente tante.» (r. 08-09) possano apparire come risposte proiettate, e quindi in linea con la domanda che precede, esse vengono esibite da Natale come non complete. Si noterà, d’inciso, che anche Paolo si orienta verso la non compiutezza della domanda - non prendendo la parola nelle lunghe pause che affiorano nel turno di Natale (r. 08, 09, 10, 12, 15). Nei due esempi che seguono, il carattere dispreferito della risposta è visibile anche attraverso la messa in discussione della domandabilità del quesito posto. L’estratto 11 proviene da una telefonata di lavoro: Nora e Barbara sono le responsabili dello sviluppo di un portale web dedicato agli ex-studenti di un grande ateneo italiano. Nora (NO), la coordinatrice del progetto, chiede a Barbara (BA) un’informazione relativa all’attivazione di un servizio aggiuntivo dedicato ai neolaureati: (11) Corpus Te.Pa, Barbara e Nora (Neolaureati) 01 NO: però: scusami un attimo, (questa) cosa dei 02 neolaureati quand’è che dovrebbe: : m: 03 subentrare¿ 04 (.) 05 BA: be’ la li[nea- ] 06 NO: [funzio]nare. 07 (0.4) 08 BA: ilquella dei neolaurea: : ti, (0.8) va soltanto 09 a confermare un lavoro che loro devono fare sul 10 back-end^ ə : : : : : : : : h comunque; cioè io venerdì 11 gli ho detto cheche a me serve un’area .hhh 12 del già iscritti, .hhh a prescindere dai 13 neolaureati. quello dei [(neolaureati] l’ho) 14 NO: [certo. ] 15 BA: detto stamattina, .hhh gli- [gliel-ho detto,] 16 NO: [ma scusami ] 17 ma è una cosa così: : : : : difficile 18 (tirare cofuori) sti neoiscritti¿ Mentre la domanda di Nora renderebbe rilevante la menzione di una data o di una formulazione temporale (cf. l’interrogativo «quando»; r. 02), Barbara non si allinea con questa proiezione: dopo un breve silenzio (r. 04) la locutrice nel proprio turno di risposta non dà nessuna indicazione temporale, parlando invece del valore accessorio di questo servizio rispetto al lavoro che altri («loro»; r. 09) devono compiere. Di seguito, Barbara evoca un’altra categoria di utenti, i «già iscritti» (r. 12), mentre la domanda di Nora verteva sui «neolaureati» (r. 01). Barbara «prescinde» (r. 12) dai «neolaureati», esibendo in tal modo il proprio distacco dalla domanda inizialmente posta. Alle r. 13-15 rende quindi riconoscibile di non conoscere la risposta alla domanda che Nora ha appena posto e di aver parlato con i responsabili «stamattina» (r. 15). Insomma, benché la coppia adiacente avviata dalla domanda di Nora (r. 01-06) venga completata, la sequenza si chiude, senza che Nora abbia ottenuto l’informazione da lei richiesta. Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 85 Negli estratti analizzati sino ad ora abbiamo visto come il turno avviato da be’ si discosti in qualche modo dalle aspettative che il turno precedente rende rilevanti: se nell’es. 10, come già fatto rilevare in precedenza, viene violata la massima di quantità, nell’es. 11 è la rilevanza (Grice 1975) a venire in qualche modo meno. Un turno di risposta composito incarna tuttavia molto spesso una vera e propria messa in discussione dei presupposti su cui la domanda stessa si fonda, come evidenzia il prossimo estratto: il frammento - tratto da una delle interviste - si apre con una domanda polare che Paolo (PA) pone a Franco (FR) e che proietta come risposte possibili «all’italiana» o «alla svedese»: (12) InterIta, Paolo & Franco (figli) 01 PA: e i tuoi figli come li vorrai educare. 02 all’italiana tra virgolette oppure alla 03 svede[se.] 04 FR: [gha]hah^.hhhhh £be’ ovviamente non penso 05 che ci sia un all’italiana alla . svedé , non lo 06 so im: : , (.) .hhhhhhhhhhh^hhhhhh. (0.6) 07 banalmente potrei dire prendendo cose di qui e 08 di lì: ,^hh. (gna ə : i: ) m: : cercando di mettere 09 insieme le cose positive ma, (0.3) non solo tra 10 italiana e svedese nel senso, .hhhhhhhhhhhh 11 cercare di spendere, (0.5) tanto tempo con: ^m: , 12 (0.5) con loro¿=penso, ((continua)) Franco palesa il proprio posizionamento nei confronti della domanda rivoltagli sin dall’inizio del proprio turno di risposta: la sua risata, avviata in sovrapposizione con la fine del turno di Paolo (r. 04), evidenzia come egli tratti il turno precedente come risibile (laughable, Sacks 1995). Segue un be’, dopodiché Franco esprime il proprio disaccordo nei confronti delle presupposizioni sulle quali la domanda di Paolo si fonda: non esiste «ovviamente» un modo «all’italiana» o un modo «alla svedese» di allevare i figli (r. 04-06). Franco dà quindi una risposta articolata, costituita da più di una TCU, in cui si orienta su altre dimensioni che reputa rilevanti nell’educazione dei figli. In questa sezione abbiamo visto come nel turno aperto da be’ il parlante spinga più in là nel tempo la risposta vera e propria alla domanda che gli viene rivolta: avviando con be’, il parlante può esibire il proprio impegno nella formulazione di una risposta complessa (es. 10), oppure orientarsi verso un problema di domandabilità (es. 11); mentre in alcuni casi la risposta pertinente può non essere fornita (es. 11), in altri essa mette in questione la legittimità stessa della domanda (es. 12). 5.3 Risposte con cui i parlanti compiono più di una azione Schegloff 2007: 76 osserva che talora un parlante può compiere più di una azione con un unico turno di parola, descrivendo tali turni come double-barreled (in sé, ‘a doppia canna’). Possiamo analizzare in questo senso anche l’estratto appena Franco Pauletto 86 discusso. Infatti, la risposta di Franco (r. 04-12) è composita: comprende in primo luogo l’esibizione di disaffiliazione, e in secondo luogo la risposta vera e propria, in termini che si discostano dalla scelta binaria suggerita all’interlocutore dalla domanda così formattata. Anche nel frammento che segue, la parlante che avvia una risposta con be’ compie diverse azioni: Viola (VI) e Regina (RE) stanno discutendo di corruzione in Italia e in Svezia. Alle r. 01-02 Viola chiede conferma a Regina a proposito di una considerazione emersa poco prima: (13) InterIta, Viole & Regina (corruzione) 01 VI: quindi: ↓: : : : secondo te tu- (0.3) siamo tutti, 02 (0.2) corrotti^co[rrutti]bili? 03 RE: [sì. ] 04 (0.2) 05 RE: sì. 06 VI: [mhm,] 07 RE: [.hhh] pe↓rò in Italia è una cosa: : : : : : , .hhhh 08 e: : : h risaputa no? 09 (0.3) 10 VI: .hhh be’; [è una cosa: : : : : , ] 11 RE: [che (d-) che se ne p]arl[a.] 12 VI: [ e]vidente. 13 RE: sì [evidente. ] 14 VI: [ma perché: : ]: : (0.3) m: : : (0.2) m↑: : : h (0.4) 15 probabilmente m: olto di^pi↑ù di: : : : alcuni 16 s[ettori] eh sono corrotti. (.) °cioè° la 17 RE: [s: ì. ] 18 società, .hhhhh (0.6) quasi è: (h): : 19 c(h)ompletamente corrotta. 20 (0.3) 21 RE: m-hm. In questo caso, alla richiesta di conferma di Viola (r. 01-02), Regina risponde affermativamente (r. 03, 05). A seguire, la parlante presenta l’argomento di cui stanno parlando, ovvero la corruzione, come una «cosa risaputa» in Italia (r. 07-08). Regina chiude il proprio turno con una tag question con la quale sollecita una conferma. La risposta di Viola presenta ancora una volta caratteristiche della dispreferenza, non solo nel silenzio di 0.3 secondi che la separa dal turno precedente (r. 09), ma anche nel fatto che la prima componente del turno di risposta è un be’. Viola opera quindi una riparazione, sostituendo le parole «cosa risaputa» (r. 07-08) con «cosa evidente» (r. 10-12). Successivamente, Regina ratifica l’elemento riparato alla r. 13 («sì evidente.»). Si noterà come, analogamente a quanto osservato nell’estratto (12), anche in questo caso la parlante compia con il turno aperto da be’ due azioni rilevanti: riparare la scelta lessicale dell’interlocutrice, e nel contempo, fornire la conferma sollecitata. Il fatto che Viola si allinea all’idea secondo la quale la corruzione è «risaputa» (r. 08) o «evidente» (r. 12) in Italia diventa visibile alle r. 14-19, dove Viola conclude che «la società è quasi completamente corrotta». In questo caso, insomma, Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 87 10 Tuttavia, come si è detto più in alto (§3), con ogni turno di parola i parlanti rendono riconoscibile il modo in cui interpretano il turno precedente dell’interlocutore. be’ occupa la posizione che avrebbe potuto accogliere un elemento di conferma, e apre un turno in cui Viola compie un’azione non proiettata, ovvero una riparazione. Abbiamo analizzato sino a qui turni aperti da be’ in cui il parlante offre una risposta che dà seguito in vario modo ai vincoli proiettati dalla domanda: chi risponde può resistere all’azione incarnata dal turno precedente (es. 9), può compiere un’azione dispreferita, che si allontana cioè in varia misura da quanto proiettato (es. 10-12), oppure può compiere diverse azioni in un unico turno di risposta (es. 13). L’elemento be’ in posizione iniziale contribuisce, appunto, al compimento di queste azioni. 6. Be’ in turni non responsivi Abbiamo visto sin qui l’uso di be’ in turni responsivi, che occupano per definizione la seconda posizione all’interno di una sequenza. Nella seconda parte analitica di questo contributo analizziamo turni che, sia pure aperti da be’, non sono interpretabili come risposte a una domanda precedente 10 . Oltre alla posizione iniziale di be’ nei turni sottoposti ad esame e al loro carattere non responsivo, ciò che accomuna i frammenti raggruppati in questa sezione è il fatto che i parlanti esprimono il proprio punto di vista o un accesso indipendente al topic della conversazione - compiendo quindi un’azione ben diversa da quanto abbiamo osservato nel §5. 6.1 Posizionamento rispetto a una valutazione precedente Avviamo l’analisi con un estratto in cui Viola (VI) e Regina (RE), entrambe abitanti in Svezia, stanno parlando della vita in Italia. Viola chiede alla sua interlocutrice se le «manca vivere in Italia» (r. 01). Regina dice che le manca «il sole» (r. 06) e quindi osserva che in Svezia «fa ancora freddo» (r. 13) a giugno, ovvero nel momento in cui avviene la conversazione: (14) InterIta, Regina & Viola (Il tempo) 01 VI: e ti manca vivere: cioè in I↓talia per: certi 02 aspetti? 03 (0.6) 04 VI: sì. non psì certo. non [per ↑il la↓voro.] 05 RE: [ma a par]te il 06 ↓so: le: , [cioè, o=] 07 VI: [heheh. ] 08 RE: =e quello. (0.3) perché ho vissut- (pe-)=cioè Franco Pauletto 88 09 questo è il mio primo estate da- (1.1.) tz la 10 prima estate da- .hhh (1.0) arrotondando dieci 11 [anni non] non esattamente però ºsuppergiùº= 12 VI: [s: ì. ] 13 RE: =.hhh e io sento adesso che fa ancora freddo e 14 siamo [a ↑giu]gno= 15 VI: [sì. ] 16 RE: =è un po’: : : sm: - . cioè , un po’ 17 (di[scon↓tenta), ] 18 VI: [be’ a me piace] abbastan[za: =] 19 RE: [( )] 20 VI: il tempo a↓desso (.) perché: , 21 RE: (e: .) 22 VI: soa Firenze (0.6) si sta molto peggio. 23 [(0.2)] La risposta di Regina si conclude con una valutazione negativa delle condizioni meteorologiche svedesi (r. 13-14) e con una manifestazione di scontentezza (r. 16-17). Come osserva Pomerantz 1984, i turni di valutazione (o assessments) di un locutore danno luogo, di regola, a una seconda valutazione dell’interlocutore. È quanto accade nel caso specifico: alla r. 18 Viola formula una valutazione avviando il proprio turno in sovrapposizione con Regina. Tuttavia, Viola esprime un disaccordo con la valutazione negativa di Regina poiché afferma che a lei «piace abbastanza il tempo adesso» (r. 18-20). Stando a Pomerantz 1984, il disaccordo è un’azione dispreferita e in quanto tale viene spesso ritardato (con esitazioni, silenzi, e altro materiale linguistico e non che tende a differire la risposta «vera») o addirittura sospeso: anche in questo caso la natura dispreferita del turno in fieri sembra preannunciata da be’ (r. 18). Analogamente a quanto accade nell’estratto (14), anche nel prossimo frammento è presente una valutazione (r. 26-28), cui segue il turno del secondo parlante, anche in questo caso introdotto da be’ (r. 30). Sandra (SA) e Lone (LO) stanno discutendo le modalità attraverso le quali gli studenti universitari svedesi possono accedere al prestito statale. Lone informa Sandra che gli studenti svedesi che hanno accesso al prestito possono, in aggiunta, guadagnare un massimo di centomila corone all’anno (r. 02-03): in sostanza, entrate annuali superiori a questo tetto provocherebbero la revoca del prestito. Sandra, la studentessa italiana, sollecita un’indicazione alternativa (r. 04) e Lone risponde menzionando la somma corrispondente in euro («diecimila euro»; r. 06): (15) InterIta, Sandra & Lone (centomila corone) 01 LO: [tu puoi: ]: : : : , .hhhhh una persona può 02 guada↓gnare: : : credo or↓mai sia↓no eh centomila 03 corone all’ann[o.] 04 SA: [ c]entomila corone sono: : ¿ 05 (0.7) 06 LO: diecimila euro. (0.2).hhh all’anno; Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 89 ((ventidue secondi omessi)) 26 LO: ormai hanno almeno aumentato que[sta so]mma che= 27 SI: [mhm.] 28 LO: =è molto: : , 29 (.) 30 SA: be’ [(°diecimila,°).] 31 LO: [maggiore ri]spetto a ↑prima. 32 (0.2) 33 SA: sì be: : ’, 34 LO: però secondo [↓me visto che- ] 35 SA: [per uno studen]te 36 dieci[mila è,] 37 LO: [s: : ì: : : ] però= 38 SA: [°buono.°] 39 LO: =[visto ] che durante l’estate non mi danno= Alla r. 26 Lone osserva che è recentemente aumentata la «somma» elargita agli studenti, dopodiché avvia una TCU che potrebbe dare luogo a una valutazione («che è molto: : ,», r. 26-28). A questo punto, il turno è sintatticamente e prosodicamente incompleto. La breve pausa che segue (r. 29) potrebbe identificare un punto di massimo controllo grammaticale (maximum grammatical control, Schegloff 1996: 93) che interdirebbe una possibile presa di turno da parte dell’interlocutrice, oppure potrebbe essere percepita dalla stessa interlocutrice - insieme all’allungamento sillabico in «molto: : ,» (r. 28) - come manifestazione di un problema lessicale e quindi di una ricerca di parola. Nel caso specifico, Sandra non si orienta verso nessuna di queste possibilità: alla r. 30 si autoseleziona con be’, prendendo la parola al di fuori di uno spazio di rilevanza transizionale (TRP, transition-relevance place; Sacks et al. 1974). Come si evince dalla continuazione del turno («(°diecimila,°)»; r. 30), anche Sandra è orientata verso una valutazione della somma messa a disposizione degli studenti. In sovrapposizione, Lone completa il proprio turno (r. 31) pronunciando l’elemento «maggiore» (r. 31). Va notato che Lone non conclude il proprio turno con una valutazione, bensì con un’osservazione fattuale e comparativa. Sandra, invece, esprimerà una valutazione positiva di lì a poco («per uno studente diecimila è buono.»; r. 35-38). Lone esibisce piuttosto l’orientamento verso un apprezzamento negativo, o quanto meno un disaccordo con la valutazione di Sandra, come si evince dagli elementi «però» (r. 34) e «s: : ì: : : però» (r. 37) - anche se Lone non pronuncerà nessun segmento valutativo (Goodwin/ Goodwin 1987: 6-10) nel seguito dell’episodio. In questo caso, il turno avviato con be’ compare in un contesto in cui una valutazione è attesa e rilevante. Inoltre, le partecipanti esibiscono orientamenti opposti sulla valutazione della somma che lo stato svedese offre agli studenti. Il turno che Sandra avvia con be’ - in un momento che non prevede la presa di turno - prefigura e nel contempo esibisce l’emergere di valutazioni opposte. Abbiamo visto sino ad ora come il turno aperto da be’ abbia un chiaro ruolo di «cerniera» tra il turno precedente e il turno in via di produzione. Negli esempi ana- Franco Pauletto 90 lizzati sin qui, abbiamo osservato come l’azione che il parlante produce attraverso il turno introdotto da be’ tenda ad essere in qualche misura disaffiliativa sotto il profilo del posizionamento (o stance) e resistente rispetto alle preferenze che l’azione precedente proietta. Nei prossimi frammenti, la nostra attenzione si sposterà sul modo in cui i partecipanti all’interazione gestiscono il topic e le sequenze d’azione attraverso i turni aperti da be’. 6.2 Organizzazione sequenziale e topicale Il prossimo frammento illustra un caso in cui il turno avviato con be’ esprime un accordo con la valutazione precedente. Barbara (BA) sta descrivendo a Assunta (AS) un capo di abbigliamento che la sua sarta le ha confezionato. Le partecipanti operano diverse scelte lessicali nel riferirsi all’oggetto delle loro valutazioni, come «giachetta» (r. 19), «giachettina» (r. 22) e «gilè» (r. 24): (16) Corpus Te.Pa, Barbara e Assunta (La manichetta) 01 AS: [aha, ] 02 BA: la manichetta è venuta [abbastan]za bene la 03 manichetta. 04 (0.5) 05 BA: è: : : venuta [bene.] 06 AS: [ ben]e.^a: : : h bella [ ve]ro? 07 BA: [sì. ] (.) 08 sì=sì. sì be[lla. ] 09 AS: [ bra]va.^brava a xe parché 10 mi: [no: no: no savarìa ( °ciapar°)] 11 BA: [ma pesa un botto il]: : : : : : 12 il: vla lana.^sai che lei già ha la mano 13 bella: : : : : : .hhh rigide[tta.] 14 AS: [ sì: ]^sì^s[ì. ] 15 BA: [pe]r cui 16 ha: : [: : ]: usato: cioè: proprio= 17 AS: [eh.] 18 BA: =m: : : una covertina, (0.2) fatta aca 19 giacchetta. .hhhh nel senso bella 20 [ proprio: : : : : : .] 21 AS: [be’ ti gà na bea g]iachetti gà na 22 giachettina diremo [così ecco.] 23 BA: [ sì. sì^sì ] è che un più 24 un gilè che una giacchettina,=avendo la 25 manichetta molto corta,^per cui non è che 26 [( )] 27 AS: [a: : : h] va ben ma ti soto ti pol 28 me[ter dopo: a]punto un= 29 BA: [un maglioncino.] 30 AS: =maglioncino qual°cossa.° Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 91 Barbara è impegnata sin dall’inizio dell’estratto nella valutazione del capo di abbigliamento. In rapporto alla «manichetta» (r. 03) dice che è «venuta bene» (r. 05) e ottiene un accordo da parte di Assunta che la qualifica come «bella» (r. 06), valutazione che Barbara ratifica a sua volta (r. 08). Segue una valutazione del materiale, che secondo Barbara «pesa un botto» (r. 11). Barbara attribuisce quindi la qualità «pesante» della lana alla «mano rigidetta» (r. 12-13) della sarta, verosimilmente da intendere come una descrizione del modo specifico di lavorazione della sarta. Assunta produce una serie di accordi (r. 14, 17), dopodiché Barbara esprime una valutazione della «giachetta» che descrive come «bella proprio: : : : : : ,» (r. 19-20). In sovrapposizione con la parte finale del turno di Barbara, Assunta avvia un turno in cui esprime a sua volta una valutazione positiva (r. 21). Si noterà che il turno di Assunta non è un semplice accordo (che pure avrebbe potuto produrre, dicendo ad esempio «sì»), bensì una valutazione in cui riutilizza il medesimo segmento valutativo usato da Barbara («bella»; r. 19), in trevigiano «bea» (r. 21). Assunta trasforma invece il referente lessicale, come si evince dall’auto-riparazione che le permette di passare da «giachet-» (r. 21) a «giachettina» (r. 22). Il problema di categorizzazione del capo continua di seguito, con Barbara che si riferisce al capo con «gilè» (r. 24). Con il suo turno - che inizia appunto con be’ - Assunta esibisce inoltre un orientamento verso la chiusura dell’attività valutativa (cf. Drew/ Holt 1998, Jefferson 1984), visibile anche nell’«ecco.» (r. 22) che chiude il turno. In effetti, la conversazione prosegue senza altre valutazioni; le partecipanti discutono invece dei modi in cui Barbara può portare il capo che costituisce il topic di questo episodio. Anche nel prossimo frammento il turno avviato con be’ esibisce un orientamento verso la chiusura di un’attività, in questo caso un episodio narrativo. Regina (RE) sta parlando delle esperienze di lavoro che ha fatto in Italia. Ha appena raccontato a Viola (VI) che era stata assunta in un bar, ma che poi era stata licenziata insieme a una sua collega senza preavviso e senza che le venissero liquidate le ultime spettanze. Nel frammento riprodotto, Regina narra di essersi rivolta ai sindacati insieme alla collega per ottenere un risarcimento: (17) InterIta, Regina & Viola (Brave) 01 .hhh e lei anche lei veniva licenziata. e lei 02 aveva il .hhh eh lo ↑zio al sindacato, 03 VI: mh[m? ] 04 RE: [cis ]l, 05 (0.2) 06 RE: e siamo an[date dri]tte dritte lì, 07 VI: [ah sì? ] 08 VI: nhehe[h,] 09 RE: [e ] anche lì, e: : : era un po’: : : .hh 10 diciamo, .hhh pe: : : r (0.4) per avere il ehm: , 11 (1.1) tlk una sorta di risarcimento no? 12 .hhh e: ↑: : : v^cioè le pratiche erano lu: nghe 13 comunque dneanche lì funzionava bene, cioè il 14 tempo di pratica era lunghissimo. .hhhh Franco Pauletto 92 15 poi- (.) e: : °: : ,° (0.6) po: : [: i: : : , ] 16 VI: [be’ siete st]ate 17 anche abbastanza: cornon coraggiose ma 18 insomma, 19 (0.2) 20 RE: ma: : [: oramai- ] 21 VI: [non tutti lo fa]nno, 22 [non tutti lo fanno, ( )] 23 RE: [no. ma pochissimi. ma infatti e]ra molto: : 24 diciamo anquasi sco(h)sso il: 25 [e: : h proprieta ]rio. 26 VI: [sì? ^eheheheh,] Regina giunge a un possibile completamento della propria narrazione alla r. 14, dove si osserva uno spazio di rilevanza transizionale riconoscibile attraverso la compiutezza sintattica, pragmatica e prosodica di «cioè il tempo di pratica era lunghissimo.» (r. 13-14). Tuttavia, Regina conserva il turno come si evince dalla successiva inspirazione (r. 14), e dall’avvio di una nuova TCU alla r. 15 («poi- (.) e: : °: : ,° (0.6) po: : : i: : : , »). Nella nuova TCU Regina esibisce evidenti difficoltà nella prosecuzione. A questo punto, Viola si autoseleziona, avviando il proprio turno in parziale sovrapposizione con Regina (r. 16). Anche in questo caso be’ è usato come turn-entry device (Sacks et al. 1974: 719) o segnale di presa di turno (Bazzanella 1994) al di fuori dello spazio di rilevanza transizionale. Contrariamente ai casi analizzati in precedenza, Viola pronuncia una prima valutazione sul comportamento di Regina e della sua collega, che descrive come «non coraggiose ma insomma,» (r. 17-18). Si noterà che la valutazione ricorre alla fine della narrazione, esibendo in tal modo un orientamento verso la chiusura della stessa (Goodwin/ Goodwin 1987: 21). L’analisi dei due estratti precedenti ha rivelato come un locutore possa esibire il proprio orientamento verso la chiusura di un’attività valutativa (es. 16) o di un episodio narrativo (es. 17) avviando un turno di parola con be’. In questo senso, be’ in posizione iniziale di turno può essere descritto come una risorsa a disposizione degli interlocutori per l’organizzazione sequenziale e topicale della conversazione. In modo interessante, la medesima risorsa viene usata anche per rilanciare la conversazione su un topic potenzialmente concluso. Lo si osserva nel seguente estratto, in cui Regina (RE) e Viola (VI) stanno comparando la vita a Roma e a Firenze. Il frammento si apre con Regina che definisce Roma «caotica» (r. 01), ma anche «bella=bella.» (r. 05): (18) InterIta, Regina & Viola (Roma) 01 RE: sì Roma è ca[otica ]= 02 VI: [mhm.] 03 RE: =però .hh per me magari: : (0.6) è: : unafino 04 a↑desso almeno una delle città più belle del 05 mondo ºperché è proprio bella^bella.º 06 (0.4) Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 93 07 RE: però: a: : ↑viver[ci, ] 08 VI: [però poi] ti sei stan↑cata se 09 [sei andata via.] 10 RE: [sì. ce]rto. ↓eh. 11 (0.4) 12 VI: eh hehe. 13 RE: mhm. hehe [.hhh.] [e: : h sì. ] 14 VI: [be’. ] ci sarà stato [qualche altro] 15 motivo fo[rse. ] 16 RE: [.hhh] no=no=no. (e: m: : -) no. era e: : 17 vdera anche: : e: : v- (0.4) per via via 18 delle eh vmtz dello ↓stress, 19 VI: ºmhm.º 20 (0.6) Dopo aver completato la valutazione di Roma (r. 01-05), Regina relativizza l’esaltazione per la capitale espandendo la TCU con le parole «però: a: : ↑viverci,» (r. 07), con cui esprime una valutazione negativa sulla vita nella stessa città. In parziale sovrapposizione con questa TCU, Viola si autoseleziona e produce a sua volta un turno che avvia con «però» (r. 08-09). Si noterà che in questo turno Viola assume una posizione epistemica di tipo k+ (cf. Heritage/ Raymond 2012), attribuendo la decisione di Regina di lasciare Roma al suo essersi «stancata» della città. Alla r. 10 Regina ratifica questa spiegazione. A questo punto, la discussione intorno alla vita nella capitale potrebbe concludersi: si osserva, in effetti, una pausa alla r. 11 e ulteriori manifestazioni di accordo, accompagnate da risa, da parte di entrambe le partecipanti alle r. 12 e 13. Viola rilancia quindi il topic con un turno di parola che avvia con un be’, formulando una supposizione (si veda l’uso del futuro anteriore con valore epistemico: cf. Bertinetto 1986) che rende rilevante una conferma o una smentita da parte di Regina (r. 14-15). Viola ipotizza, insomma, l’esistenza di un altro motivo dietro la decisione di Regina: il suo turno, aperto da be’ (r. 14), può essere visto come uno strumento di scandaglio (fishing device; Pomerantz 1980), orientato verso il proseguimento del topic. Formulando un turno di parola che rende rilevante una conferma o una smentita da parte dell’interlocutrice, Viola rilancia, insomma, il topic che poteva apparire concluso alla r. 13. Come si vede alle r. 16-19, Regina prima smentisce l’ipotesi formulata da Viola («no=no=no.»; r. 16), e quindi menzione lo «↓stress,» (r. 18) come un ulteriore motivo della sua decisione di lasciare la capitale. In questo caso, il be’ usato all’inizio di un turno di parole appare come una risorsa efficace per proiettare il rilancio di un topic conversazionale in un momento in cui esso rischia di estinguersi. Sino a qui abbiamo visto come i parlanti utilizzino be’ a premessa di turni che si inscrivono in contesti di tipo argomentativo o narrativo. Il turno aperto da be’ si caratterizza per l’autonomia del punto di vista espresso dal parlante sul tema in corso (sia che lo corrobori, sia che esprima disaccordo) e a volte per la proposta di nuove tematizzazioni del topic di discussione. Franco Pauletto 94 6.3 Co-costruzione di un episodio scherzoso Chiudiamo la parte analitica con l’analisi di un frammento in cui i partecipanti ricorrono ripetutamente alla risorsa esaminata in questa sede in un quadro argomentativo caratterizzato da forte tensione tra orientamenti diversi e dal fatto che le compartecipanti sono ferme su posizioni conflittuali, anche se in tono scherzoso. Nora (NO) e Barbara (BA) si stanno orientando verso la chiusura della loro telefonata di lavoro. Alla r. 01 Nora afferma di non avere più altro da discutere con Barbara, dopodiché quest’ultima (che sta per partire per le vacanze) osserva che «fra due ore» (r. 06) non sarà più raggiungibile: (19) Corpus Te.Pa, Barbara e Nora (ferie) 01 NO: va ben. ochei. basta. direi che non ho alt[ro 02 BA: [vabè, 03 se c’è [ qual]cosa il cellulalcioè: = 04 NO: [va ben? ] 05 BA: =il cellulare sì risponde però vado in Croazia 06 per cui fra due ore söh .hhh varco il confine 07 e: : : : : : : : : : dopo non so se e quando avrò 08 internet per cui: : : , (0.7) non 09 [(so che )] 10 NO: [be’ ma a me pia]ce romperti i maroni fin che 11 sei in Croazia e farti spendere soldi 12 anche [(e infatti dopo) ]= 13 BA: [be’ sti cazzi non ti lascio-] 14 NO: =passerò la giornata, 15 (0.3) 16 BA: sì [(non ti la-)] 17 NO: [£passerò ] la giornata a chiamarti£. 18 (0.3) 19 BA: £be’^h. tu chiama ma non è detto che io 20 ti rispo[nda grazie a dio£. ] 21 NO: [£solo per r: omperti] i coglioni£. 21 BA: £grazie a dio (il) telefono posso anche non 22 , rispondere . £. Barbara ha appena spiegato che «in Croazia», dove trascorrerà le vacanze, non avrà Internet (r. 05-09), quando Nora si autoseleziona al di fuori dello spazio di rilevanza transizionale (r. 10). Chiaramente, Nora tratta il turno di Barbara come una manifestazione di indisponibilità. Con le parole «be’ ma a me piace romperti i maroni fin che sei in Croazia» (r. 10-11), Nora formula un commento che invalida la spiegazione di Barbara: in altre parole, il fatto di recarsi in Croazia non la renderebbe per nulla irraggiungibile. Questo commento è chiaramente presentato come ironico e scherzoso, come diventa chiaro poco dopo anche grazie all’esagerazione della minaccia che Nora formulerà con tono ilare («£passerò la giornata a chiamarti£.», r. 17). Si noterà che Barbara utilizza la medesima risorsa in due riprese, per controbattere alle intimidazioni di Nora: alla r. 13 avvia un turno con le parole «be’ sti cazzi non Be’ in posizione iniziale dei turni di parola 95 ti lascio-», interpretabile appunto come un rifiuto della minaccia appena espressa da Nora (r. 10-12). Il turno di Barbara rimane a questo punto incompleto, ma la partecipante lo riformulerà nuovamente più avanti, in uno spazio di rilevanza transizionale, come «£be’^h. tu chiama ma non è detto che io ti risponda grazie a dio£.» (r. 19-20), anch’esso pronunciato con tono ilare, a sottolineare il carattere non serio dello scambio. In modo interessante, in questi casi le interattanti usano la risorsa be’ in posizione iniziale del turno per invalidare - o rendere non rilevanti - le azioni, i comportamenti descritti nel turno immediatamente precedente. È proprio l’accumulo di questa risorsa in pochi turni di parola che si susseguono che contribuisce ad attribuire a questo episodio un carattere scherzoso e ironico, ancorché conflittuale. 7. Conclusioni Abbiamo analizzato i turni avviati con be’ in base alla posizione sequenziale che occupano. Siamo partiti dai turni responsivi (§5) per poi focalizzarci sui turni non responsivi (§6). Nel loro complesso, gli esempi qui discussi rappresentano solo una piccola frazione dei casi (196) attestati nel nostro corpus e descrivono solo alcune delle azioni compiute dai parlanti nei turni premessi da questo marcatore. L’analisi ha rivelato che l’avvio di un turno con be’ permette ai parlanti di compiere una serie di pratiche interazionalmente rilevanti. In seconda posizione sequenziale, be’ precede risposte contrarie alle aspettative proiettate dalla domanda, quindi dispreferite, ma anche risposte costituite da più TCU, nonché risposte con cui il parlante compie più attività al tempo stesso. Rispetto alle ricerche precedenti (cf. Pauletto/ Bardel 2016), questo studio ha messo in luce come il turno di risposta preceduto da be’ non metta sempre in questione i presupposti su cui la domanda si fonda (si veda ad esempio l’estratto 10). Tuttavia, il carattere generalmente dispreferito di questi turni, in quanto tendenti a spingere più in là la risposta vera, quando non addirittura ad evitarla, viene confermato. In turni non responsivi, il turno con be’ in premessa permette al parlante di posizionarsi nei confronti di una valutazione precedente (gli permette cioè di «dire la propria» e di contribuire allo sviluppo del topic) ma anche di gestire l’organizzazione sequenziale e/ o topicale della conversazione. Un denominatore comune a tutte queste azioni è individuabile nella posizione agentiva assunta dal parlante che produce il turno aperto da be’ rispetto a ciò che precede, sia che si tratti di un turno, sia che si tratti di una sequenza o di un corso d’azione. La conclusione a cui si può giungere sin qui, è che i turni aperti da be’ proiettano azioni che implicano un allontanamento più o meno marcato dai vincoli imposti dal turno precedente. Allo stesso tempo, questo tipo di turni è maggiormente incentrato sulle esperienze, le conoscenze e gli interessi del parlante in corso, e solo in maniera subordinata su quelli del compartecipante. Con questo contributo abbiamo ampliato l’analisi di un elemento quanto mai frequente nell’italiano spontaneo, che è stato analizzato sin qui soltanto in chiave lessicologica e pragmatico-funzionale. Le nostre analisi hanno dimostrato che be’ è una Franco Pauletto 96 risorsa fondamentale che i parlanti italiano hanno a disposizione per organizzare pratiche socialmente rilevanti - come valutazioni, prese di posizione, ecc. Inoltre, le nostre analisi ci hanno messo in guardia contro una descrizione «generalizzante» di be’, quale quella che, per necessità pratiche, suole apparire nei dizionari. Nell’analisi è imprescindibile prendere in considerazione il posizionamento sequenziale dei turni in cui compare be’, ma anche la posizione che l’elemento occupa all’interno del turno di parola. L’argomento è lungi dall’essere esaurito e studi futuri potranno focalizzarsi, ad esempio, su be’ in posizione post-iniziale oppure su collocazioni frequenti come va be’, eh be’ ecc., nonché sulla comparazione tra questo e altri segnali discorsivi appartenenti a lingue tipologicamente più o meno lontane dall’italiano. Anche qui, l’apporto degli approcci interazionali darà risultati stimolanti e inattesi. Stockholm Franco Pauletto Bibliografia Andorno, C. 2003: Linguistica testuale. Un’introduzione, Roma Bardel, C./ Gudmundson, A./ Lindqvist, C. 2012: «Aspects of lexical sophistication in advanced learner’s oral production: vocabulary acquisition and use in L2 French and Italian», Studies in Second Language Acquisition 34: 269-90 Bazzanella, C. 1994: Le facce del parlare. 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Lazzarini, Bologna Appendice Convenzioni di trascrizione del parlato (adattato da De Stefani 2016) (.) pausa breve (0.2) pausa cronometrata [ ] inizio e fine di sovrapposizione . intonazione finale , intonazione continuativa ; intonazione continuativa con leggera discesa ? intonazione interrogativa ¿ intonazione intermedia tra la continuativa e l’interrogativa ↑ ↓ marcato ↑ innalzamento o ↓ abbassamento del tono di voce be: ne allungamento (0,1 secc. per «: ») ^ pronuncia allacciata .h inspirazione (0,1 secc. per «h») h. espirazione (0,1 secc. per «h») °certo° volume basso anCOra volume alto certo enfasi ce(h)rt(h)o pronunciato ridendo £certo£ tono ilare . , pronuncia veloce , . pronuncia lenta ( ) segmento incomprensibile = continuazione del turno oltre la fine della riga + allacciamento rapido di due turni consecutivi